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La nuova strada del fotovoltaico in Italia


Author: Leonardo Berlen QualEnergia.it

Più che di incentivi il FV ha bisogno che siano rimossi gli ostacoli autorizzativi e il divieto dell’autoconsumo collettivo. Ne parliamo con Davide Chiaroni dell’Energy & Strategy Group.

Dallo Speciale QualEnergia.it-Key Energy

Ormai lontani gli anni del boom del Conto Energia, cessato a fine 2013, il settore FV sembra essersi lasciato alle spalle anche la “traversata del deserto” degli anni successivi, con installazioni annuali scese da diversi GW a poche centinaia di MW, essenzialmente impianti residenziali sostenuti dalle detrazioni fiscali.

C’è stato un consolidamento e un riorientamento del settore: tante aziende sono uscite dal mercato, altre hanno continuato a fare impianti con un’ottica completamente diversa, concentrandosi sulla massimizzazione dell’autoconsumo; si è puntato poi sull’O&M del parco impianti esistente in molti casi essenziale anche per reggere il colpo dello Spalma-incentivi.

Nel frattempo la tecnologia è diventata più competitiva: lentamente sono riprese anche le installazioni di taglia medio-piccola non incentivate, quelle basate sull’autoconsumo ma non sostenute dalle detrazioni, e si è avviato un mercato di grandi impianti a terra in market parity, che senza essere incentivati riescono a competere vendendo elettricità all’ingrosso, quasi sempre grazie a contratti PPA.

La ripartenza però è solo all’inizio: secondo le previsioni del Piano nazionale energia e clima, ci dovranno essere in media 900 MW di nuove installazioni ogni anno fino al 2025 e circa 4,8 GW/anno dal 2025 al 2030 (grafico, elaborazione E&S Group da dati PNIE).

Come arrivarci? Una parte, in realtà modesta, la farà il decreto Fer 1, entrato in vigore dopo una lunga attesa. Ma più che di incentivi, il FV ha bisogno che siano rimossi gli ostacoli: la giungla delle procedure autorizzative e il divieto dell’autoconsumo collettivo, che sarà superato con il recepimento delle nuove direttive europee.

Ci sono poi vari fattori che nei prossimi anni promettono di catalizzare la crescita del solare, come la diffusione dei sistemi di accumulo, l’apertura del mercato dei servizi di rete alle rinnovabili, la diffusione della mobilità elettrica e la crescente domanda di energia verde da parte di aziende e cittadini.

…ne parliamo con Davide Chiaroni (Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano)

Come sta andando il mercato italiano del fotovoltaico?

Nel 2019 c’è stata una crescita importante rispetto al 2018, anno che aveva segnato l’uscita dalla crisi: un aumento dell’installato del 20%. È tornato a crescere anche il segmento degli impianti delle taglie medie e grandi, quelle sopra i 500 kW e al MW, e tra i 100 e i 300 kW, cioè i progetti industriali e commerciali, che avevano sofferto di più negli anni precedenti. Questo, va sottolineato, prima che si manifestino gli effetti del decreto Fer 1.

Cosa si aspetta dai nuovi incentivi?

Non è detto che i risultati della prima asta, condizionati probabilmente da strategie attendiste, siano rappresentativi: sarà nella seconda che si vedranno le tendenze. È comunque indubbio che il sistema sia tarato per rilanciare il mercato dei grandi impianti.

Qualcosa si stava già muovendo anche con progetti in market parity…

Questo segmento già sta beneficiando del calo dei costi della tecnologia e ha raggiunto un buon grado di bancabilità, ma senza incentivi erano investimenti possibili solo in particolari condizioni, con determinati prezzi zonali. Con il decreto si avrà un mercato più diffuso.

Sul fronte delle tecnologie, quali sono le tendenze in atto?

I tracker sono ormai lo standard per i grandi impianti a terra. Sono poi interessanti, forse più per le taglie medie che per quelle più grandi, tutte le tecnologie che migliorano l’efficienza dei moduli, come la PERC. Si sono fatti grandi progressi sull’ingegneria dell’impianto, BOS, monitoraggio: su gestione delle stringhe, scelta degli inverter, mappatura, ad esempio, si è imparato dai molti errori fatti in passato, nell’epoca del boom. Vedo invece una minore attenzione per tecnologie alternative, come le celle organiche e il film sottile: la ricerca è vivace, ma data la sempre maggiore convenienza e affidabilità dei moduli convenzionali è improbabile ora un salto tecnologico.

Ci si aspetta invece molto dai moduli bifacciali. Che ne pensa?

Il bifacciale ha il vantaggio dell’aumentare il rendimento ed estendere curva di produzione. C’è però un tema di test per definire la durata di queste celle e capire quanto questo effetto sia permanente. Si tratta di una soluzione che andrà tarata sull’impiego che se ne fa: mi aspetterei una maggiore diffusione sulle taglie medie, dove è importante coprire al massimo la curva di consumo, rispetto che nell’utility scale, dove robustezza e affidabilità hanno la priorità.

Il PNIEC prevede un forte sviluppo del FV da qui al 2030, quali sono i fattori che potranno accelerare la crescita e quali invece la stanno frenando?

Il grande blocco è sul fronte normativo: iter autorizzativi frammentati e poco chiari e incertezza sulle politiche. Tra gli abilitatori di sviluppo, invece, molto importante sarà la partecipazione al mercato dei servizi di rete, sia per i grandi impianti che nelle taglie inferiori, se immaginiamo sistemi di aggregazione. Uno dei fattori con cui il PNIEC non ha fatto i conti è la volatilità dei prezzi elettrici: una stabilizzazione delle entrate per i progetti passa per la diversificazione nelle forme di remunerazione dell’energia. Altro driver sarà lo sviluppo della mobilità elettrica. C’è poi lo sblocco dell’autoconsumo collettivo previsto dalle nuove direttive europee: potrebbe essere una grande opportunità, anche se si dovranno fare i conti con i limiti tecnici: vedo un potenziale sfruttabile più nel commerciale/industriale che nel residenziale.

Gli appuntamenti di Key Energy 2019 sul fotovoltaico

6 novembre – ore 9.30 / 13.00

The evolution of the Italian electricity system. Future scenarios, between decarbonisation and innovation

7 novembre – ore 14.00 / 18.00

Comunità energetiche e prosumer

8 novembre – ore 10.00 / 12.30

Ammodernare il fotovoltaico italiano

8 novembre – ore 10.00 / 12.30

FV tra nuovi incentivi e market parity

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Energia

Ecomondo, ENEA presente con progetti eco-smart per la domotica e l’automotive

Author: redattore2 Rinnovabili

L’Agenzia ha annunciato una serie di progetti dedicati alla mobilità, al riciclaggio e alla domotica che saranno esposti da domani presso il Padiglione D3 di Ecomondo 2019

(Rinnovabili.it) – Non poteva mancare l’ENEA tra i protagonisti della 23esima edizione di Ecomondo, quest’anno in scena a Rimini dal 5 all’8 novembre. L’agenzia nazionale è infatti presente in Fiera con diverse tecnologie che spaziano dalla domotica all’automotive, fino al recupero di materie prime dai vecchi strumenti elettronici.
In aggiunta ai progetti già precedentemente annunciati, presso il suo stand saranno esposti un robot domestico che “dà consigli” su come risparmiare energia e ridurre le bollette,  il progetto di una casa “smart” con sistemi intelligenti di gestione dei consumi e della sicurezza ed un filato per tessuti hi-tech realizzato con gli scarti di fibra di carbonio, da utilizzare per applicazioni automotive. 

>>Leggi anche: “Key Energy 2019, dove l’energia incontra il futuro”<<

Nel dettaglio, spiega ENEA, il robot – battezzato NAO – sarà in grado grazie ad un particolare sistema di sensori posizionati all’interno dell’abitazione ed alle due telecamere di cui è dotato, di monitorare gli ambienti domestici e “comunicare” eventuali malfunzionamenti dei sistemi elettrici, termici o perdite d’acqua e di gas. Il progetto s’inserisce in un quadro ben più ampio – cioè la “smart home” di cui un primo esperimento è stato avviato nel quartiere romano ci Centocelle – che, a detta della stessa Agenzia, ne permetterà in futuro diversi usi ed applicazioni. “I modelli smart messi a punto da ENEA intervengono su tutti i livelli, dalla singola abitazione, agli edifici fino all’intero contesto urbano”, ha spiegato Mauro Annunziato, responsabile della divisione Smart Energy dell’ENEA. “Alla base della smart city c’è un sistema di sensori e interfacce che permettono l’interconnessione di reti di illuminazione pubblica, trasporti ed edifici. Questi nuovi servizi consentono di migliorare la qualità della  vita e di rendere la città più sostenibile inclusiva e sicura”. 

Frutto di un brevetto depositato da ENEA insieme all’Università degli Studi di Bergamo, il secondo progetto che sarà esposto in fiera riguarda invece un campione di filato per tessuti hi-tech realizzato dagli scarti di lavorazione della fibra di carbonio. Progettato in particolare per i rivestimenti interni delle automobili, il filato può essere integrato con circuiti elettronici per sfruttarne le capacità di riscaldamento, di comunicazione e di connessione elettrica. Si tratta, spiega il comunicato diffuso dalla stessa ENEA, di un nuovo materiale da recupero con un costo inferiore del 50% rispetto a quello in fibra di carbonio vergine generalmente utilizzato ed in grado quindi di permette una notevole riduzione dell’impatto ambientale grazie all’utilizzo di scarti destinati altrimenti allo smaltimento in discarica. 

Come precedentemente annunciato, altri progetti visibili presso lo stand dell’Agenzia riguardano invece due innovative soluzioni tecnologiche per l’economia circolare.
La prima, Biocosì, già vincitrice del premio “Agrifoodmaker 2019” per l’Innovazione nel settore dell’agricoltura e dell’alimentazione, punta al riciclo di circa l’80% degli scarti della produzione di burro e formaggi, attraverso il recupero differenziato di tutte le componenti del siero per la produzione di bioplastica biodegradabile. La seconda un processo hi-tech per estrarre materiali preziosi (come oro, argento e platino) e materie prime strategiche dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) ed il loro successivo riutilizzo per la produzione di nuovi prodotti.

>>Leggi anche: “Bioplastica dagli scarti del cotone, il progetto australiano”<<

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Energia

Eolico: business model per nuovi e vecchi impianti


Author: Leonardo Berlen QualEnergia.it

Il dati sul mercato eolico europeo e italiano. Le prospettive in Italia per realizzare parchi eolici in market parity.

Dallo Speciale QualEnergia.it-Key Energy

L’eolico è in rapida crescita nel mondo. Grazie al calo dei costi, la capacità globale di generazione eolica installata onshore e offshore è aumentata di 75 volte negli ultimi 20 anni, passando a circa 564 GW nel 2018, secondo IRENA.

Nel 2017, l’energia del vento ha rappresentato il 4,4% della produzione elettrica mondiale, secondo la IEA. Nei paesi Ocse, la produzione eolica nel 2018 ha coperto il 6,7% della generazione elettrica complessiva. In Europa a fine 2018 erano installati 189 GW eolici, di cui 18 offshore, che hanno coperto il 14% della domanda elettrica (vedi grafico).

Il 5% di questa potenza eolica europea è in Italia. A fine luglio 2019 le installazioni eoliche nazionali ammontavano a 10,7 GW (per quasi 7100 turbine). Nel 2018 la produzione eolica annuale è stata di 17,3 TWh, pari al 5,4% della domanda elettrica italiana (6,2% della produzione elettrica interna), in linea con la generazione degli anni 2016 e 2017.

Guardando avanti, la IEA prevede che la potenza eolica globale, rispetto al 2018, balzerà di quasi il 65% a 839 GW entro il 2023, guidata da Cina, Stati Uniti, Europa e India. Anche l’eolico marino dovrebbe crescere rapidamente, con nuove turbine offshore in grado di funzionare dal 40 al 55% in più delle ore rispetto a quelle su terraferma.

Per quanto riguarda l’Europa, lo sviluppo di parchi eolici onshore avrà un ruolo importante nella transizione energetica. Secondo uno studio, sul 44% delle superfici europee libere da vincoli sarebbe possibile in teoria installare una capacità onshore di 52,5 TW – equivalenti a 1 MW ogni 16 cittadini europei – sufficienti per coprire addirittura la domanda mondiale di energia di tutti i settori fino al 2050.

Quando l’eolico in market parity?

Almeno “nei siti italiani più ventosi ci sono le condizioni economiche per realizzare parchi eolici in market parity”, ha detto Andrea Tolai Bartali, Direttore Esecutivo di Siemens Gamesa per l’Italia.

Si cominciano infatti a intravedere anche nell’eolico i primi Power Purchase Agreement (PPA), contratti privati per la compravendita di lungo termine di energia. Negli ultimi mesi ne sono stati annunciati almeno tre, per qualche decina di MW.

In Italia, però, ci sono molti ostacoli regolamentari, legislativi e politici, riguardanti la non facile mediazione fra i molti interessi economici in gioco. Tra questi, la mancanza di certezza dell’iter decisionale e la lentezza nella programmazione da parte delle Regioni. E ci sono le difficoltà legate alla transizione dagli incentivi pubblici ad un regime di mercato.

Secondo alcuni analisti, nella fase precedente all’approvazione del Decreto FER 1, l’attesa di nuovi incentivi ha paralizzato gli operatori delle rinnovabili, che avevano rimandato i loro progetti per timore di non rispettare i requisiti del decreto e perdere i sussidi.

Ora che il Decreto è operativo, alcuni ritengono che i nuovi incentivi offerti tramite le aste rappresentino una concorrenza “sleale” per strumenti di mercato come i PPA.

“Perché un produttore eolico dovrebbe puntare su un PPA rispetto alla partecipazione ad un’asta, dove si potrebbero ricevere remunerazioni maggiori rispetto a quelle dei PPA, per un periodo più lungo, e con banche meglio disposte a finanziare un progetto incentivato piuttosto che uno in market parity,” ha osservato Tommaso Barbetti, fondatore della società di consulenza energetica Elemens.

Prima ancora di pensare a nuovi parchi eolici in zone non utilizzate, ci sarebbe poi molto da fare in Italia per l’ammodernamento (revamping) o il potenziamento (repowering) degli impianti esistenti.

Nicolò Novati, Project Engineer del gruppo Stantec, critica la normativa del nostro paese che “non differenzia fra realizzazione ex novo di un impianto eolico, là dove prima non c’era niente, e la ricostruzione integrale di un impianto esistente”.

“Questo – spiega – nonostante la costruzione di un nuovo impianto comporti una modifica del territorio ben più rilevante rispetto al repowering, dove l’aumento dell’impatto visivo causato dall’incremento di altezza e di area spazzata dal rotore è mitigato dalla riduzione del numero di turbine”.

Oggi, infatti, per un’uguale produzione basterebbe una sola turbina dove prima ce ne volevano da due a cinque, con un significativo beneficio per il paesaggio.

Anche dai dati reali emergono le complessità autorizzative italiane sugli interventi realizzati sul parco eolico esistente.

Rispetto ai circa 5.600 impianti eolici operativi in Italia, il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha ricevuto nel 2018 solo 159 istanze di intervento su impianti già incentivati, da operazioni minime a modifiche delle configurazioni, fino a veri e propri potenziamenti non incentivati.

Quindi, solo circa il 2,8% degli impianti eolici con incentivo è stato sottoposto lo scorso anno a, seppur minime, modifiche: un dato non rassicurante per il mantenimento in efficienza degli impianti e il loro contributo alla decarbonizzazione del mix elettrico nazionale, considerando anche che il Piano Energia Clima italiano per l’eolico prevede al 2030 una generazione di 40 TWh, più di 2,2 volte l’attuale produzione.

Per questo target serviranno una buona gestione dei vecchi impianti e altri nuovi 9-10 GW eolici da realizzare in soli 11 anni.

Gli appuntamenti di Key Energy 2019 sull’eolico

5 novembre – ore 14.30 / 17.30

Evento di apertura: Rinnovabili, efficienza, mobilità alla luce del Piano Energia Clima

6 novembre – ore 9.30 / 13.00

The evolution of the Italian electricity system. Future scenarios, between decarbonisation and innovation

6 novembre – ore 14.00 / 18.00

PPA (Power Purchase Agreements) nel settore eolico italiano

7 novembre – 14:30 / 17:30

Setting Southern Europe on course to a carbon neutral economy

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Energia

Stoccaggio dei rifiuti radioattivi: a rischio i fiumi valle di Ferghana

Author: redattore Rinnovabili

Rifiuti radioattivi

Credits: BERS

14 milioni di persone in pericolo a causa dei rifiuti radioattivi di Mailuu-Suu, Kirghizistan

(Rinnovabili.it) – In un remoto angolo dell’Asia centrale, vicino alla città di Mailuu-Suu, migliaia di tonnellate di rifiuti radioattivi sono a un passo dal contaminare l’approvvigionamento idrico delle milioni di persone che vivono nella valle di Ferghana.

Una volta conosciuta semplicemente come Mailbox 200, la città di Mailuu-Suu fu fondata nel 1946 nell’ambito di un programma sovietico segreto di estrazione dell’uranio che impiegava prigionieri della Seconda Guerra Mondiale (per lo più soldati tedeschi ed ex soldati dell’Armata Rossa accusati di diserzione). Nel 1968, una volta terminate le attività minerarie nell’area, erano stati prodotti oltre 2 milioni di metri cubi di discariche, che furono sepolti in fretta sui pendii delle montagne lungo il fiume di Mailuu-Suu.

>>Leggi anche Stoccaggio dei rifiuti radioattivi, siamo già in una crisi globale<<

Proprio il fiume, però, scorre per centinaia di chilometri nella valle di Ferghana, una delle aree più densamente popolate dell’Asia centrale, ora divisa tra Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan. Nel 1958, una diga crollò dopo forti piogge e l’azione di un terremoto, rilasciando migliaia di tonnellate di rifiuti radioattivi nelle acque del fiume. All’epoca, e ancora oggi, la Russia (allora Unione Sovietica) non ritenne necessario pubblicare un rapporto dettagliato sulla valutazione del danno causato, ma numerosi gruppi ambientalisti affermano che non solo avvelenò persone e animali, ma causò anche la contaminazione delle numerose risaie presenti nella valle.

La stessa Mailuu-Suu è oggi una rappresentazione spaventosa di ciò che potrebbe accadere nella valle di Ferghana se le discariche di rifiuti radioattivi dovessero riversarsi: i tassi di cancro sono del 50% più alti della media nazionale, anche le malattie congenite come la sindrome di Down sono più diffuse e praticamente tutti hanno una patologia alla tiroide. Ignorando i segnali di avvertimento, alcuni residenti pascolano i loro bovini, pecore, capre e cavalli sul terreno che copre i rifiuti, e i recinti di filo spinato intorno alle aree più sensibili sono stati tolti ormai decenni fa. “Abbiamo offerto di trasferire le persone, ma hanno rifiutato. La casa è casa, ha dichiarato a Reuters Rakhmanbek Toichuyev, pediatra dell’Accademia delle Scienze di Osh.

Data la situazione di imminente disastro, la Commissione Europea e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) stanno raccogliendo fondi per un progetto di risanamento. Circa 30 milioni di euro devono essere raccolti per rafforzare o trasferire le discariche di Mailuu-Suu e smaltire altri materiali pericolosi, altri 40 milioni di euro saranno necessari per una bonifica nel vicino Tagikistan, dove c’è un sito simile, anch’esso utilizzato per estrarre l’uranio nell’era sovietica. “Ci sono 14 milioni di persone nella valle di Ferghana e in caso di catastrofe naturale, l’acqua potrebbe lavare via gli sterili nel fiume Naryn (Syr Darya) e sarebbe una tragedia per l’intera valle”, afferma Bolotbek Karimov, ricercatore ambientale di Osh.

>>Leggi anche Scorie nucleari, 15 anni fa la protesta di Scanzano J.co<<

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Batterie per il fotovoltaico, rifinanziato con 5 milioni il bando del Veneto


Author: gmeneghello QualEnergia.it

Scorre la graduatoria: ammessi altri 1.600 interventi.

La Regione Veneto ha stanziato altri 5 milioni di euro per finanziare il bando dedicato ai sistemi di accumulo abbinati a impianti fotovoltaici che era stato emanato a fine giugno e che aveva visto le risorse esaurirsi in tempi brevissimi. In particolare, con la nuova legge regionale 18 ottobre 2019 n. 42, (link al foglio informativo […]