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ETS marittimo: per lo shipping non è un costo

Author: Rinnovabili.it

ETS marittimo: per lo shipping non è un costoFoto di Teng Yuhong su Unsplash

Lo studio di Transport & Environment

(Rinnovabili.it) – L’Italia, insieme ad altri paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, teme che l’estensione del mercato del carbonio alle navi in vigore dal 1° gennaio scorso svantaggerà i suoi porti. Le compagnie di navigazione sarebbero scoraggiate dai costi più alti e potrebbero preferire altri scali, magari in Nord Africa, affossando i volumi di traffico nei porti europei, compiendo viaggi più lunghi e quindi generando ancora più emissioni. Per questo Italia, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna avevano chiesto alla Commissione a fine 2023 di ripensarci. La realtà è ben diversa. L’industria dello shipping sta approfittando dell’ETS marittimo per aumentare i guadagni. Approdando sempre sulle coste europee.

Le compagnie hanno, è vero, costi più alti da sostenere. L’ETS marittimo impone agli operatori di acquistare crediti di carbonio per le emissioni che generano, esattamente come già avviene per gli altri settori industriali coperti dal mercato del carbonio europeo. Ma stanno esternalizzando questi costi: facendoli pagare tutti ai consumatori europei, e guadagnandoci pure più di prima.

“Sembra che i giganti del trasporto marittimo stiano derubando i clienti utilizzando misure ambientali come un modo per far pagare di più ai clienti. Che si tratti di un’interruzione nel Mar Rosso o di un nuovo prezzo del carbonio, le compagnie di navigazione vincono sempre. I governi dell’Europa meridionale avvertono che l’ETS costerà loro gli affari a causa delle navi che evitano i loro porti, ma perché dovrebbero farlo se ne traggono profitto?”, attacca Jacob Armstrong di Transport & Environment.

L’ETS marittimo è la gallina dalle uova d’oro per lo shipping

L’ong T&E ha pubblicato oggi un rapporto che passa ai raggi x la reazione del trasporto marittimo nei primi 3 mesi di applicazione dell’ETS marittimo. Dall’analisi di 565 viaggi compiuti da 20 diverse navi delle 4 maggiori compagnie europee di shipping – MSC, Maersk, Hapag-Lloyd e CMA CGM – verso porti europei dal 1° gennaio a oggi, emerge che questi soggetti ricaricano i prezzi in modo da ritagliarsi un margine ulteriore di profitto di decine e spesso anche centinaia di migliaia di euro per ogni singolo viaggio.

Il rapporto stima che Maersk realizzi i maggiori profitti, in media, da questa “sovrattassa”: circa 60.000 euro per viaggio. Seguono poi MSC (25.000 euro), Hapag Lloyd (23.000 euro) e CMA CGM (14.000 euro). Nel caso peggiore, una nave container di Maersk ha realizzato un extraprofitto di 300mila euro con un solo viaggio.

Non è l’ETS marittimo europeo a dover essere cambiato, quindi, per scongiurare un aumento delle emissioni dovuto a tragitti più lunghi per evitare i porti europei. Altri fattori – tra cui la parziale chiusura del mar Rosso dovuta agli attacchi degli Houthi dallo Yemen – pesano molto di più, anche in termini di ricarico dei costi per i consumatori. Lo studio di T&E calcola che l’ETS marittimo incida sull’1% del costo finale, mentre le deviazioni causate dalla guerra in Palestina arrivano a pesare fino al 18%.

“Con le economie di scala il settore del trasporto marittimo può assorbire shock di prezzo piuttosto consistenti. Lo sconvolgimento del Mar Rosso è davvero grave e il commercio globale non si è ancora fermato. L’ETS è una sciocchezza in confronto. Il costo non è un ostacolo alla decarbonizzazione dello shipping, quando misure verdi più ambiziose aggiungono solo pochi centesimi alla maggior parte dei beni di consumo”, conclude Armstrong.

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Why facility managers are poised to lead the sustainability journey

Author: Schneider Electric

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As the stewards of a company’s buildings throughout their lifecycles, facility managers are essential in incorporating sustainability strategies into operations. They are responsible for keeping all building systems and operations functional, ensuring occupant comfort, and monitoring space and workplace usage. In other words, they are the gatekeepers of performance data required to understand current operation baselines and track the effectiveness of future upgrades.

As our world changes, sustainability has become an essential strategic objective for today’s leading corporations. Now, more than ever, they are working to measure and improve their energy and sustainability performance. This is clearly demonstrated by the 98% of S&P 500 companies that publish sustainability reports.

facility manager

A company’s buildings offer an opportunity to boost environmental and financial performance. Buildings are responsible for ~40% of global energy consumption and 33% of greenhouse gas emissions, creating a logical opportunity for improved environmental performance strategies. Sustainability efforts must be authentic to be effective. This vision must be a cornerstone throughout the company’s culture, values, and risk management.

We need to ask how we move from the strategic and intended to the practical, day-to-day operation that will drive change. By leveraging technologies like environmental sustainability monitoring software and integrations with building and power management systems, facility managers can actively support the operational and reporting requirements to advance their organization’s sustainability goals. Today, this data type is often stored in a single software platform, such as an Integrated Workplace Management System (IWMS). Data collected and managed in an IWMS typically includes physical, operational, and financial details about a building, its spaces, assets, equipment, waste management, organizational units, and people. These are the very same elements that impact key sustainability improvement areas.

Integrated technology delivers six key sustainability benefits

  1. Improved workplace quality and efficiency – For sustainability reporting requirements, IWMS systems play a critical role in documenting workplace usage, preferences in workplace layouts such as collaborative vs. private, ideal interior temperature conditions, and other factors that typically impact employee well-being.
  2. Intelligence driven operations – Connected systems can allow influenced changes based on clear business rules. This process leads to intelligence driven operational changes aimed at reducing carbon and improving experience.
  3. Reduced commercial real estate expenses An IWMS can track home office locations and related resources to determine whether hybrid work has saved resources, such as less electricity, or just shifted their use.
  4. Mitigated ESG-related risks – Facility managers can better protect against facility-related ESG risks through well-documented processes, accurate and current data, and strategically placed alarms and notifications. For example, these measures are supported by connecting an operational system (e.g., BMS) to an IWMS to provide real-time data.
  5. Accurate reporting and disclosures – Building management data provides crucial insight into resource consumption and emissions. An IWMS helps augment non-financial disclosure data for ESG reporting by tracking the percentage of the workforce working from home, employee commuting, use of renewable energy, product procurement, and disposal, etc.
  6. Smarter maintenance – A strong maintenance program provides two sustainability benefits. Extending equipment lifespan reduces material waste and traffic to the landfill, while lower operating costs are often a result of reduced energy usage.

Putting the data to work

One American furniture manufacturing customer used integrated data monitoring and transparency solutions to reduce energy consumption across nine sites drastically. Their goal was to leverage centralized data better to help transform it into a more sustainable organization.

To minimize waste, they selected EcoStruxure Resource Advisor for precision monitoring and tracking manufacturing and operating processes. It provided actionable insights to identify opportunities for better data sharing and transparency data across the organization. This improved collaboration and increased data visibility helped them achieve a:

  •  27% reduction in manufacturing energy consumption vs. the past decade
  •  97% reuse, recycle, or reutilization of manufacturing waste, attaining zero waste to landfill status at nine of their sites so far

Learn more

This is just one example of how facility managers can become leaders in the move toward net-zero building operations. To start your company on its data-driven sustainability journey, check out our new eBook, ‘Facility Management and Sustainability, a Fundamental Alliance,” and explore our software for sustainability and efficiency portal.

Tags: building, EcoStruxure Resource Advisor, energy efficient buildings, facility managers, sustainable buildings

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Sostanze Chimiche nella Plastica: sono molte più del previsto

Author: Rinnovabili.it

Sostanze Chimiche Nella PlasticaFoto di Alex Kondratiev su Unsplash

La richiesta dei ricercatori è di regolamentare meglio le sostanze chimiche nella plastica

(Rinnovabili.it) – Visto l’ordine di grandezza, potrebbe sembrare una questione di lana caprina. Tuttavia, sulla quantità di sostanze chimiche nella plastica è utile mettere i puntini sulle “i”. L’ha fatto un nuovo rapporto condotto da scienziati europei e finanziato dal Consiglio norvegese per la ricerca, che ha rivisto al rialzo le cifre fornite di recente dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP). Gli additivi presenti nei prodotti a base di plastica non sarebbero 13 mila, bensì 16 mila. 

Una parte significativa di questo numerone potrebbe rappresentare rischi per la salute umana e l’ambiente. Per questo, lo studio sottolinea l’urgente necessità di affrontare l’inquinamento da plastica, che genera circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno in tutto il mondo.

Le sostanze chimiche aggiunte ai polimeri possono infatti migrare nell’acqua e nel cibo, sollevando preoccupazioni per la sicurezza dei consumatori. Ogni prodotto ne può contenere dalle centinaia alle migliaia, con un effetto cumulativo non trascurabile. 

La controparte sostiene che non bisogna concentrarsi solo sui rischi delle sostanze. Un parametro da tenere in considerazione è l’effettiva esposizione, secondo l’industria. Se è vero che una moltitudine di additivi viene utilizzata nella produzione – è la tesi – potrebbe non essere un grande problema se il contatto umano con essi avviene in lassi di tempo contenuti. Alla base di questa visione c’è una posizione precisa sulle scelte politiche. Ed è: non limitare la produzione, ma concentrarsi solo sul riciclo. Idea non condivisa dai ricercatori, che sostengono invece la necessità di affrontare il problema alla radice.

Il rapporto europeo sottolinea quindi la necessità di maggiore trasparenza riguardo alle sostanze chimiche presenti nelle plastiche, inclusi i materiali riciclati. Attualmente, solo il 6% delle sostanze chimiche plastiche è regolamentato a livello internazionale. C’è quindi un ampio margine per miglioramenti nella vigilanza e nella responsabilità.

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Il primo parco eolico galleggiante d’Italia ottiene l’autorizzazione

Author: Rinnovabili.it

primo parco eolico galleggiante d'ItaliaLa seconda turbina eolica galleggia su larga scala al mondo (e la prima ad essere installata senza l’uso di navi da trasporto pesante), la WindFloat da 2 MW, a circa 5 km al largo di Aguçadoura , in Portogallo. By Untrakdrover – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22868578

Il primo parco eolico galleggiante italiano avrà 250 MW di capacità

(RInnovabili.it) – C’è finalmente la prima VIA positiva per quello che potrebbe essere, a tutti gli effetti, il primo parco eolico galleggiante d’Italia. Il progetto in questione è la centrale da 250 MW pianificata da 7Seas Med nelle acque siciliane. Venti aerogeneratori con una potenza unitaria di 12 MW, privi delle tradizionali fondamenta fisse al fondale marino. A tenere in posizione le turbine saranno, infatti, le speciali piattaforme TetraSub progettate da Stiesdal Offshore Technologies e composte da strutture tubolari disposte secondo un tetraedro asimmetrico con casse di zavorra nei vertici del triangolo di base. 

L’eolico flottante in Italia

Al momento l’Italia possiede un solo impianto eolico offshore in funzione (o più precisamente nearshore) e il motivo dietro a questo unicum impiantistico è complesso. Per anni il problema principale sono state le autorizzazioni, unitamente ad una mancanza di supporto economico  e legislativo. Ottenere il via libera per impianti così vicino alla costa è tutt’ora un’impresa. Perché non allontanarsi dalla riva allora? Con la tradizionale tecnologia eolica a fondamenta fisse questo era impossibile nel Mar Mediterraneo, caratterizzato da fondali che diventano rapidamente profondi. L’arrivo della tecnologia flottante, che prevede l’uso di piattaforme ancorate anziché solidi blocchi di cemento, ha aperto un nuovo capitolo per l’energia del vento nel bacino mediterraneo e in Italia. Oggi si stima che l’eolico galleggiante nazionale abbia un potenziale sviluppabile di ben 207,3 GW. Nelle acque a largo di Sardegna, Sicilia e Puglia, le zone marine più promettenti.

Il primo parco eolico galleggiante d’Italia

In attesa di vedere anche come si svilupperà la normativa di settore – gran parte dell’attenzione è puntata sul Decreto FER 2 – diversi progetti hanno iniziato il percorso del Procedimento Unico in materia ambientale. Di cosa si tratta? Di una semplificazione delle procedure relative alla richiesta di autorizzazione ambientale, che assorbe tutte le tipologie autorizzative in materia. Il procedimento può essere richiesto per i progetti di competenza statale sottoposti a procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA). E come fa sapere oggi l’ANEV, il Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Cultura ha emesso il primo decreto di Provvedimento Unico per un parco eolico galleggiante in Italia, ossia il progetto di 7Seas Med.

La futura centrale sarà posizionata nel Canale di Sicilia, a circa 35 km dalla costa di Marsala, utilizzando soluzioni ingegneristiche innovative volte a ridurre al minimo l’impatto sia a livello ambientale che visivo.

Per l’associazione si tratta del “primo passo di un settore che sta nascendo e che potrebbe dare un importante sviluppo industriale, occupazionale ed ambientale al nostro Paese che vede molte aziende pronte a cogliere la sfida dell’applicazione marina dell’eolico”. “Secondo l’ultima bozza del DM – continua la nota stampa dell’ANEV – la Valutazione d’impatto Ambientale positiva permette alla 7Seas Med di partecipare alle aste previste dal decreto FER2 per gli incentivi all’eolico offshore, mentre il titolo autorizzativo completo sarà necessario per la realizzazione dell’opera da parte dell’azienda”.

Per approfondire il progetto e l’iter

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Beyond the EU EED – Sustainability Regulations Impacting the Data Centre IT Infrastructure of CIOs

Author: Schneider Electric

This audio was created using Microsoft Azure Speech Services

I highlighted the European Union’s Energy Efficiency Directive and its impact on CIOs, data centre owners, and operator in my last blog. This directive is part of a growing web of sustainability regulations facing the data centre industry, which I will focus on here.

In the documents included in the E.U. Energy Efficiency Directive, the E.U. Commission is aligning with existing regulations and initiatives for data centres and buildings that contain data centres. In Europe, Germany, France, and the Netherlands have enacted legislation aimed at reducing the energy consumption of data centres. In Australia and China, requirements for rating and building green data centres are in place. Similar regulations are expected in North America. The Securities and Exchange Commission (SEC) of the United States ruled on a disclosure requiring large, publicly traded companies to report on greenhouse gas emissions (GHG) reporting for Scope 1 and 2 by 2026. Data centre operations can represent a significant part of these emissions.

IT Professional monitoring sustainability in the data center

Driving data centres to become more energy efficient

The common theme of these regulations is driving data centres to become more energy efficient. This action can be taken in multiple way including measuring, collecting, and publishing data relevant to the energy consumption, power utilisation, temperature set points, waste heat utilisation, water usage, cooling effectiveness, and use of renewable energy of data centres.

The data points collected will provide valuable insights for data centre operators to benchmark their performance, identify areas for improvement, and track progress towards sustainability goals.

Europe is leading the charge with the European Union’s Energy Efficiency Directive and Fit for 55 package with its goal of reducing E.U. emissions by 55% by 2030. As the European Commission approved the directive on March 14th, the time is now for organizations to comply, and, for many, complying will be considered a benchmark of success. And the first deadline has been pushed back to the 15th of September 2024, giving owners and operators a bit more time to collect the data needed to be reported.

Start bridging IT and OT data

Part of the latest publication from the E.U. Commission regarding the EU Energy Efficiency Directive lists the size categories of data centres ranging from 100kW to larger than 10MW. According to an IDC survey on data centres, “Rack density is rising due to the adoption of new technology like Generative Artificial Intelligence (GenAI). Distributed IT environments and server rooms may come into the scope of the regulations. Therefore, enterprises must look at both their data centres and their IT infrastructure and start bridging IT and OT data. A recent study by CapGemini found 43% of executives were not aware of their organization’s IT footprint. An IT footprint is the environmental impact of the resources used to house, power, and cool the IT equipment that runs our digital world.

An effective way to meet the directive

Owners and operators will need to maintain a resilient, secure, sustainable infrastructure and software is a key enabler. Data Centre Infrastructure Management or DCIM software is an effective tool to monitor, manage, plan, and model critical IT infrastructure and IT whitespace within a data centre. Schneider Electric is invested in supporting you with the evolution of its DCIM solution, EcoStruxure IT. New features were announced at the beginning of March, restating the company’s commitment to focus on sustainability by supporting customers in increasing visibility to metrics required to be reported to governments and improving their own infrastructure.  Learn more about our DCIM solution – EcoStruxure IT by visiting se.com/DCIM (link)

Tags: Alison Matte, DC Professional, DCIM, EcoStruxure IT, IT Professional, Sustainability