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Perdita di biodiversità: un milione di specie viventi sono in via di estinzione

Author: redattore2 Rinnovabili

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Credit: Pixabay

(Rinnovabili.it) – Riflettori puntati sulla perdita di biodiversità. Negli ultimi 50 anni, l’intervento umano ha significativamente aumentato la propria impronta sul patrimonio naturale, trasformando il 75% della superficie delle terre emerse, provocando impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche e distruggendo l’85% delle zone umide. Un bilancio insostenibile che si aggrava di anno in anno e che ha dato il via a quella che gli esperti chiamano la sesta estinzione di massa (la prima provocata dall’uomo): un milione di specie viventi rischia di scomparire per sempre nei prossimi decenni, generando danni a cascata su tutta la catena ecosistemica (leggi anche Oltre un milione di specie animali e vegetali a rischio estinzione).

A ricordarci i pericoli  legati alla perdita di biodiversità è oggi Sir Robert Watson, chimico dell’atmosfera tra i più illustri ed autorevoli nel campo della lotta ai mutamenti climatici e presidente, fino al maggio scorso, dell’Intergovernamental Science Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services. Waston è stato il relatore della Aurelio Peccei Lecture 2019, organizzata stamane dal WWF Italia, dalla Fondazione Aurelio Peccei e dal Club di Roma con il sostegno di Novamont.

I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità non possono più essere considerati questioni separate, devono essere affrontate insieme e ora”, ha spiegato Sir Robert Watson nel corso del suo intervento. “Compromettono lo sviluppo economico, minacciano la sicurezza alimentare e delle risorse idriche e la salute umana, colpiscono principalmente i poveri e possono portare a conflitti. È essenziale che i governi, insieme al settore privato, affrontino immediatamente questa emergenza”.

Un’emergenza che, è bene sottolinearlo, ha enormi impatti anche a livello economico: tra il 1997 e il 2011 il mondo ha perso circa 4-20.000 miliardi di dollari all’anno a causa del consumo eccessivo e scorretto del suolo e 6-11.000 miliardi di dollari l’anno per il degrado. Eppure, tra impollinazione delle colture, depurazione delle acque, protezione dalle inondazioni e sequestro del carbonio, la biodiversità ci offre gratuitamente servizi ecosistemici dal valore parti ad una volta e mezza le dimensioni del PIL globale. Un vero e proprio “bottino” che l’umanità sta letteralmente sperperando.

Come spiegato nel corso della mattinata dallo stesso Sir Robert Watson, la Natura offre anche enormi opportunità di adattamento e mitigazione nella lotta al climate change. Per cogliere tali opportunità, è però necessaria una politica globale che affronti tutti i fattori, diretti e indiretti, che contribuiscono alla perdita di biodiversità, riconoscendo la connessione con i cambiamenti climatici e gli altri cambiamenti globali in atto, replicando e ridimensionando le politiche e i progetti di successo, trasformando i sistemi economici e finanziari, eliminando i sussidi dannosi per l’energia, i trasporti, e l’agricoltura, incorporando il capitale naturale nel processo decisionale, fornendo incentivi per stimolare la produzione e il consumo sostenibili ed avviando un processo di economia circolare.

Tutti i materiali della Peccei Lecture 2019, compresa la presentazione tenuta da Watson, sono scaricabili qui.

>>Leggi anche: “La perdita di biodiversità mette a rischio la sicurezza alimentare”<<

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Manutenzione impianti elettrici, bando a Vergiate (VA)


Author: piantanida QualEnergia.it

Il Comune di Vergiate (VA) apre un avviso di manifestazione di interesse per la procedura negoziata volta alla manutenzione impianti elettrici di immobili, strutture, impianti e beni comunali anni 2020/2021. Importo: 50.000 euro Scadenza: 25 novembre Il bando

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Aerei elettrici con batterie litio-zolfo, la promessa Oxis Energy

Author: stefania Rinnovabili

batterie litio-zolfo

Credit: Oxis Energy

Sorgerà in Inghilterra la prima fabbrica di batterie litio-zolfo

(Rinnovabili.it) – La nuova promessa dell’aeronautica sostenibile arriva da Abingdon-on-Thames, nella contea inglese dell’Oxfordshire. Qui infatti ha sede la Oxis Energy, società impegnata nello sviluppo di celle e batterie litio-zolfo (Li-S), le più quotate concorrenti della tecnologia a ioni di litio. L’azienda inglese è oggi pronta a portare i suoi dispositivi ad alta quota: è di questi giorni infatti l’avvio di un programma di collaborazione di 12 mesi con la statunitense Bye Aerospace, per testare le batterie litio-zolfo su nuovi aerei elettrici.

Le premesse ci sono tutte: questa tecnologia d’accumulo ha, infatti, già dato prova delle sue capacità in aria quando è stata montata nello sperimentale Zephyr-6, l’aereo solare a pilotaggio remoto che nel 2008 segnò un record mondiale con un volo ininterrotto di tre giorni. Undici anni dopo, i tempi sembrano maturi per fare sul serio e consacrare definitivamente il matrimonio tra batterie litio-zolfo e aerei elettrici.

D’altra parte, questi dispositivi d’accumulo hanno migliorato considerevolmente le loro prestazioni e, nonostante non esista ancora una produzione su scala commerciale, il mercato sembra ormai vicinissimo. La stessa Oxis ha annunciato di star lavorando al primo impianto di produzione degli elettroliti e del materiale catodico specifico per la fabbricazione in serie di queste celle.

>>leggi anche Batterie litio zolfo, gli elettrodi ibridi compiono il miracolo<<

Ma perché intraprendere una programma di test nel campo dell’aviazione, dove è presente un numero maggiore di sfide, e non limitarsi alle quattro ruote elettriche? La risposta è nelle caratteristiche stesse di queste batterie ricaricabili. La tecnologia Li-S offre costi ridotti e soprattutto una maggiore densità di energia rispetto agli ioni di litio: un 500 Wh/kg contro 150–250 Wh/kg. Il vero problema, che ne ha sempre frenato l’arrivo sul mercato, è il ridotto ciclo di vita: durante il processo di scarica la riduzione dello zolfo (che costituisce catodo) produce polisolfuri di litio; questi composti risultano solubili nell’elettrolita, il che significa che, con il tempo, il catodo si scioglie letteralmente.

La società inglese afferma di aver sviluppato un elettrolita “sicuro”, non infiammabile, che preserva la batteria più a lungo più a lungo. Le sue celle ultraleggere hanno raggiunto densità di energia superiori a 500 Wh / kg, anche se offrono solo 250 cicli di carica. Oxis è convinto però  di poter arrivare a 500 cicli entro un paio d’anni. Queste prestazioni, secondo la Bye saranno in grado di migliorare i tempi di volo dei suoi futuri aerei elettrici anche del 100 per cento. “Riteniamo che questa sia la prima fase dell’elettrificazione degli aeromobili commerciali – ha affermato Huw Hampson-Jones, amministratore delegato di Oxis – e alla fine costituirà la base per l’elettrificazione dei taxi aerei e degli aeromobili regionali”.

>>leggi anche Innovazione: il MIT vuole la batteria perfetta per gli aerei elettrici<<

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Rinnovabili e sistema elettrico, quali investimenti infrastrutturali?


Author: piantanida QualEnergia.it

Una video intervista a Maurizio Delfanti, Amministratore Delegato di RSE.

Investimenti infrastrutturali nelle reti, sistemi di accumulo e “adeguatezza” del sistema elettrico. Quali sono gli investimenti strategici per favorire una maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili?

Facciamo il punto in questa breve video intervista con Maurizio Delfanti, AD di RSE, realizzata in occasione di Key Energy 2019.

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Energia

Idrogeno dall’acqua marina, ora non è più un problema

Author: stefania Rinnovabili

Passi avanti verso la produzione industriale di idrogeno dall’acqua marina

(Rinnovabili.it) – Produrre idrogeno dall’acqua marina e dal sole, per portare energia pulita anche in quelle parti del mondo dove le risorse per la sussistenza sono poche e contate: per quanti credono nell’Hydrogen Economy, questo obiettivo è irrinunciabile ma raggiungerlo è ancora una sfida aperta. Oggi, infatti, le tecnologie di elettrolisi funzionano in maniera più efficiente con l’acqua dolce, dal momento il sale marino è in grado di danneggiare parti chiave dell’impianto.

Eppure il sogno di produrre idrogeno dall’acqua marina rimane fondamentale per il comparto e non solo perché mari e oceani costituiscono una delle risorse naturali più abbondanti sul nostro pianeta. L’approccio, spiegano gli esperti, permetterebbe anche di fornire un contributo alle future soluzioni di desalinizzazione. Ecco perché il lavoro svolto dai fisici dell’Università di Huston, in Texas, rappresenta una svolta significativa in questa direzione. Il team di ricercatori è riuscito a realizzare un catalizzatore robusto ed efficiente in grado di sostenere la scissione dell’acqua salata senza incorrere nel pericolo di disattivazione o corrosione per l’anodo. 

>>Leggi anche UE: piano per una nuova fabbrica fotovoltaica da collegare all’idrogeno<<

Spiega Zhifeng Ren, direttore del Centro texano della Superconduttività presso l’ateneo “un grande ostacolo finora è stata la mancanza di un catalizzatore in grado di dividere efficacemente l’acqua di mare per produrre idrogeno senza liberare ioni di sodio, cloro, calcio e altri componenti in grado di depositarsi sul catalizzatore e renderlo inattivo. Gli ioni di cloro sono particolarmente problematici, in parte perché il cloro richiede una tensione leggermente più alta per liberarsi rispetto quella chiesta dall’idrogeno”. Nel dettaglio, il gruppo ha sintetizzato un catalizzatore tridimensionale composto da nitruri metallici economici per la reazione di liberazione dell’ossigeno molecolare. 

La nuova molecola è stata “accoppiata” con un catalizzatore per la reazione di liberazione dell’idrogeno a base di nichel-molibdeno-nitruro, all’interno di elettrolizzatore, alimentato semplicemente dal calore residuo o da una pila AA. Quindi il team ha sperimentato l’apparecchio nelle acque della baia di Galveston, al largo della costa del Texas. Il risultato? L’elettrolizzatore ha raggiunto densità di corrente in grado di supportare le esigenze industriali, richiedendo una tensione relativamente bassa per avviare la scissione dell’acqua di mare.

“Abbiamo raggiunto le densità di corrente richieste a livello industriale di 500 e 1000 mA cm−2 a basse tensioni record di 1,608 e 1,770 V, rispettivamente, per la scissione alcalina dell’acqua di mare a 60 ° C” spiegano gli scienziati nell’articolo (testo in inglese) pubblicato su Nature Communications. “Questa scoperta fa avanzare significativamente lo sviluppo dell’elettrolisi dell’acqua di mare per la produzione di idrogeno su larga scala”.

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