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Spotify, ecco le canzoni più ascoltate nell’estate 2018

Author: Paolo Armelli Wired

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Le vacanze stanno un po’ per tutti giungendo al termine e anche l’estate si avvia alla conclusione. Ecco che quindi è tempo di fare un bilancio di quello che sono stati questi mesi e Spotify lo fa a modo suo. La piattaforma di streaming ha infatti reso note quali sono le canzoni più ascoltate nelle scorse settimane a livello globale. La lista risente però moltissimo del mercato americano: senza molte sorprese al primo posto si piazza In My Feelings di Drake, oggetto anche di un particolare fenomeno virale. La hit del cantante, che ha anche altri quattro brani nella top 20, è stata ascoltata 393 milioni di volte dal 1 giugno al 20 agosto.

Il podio continua con due posizioni occupate dalla rapper Cardi B, al secondo posto con il duetto coi Maroon 5 Girls Like You e al terzo con un brano da solista come I Like It. Scorrendo la classifica si incontrano anche i pezzi di XXXTentacion, il rapper ucciso lo scorso giugno, di Calvin Harris con Dua Lipa e dei Clean Bandit con Demi Lovato.

Spazio anche per le sonorità latine di Te Boté di Nio Garcia, ma anche per le hit di giovani popstar come Selena Gomez e Ariana Grande.

Ecco la classifica completa:

1. Drake, In My Feelings

2. Maroon 5 (feat. Cardi B), Girls Like You

3. Cardi B (feat. Bad Bunny, J Balvin), I Like It

4. Juice WRLD, Lucid Dreams

5. XXXTentacion, Sad! 

6. Post Malone, Better Now

7. Calvin Harris (feat. Dua Lipa), One Kiss 

8. Clean Bandit (feat.

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Demi Lovato), Solo

9. Tyga (feat. Offset), Taste

10. 5 Seconds of Summer, Youngblood 

11. Drake, God’s Plan

12. Drake, Nice For What

13. Nio Garcia (feat. Casper Magico, Darrell, Ozuna, Bad Bunny and Nicky Jam), Te Boté (Remix)

14. Tiësto, Dzeko (feat. Post Malone, Preme), Jackie Chan

15. Selena Gomez, Back To You 

16. Ariana Grande, No Tears Left to Cry 

17. XXXTentacion, Moonlight

18. Drake (feat. Michael Jackson), Don’t Matter To Me

19. Jonas Blue, Rise

20. Drake, Nonstop

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Deepfake, l’intelligenza artificiale per fingere di saper ballare

Author: Giuditta Mosca Wired

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Lg G7 Thinq, la recensione dello smartphone con il super audio

Author: Lorenzo Longhitano Wired

Lo smartphone di punta della casa coreana è completo ed elegante e punta su assi nella manica diversi rispetto a quelli degli avversari

Quest’anno i coreani di Lg si sono fatti attendere non poco per il lancio del loro smartphone di punta, Lg G7 Thinq. Alla presetntazione dello smartphone, avvenuta a maggio, è seguito un lancio alle porte dell’estate ma soprattutto a diverse settimane di distanza da quello dei suoi sempre più pericolosi avversari. Fortunatamente il gadget di Lg può contare su una personalità tutta sua e su armi differenti rispetto ai colleghi della stessa fascia (siamo sugli 850 euro), e nello specifico su un comparto audio di qualità, su dimensioni compatte e su un assistente digitale (l’Assistente Google) facile da interpellare in ogni momento. Per capire come si comporta nella vita quotidiana e se i suoi punti di forza valgano l’acquisto ci abbiamo passato insieme diverso tempo.

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Dal punto di vista estetico G7 Thinq è promosso. Certo, il design non è particolarmente originale: alluminio e vetro per la scocca, lettore per le impronte posteriore e display con notch ormai si vedono ovunque.

Eppure proprio tra i telefoni con notch risulta uno dei migliori in circolazione, perché tra i pochi a coniugare uno schermo di dimensioni generose a un impatto ridotto nelle tasche e nel palmo della mano. Questo è uno degli aspetti che più fanno apprezzare G7 Thinq nell’uso quotidiano: la possibilità di impugnarlo in modo saldo e allo stesso tempo di far viaggiare liberamente il pollice da una parte all’altra dello schermo. Sembra una banalità, ma molti dei telefoni di fascia più alta sacrificano questo aspetto in nome di display dalle dimensioni sempre più elevate.

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Lo schermo del telefono è uno dei punti sui quali Lg ha preferito discostarsi dagli avversari. Pure andando all’inseguimento dei fan del notch e dei display dai bordi ridotti, il gruppo ha infatti scelto un pannello da 6,1 pollici realizzato con tecnologia lcd in luogo degli schermi oled sempre più apprezzati dal resto dei costruttori. La qualità finale dello schermo non risente particolarmente di questa scelta e anzi è al pari con quella dei prodotti concorrenti. Il bilanciamento dei colori è ottimo e i neri, seppure non siano comparabili a quelli prodotti dagli schermi di iPhone X e compagnia, restano comunque profondi; solo decidendo di nascondere il notch dietro una barra nera si nota la differenza tra schermo e cornice, ma in ogni altra occasione il display fa un lavoro egregio nel visualizzare contenuti ad altissima definizione (quad hd) e brillantezza. L’arma segreta del display Lg è infatti la luminosità, che in occasioni estreme si può sparare fino a 1000 nits per un periodo limitato di tempo (o rischia di prosciugare brevemente le energie della batteria) e che ha saputo reggere la sfida del sole estivo.

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Anche il comparto audio del telefono ha almeno un paio di marce in più rispetto agli avversari. La prima è un quadruplo chip per la gestione dei segnali audio, che consente al gadget di registrare video con audio di qualità elevata ma soprattutto di riprodurre brani ad alta fedeltà che è possibile ascoltare sia tramite prodotti collegati via wireless e bluetooth, sia attraverso l’uso del buon vecchio cavo con jack da 3,5 millimetri; a patto di utilizzare dei prodotti compatibili, l’audio in uscita da G7 Thinq è sempre sorprendentemente chiaro e pulito, sia che il gadget tramite il quale lo si ascolta sia una normale paio di cuffie, sia che si tratti di un impianto amplificato. Anche facendo leva sui soli altoparlanti G7 Thinq non smette di stupire: il telefono è infatti dotato di una camera cava al suo interno, che fa da cassa di risonanza per l’audio prodotto dagli speaker e produce un suono nettamente più forte rispetto a quello della maggior parte dei concorrenti, anche tra i più costosi, il tutto senza eccessive distorsioni.

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Alle fondamenta di G7 Thinq, Lg ha finalmente potuto mettere l’ultimo e più potente processore Qualcomm disponibile sulla piazza, lo Snapdragon 845 che qui è accompagnato da 4 gb di ram. La scelta è vincente e le prestazioni sono impeccabili: il gadget è allineato ai migliori dispositivi Android sul mercato e non scalda neanche quando messo sotto stress. Solo la combinazione tra le temperature torride di queste settimane e l’utilizzo intenso riescono a portarne la temperatura al di sopra di livelli normali, ma si tratta di un comportamento dovuto più al clima che al chip Qualcomm e alla sua implementazione sul telefono Lg. Più soggettivo invece è il giudizio sull’interfaccia grafica che accompagna Android 8.1: Lg come di consueto fa uno sforzo encomiabile nel rendere più suo il sistema operativo Google, ma le funzionalità aggiuntive offerte e che più risultano utili rispetto a quelle proposte dalla concorrenza sono probabilmente quelle che si agganciano proprio alla casa di Mountain View, ovvero quelle inerenti all’Assistente Google.

Il software si può infatti richiamare alla pressione del pratico pulsante aggiuntivo sulla scocca, un’aggiunta non così banale come sembra. Poter interpellare l’assistente digitale con un tasto fisico e senza bisogno della frase di attivazione Hey Google porta a utilizzarlo molto più di frequente, anche per operazioni quotidiane come la navigazione e la composizione di numeri, messaggi ed email. A questo si aggiunge il supporto nativo della fotocamera a Google Lens, la tecnologia che riconosce in automatico oggetti, codici a barre, qr code ed elementi testuali per proporre ricerche correlate.

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Il comparto fotografico del dispositivo si basa su una doppia fotocamera posteriore con sensori da 16 Mpixel coadiuvati da un obbiettivo normale e da uno grandangolare. L’impostazione non è nuova per Lg, e anzi risulta forse la più azzeccata in un momento in cui sembra ormai piuttosto chiaro che i sensori secondari gemelli raramente servono davvero a rendere le foto più luminose; purtroppo la casa coreana, pur migliorando la qualità degli scatti grandangolari, li ha resi al contempo meno estremi, riducendo il campo visivo dai 120 gradi di G6 a soli 107 gradi. G7 Thinq utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per identificare i soggetti inquadrati e utilizzare impostazioni ottimizzate per ciò che sta riprendendo, ma di base i suoi due sensori sono già in grado di catturare immagini di qualità molto buona in ogni situazione. Bene gli scatti in penombra, meno quelli in condizioni estreme: di notte e al buio il gadget, più che basarsi sulla pur presente stabilizzazione ottica dell’obbiettivo principale, sfrutta infatti una tecnologia di accoppiamento dei pixel che accorpa a gruppi di 4 i 16 milioni di fotorecettori del sensore, producendo un’immagine da 4 Mpixel più luminosa del normale ma non altrettanto ricca di dettagli: i risultati sono soddisfacenti ma non stupefacenti.

Pur perdendo leggermente mordente rispetto agli avversari più costosi in ambito fotografico, Lg G7 Thinq resta in ogni caso uno smartphone decisamente completo e per certi versi sorprendente. Paga il prezzo di un design attraente ma poco originale, ma soprattutto un arrivo sul mercato in ritardo rispetto ai due protagonisti di quest’anno nel mondo Android, ovvero Samsung Galaxy S9 e Huawei P20 Pro. Di contro il telefono coreano ribatte ad avversari così agguerriti con armi delle quali questi ultimi non dispongono, ovvero un sistema audio fuori dal comune e una stretta e intelligente integrazione con l’assistente digitale più evoluto e promettente del mercato, il tutto a un prezzo inferiore: 849 euro la cifra chiesta al lancio, già scontata di parecchio online. Chi cerca un dispositivo compatto e maneggevole ma anche elegante e completo troverà nella proposta di Lg tutto questo e anche di più.

Wired
Ottima l’idea di trasformare l’interno del dispositivo in una cassa di risonanza. Il pulsante per richiamare l’Assistente Google si rivela più utile di quel che sembra.

Tired
Negli scatti notturni la risoluzione delle foto si abbassa per migliorare la capacità di immagazzinare luce nel sensore.

Voto
8,5

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Con Talking Hands la lingua dei segni si trasforma in voce

Author: Gianluca Dotti Wired

Un’iniziativa di imprenditoria sociale pensata per dare un aiuto alla comunità dei sordomuti: il progetto Talking Hands è stato selezionato tra i New Heroes di RedBull.com. Ecco come si può comunicare con le mani grazie a un guanto e a uno smartphone

Almeno 70mila, forse 100mila: è questa la stima più attendibile oggi a disposizione sul numero di persone sordomute che vivono in Italia. A livello globale, invece, la comunità sorda conta circa 70 milioni di individui. Sono dunque milioni i potenziali fruitori di Talking Hands, un’invenzione tutta italiana che punta a migliorare la qualità della vita di chi non può comunicare oralmente e si affida alla lingua dei segni.

L’iniziativa, che rientra a pieno titolo nell’ambito dell’imprenditoria sociale, è stata selezionata per entrare a far parte di New Heroes, il progetto editoriale a cura di Oscar di Montigny e realizzato in collaborazione con RedBull.com per raccontare le storie dei nuovi eroi del mondo del lavoro. A spiegare cos’è Talking Hands è Francesco Pezzuoli, fondatore e Ceo della startup LiMiX sviluppatrice il progetto, in un video prodotto da Francesco Maddaloni e Valerio Mammone.

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Letteralmente il nome del dispositivo significa mani che parlano, e più didascalico di così non poteva essere: Talking Hands traduce la lingua dei segni in voce grazie a un guanto indossabile. Il guanto funziona attraverso dei sensori inerziali da applicare sulla mano (sia sulle dita sia sul dorso) e sull’avambraccio: i sensori riconoscono i movimenti della mano nello spazio, la flessione delle dita e l’orientamento dell’avambraccio, poi i dati raccolti vengono elaborati da un algoritmo di riconoscimento gestuale. Il software interpreta i movimenti e invia allo smartphone le informazioni elaborate, così che possano essere poi tradotte in suoni attraverso un sintetizzatore vocale.

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La fase iniziale dello sviluppo è stata svolta in collaborazione – come spinoff – con l’università di Camerino, mentre è del marzo 2015 la fondazione della startup LiMiX.

Il guanto non ha un linguaggio pre-installato, ma deve essere addestrato direttamente dall’utente. Come ha spiegato Pezzuoli, “tradurre la lingua dei segni in tutta la sua complessità sarebbe stato impossibile, perché è un tipo di comunicazione che non prevede solo la gestualità delle mani, ma anche mimiche facciali e movimenti del corpo. E a questo si aggiunge un’altra peculiarità che complica le cose, ossia le possibili varianti comunicative: “solo a Roma ci sono 10 dialetti diversi, e nel mondo esistono centinaia di linguaggi dei segni”, racconta Pezzuoli, “per questo abbiamo semplificato al massimo”.

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Nella pratica, dunque, per insegnare le parole al dispositivo è sufficiente collegare il guanto al cellulare attraverso la connessione bluetooth, eseguire fisicamente il movimento e associare una parola o una lettera. Da quel momento, ogni volta che viene eseguito quel movimento si ottiene la traduzione vocale. Ognuno può dunque personalizzare il proprio vocabolario e, se è necessario cambiare lingua, la traduzione può essere impostata in automatico, riutilizzando i gesti già in memoria.

Pezzuoli, che a 26 anni ha già una laurea in ingegneria informatica e un dottorato in matematica, ha ideato Talking Hands facendo tesoro della formazione personale e di quella del suo team, ma ha anche sviluppato il progetto attraverso una collaborazione diretta con la comunità sordomuta.

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Il desiderio di aiutare gli altri, e la sensibilità verso le persone con fragilità, derivano probabilmente dalle esperienze adolescenziali, quando Pezzuoli fu vittima di atti di bullismo. L’obiettivo del dispositivo Talking Hands non è solo quello di migliorare la qualità della vita, ma anche di aiutare le persone sordomute a trovare un impiego e quindi a diventare economicamente indipendenti e autonome. “A lungo termine”, spiega Pezzuoli, “speriamo che il progetto possa anche ridurre il numero di casi di depressione e suicidio, oltre che agevolare la comunicazione con i medici e con il personale delle strutture sanitarie”.

Dopo che l’idea del dispositivo iniziava a frullare in testa già dal 2011, il primo finanziamento al progetto (da 35mila euro) arriva nel 2015 grazie a StartCup Marche ed Ecapital. L’anno successivo altri 100mila euro arrivano grazie al Rome Prize della Maker Faire. Nel frattempo sono arrivati il brevetto e i primi prototipi, che insieme ai test con la comunità sorda concludono la fase pre-industriale. Il lancio commerciale è previsto tra il 2019 e il 2020, a un prezzo indicativo di 600 euro. In attesa di un’azienda che possa affiancare LiMiX per la commercializzazione, quest’anno la startup è stata la vincitrice italiana di Chivas Venture, un concorso che premia le realtà più innovative e interessanti in ambito sociale.

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Azure VM (Windows) で完全メモリ ダンプを採取する方法

Author: Shuhei Uda – MSFT TechNet Blogs

[unable to retrieve full-text content]こんにちは。Azure サポートの宇田です。 今回は、Azure VM での完全メモリ ダンプの採取手順についてご紹介します。 ダンプ解析について Azure VM として稼働している Windows OS がハングした際など、完全メモリ ダンプを採取して解析を行うことが、有効な調査手段となる場合があります。 一方で、Azure に限ったお話しではありませんが、ダンプから原因調査を行うためには、”現象が発生している際に” ダンプを採取する必要があるほか、解析には相当のコストを要する為、必ずしもダンプの解析を行う事が最善の策とは限りません。こうした点については、以下の投稿でも詳しくご説明しておりますので、まずはご一読いただく事を推奨いたします。 Azure 上で利用している Windows 仮想マシンがフリーズしたら https://blogs.technet.microsoft.com/jpaztech/2017/02/07/collectdump/ また、上記の投稿でもご案内しております通り、ご採取いただいたダンプの解析を Microsoft のサポート サービスで承る場合、原則としてプレミア サポート契約が必要となりますので、その点はご承知おきいただければと思います。IaaS として稼働する Azure VM 内の (Windows OS の) 設定や挙動に関してのお問い合わせは、Azure のサポート契約 (Developer / Standard / Professional Direct 等) では承ることが出来ず、Windows のサポート契約が必要となりますので、何卒ご了承ください。 Azure IaaS における有償 Azure テクニカル サポートの対応範囲 https://blogs.technet.microsoft.com/jpaztech/2017/12/21/azure_technical_support_explained/ 完全メモリ ダンプを採取するための Windows…