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Le aziende italiane che adottano la settimana corta di lavoro

Author: Wired

I contratti per la settimana corta si articolano in due modi. Il primo modello (5 giorni a carico del lavoratore e 15 dell’azienda) prevede: 94% dello stipendio pagato in denaro dall’azienda, un 4% in contanti spalmato su 13 mensilità (pari a mille euro) e un 2% riconosciuto sotto forma di servizi di welfare (500 euro). Altrimenti, se il lavoratore rinuncia a 7 giorni di permesso e l’azienda ne mette 13, lo stipendio è corrisposto al 100%.

La scelta di Lamborghini

Persone scendono in metropolitanaAnche in Italia arriva la settimana lavorativa di 4 giorni

Il progetto è stato lanciato da Intesa Sanpaolo, che propone una settimana corta da 9 ore lavorative al giorno e 4 mesi di smart working all’anno. Come è andata nei Paesi che hanno già adottato questo sistema, come il Regno Unito

La stessa strada è stata intrapresa dal Lamborghini. Proprietà e sindacati si sono accordati per arrivare a una settimana lavorativa di 33 ore e mezzo. Nel dettaglio, sono state istituite una settimana di quattro giorni alternata a una da cinque per chi lavora su due turni e due settimane da quattro giorni alternate a una da cinque per chi è impegnato su tre turni.

La rivoluzione della settimana corta lavorativa in Italia era partita già a gennaio 2023, quando era stata Intesa Sanpaolo a proporre, sempre su base volontaria, un nuovo modello di organizzazione del lavoro con più smart working e la possibilità di lavorare quattro giorni a settimana anziché cinque, aumentando a nove le ore giornaliere.

Ci pensa Sace

Eliminazione dei controlli sulle timbrature, smart working illimitato activity-based e sperimentazione su base volontaria della settimana di 4 giorni. Queste le novità della nuova organizzazione del lavoro “Flex4Future” adottata da Sace, l’azienda controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze che si occupa di garanzie per l’export. La nuova organizzazione del lavoro coinvolgerà per la prima volta tutti i 950 lavoratori e sarà oggetto di studio da parte dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano per monitorare l’efficacia e analizzare gli impatti del percorso intrapreso, sia in termini di produttività del lavoro sia di benessere delle persone.

Gli ultimi anni hanno cambiato profondamente aspettative e bisogni delle persone in merito alle modalità di lavoro – ha spiegato Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico –. La flessibilità è diventata un aspetto fondamentale dell’esperienza lavorativa che, se adeguatamente concepita e accompagnata, può permettere di migliorare al tempo stesso le prestazioni dell’organizzazione e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici. Di qui l’importanza di monitorare e misurare in modo rigoroso e approfondito l’impatto delle nuove modalità di lavoro sulle persone e l’organizzazione, in modo da orientare le scelte organizzative e verificarne efficacia e sostenibilità nel tempo“.

Nello specifico, Sace adotterà per prima cosa un orario flessibile. Saranno eliminati tutti i controlli sulle timbrature. Poi investimento sullo smart working. Non ci sarà alcun limite al numero di giornate consentite in smart working: le persone potranno di scegliere l’ambiente più adeguato a seconda della natura dell’attività che stanno portando avanti. Infine la settimana corta di 4 giorni. Su base volontaria ciascuno potrà lavorare 4 giorni a settimana (anziché gli attuali 5), per un totale di 36 ore (anziché le attuali 37) scegliendo qualsiasi giorno della settimana per il riposo sulla base di una programmazione mensile a livello di area. Tutto questo si applicherà a tutti i lavoratori senza nessuna modifica nel trattamento normativo ed economico.

Cosa si fa in Lavazza

Dopo l’introduzione del “venerdì breve” nelle sedi direzionali di Torino, Lavazza estende questa iniziativa ai 400 lavoratori dell’impianto di Gattinara, in provincia di Vercelli. Questo significativo cambiamento è il risultato di un nuovo accordo integrativo firmato con i sindacati (Fai, Flai e Uila), valido per il triennio 2024-2026. Il nuovo sistema consente di recuperare le ore lavorate il sabato riducendo l’orario del venerdì. Per ogni giornata di maggiore prestazione, verranno riconosciute 4 ore aggiuntive di recupero, permettendo così di realizzare il “venerdì breve”. Questa flessibilità oraria, già apprezzata negli uffici, era fortemente richiesta anche nel settore produttivo, ottenendo un consenso quasi unanime con il 97% dei lavoratori favorevoli all’accordo.

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I produttori di auto elettriche a cui il governo fa la corte

Author: Wired

L’Italia non può essere l’unico paese dell’Unione europea, tra gli storici produttori di automobili, ad avere una sola azienda protagonista del settore dell’automotive, ma deve attrarre costruttori stranieri per generare competizione e rafforzare così l’intera filiera, con un occhio di riguardo per i produttori di veicoli elettrici. Ne è convinto il ministro delle Imprese e del made in Italy (Mimit) Adolfo Urso, che, come riporta il Corriere della Sera, sta intrattenendo sempre più rapporti con case automobilistiche extraeuropee per affiancare un altro player a Stellantis tra cui Tesla di Elon Musk.

Le orientali

Nella lista del titolare del Mimit figurerebbero anche la cinese Chery, che come Jac e Baic produce componenti assemblate dalla molisana Dr; le sue connazionali Geely (che controlla Volvo) e Great Wall Motors, e Mg, britannica di nascita ma cinese dal 2007 essendo stata acquisita da Saic. Ma tra le protagoniste del mercato del paese orientale, che nel 2023 hanno venduto più di 353mila auto in Europa (+75%) e hanno tutta l’intenzione di continuare a crescere, la prima ad aver ufficializzato di aver intrattenuto dialoghi con l’esecutivo italiano è stata Byd.

È accaduto durante il salone dell’auto di Ginevra di ottobre, prima che il colosso di Shenzhen scegliesse l’Ungheria come sede della sua prima fabbrica nell’Unione. Comunicazioni interrotte, dunque, in attesa di valutare le vendite e i numeri, che attualmente non paiono giustificare però un aumento della capacità produttiva sul suolo comunitario: nel 2023 Byd ha venduto in Europa 13mila vetture e l’impianto ungherese può produrne fino a 150mila all’anno.

Non c’è però solo la Cina tra le opportunità per il futuro dell’automotive italiano. Anzi, per alcuni addetti ai lavori il rapporto tra il settore del paese e i costruttori cinesi potrebbe essere in salita: la maggior parte delle aziende della repubblica popolare si basano sulla filiera domestica dell’elettrico e genererebbero pochi benefici per il comparto tricolore. Per questo l’Italia potrebbe percorrere altre due piste. La prima, suggerita dagli esperti, porta in Giappone e a Toyota, azienda che conosce profondamente il mercato italiano e la qualità dell’automotive italiano anche e soprattutto perché già produce alcuni veicoli commerciali ad Atessa, in Abruzzo, grazie a un accordo stretto con Stellantis. Quest’ultima potrebbe iniziare a costruire a Mirafiori le auto elettriche della startup tecnologica cinese Leapmotor, società di cui ha acquisito il 21% lo scorso anno.

Le occidentali

La seconda strada è invece al vaglio dello stesso ministro Urso, che in un’audizione alla commissione Attività produttive della Camera ha affermato di avere avviato interlocuzioni non soltanto con paesi orientali, ma anche con paesi occidentali. In particolare, uno dei desideri del governo sarebbe quello di portare Elon Musk a investire con Tesla nel nostro paese. Il magnate sudafricano ha appena visto bocciare tramite referendum l’ipotesi di espansione della fabbrica della sua casa automobilistica a Grüenheide, in Germania, e potrebbe dunque valutare di affacciarsi su altri mercati del vecchio continente.

Urso ha assicurato che il dialogo con il colosso di Austin è aperto da mesi e che, nonostante il ritardo accumulato nelle politiche di attrazione di investimenti esteri, la curiosità nei confronti dell’Italia sarebbe viva. Per il ministro, le case automobilistiche che non l’hanno ancora fatto ma vogliono scommettere sull’Europa “guardano con interesse al nostro mercato consapevoli anche, come indicava lo stesso presidente Draghi, che dovremo necessariamente tutelare il mercato interno dalla concorrenza con misure commerciali come stanno facendo gli Stati Uniti e con misure industriali”. Con Musk, che a dicembre ha presenziato ad Atreju, la festa di partito di Fratelli d’Italia, è peraltro in piedi un confronto su un possibile impegno nello stivale anche per contrastare il divario digitale, attraverso l’utilizzo dei satelliti di Starlink.