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Ornella Muti sfrattata con Naike e la famiglia va nel super hotel

Ornella Muti è stata sfrattata. Colpa di 80 mila euro di affitti non pagati, questa la cifra secondo il quotidiano Il Tempo. L’attrice 62enne e la figlia Naike Rivelli, 42 anni, sono state buttate fuori dal loro appartamento a Roma. Lo sfratto per morosità è stato un vero choc: hanno dovuto prendere al volo le proprie cose e lasciare all’istante l’abitazione. Si sono trasferite momentaneamente in un hotel extra lusso nella Capitale.

Ornella Muti sfrattata dall’abitazione romana dei figli lascia la casa con la famiglia

Sfrattata. Ornella Muti ha dovuto lasciare la casa per, così sottolinea Il Tempo, 80 mila euro di affitti ‘evasi’. Al momento dello sfratto nell’abitazione c’erano pure la madre della diva e gli altri figli di Ornella, Carolina e Andrea Fachinetti, presenti pure i nipoti. Tutti si sono spostati nell’hotel super, l’albergo Parco dei Principi, vicino a Villa Borghese. La famiglia rimane unita.

Naike Rivelli, sconvolta dall’accaduto, sul social ha commentato: “La mia giornata oggi inizia con uno sfratto in atto. Questa è una storia che mi farò pagare per raccontarla tutta. Tanti amici sono qui a darci una mano. Stavamo andando via da questa casa il 20 ma il padrone di casa, con cui ho un passato molto strano, ha deciso che dovevamo andare prima”

Il figlio dell’attrice 62enne Andrea Fachinetti

“Questa mattina, mia sorella è stata buttata fuori dalla sua stanza, mia nonna che non sapete come sta… Per fortuna abbiamo molti amici e ci spargeremo ovunque. Chiedo agli italiani, quelli come noi, gli zingari, quelli non accettati da tutti e non capiti, di stringerci le mani da lontano. Le uniche cose da fare in questi momenti sono abbracciarsi, guardarsi in giro e sorridere”, ha poi concluso.

Tutti hanno dovuto fare i bagagli in fretta e furia 

“Eravamo d’accordo con i proprietari che ce ne saremmo andati – ha detto Naike poi al Corriere della Seradopo 12 anni di affitto chi si aspettava di trovarsi in una situazione del genere? E’ stato bruttissimo, un trauma… Ora capisco cosa si provi a essere sfrattati… E’ stato uno shock per tutti noi, stavamo dormendo: io, mio figlio Akash con la fidanzata, mio fratello Andrea rientrato tardi dal set del nuovo film di Ridley Scott dove coordina gli attori, mia sorella Carolina con i bambini di uno e tre anni”.

Secondo’ Il Tempo’ ci sarebbe un arretrato di affitti non pagati che ammonterebbe a 80 mila euro

Ornella Muti sfrattata per gli, così sembrerebbe, 80 mila euro di affitti non pagati, fa notizia. Ma l’ufficio stampa dell’attrice sulla vicenda tiene a puntualizzare: “La signora Muti non vive lì, ma tra la casa a Mosca, quella di Montecarlo e una splendida casa a Genova. Si appoggia lì quando viene a Roma. E’ un problema dei ragazzi: sono scoppiate delle tubature e sapevano di doversene andare”. La famiglia ora alloggia in hotel e pensa a come risolvere tutto.

Autore: GossipNews

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MIT presenta un chip basato su nanotubi di carbonio che integra CPU, memoria e storage

Il MIT presenta un chip basato su nanotubi di carbonio che integra CPU, memoria e storage

Gli esperti della celebre università di ricerca presentano un prototipo di chip che in futuro potrebbe sostituire l’architettura x86 e rimuovere le limitazioni nel trasferimento dei dati tra processore, memoria e storage.

Il MIT (Massachusetts Institute of Technology) è una fucina di nuove idee e tecnologie innovative. Per questo motivo la famosissima università di ricerca statunitense detiene una miriade di brevetti. Molti di essi hanno a che fare con il grafene, materiale dalle caratteristiche uniche (tra le tante, vanta la resistenza meccanica del diamante e la flessibilità della plastica) che al momento non si è ancora riusciti a impiegare con un effettivo abbattimento dei costi di produzione (vedere anche Grafene, materiale super-resistente ora anche 3D).

Il MIT ha appena presentato un prototipo di chip che poggia il suo funzionamento su una nuova architettura, dotata dei suoi propri circuiti di elaborazione e storage.
L’obiettivo dei ricercatori è superare in toto tutte quelle limitazioni che attualmente insistono sul trasferimento dei dati tra memoria, processore e memorie di massa nel caso della storica e universalmente adottata architettura x86.

Il MIT presenta un chip basato su nanotubi di carbonio che integra CPU, memoria e storage

Il chip descritto dagli esperti del MIT si sviluppa su più livelli: gli attuali processi litografici non consentono l’utilizzo di una simile struttura perché i transistor vengono fissati a temperature oltre i 1.000 °C. Se si provassero a “impilare” più livelli di transistor, quelli sottostanti ne risulterebbero inevitabilmente danneggiati.
Utilizzando nanotubi di carbonio per la realizzazione di ciascun livello non v’è invece alcun problema nella sovrapposizione perché le temperature in gioco sono, questa volta, dell’ordine dei 200 °C.Il campione mostrato da MIT impiega un substrato sul quale risiede parte della logica; sopra di esso è posizionato un livello CNFET (transistor a effetto di campo basato su nanotubi di carbonio); ancora più in alto un livello che ospita memoria non volatile RRAM (Resistive Random Access Memory) e infine un altro CNFET con sensori integrati.
L’approccio proposto dagli studiosi del MIT permette un utilizzo ragionato dello spazio disponibile e apre le porte, in futuro, all’utilizzo di chip integrati anche sui sistemi desktop, notebook e server. Chip che saranno ultra-performanti grazie all’eliminazione di tutti i colli di bottiglia tra processore, storage e memoria.

Per realizzare il suo prototipo, il MIT ha usato un milione di celle RRAM e due milioni di celle CNFET configurando il chip appena presentato come la nanostruttura più complessa mai creata fino ad oggi.

Come ogni altro prodotto basato sull’impiego del grafene non è dato sapere quando un chip del genere sarà commercialmente disponibile.

Autore: IlSoftware.it

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Energia

Da Vattenfall a Volvo, com’è strategico investire in rinnovabili e auto elettriche

Recenti annunci di utility e case automobilistiche evidenziano quanto stia diventando forte la spinta ad abbandonare progressivamente i combustibili fossili, indirizzando i piani industriali verso tecnologie più low carbon. Basteranno questi sforzi a completare la transizione energetica globale?

Con l’ambizione di “rimodellare l’intero portafoglio produttivo”, il colosso svedese dell’energia elettrica Vattenfall ha compiuto un altro passo per allontanarsi gradualmente dai combustibili fossili.

Come annunciato in una nota stampa, la compagnia scandinava ha deciso di dividere la Business Area Wind, operativa in sei paesi europei (Svezia, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Danimarca e Francia), in tre unità distinte: alle due esistenti, dedicate all’eolico offshore e sulla terraferma, si aggiunge una divisione interamente specializzata nel fotovoltaico con storage, Business Unit Photovoltaics & Battery.

Di conseguenza nei prossimi due anni, si legge nel documento, Vattenfall investirà fino a 150 milioni di euro in progetti FV di varie dimensioni, dai grandi parchi utility-scale sul classico modello dell’energia centralizzata, alle installazioni più piccole per la generazione diffusa, da abbinare alle batterie di accumulo elettrochimico.

La tendenza a separare le attività tradizionali da quelle più innovative si sta diffondendo tra le utility elettriche europee, sempre più schiacciate tra l’incudine della perdita di profitti legati all’economia fossile e il martello della transizione energetica verso le tecnologie pulite (articolo di QualEnergia.it sugli investimenti 2016-2017 delle utility).

Rinnovabili, sistemi di accumulo, reti intelligenti, veicoli elettrici, sono tutti settori che attirano investimenti e promettono nuovi guadagni, a patto però di elaborare una strategia industriale con obiettivi lungimiranti, che aiutino le aziende a staccarsi dal “vecchio”: carbone, gas, petrolio e relative infrastrutture come miniere, oleodotti, piattaforme offshore, centrali termoelettriche (articolo di QualEnergia.it sugli impatti finanziari dei rischi climatici).

Il disimpegno fossile di Vattenfall, iniziato lo scorso anno con la vendita degli impianti a lignite in Germania, è proseguito con la definizione del piano industriale 2017-2018, che prevede massicci investimenti nell’eolico e nel fotovoltaico, con un dimezzamento delle risorse destinate alle fonti convenzionali (vedi QualEnergia.it).

La società svedese intende mutare pelle radicalmente nei prossimi anni, con una strada che si prevede ancora per un po’ in salita, poiché Vattenfall rimane uno dei principali produttori di elettricità da fossili e nucleare in tutta Europa.

Le ultime dichiarazioni dei suoi dirigenti però sono chiare: secondo Gunnar Groebler, capo della Business Area Wind, Vattenfall vuole diventare una compagnia CO2-free puntando su eolico e solare, per rendere queste fonti energetiche sempre meno costose e quindi più competitive del carbone.

Quello di Vattenfall non è l’unico annuncio “green” targato Svezia di questi giorni. Proprio ieri, infatti, Volvo ha comunicato che dal 2019 ogni modello commercializzato avrà un motore elettrico, segnando così la fine dell’era delle automobili alimentate esclusivamente da propulsori a combustione interna.

L’elettrificazione, quindi, per Volvo – il marchio lo ricordiamo è stato acquisito dai cinesi di Geely – è il nuovo capitolo della mobilità privata, da riempire con un’offerta completa di modelli 100% a batteria, ibridi plug-in e cosiddetti mild-hybrid, dove un piccolo motore elettrico supporta quello principale a benzina-gasolio per ridurre i consumi.

Qualche giorno fa, era stato il gruppo Daimler a lanciare la sua “offensiva elettrica” nel campo dei trasporti, che prevede la costruzione di una super fabbrica di batterie al litio in Germania e il lancio di dieci vetture elettriche pure entro il 2022.

Il futuro, almeno per certi paesi nordici, è nell’auto a zero emissioni con i motori tradizionali messi al bando?

Non resta che aspettare le contromosse delle altre case automobilistiche e, soprattutto, i piani dei governi per realizzare le infrastrutture di ricarica, che quasi dappertutto sono in forte ritardo (vedi anche QualEnergia.it sul caso italiano).

Autore: Luca QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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Francia: entro il 2040 illegali le auto inquinanti

Entro il 2040 la vendita di auto a benzina o a diesel diventerà illegale in Francia. Lo ha annunciato il ministro per la transizione ecologica Nicolas Hulot durante la presentazione il “piano per il clima”.

Una misura molto forte e decisa in linea agli accordi sottoscritti dai 195 Paesi che hanno partecipato alla Cop21 e non troppo velatamente in opposizione a certe dichiarazioni che nel recente periodo provengono dagli Stati Uniti. Per l’industria automobilistica, che comunque negli ultimi anni sta portando avanti ingenti investimenti per contenere l’inquinamento e promuovere le più recenti tecnologie, è sicuramente un obiettivo “pesante” come ha ammesso lo stesso ministro.

Proprio per questo motivo, parallelamente la Francia porterà avanti un programma di incentivi per promuovere il passaggio verso le auto a emissioni zero, specificamente quelle elettriche. Politiche di questo tipo sono in vigore nei principali stati europei come Germania, Norvegia e Regno Unito, non ancora in Italia dove le auto elettriche rimangono scarsamente diffuse.

Il numero delle città europee che ha annunciato il divieto delle auto con motori inquinanti è, d’altronde, in costante aumento. Volvo, inoltre, ha annunciato che entro il 2019 tutte le auto della line-up offerta avranno almeno un motore elettrico, eliminando dalla produzione le auto solo a combustione interna.

Misure che dovrebbero dare il via libera definitivo alle auto elettriche e a guida autonoma. Proprio i più importanti fornitori di tecnologia, come la stessa NVIDIA, o Intel, che recentemente ha acquisito Mobileye, sono i principali protagonisti del mercato delle tecnologie a guida autonoma. Ne abbiamo parlato qui.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Energia

Nuove installazioni rinnovabili: eolico e fv aggiungono 403 MW

Nuove istallazioni rinnovabili 2017

(Rinnovabili.it) – Sono tornate a crescere le fer non programmabili italiane. Da gennaio a maggio 2017 le nuove installazioni rinnovabili hanno ripreso la carica, scrollandosi di dosso quel trend piatto che aveva caratterizzato i primi cinque mesi dello scorso anno. In aumento, dunque, il fotovoltaico, l’eolico e – seppur di poco – anche l’idroelettrico: sommando assieme le tre fonti, si ottiene un incremento della nuova capacità installata del 66 per cento rispetto quella 2016. La parte da leone l’ha recitata l’energia del vento che, con una crescita addirittura del 201 per cento, ha messo a dimora 199 nuovi megawatt di potenza.

A fornire l’aggiornamento mensile delle nuove istallazioni rinnovabili è l’Osservatori Fer di Anie Rinnovabili, che regolarmente elabora i dati del sistema Gaudì (Gestione delle Anagrafiche Uniche Degli Impianti di produzione e delle relative unità).

Dall’analisi emergono due aspetti particolarmente interessanti. Il primo: fotovoltaico, eolico e idroelettrico sembrano aver ripreso slancio. I nuovi impianti 2017 con la loro capacità complessiva 432 MW, hanno portato la potenza cumulata di queste tre fonti a oltre 52,7 GW.

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Il secondo riguarda la taglia dei progetti: i maggiori aumenti di potenza si devono a pochi ma grandi impianti.

Nel dettaglio per il fotovoltaico si registra l’attivazione di cinque impianti per una potenza complessiva pari a 63 MW che giustifica in parte l’aumento di capacità (204 MW, ossia più 19 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016). in parallelo con la diminuzione del invece il numero di unità di produzione connesse (-7 per cento). A registrare gli incrementi più sostanziosi sono Lazio, Piemonte, Valle d’Aosta e Veneto in termini potenza e Basilicata, Molise e Valle d’Aosta per unità di produzione.

Anche per l’eolico, il maggior contributo (114 MW dei nuovi 124 MW) è dovuto a impianti di grande taglia, due per la precisione. Per quanto riguarda la diffusione territoriale, la maggior parte della potenza connessa (84 per cento) è localizzata nelle regioni del Sud Italia.

Trend positivo anche per l’idroelettrico che vede crescere del 25 per cento la nuova potenza installata (20,4 MW) rispetto ai valori registrati nei primi cinque mesi del 2016. Le unità di produzione si sono invece ridotte del 12 per cento.

Scarica qui il report sulle nuove installazioni rinnovabili gen-mag 2017

Autore: stefania Rinnovabili