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Anonymous data does not live up to its billing


Boffins can tie data to your ID most of the time

For a while the standard defence that various companies have used to collect your online data is that it is “anonymised” and cannot be linked back to you.

However Researchers at Stanford and Princeton have succeeded in identifying 70 percent of web users by comparing their web-browsing history to publicly available information on social networks. This makes most of the anonymous data collected a hugely valuable trove of publicly available data on your personal doings

The study “De-anonymizing Web Browsing Data with Social Networks” [PDF] found that it was possible to reattach identities to 374 sets of apparently anonymous browsing histories simply by following the connections between links shared on Twitter feeds and the likelihood that a user would favour personal recommendations over abstract web browsing.

Test subjects were provided with a Chrome extension that extracted their browsing history; the researchers then used Twitter’s proprietary URL-shortening protocol to identify t.co links. 81 percent of the top 15 results of each enquiry run through the de-anonymisation program contained the correct re-identified user.

About 72 percent of the results identified the user on the first go and only required a trip to the Twitter user ID. There are problems if a user is pseudonymous, because it requires more digging to confirm the real identity, but it is not exactly rocket science.
UTM codes in URLs offer the possibility of re-identification even where encryption is present.

Autore: Fudzilla.com – Home

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Le Apple BeatsX dovrebbero arrivare il 10 Febbraio

Fra le caratteristiche tecniche che rendono così elevata la qualità audio delle Apple AirPods, l’utilizzo del chip W1 senza dubbio è fra le principali. Per chi non lo sapesse, grazie al chip W1 sia gli iPhone che le AirPods possono contare su una banda superiore rispetta a quella offerta normalmente dal Bluetooth LE, il che permette la riproduzione anche di audio in HD. Al fine di espandere il chip W1 verso altri prodotti, Apple commercializzerà a breve le nuove Apple BeatsX.

Lo sviluppo estetico e tecnico di questo nuovo paio di auricolari Bluetooth è avvenuto nei laboratori di Beats sotto la supervisione degli ingegneri Apple. In questo modo, è stato possibile coniugare il meglio dei due mondi. Attesi sul commercio ormai da qualche mese, le Apple BeatsX saranno disponibili all’acquisto a partire dal 10 Febbraio.

Come potete vedere dalla foto di copertina, si tratta di un paio di auricolari non completamente wireless come sono le AirPods ma comunque in grado di offrire una certa mobilità nel momento in cui sono indossate. Per quanto riguarda la qualità audio, pensiamo che vi sia uno step ancora in avanti rispetto alle AirPods ma, non avendo avuto modo di provarle, è abbastanza difficile dare un’opinione.

Apple BeatsX: DNA Apple ma funzionamento universale

Relativamente alla durata della batteria, le Apple BeatsX dovrebbero garantire intorno alle 8 ore di ascolto continuato. La ricarica avviene mediante un connettore Lightning e, non sapendo se ne viene fornito uno in confezione, è consigliabile l’acquisto solo a chi è già dentro all’ecosistema Apple. Ciò non toglie che il funzionamento è garantito con qualsiasi dispositivo Bluetooth, persino gli smartphone Android.

Arrivando infine al prezzo di vendita, le Apple BeatsX avranno un costo di 150 dollari con disponibilità immediata non garantita per l’Italia.

VIA  FONTE

Autore: Agemobile

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Frammentazione Android: Nougat supera l’1% di market share

Puntuali come sempre sono arrivati i dati ufficiali relativi alla frammentazione Android. La novità più importante l’abbiamo già svelata nel titolo: Nougat supera l’1% di market share. Ebbene sì, a distanza di alcuni mesi dal rilascio ufficiale di Android 7.0, poi di Android 7.1 e di recente anche della versione beta di Android 7.1.2, gli smartphone Android con a bordo l’ultima versione del robottino verde sono meno dell’1%.

Ancora una volta è Android Lollipop la versione più diffusa (circa uno smartphone su 3 utilizza Android 5.0 o Android 5.1) con il 32,9% complessivo di market share. D’altronde molti smartphone cinesi e tablet di fascia entry level vengono lanciati ancora oggi con questa versione del robottino verde.

Nella fascia media, invece, si continuano a lanciare smartphone con a bordo Android 6.0 Marshmallow e così questa versione del robottino verde si assesta al 30,7%. Probabilmente il prossimo mese potrebbe esserci il sorpasso sulle ormai obsolete versioni di Lollipop.

Ed ora passiamo alle note dolenti: circa il 30% della “torta” è spartito da vecchie versioni di Android con la release 4.4 Kitkat che si assesta al 21,9%, quindi ben uno smartphone su 5. Continua ad essere troppo diffusa anche la release Jelly Bean nelle varie versioni 4.1.x, 4.2.x e 4.3, che complessivamente si aggirano intorno al 10% di market share.

Segnaliamo inoltre un minuscolo calo di market share nella diffusione di Android Ice Cream Sandwich: il mese scorso le release 4.0.3 e 4.0.4 si assestavano all’1,1%. Ora a distanza di un mese la percentuale scende all’1%, condivisa con Android Gingerbread, che a quanto pare sarà la prossima release ad uscire a breve da questa classifica. 

Via

Autore: Android Blog Italia

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AMD Ryzen, prezzo svelato in anticipo per i processori di punta

Il costo delle CPU AMD Ryzen che saranno lanciate all’inizio di marzo non è stato ancora ufficialmente confermato. Ecco alcune indiscrezioni, però, che sembrano attendibili.

Le nuove attesissime CPU AMD Ryzen debutterano a inizio marzo: AMD Ryzen, uscita a inizio marzo per i processori anti-Intel. Vega entro giugno.

In queste ore si aggiungono nuovi indizi sui processori che la casa di Sunnyvale ha ormai posto sulla “rampa di lancio”.

AMD Ryzen, prezzo svelato in anticipo per i processori di punta

Il processore più potente dovrebbe chiamarsi Ryzen 7 1800X e potrebbe essere proposto sul mercato al prezzo di 600 euro.
Si tratterà di una CPU dotata di 16 core logici con la possibilità di raggiungere i 4 GHz in modalità turbo, specifiche che appaiono in linea con le indiscrezioni degli ultimi giorni.

A scendere, AMD dovrebbe offrire Ryzen 7 1700X, un processore che arriverà a 3,8 GHz di clock in modalità turbo e costerà 430 euro. Una terza CPU, Ryzen 7 1700 dovrebbe costare ancora meno, 390 dollari, e raggiungere i 3,7 GHz in turbo.

I prezzi suggeriti dalle “voci di corridoio” potrebbero corrispondere al vero; anche perché il costo delle CPU Intel viene da molti giudicato eccessivo (viene calcolato un sovrapprezzo dell’ordine del 25%) in forza della situazione di “monopolio di fatto” di cui ha potuto godere la casa di Santa Clara per ben tre anni.Come anticipato da Lisa Su, CEO di AMD, la sua azienda si concentrerà principalmente su processori a 16 core logici.
Un aspetto interessante con le CPU a 16 core logici è che, com’è evidente nel caso del Core i7-6900K di Intel e delle CPU similari, non tutti i software sono in grado di trarre vantaggio dall’utilizzo dei vari core (i videogiochi in special modo…).
Così un i7-6700K si è dimostrato migliore, per utilizzi “videoludici”, rispetto a un Core i7-6900K avendo un numero inferiore di core ma più potenti.
I processori AMD Ryzen con un minor numero di core, invece, dovrebbero comunque essere meno potenti rispetto ai modelli, sulla carta, superiori.

Autore: IlSoftware.it

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Tim Sweeney si scaglia contro Windows 10 Cloud: ‘Sarà come un ransomware’

Tim Sweeney non è mai stato troppo delicato con Microsoft e nello specifico con i problemi di “apertura” dell’ultimo Windows 10. Lo scorso anno il co-fondatore di Epic Games ha definito il sistema operativo di Redmond “un giardino murato”, continuando ad inveire contro il software qualche mese più tardi quando formulava una teoria secondo la quale Windows avrebbe progressivamente fatto fuori Steam con procedure più o meno subdole nel giro di cinque anni.

E negli scorsi giorni Sweeney si è scagliato contro il nuovo – e non ancora annunciato – Windows 10 Cloud. Il sistema operativo potrebbe essere l’ultimo tentativo da parte di Microsoft di convincere gli utenti ad utilizzare le app di Windows Store. La variante Cloud potrebbe infatti essere un successore spirituale del non fortunatissimo Windows RT, con cui Microsoft proponeva il suo sistema operativo anche su sistemi dotati di CPU ARM.

Windows 10 Cloud non permetterà di eseguire applicazioni Win32 standard, quindi al tempo stesso store di terze parti come Steam non avranno modo di funzionare. In una lunga serie di tweet Sweeney ha definito Windows 10 Cloud in modi differenti, come ad esempio in maniera molto esplicita “Windows 10 Crush Steam Edition”. In uno dei tweet si legge: “Windows 10 Cloud ruberà la tua libreria di giochi su Steam e te la ridarà solo sotto riscatto a pagamento”.

Esagerando sullo stesso stile ironico ha poi continuato: “Microsoft chiederà un riscatto anche su Unreal Engine, Unity, Photoshop, 3D Studio e Maya. Volete comprare software da qualcuno che non è Microsoft? Vi faranno pagare per avere quel privilegio. Disgustoso e illegale!”. Quelle di Sweeney al momento rimangono però solamente congetture visto che Windows 10 Cloud non è stato ancora annunciato e secondo i primi report provenienti dalle versioni leaked pare sia ancora possibile effettuare il sideload di applicazioni non provenienti dallo store ufficiale. L’unico limite sarà il blocco dell’esecuzione delle app Win32 tradizionali.

Sweeney ha comunque continuato con il suo flusso di tweet: “Windows 10 Cloud è un ransomware, blocca il software che hai precedentemente acquistato e ti costringe a pagare per sbloccarlo aggiornando a Windows 10 Pro. Bloccati Firefox, Chrome, Google Search, OpenGL, Vulcan, OpenVR, Oculus VR. Tutti bloccati”. Il linguaggio di Sweeney è iperbolico e probabilmente fuori luogo, tuttavia bisogna aspettare un annuncio ufficiale di Microsoft per farsi un’idea precisa sul nuovo SO.

Ad oggi Windows 10 Cloud sembra un software offerto in licenza agli OEM in maniera del tutto gratuita pensato nello specifico per sistemi con capacità computazionali molto basse e quindi non adatte al gaming hardcore a cui fa riferimento Sweeney. Al primo avvio non sarà possibile installare app Win32, sblocco che potrà essere effettuato solo ed esclusivamente a discrezione dell’utente aggiornando il sistema a pagamento con una licenza più completa.

Autore: Le news di Hardware Upgrade