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Apple ha “soffiato” un miliardo alle banche

Author: Wired

La poca fiducia nelle banche in questo periodo di grande crisi e il fascino che la Apple da sempre esercita sui cittadini statunitensi. Sono soprattutto queste due cause a spiegare i risultati eccellenti già raggiunti da Savings, il conto di risparmio senza commissioni, depositi minimi o altri vincoli lanciato da Apple lo scorso aprile. Secondo un rapporto di Forbes rilanciato da La Repubblica, sarebbe infatti già stato depositato quasi un miliardo di dollari in quattro giorni, di cui 400 milioni nel primo giorno di apertura dell’offerta.

Sono diversi i vantaggi che la big tech offre con il nuovo servizio. Su tutti, il rendimento annuale del 4,15%, più alto di circa lo 0,5% della media dei tassi di interesse annuo lordo offerti dai conti deposito degli istituti bancari e oltre dieci volte maggiore rispetto all’offerta media di rendimento dei conti correnti statunitensi, ferma allo 0,37%. Numeri che avrebbero attirato circa 250mila correntisti in poche ore.

Cos’è Apple Savings

Il nuovo servizio finanziario di Apple, che si unisce, tra gli altri, a Apple Pay, Apple Card e Apple Pay Later, è stato lanciato dalla società di Cupertino in collaborazione con Goldman Sachs. Addirittura Marcus, il conto di risparmio ad alto rendimento di quest’ultima, offre un rendimento, più basso, del 3,9%. La maggior convenienza della proposta in sinergia con l’azienda fondata da Steve Jobs si spiega con una strategia dell’istituto newyorkese volta ad attirare nuovi clienti tra i due miliardi di possessori di iPhone nel mondo.

Al momento, però, Savings è dedicato soltanto ai possessori della Apple Card statunitensi. Questi, una volta creato e impostato il proprio conto di risparmio, vi vedono accreditato in maniera automatica tutto il denaro giornaliero guadagnato. La quantità di Daily Cash che gli utenti possono guadagnare è peraltro illimitata, e può essere ulteriormente impinguata attraverso un conto bancario collegato o con il proprio saldo Apple Cash.

I clienti Apple possono gestire le proprie finanze direttamente all’interno dell’app Wallet, grazie a un pannello di controllo dedicato a Savings di semplice utilizzo, che consente loro di monitorare comodamente il proprio saldo e gli interessi maturati nel tempo e di trasferire senza commissione il denaro su un altro conto bancario o sulla propria Apple Card.

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Apple: come funziona Savings, il conto di risparmio

Author: Wired

Un conto di risparmio senza commissioni, depositi minimi o altri vincoli. Con una nota pubblicata sul proprio sito ufficiale, Apple ha lanciato, in collaborazione con Goldman Sachs, Apple Savings, il nuovo servizio finanziario che si unisce, tra gli altri, a Apple Pay, Apple Card e Apple Pay Later.

Sono diversi i vantaggi che la società di Cupertino ha dedicato per ora soltanto ai possessori della Apple Card. Su tutti, spiccano il rendimento annuale del 4,15%, “più di dieci volte superiore – si legge nella nota – alla media nazionale” e la possibilità di impostare e gestire il conto direttamente attraverso l’app Wallet.

Savings – spiega la vicepresidente di Apple Pay e Apple Wallet Jennifer Baileyaiuta i nostri utenti a ottenere ancora più vantaggi dal sistema fedeltà Daily Cash, il servizio di cashback previsto da Apple Card, fornendo loro un modo semplice per risparmiare denaro giorno dopo giorno”.

Il nostro obiettivo – prosegue – è creare strumenti che aiutino i nostri clienti a condurre una vita finanziariamente sana. In questo senso, l’integrazione di Savings con la nostra carta di credito e con Wallet consente loro di spendere, inviare e risparmiare Daily Cash direttamente e senza problemi, tutto da un unico posto”.

Una volta creato e impostato il conto di risparmio, tutto il denaro giornaliero guadagnato dai possessori di Apple Card sarà infatti accreditato loro in maniera automatica su Savings, ferma restando la libertà di scegliere di depositarlo altrove. La quantità di Daily Cash che gli utenti possono guadagnare è inoltre illimitata, e può essere ulteriormente impinguata attraverso un conto bancario collegato o con il proprio saldo Apple Cash.

All’interno dell’app Wallet, i clienti Apple potranno gestire le proprie finanze grazie a un pannello di controllo dedicato a Savings di semplice utilizzo, che permetterà loro di monitorare comodamente il proprio saldo e gli interessi maturati nel tempo e di trasferire senza commissione il denaro su un altro conto bancario o sulla propria Apple Card.

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Apple lancia l’opzione “compra ora, paghi dopo”

Author: Wired

Comprare un iPhone o un Macbook oggi e pagarlo in sei settimane, a rate e senza interessi: non sarà più solo un desiderio, ma una possibilità reale per i clienti Apple. Dopo le anticipazioni dello scorso giugno, l’azienda di Cupertino, in una nota, ha infatti lanciato ufficialmente il servizio Apple Pay Later, una formula “compra ora, paghi dopo” che sarà direttamente integrata all’interno di Apple Pay.

Inizialmente disponibile solo negli Stati Uniti, la nuova funzione permetterà a chi ne usufruirà di suddividere i pagamenti in quattro rate spalmate su sei settimane, senza sovrapprezzi legati a interessi o commissioni. Gli utenti avranno inoltre la possibilità di monitorare, gestire e rimborsare i prestiti richiesti direttamente sul proprio Wallet Apple.

Attraverso l’app, sarà per esempio possibile visualizzare in tempo reale l’importo totale dovuto per ciascuno dei prestiti ricevuti, nonché il computo di quanto dovuto nei trenta giorni successivi. Gli utenti riceveranno inoltre notifiche nelle imminenze delle scadenze delle rate sia su Wallet, sia via email. All’app sarà inoltre consentito collegare come metodo di pagamento solo carte di debito e non carte di credito.

La nuova opzione offerta dalla società di Cupertino avrà anche altre limitazioni. Il dilazionamento dei pagamenti sarà infatti ammesso solo per importi che vanno tra i 50 e i 1000 dollari. Gli acquisti potranno avvenire non soltanto online, ma anche in tutti i negozi fisici in cui si possono effettuare pagamenti con Apple Pay.

Nonostante inizialmente la nuova funzione sarà disponibile solo negli Stati Uniti, l’intenzione di Apple è quella di offrirla “nei prossimi mesi a tutti gli utenti idonei”. I clienti, per ottenere il primo prestito, dovranno superare un sondaggio utile a verificare se si trovino o meno nella posizione economica adatta a ottenerlo. In seguito, l’opzione “paga dopo” sarà sempre disponibile per i pagamenti con Apple Pay.

Il nuovo servizio della società di Cupertino è offerto da Apple Financing Llc, la consociata dell’azienda responsabile della valutazione del credito e dei prestiti. L’intenzione di quest’ultima è di iniziare a segnalare già dal prossimo autunno i prestiti Apple Pay Later alle agenzie di credito statunitensi.

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India, la rupia elettronica può cambiare la vita quotidiana

Author: Wired

L’India è pronta per la sua rupia digitale. Attualmente, nel mondo, sono numerosi i progetti di monete digitali di banca centrale (o Cbdc, Central bank digital currency), potenziali soluzioni ai problemi posti dal crescente utilizzo dei pagamenti digitali e dall’aumento di criptovalute come bitcoin. Tutti progetti uniti da una visione, quella di offrire una qualche forma di contante elettronico emesso (e quindi garantito) dalle banche centrali nazionali e potenzialmente accessibile anche ai cittadini. “Come Osservatorio blockchain abbiamo osservato un forte impulso da parte della Banca centrale europea con il progetto Digital euro, avvenuto in contemporanea alle dichiarazioni di Facebook, quando annunciò di voler lanciare la propria moneta digitale basata su blockchain”, spiega Giacomo Vella, ricercatore dell’Osservatorio blockchain & Web3 del Politecnico di Milano. Se l’esperimento di Meta è sfumato, nel frattempo la corsa alla creazione di valute digitali di banca centrale è entrata nel vivo, e coinvolge oggi anche le due nazioni più popolose al mondo, India e Cina: “Oggi oltre il 40% delle banche centrali nel mondo sta in qualche modo sperimentando le Cbdc, tra progetti nazionali e internazionali”, ricorda Vella. Non a caso, India ed Emirati arabi uniti hanno annunciato pochi giorni fa che condurranno congiuntamente programmi pilota sulle valute digitali.

Yuan e rupia digitali

Nella corsa, la Cina è ben posizionata, tanto che la Banca popolare cinese ha annunciato di avere incluso la quantità circolante di yuan digitale nel computo dell’aggregato monetario M0, che misura la base monetaria. Quanto all’India, dopo anni di incertezze e annunci, a novembre è partita in via sperimentale la prima moneta rupia digitale o e-rupia, sotto il controllo della Reserve Bank of India.I vantaggi sono quelli comuni a tanti progetti simili, prima di tutto il tema della diffusione dei pagamenti digitali a livello internazionale, pagamenti che ad oggi sono abilitati da banche retail o istituti di pagamento. Le monete digitali possono fornire un mezzo sicuro e affidabile di pagamento, al pari di una moneta cartacea, senza passare dal retail”, dice Vella. La progressiva digitalizzazione dell’economia in atto in India, infatti, non è esente da rischi, e il tema è quello del mantenimento del carattere di bene pubblico di una moneta ma anche la stabilità del sistema monetario. “Un elemento aggiuntivo, in questo caso geopolitico, è legato a questioni regionali: se la Cina lavora allo sviluppo di uno yuan digitale, l’India è incentivata a lavorare in questa direzione, soprattutto per salvaguardare le politiche monetarie della propria Banca centrale”, ricorda l’esperto. 

La prima iniziativa risale al 2018”, spiega Sandeep Srinivasa, fondatore di RedCarpe. La banca centrale indiana ha lanciato il progetto pilota per la rupia elettronica al dettaglio il 1° dicembre, un mese dopo aver lanciato un progetto pilota simile per la rupia all’ingrosso. La e-rupia retail è disponibile solo per alcuni residenti a Nuova Delhi, Mumbai, Bangalore e Bhubaneswar, ma il progetto sarà ampliato ad altre città, tra cui Hyderabad, Gangtok, Guwahati e Indore. “La Banca centrale indiana sta procedendo lentamente, per comprendere al meglio tutte le problematiche. La e-rupia è disponibile solo per pochi soggetti, su invito, e il lancio non è stato completamente pubblico”, spiega Srinivasa.

Corsa a ostacoli

Le problematiche, riassume Giacomo Vella, sono quelle comuni alle altre banche centrali che stanno lavorando a questo progetto. Per esempio non è ancora stato definito uno standard tecnologico comune, né il ruolo delle banche retail, visto che non si può arrivare alla loro totale disintermediazione. Neanche è chiaro come sarà ripartito il costo dell’infrastruttura tecnica, se queste saranno coinvolte nel modello di business. “Si è poi spesso parlato di rischio di panico da sportello, e quindi della necessità di non affidarsi in maniera eccessiva a uno strumento che è facilmente smobilitabile”, dice Vella. Ancora, va definito un tema legato alla privacy del pagamento digitale. “Infine – chiosa l’esperto –, gli e-wallet non sono strumenti accessibili a tutti i cittadini, ovunque e indipendente dalle loro situazioni socio-economiche, non quanto la carta stampata. Per una nazione come l’India, può essere un tema sentito”. 

A livello geopolitico è impossibile non ricordare che se il Paese seguisse la strada anticipata, e lanciasse la sua moneta digitale a livello nazionale entro la fine del 2023, la sua potrebbe presto essere la popolazione più numerosa al mondo ad adottare una moneta digitale di banca centrale.

In questo momento l’India è la quinta economia più grande del mondo e l’economia in più rapida crescita, con la prospettiva di diventare la terza economia più grande entro il 2030. Per un Paese di queste dimensioni controllare la politica monetaria e i tassi di cambio internazionali è molto importante. E una Cbdc è un modo per farlo in modo molto efficace”. 

Spiega Sandeep Srinivasa, fondatore di RedCarpe

La rupia elettronica potrebbe anche svolgere un ruolo importante nei pagamenti transfrontalieri: l’India è considerata una delle più grandi nazioni destinatarie di rimesse al mondo. Nel 2022, ha ricevuto 100 miliardi di dollari dai suoi lavoratori all’estero, il doppio dei 51 miliardi di dollari ricevuti dalla Cina. Srinivasa non condivide tuttavia la lettura di chi considera le valute digitali del Global South legate ad una strategia per la dollarizzazione dell’economia da parte di nazioni emergenti o attente a specifici rischi geopolitici, come la Cina: “In generale l’India non ha seri problemi strategici con il dollaro, né vive situazioni pari al rischio di una guerra di Taiwan, che induca gli Stati Uniti a bloccare l’accesso Swift del dollaro. Nel caso indiano, la Cbdc riguarda meno considerazioni internazionali e più domestiche”.

Prossimi passi

A inizio marzo, mentre il governo indiano comunicava stringenti disposizioni antiriciclaggio applicate alle transazioni relative a criptovalute o token virtuali, la Reserve Bank of India annunciava che la sua rupia digitale era già stata usata da mezzo milione di cittadini. Se l’e-rupee dovrà raggiungere l’intera popolazione indiana, ovvero 1,4 miliardi di persone: come accennato da Vella, avrà bisogno di un solido supporto tecnologico, che garantisca la privacy di tutti gli utenti all’interno del contesto legale indiano (particolarmente rigido per quanto riguarda la protezione dei dati personali), senza commissioni tali da scoraggiare i piccoli pagamenti. 

Il governo ha già investito fortemente in una sua propria interfaccia di pagamento unificato o United Payments Interface: “La sfida più grande sarà “l’accettazione“, ovvero i pos dei commercianti (come ristoranti, caffetterie, supermercati) che accetteranno un’e-rupia per acquistare una tazza di caffè – dice Srinivasa -. Ma è molto facile per la Banca Centrale garantire il tasso di accettazione. La maggior parte dei Paesi non dispone di un’infrastruttura per i pagamenti digitali finanziata dal governo”.

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Pos, quanto costa a una impresa

Author: Wired

In generale, il confronto tra il 2017 e il 2022 delinea un drastico calo dei costi fissi dei pos in Italia. Rispetto a cinque anni fa, la spesa media iniziale si è abbassata di circa 49 euro, quella media mensile si è ridotta di quasi 10 euro.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni Pos e pagamenti, pensioni, bollette: le ultime novità della finanziaria

La prima manovra del governo Meloni ha ottenuto il via libera della Ragioneria di Stato e la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con alcune modifiche rispetto all’ultima bozza. Ecco quali

Le commissioni

Lo studio condotto dall’Osservatorio ConfrontaConti.it e Sostariffe.it dimostra che anche le commissioni, da sempre lo spauracchio di chi si lamenta del pos, sono state protagoniste di un grande calo. Considerando le carte di pagamento che utilizzano il circuito PagoBancomat, per esempio, si registra una commissione media pari all’1,23%. Un dato nettamente inferiore a quello rilevato nel 2017, pari all’1,92%. In questo caso, le commissioni più convenienti sono quelle collegate agli apparecchi fissi, che si attestano su una media dell’1,01%.

Anche i pagamenti con carte che utilizzano altri circuiti fanno segnare una evidente tendenza al ribasso per quanto riguarda le commissioni applicate, con una commissione media dell’1,35%, contro il 2,56% del 2017

Riguardo alle commissioni, il pagamento tramite pos fisso rimane la scelta più conveniente per gli esercenti, con una commissione media pari all’1,12%, contro l’1,4% richiesto per un pos mobile.

L’introduzione delle sanzioni

Lo studio dell’osservatorio ha valutato anche l’impatto sui costi del pos dell’introduzione delle sanzioni dello scorso giugno e come essi siano cambiati a dicembre, con il nuovo governo impegnato a eliminarle sotto una certa soglia. 

Se ad agosto la spesa iniziale richiesta per il pos era di circa 23 euro e il canone medio mensile era pari a poco più di 6 euro, a dicembre i due dati sono aumentati rispettivamente del 21 e del 44%. Di contro, le commissioni sono invece calate: per il circuito PagoBancomat sono passate dall’1,45 all’1,23%; per le carte di altri circuiti addirittura dall’1,73 all’1,35%.

Le simulazioni

L’osservatorio ha realizzato una serie di simulazioni per quantificare il calo percentuale registrato dalla spesa media da sostenere per l’utilizzo di un pos per esercenti e professionisti, prendendo in considerazione tre diversi profili: il libero professionista che registra poche transazioni annue ma di importo medio più elevato; il negoziante che vende prodotti al dettaglio e che registra più transazioni ma di importo medio inferiore; il ristoratore che fa segnare un numero molto elevato di transazioni con un importo medio ridotto.

Per il primo, si registra un calo sostanziale della spesa legata all’utilizzo del pos. Il risparmio va da un minimo del 38% nel caso di utilizzo di un pos mobile con transazioni effettuate solo tramite circuito PagoBancomat a un massimo del 64% utilizzando pos fisso e transazioni con altre carte.

Percentuali identiche si registrano nel secondo e nel terzo caso, con un risparmio atteso tra il 33 e il 61%