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Contabilizzazione del calore, ecco cosa cambia con il nuovo decreto

Tra le correzioni apportate al D.lgs. 102/2014 c’è la possibilità di derogare alla norma tecnica UNI 10200, con una diversa ripartizione della quota a consumo per tutelare le abitazioni con maggiori dispersioni termiche. Novità anche per le risorse da assegnare al fondo nazionale per l’efficienza energetica.

La contabilizzazione individuale del calore negli edifici condominiali, come sappiamo, è un tema molto complesso e ampiamente dibattuto, soprattutto negli ultimi mesi (vedi anche QualEnergia.it).

Ormai è l’ultima estate utile per adeguare gli impianti termici centralizzati entro il 31 dicembre 2016, se sussistono gli obblighi previsti dalla legge, dopodiché potranno scattare sanzioni a carico del condominio o dei singoli proprietari.

Ci sono alcune importanti novità nel decreto, appena approvato dal Consiglio dei Ministri, che modifica/corregge alcuni aspetti del D.lgs. 102/2014 che, a sua volta, accoglieva la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.

La principale correzione prevista dal provvedimento riguarda la possibilità di derogare alla norma UNI 10200. Spesso, infatti, nei grandi palazzi ci sono alcuni appartamenti che hanno un fabbisogno energetico molto più elevato rispetto a tutti gli altri, a causa delle maggiori dispersioni termiche.

Pensiamo, ad esempio, a un attico o un’abitazione al piano terra, vicino alle cantine. Ebbene, il nuovo decreto, in sintesi, stabilisce che se c’è una differenza superiore al 50% per il fabbisogno termico tra le singole unità immobiliari, allora si può cambiare il metodo di ripartizione delle spese.

In pratica, la quota totale a consumo del riscaldamento centralizzato non va più interamente suddivisa secondo i prelievi individuali, bensì per almeno il 70% in base ai prelievi effettivi di energia termica dei singoli appartamenti. Il restante 30%, invece, va ripartito con altri calcoli, ad esempio in base ai millesimi o ai metri quadri delle varie proprietà. In questo modo, in buona sostanza, si “socializza” una parte dell’extra costo che dovrebbero pagare gli inquilini di abitazioni un po’ svantaggiate, termicamente parlando.

Questa modifica potrebbe anche facilitare qualche investimento per la riqualificazione di tutto l’edificio. La considerazione potrebbe essere questa: se io, proprietario di un appartamento al secondo o terzo piano abbastanza ben isolato termicamente, anche perché magari ho già fatto sostituire gli infissi, devo accollarmi una parte delle maggiori spese individuali di riscaldamento di un’abitazione “svantaggiata”, allora potrei trovare un interesse comune nell’approvare un lavoro per migliorare l’efficienza dell’intero condominio (un cappotto termico sul tetto, per esempio).

È bene ricordare brevemente, a questo punto, quali sono i passi fondamentali da seguire per non rischiare inconvenienti e sanzioni. La prima cosa da verificare, quindi, è se è possibile installare sotto contatori con cui misurare i consumi effettivi di ciascun appartamento.

Tuttavia, possono esserci delle impossibilità tecniche: il tipico esempio è il sistema di distribuzione “verticale” con colonne montanti, che servono caloriferi di abitazioni diverse su più piani. In questo caso, o se c’è inefficienza in termini di costi e sproporzione rispetto ai risparmi energetici potenziali, bisogna installare le valvole termostatiche e i ripartitori di calore su ogni singolo calorifero di ogni appartamento.

A livello generale, una novità introdotta dal decreto correttivo è la possibilità di destinare i proventi delle aste di CO2, non impegnati nell’arco di un anno, al costituendo fondo nazionale per l’efficienza energetica, incrementando così le risorse disponibili per finanziare interventi di riqualificazione in vari settori, dal residenziale alle pubbliche amministrazioni (vedi QualEnergia.it sui problemi del fondo).

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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Modified Manual Key Machine(Mini LED Light Panel)

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Chi boicotta l’accordo sul clima in Europa?

Chi boicotta l’accordo sul clima in Europa?

(Rinnovabili.it) – L’accordo sul clima ha regole precise perché entri in vigore: dovrà essere ratificato da almeno 55 paesi (sui 177 che l’hanno approvato alla COP21) che rappresentino il 55% delle emissioni mondiali di CO2. Quindi è normale che gli occhi siano puntati sui grandi inquinatori, Stati Uniti e Cina più di tutti perché rappresentano insieme il 38% delle emissioni mondiali. Ma bisognerebbe monitorare con attenzione anche quello che succede nel nostro cortile di casa, l’Unione Europea. Per un motivo molto semplice: la volontà dei singoli stati può non bastare. E infatti, c’è chi rema contro.

L’accordo sul clima rischia una ratifica senza l’Europa. Trattandosi di un “accordo misto”, esso prevede due passaggi: la ratifica del Parlamento europeo e quella di tutti Parlamenti nazionali. Basta che ci sia un intoppo minimo e tutto viene bloccato. Paesi come la Polonia, ancorata al carbone più di ogni altro, hanno tutto da guadagnare dal rinvio della ratifica. I “falchi” come la Francia, invece, chiedono di accelerare il processo, rimandando i negoziati sulla ripartizione degli impegni climatici a dopo il voto. E poi c’è una zona grigia che potrebbe creare ancora più problemi.

Chi boicotta l’accordo sul clima in Europa?Questa mattina l’inviata speciale per i cambiamenti climatici dell’ONU, l’irlandese Mary Robinson, ha apertamente criticato Germania e Gran Bretagna: stanno sabotando l’accordo sul clima. L’accusa a Berlino è di lanciare messaggi contraddittori. “La Germania sta mettendo fine ai sussidi alle fossili entro il 2018, ma il governo tedesco sta anche introducendo nuovi meccanismi per sovvenzionare le compagnie che garantiscono un apporto costante di elettricità, anche se provenienti da fonti inquinanti come diesel e carbone”.

Londra invece, accusa ancora Robinson, “ha alleggerito le tasse sugli idrocarburi che costeranno però ai contribuenti diversi miliardi entro il 2020, e ha ridotto il supporto a rinnovabili e all’efficienza energetica”. Il nuovo esecutivo guidato da Theresa May ha perfino cancellato il Dipartimento per l’energia e il climate change. Tutte misure che contraddicono lo spirito e la lettera dell’accordo sul clima. Per l’UE la ratifica continua a essere lontana.

Autore: Rinnovabili

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Dalla Commissione UE una nuova strategia per i trasporti verdi

Svelato un documento in cui Bruxelles tratteggia il futuro della mobilità a basse emissioni di CO2. Auto elettrica, corridoi ferroviari, standard di efficienza per vetture e furgoni post-2020. Aerei e navi restano però ai margini dell’agenda, così come lo sviluppo dei biocombustibili avanzati.

Nella transizione energetica verso le fonti pulite, non doveva mancare una nuova strategia europea per la mobilità a basse emissioni di CO2. Vediamo quali sono allora i punti di forza e debolezza nel documento predisposto dalla Commissione UE (sotto la versione integrale della comunicazione).

Lo scenario è complesso, come ammette Bruxelles: i trasporti, soprattutto quelli stradali, sono responsabili per circa un terzo delle emissioni di gas serra in Europa e sono la principale causa dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane. Il grosso scoglio da abbattere è la dipendenza dal petrolio, che assicura il 94% del fabbisogno energetico dei trasporti nel Vecchio continente.

L’obiettivo allora è promuovere fonti energetiche alternative, migliorare l’efficienza dei veicoli è così ridurre le emissioni di CO2 e di altre sostanze nocive. Come riuscirci? Nel documento della Commissione ci sono tante buone idee, alcune per nulla nuove, come i trasporti multi-modali per favorire il passaggio dalla gomma al ferro sia per le merci sia per i passeggeri, potenziando i corridoi ferroviari.

Poi c’è un capitoletto sulle prospettive aperte dalla mobilità digitale: attraverso la condivisione/elaborazione delle informazioni, ad esempio, si potrebbero introdurre pedaggi stradali basati su un numero maggiore di dati, tra cui gli effettivi chilometri percorsi e le emissioni di CO2 dei singoli veicoli.

Un futuro elettrico

Come evidenzia la comunicazione, le vetture a ridotte emissioni di CO2 dovranno conquistare quote rilevanti di mercato intorno al 2030. Il punto essenziale, si legge nel documento, è sviluppare le diverse reti di rifornimento per i combustibili alternativi, dalle colonnine elettriche all’idrogeno, passando per il gas/metano e i biocarburanti. L’idrogeno, in realtà, per la Commissione rimane un optional.

L’attenzione maggiore è dedicata all’auto elettrica (vedi anche QualEnergia.it) e alla necessità di eliminare le barriere che ne stanno frenando la diffusione, tra cui soprattutto la mancanza di punti di ricarica. Il traguardo finale è permettere a un automobilista di attraversare l’Europa con una vettura elettrica, perché ricaricare la batteria dovrà essere facile e veloce come fare il pieno di benzina.

Per quanto riguarda i veicoli a combustione interna, la Commissione europea vorrebbe agire in due direzioni principali. La prima è introdurre nuovi test per calcolare i consumi effettivi di carburante in situazioni reali di guida, con relative emissioni di CO2, cercando così di riguadagnare la fiducia dei consumatori, che ha raggiunto i minimi storici con il diesel-gate innescato da Volkswagen.

Standard di efficienza

La seconda direzione in cui intervenire, prosegue il documento europeo, è potenziare gli standard di efficienza energetica per le auto e i furgoni post-2020. Un annuncio particolarmente importante, come evidenzia una nota di Transport&Environment, è che Bruxelles vuole fissare standard di efficienza sui consumi di carburante anche per i camion, un settore questo che finora è rimasto completamente trascurato nell’agenda europea dei trasporti sostenibili.

La Commissione, quindi, intende lanciare una consultazione pubblica per definire una proposta legislativa sui trasporti stradali pesanti.

Navi, aerei e biocombustibili

Nel documento resta peròqualche zona d’ombra, chiarisce Transport&Environment. Scorrendo le pagine, infatti, si trova solo qualche accenno ai trasporti marittimi e aerei, con un generico impegno per provare a definire accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni climalteranti.

Un altro punto in chiaroscuro è la poca convinzione con cui Bruxelles critica l’utilizzo di biocarburanti ottenuti da colture alimentari, mentre servirebbe uno sforzo molto più deciso per sostituirli interamente con biocombustibili avanzati, come quelli ricavati dalle alghe e dalle biomasse di scarto (alcune considerazioni recenti di Transport&Environment sull’argomento).

Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:

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Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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Incentivi alle rinnovabili elettriche, ecco come fare la richiesta

Incentivi alle rinnovabili elettriche, ecco come fare la richiesta

(Rinnovabili.it) – Uno degli ultimi passi sul fronte delle rinnovabili elettriche è stato compiuto. Il Gestore dei Servizi energetici ha pubblicato sul proprio sito le nuove Procedure Applicative per la richiesta di incentivi, le linee guida  che disciplinano l’accesso ai meccanismi previsti dal decreto ministeriale del 23 giugno 2016.

Il documento contiene sia i regolamenti per l’iscrizione ai Registri, alle Procedure d’Asta e ai Registri per i rifacimenti (i bandi relativi saranno pubblicati entro il 20 luglio 2016) che le modalità di calcolo e di erogazione dei sussidi statali e degli eventuali premi. Gli incentivi possono essere richiesti per impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, oggetto di interventi di potenziamento o di rifacimento a patto che questi ultimi siano: entrati in esercizio tra il 31 maggio e il 29 giugno 2016 e abbiano presentato (o stiano per farlo) domanda di accesso diretto entro 30 giorni dalla data di entrata in esercizio, oppure siano iscritti in posizione utile nelle graduatorie delle Procedure d’Asta e Registro regolate del precedente decreto, per i quali non siano decorsi i termini per l’entrata in esercizio.

Potranno beneficiare delle tariffe e degli eventuali premi del DM 6 luglio 2012 anche gli impianti che presenteranno richiesta di accesso diretto agli incentivi o risulteranno ammessi in posizione utile ai Registri del medesimo Decreto, purché entrati in esercizio entro il 29 giugno 2017. Fuori lista invece, quelli solari termodinamici e quelli aggiudicatari di Procedura d’Asta.

Come richiedere gli incentivi per le rinnovabili elettriche

Le procedure sono tutte rigorosamente telematiche. Richieste e invio della documentazione necessaria potranno avvenire solo tramite accesso al Portale FER-E, previa registrazione nell’Area Clienti GSE. Per l’Accesso diretto è possibile presentare la richiesta fino al 31 dicembre 2017 o, in ogni caso, decorsi 30 giorni dalla data dell’eventuale raggiungimento del tetto dei 5,8 miliardi di euro l’anno. Per Aste e Registri la domanda di accesso dovrà essere presentata entro 30 giorni dalla data di entrata in esercizio.

Autore: Rinnovabili