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Recensione Ucronia di Elena di Fazio

Author: Valerio Porcu Tom's Hardware

Ucronia racconta di un misterioso evento che colpisce il mondo alla fine degli anni ’60 e alla metà del XXI secolo. È la Convergenza, che provoca, in alcune aree del pianeta, una fusione tra le due epoche storiche. Cambiano i luoghi e gli edifici, ma gli esseri umani restano.

Accade così che alcuni abitanti nel futuro si trovino loro malgrado a vivere in un’epoca del passato. Gli abitanti di quest’ultimo, a loro volta, vivono un’esperienza anticipata di cellulari, satelliti e connessioni alla Rete. Di Fazio aggiunge al tutto strane creature di origine marziana, il cui ruolo non sarà chiaro fino alle ultime pagine.

Stile

Elena di Fazio mostra sin dalle prime pagine una grande padronanza tecnica, tanto nella costruzione della trama quanto nel fraseggio, sempre elegante e preciso. Non c’è mai una parola di troppo, e ne risulta un linguaggio quasi giornalistico, fedele al lemma secondo cui non bisogna mai usare più parole di quante ne servano. Ma è anche una scrittura elegante, con un ritmo preciso che fa scorrere la storia con dolcezza, e rende i passaggi e i cambi di scena armoniosi.

Ucronia Elena di Fazio

Quella di Di Fazio è tuttavia una lingua amara di colori e di emozioni, dove le metafore sono una rarità e quando appaiono sono prevedibili e scontate. L’autrice si dedica alla trama e alla caratterizzazione dei personaggi. Per la lingua sembra nutrire un deferente rispetto, al massimo un affetto fraterno; tutto può sembrare tranne che un amore passionale.

Trama e personaggi

Una delle lezioni più preziose per chi vuole raccontare storie è quella di Orazio: In media res, che ci consiglia di cominciare subito con l’azione, con il cuore delle cose. Di Fazio lo mette in pratica alla perfezione, con un primo capitolo che scombussola la realtà del lettore, e ne crea una nuova e misteriosa in modo dirompente.

Il dodo è tornato. Ed è solo l’inizio.

Un’apertura che è in effetti una lezione magistrale.

Il libro si apre con il primo di molti “ritagli di giornale”, che l’autrice usa per aprire i capitoli – inevitabile vederci un rimando a Ubik di Philip Dick. E poi un primo capitolo di azione rapida e concitata: si fatica, anche molto, a capire cosa sta succedendo. Ma ci sono due personaggi – i cui nomi finiranno probabilmente per infastidirvi – da seguire in una fuga disperata, una curiosa combinazione di passato e futuro. Sangue, droni letali, paura, persecuzione politica.

erano emersi da un tombino, coperti di fango, con vestiti vecchi di settant’anni.

Il libro poi cambia ritmo, dalla Berlino della Guerra Fredda si passa Roma, vera scenografia del romanzo. La narrazione rallenta, compaiono altri personaggi che Di Fazio introduce con calma. La costruzione del mistero è certosina, un tassello dopo l’altro per arrivare alle classiche rivelazioni finali. Gli ultimi capitoli, quelli dove i personaggi e il lettore ricevono le ultime informazioni, sono quelli più deboli del libro. L’autrice ha creato grandi aspettative, forse troppo grandi, e sceglie una chiusura che esaurisce la carica simbolica con soluzioni un po’ troppo prevedibili, seppure divertenti.

Un sacco di carne al fuoco, forse anche troppa

Ucronia è un romanzo denso di elementi letterari. È innanzitutto un’opera di stampo, o almeno di ispirazione dickiana. Per via degli inserti che ricordano Ubik, ma anche e soprattutto per il continuo senso di falsità: una tensione costante ma impossibile da sciogliere, che impedisce di determinare quale delle due realtà fuse insieme sia quella autentica, e quale l’intruso. Una domanda, scoprirà il lettore, che non ha alcun senso.

I personaggi vivono una vita difficile, in attesa che l’emergenza passi in qualche modo, e che il 1968 (poi ’69) smetta di scontrarsi con il 2050. Uno scontro che Di Fazio traduce in difficoltà più che concrete, per esempio quelle di parenti cronologicamente lontani, bisnonni e nipoti, che si trovano a chiamare le autorità per capire a chi appartiene la casa di famiglia. Ci sono elementi costanti, come, i movimenti giovanili di fine anni ’60 che trovano un nuovo slancio con le capacità di comunicazione digitale.

L’autrice a tratti sembrava voler approcciare il discorso politico e quello storico: gli Anni di Piombo, la Guerra Fredda, le occupazioni universitarie. Tutto è ridotto a uno sfondo sfocato e dal sapore vagamente predigerito, sui cui la scrittrice aggiunge le proprie personali pennellate. Alla fine si ha l’impressione di un’occasione persa per tornare a posare lo sguardo sulla complessa storia del XX secolo.

Letture consigliate

Il risultato è che c’è fin troppa carne al fuoco: due epoche diverse, due generazioni a contatto forzato, persone che si cercano e non si trovano. Strane bestie e piante marziane, quando tutti sappiamo fin troppo bene che su Marte non vive un bel niente. O forse ..

Misteri e rivelazioni

Ecco il mistero che Elena Di Fazio coltiva per buona parte del romanzo. Stuzzica il lettore con quella che sembra un’assurdità, ma non concede il minimo indizio per capire cosa c’è dietro, non prima delle ultime pagine. L’esecuzione tecnica è sopraffina.

Ci si concentra allora sui personaggi, quelli con i nomi irritanti, le cui avventure tuttavia non sono del tutto convincenti. La protagonista Eva è costantemente confusa, impacciata, preoccupata; solo nelle ultime pagine riuscirà a trovare uno sguardo più lucido, ad accettare una sola realtà come autentica – qui Di Fazio sfugge alle letture dickiane, in rotta verso una fantascienza dal sapore più classico e dal taglio epico.

La sua controparte maschile non fa nulla per apportare equilibrio, e si comprenderà il perché. Ma fa ben poco anche per intrattenere il lettore, tranne il rendersi protagonista di una scena di azione e di un passaggio onirico e allucinato alla William S. Burroughs, o alla James Ballard se preferite. Senza i barocchismi dei due autori citati però, e con un linguaggio che nella sua eleganza finisce per diventare insapore, Di Fazio non riesce a rendere efficace quello che sarebbe un passaggio fondamentale del libro.

Nell’insieme Ucronia è un curioso ed equilibrato cocktail. Pregi e difetti, avventura e introspezione, un tocco di politica, una sfumatura di femminismo, invasioni aliene, storia del XX secolo, romanzo d’avventura e delirio dickiano, una nota cyberpunk e un’occhiata ogni tanto a Clarke.

Il piatto è troppo pieno e si rischia un’indigestione. A prevenirla, per fortuna, c’è la scrittura equilibrata di Elena di Fazio e la sua notevole padronanza tecnica – qualità che di per sé è già un pregio piuttosto raro. Non è un libro perfetto ma vale la pena di leggerlo, e sopratutto di tenere d’occhio un’autrice che, ne sono certo, in futuro farà ancora parlare di sé.

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Tastiere REALFORCE R2 RGB: ultima versione gaming basata su interruttori capacitivi Topre

Author: Le news di Hardware Upgrade

Fujitsu, rivenditore delle periferiche REALFORCE marchiate Topre, presenta negli Stati Uniti l’ultima serie di tastiere premium, dedicate al settore gaming, denominate REALFORCE R2 RGB, punto di riferimento delle periferiche di digitazione, poco nota sul mercato europeo.

Due i modelli presentati, una versione compatta Tenkeyless e una standard Full-Key, quindi dotata di tastierino numerico, entrambe basate su i tasti best-in-class prodotti dall’azienda giapponese Topre, caratterizzati da un’attuazione di tipo capacitivo.

“Topre ha trascorso anni a sviluppare REALFORCE R2 in Giappone, prestando molta attenzione ai dettagli del design, tra cui la sensazione, il layout e la forma dei tasti, nonché le funzionalità generali”, ha dichiarato Yasunari Shimizu, presidente e CEO di Fujitsu Computer Products of America “REALFORCE R2 RGB unisce il meglio che il segmento delle leggendarie tastiere Topre REALFORCE ha da offrire alle esigenze degli utenti gaming”.

Tra le principali caratteristiche di queste periferiche:

  • switch capacitivi Topre made in Japan
  • layout tastiera essenziale ed ergonomico
  • keycaps Double Shot, con caratteri non incisi ma ricavati dalla fusione di uno strato superiore nero ed uno inferiore traslucido, quindi esenti dal consumarsi
  • retroilluminazione RGB per ogni singolo tasti, con oltre 16,8 milioni di colori disponibili, personalizzabili via software
  • rollover completo N-key
  • connessione cablata USB

Fujitsu ha comunicato che entrambe le versioni, sia la Tenkeyless sia la Full-Key, saranno disponibili a breve sul globale, al prezzo di listino di ben 399 $ , prezzo a parte sarebbe interessante vedere questo tipo di periferiche di alta gamma, prima o poi, anche sul mercato europeo; per maggiori informazioni su tutti i prodotti REALFORCE vi invitiamo a visitare la pagina dedicata a questo marchio.

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Katamari Damacy REROLL, recensione della remastered del primo storico Katamari

Author: Mario Petillo Tom's Hardware

Sono trascorsi quindici anni esatti da quando nel 2004 arrivò sul mercato Katamari Damacy. Erano gli anni di World of Warcraft, Halo 2, Half Life 2, Viewtiful Joe, ma anche Rome: Total War, tutti titoli che hanno segnato un’era nel mercato videoludico e che hanno segnato parte dell’adolescenza di quei videogiocatori che hanno vissuto un’epoca di grande crescita del nostro medium preferito. Katamari era sicuramente un titolo di minore forza, ma non per questo di inferiore impatto, anche perché il suo senso di divertimento era davvero unico.

A distanza di quindici anni, come già detto, seguendo quello stesso filone che sta riportando su Switch i successi di un tempo, Katamari Damacy torna con la sua versione Reroll, che sbarca anche su PC: un’edizione rimasterizzata che ci permetterà di apprezzare il titolo in una versione più definita e curata a livello tecnico, per rimetterci nei panni di un eroe che doveva portare a termine una missione dall’altissimo tasso di importanza: raccogliere cianfrusaglie e creare la più grande palla del mondo. Che detto così, sì, fa molto strano, ma vi assicuriamo: Katamari era, e adesso è, un’esperienza unica.

Il settimo giorno distrusse tutto

Katamari Damacy arrivò su PlayStation 2 e ci metteva subito dinanzi alla più grande catastrofe dell’universo: il Re del Cosmo, l’unico possente proprietario dell’universo, inavvertitamente si era ritrovato a distruggere tutto il creato. Un errore che può capitare a tutti, no? Per questo il sovrano di ogni cosa decide di affidare al proprio figlio, il Principe, il compito di rimettere in piedi tutta la struttura che era stata così meticolosamente riprodotta. L’obiettivo quindi sarà quello di ricreare stelle e pianeti, che avendo forma sferica potranno essere formati semplicemente appallottolando oggetti, persone, animali, cose in generale, qualsiasi cosa.

Ovviamente l’espediente narrativo è proprio questo, un espediente, perché al di là di quelle che sono delle tematiche completamente fuori di testa ed esagerate, oltre che esasperate, non avrete molto da seguire: la vicenda è quella appena raccontata, nuda e cruda, pertanto dovrete solo dedicarvi a inglobare quanti più oggetti possibili per poter ricreare delle stelle corpose e sontuose, per ricreare l’universo che vostro padre ha distrutto. Lo spirito è prettamente nipponico, perché ha quella vena dell’assurdo e della filosofia del cosmo che solo al Sol Levante può essere ricondotta.

Ricreare le stelle facili

Inizieremo con dei livelli ovviamente molto più semplici di quelli che troveremo andando avanti nell’avventura, andando ad appallottolare oggetti di vario genere per costruire il katamari: il nostro obiettivo sarà sempre indicato in diametro della nostra sfera, il katamari appunto. Si inizia da elementi di piccola dimensione e andando avanti, ottenendo una palla sempre più grande sarà possibile inglobare anche elementi di statura superiore, che inizialmente ci faranno da contrasto. L’esempio più chiaro avverrà proprio all’inizio, quando dovremo andare a rovinare la vita di alcuni poveri granchi che circolano nel giardino di un giapponese intento a mangiare alla sua tavola. Partirete dai più piccoli fino a inglobare il più grande a vostra disposizione, sottraendo anche il cibo al malcapitato di turno.

Andando avanti avrete a disposizione più ambientazioni, più oggetti e dovrete raggiungere un diametro sempre più vasto: non avrete praticamente mai limite alla vostra inventiva e cercare di darvi una linea da seguire è abbastanza inutile, perché dovrete solo rotolare, rotolare e rotolare ancora, inglobando tutto ciò che vi capiterà a tiro. Il gameplay in questi quindici anni non è assolutamente variato, quindi nel caso in cui vi foste già innamorati dell’originale Katamari Damacy non troverete nulla di nuovo, ma ciò non significa che l’esperienza debba essere inferiore e meno significativa di quella vissuta su PlayStation 2 nel 2004.

I nuovi comandi del Principe

C’è da dire che su Switch i comandi sono stati leggermente ritoccati e avrete bisogno di un po’ di pratica per farli vostri. Il movimento è stato reso leggermente più immediato e diretto, con gli analogici che vi permetteranno di rotolare nella direzione che avete scelto. Potrete poi saltare, così da raggiungere delle piattaforme più in alto, o anche per effettuare un’inversione di marcia che vi faccia evitare di andare a sbattere contro elementi troppo grandi, che non potranno essere inseriti nella vostra sfera e che vi faranno perdere anche altri oggetti che avrete già inglobato. Questo d’altronde è l’unico grande limite al vostro divertimento.

Switch vi permetterà anche di utilizzare il motion controller, nel caso in cui vogliate sfruttare in tutto e per tutto le funzionalità della console Nintendo: c’è da dire che il divertimento non è lo stesso, principalmente perché la precisione non è a portata di mano e l’entusiasmo iniziale viene immediatamente sostituito dalla voglia di restare ancorati a dei controlli tradizionali e molto più efficaci nelle fasi più congestionate del gameplay. Infine utilizzando un solo Joy-Con potrete anche sfidare un amico nella modalità multiplayer locale.

Il nuovo universo

Arriviamo quindi alla parte focale di questa rimasterizzazione, ossia l’aspetto tecnico. La risoluzione è logicamente aumentata da quando Katamari girava su PlayStation 2 e molte texture sono state adeguatamente ripulite. Resta totalmente invariato, invece, l’aspetto molto povero, nel senso positivo del termine, dell’immagine: d’altronde gli spigoli dei poligoni sono molto visibili, in maniera molto intensa, proprio per dare al katamari quella sensazione di cianfrusaglie messe insieme a caso, un’accozzaglia totale di elementi che si ritrovano a ricreare delle stelle distrutte dal Re del Cosmo. Si tratta di un aspetto che può non piacere, ma fa parte di quella che è la filosofia intera del gioco, che è molto approssimativo, così come la missione che è stata affidata al nostro Principe.

Non aspettatevi poi i 60fps, perché Katamari Damacy Reroll non ne vuole sapere di raggiungerli e si inchioda sui 30fps durante il gameplay. Diversa è la storia nel menù. La scelta non mina assolutamente il gameplay e il divertimento del gioco, ma il dinamismo ne avrebbe sicuramente giovato. Così come non dovete aspettarvi, voi che siete dei novizi della saga, una longevità ad alti livelli: non ci sono contenuti aggiuntivi rispetto all’edizione 2004, e in poche ore potete portare a termine un’esperienza che, d’altronde, potrebbe stancare andando avanti. Al di là della voglia che sarà esclusivamente soggettiva di ripetere i vari livelli, non troverete molto ad alzare la rigiocabilità.

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Ritratto di un Pianeta selvaggio: mostra sulle meraviglie della natura

Author: Le news di Hardware Upgrade

Ritratto di un Pianeta selvaggio è la nuova mostra di Simone Sbaraglia che si terrà dal 2 al 24 Febbraio 2019 presso il Museo Civico di Zoologia di Roma (Via Ulisse Aldrovandi 18). L’X-Photographer mostrerà così tramite le proprie fotografie gli aspetti del mondo naturale cercando di far apprezzare alle persone quanto di bello c’è sul pianeta Terra.

Per il progetto Ritratto di un Pianeta selvaggio, Simone Sbaraglia ha impiegato più di tre anni dovendo spostarsi di continente in continente per raccogliere le immagini che si troveranno poi nella mostra.

Simone Sbaraglia mostra 2019

Dovendo cercare luoghi lontani dalla “contaminazione umana” per raccontarne la bellezza: una priorità per l’artista ma anche un modo per far vivere alle persone atmosfere uniche, a volte distanti migliaia di chilometri.

Lo scopo ultimo non è comunque quello di fare solamente “belle fotografie” ma di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla fragilità della natura e cercare di spingere le persone a essere consapevoli di ciò che stiamo velocemente perdendo.

In Ritratto di un Pianeta selvaggio si possono osservare il carattere della mutevolezza e del cambiamento rispecchiando ciò che accade sulla Terra. La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è sostenuta da Fujifilm Italia (di cui Sbaraglia è Ambassador).

Dopo che la mostra Ritratto di un Pianeta selvaggio avrà terminato la sua permanenza al Museo Civico di Zoologia di Roma (orari da Martedì a Domenica, dalle 9:00 alle 19:00, la biglietteria chiude alle 18:00) sarà comunque possibile ammirarla per quattro settimane in diverse parti d’Italia ma anche all’estero.

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Chef: A Restaurant Tycoon Game Provato, passione italiana per la cucina

Author: Martina Fargnoli Tom's Hardware

Chef: A Restaurant Tycoon Game è un gestionale in accesso anticipato dedicato al mondo della ristorazione in sviluppo presso Inner Void Interactive, lo studio indipendente con sede a Roma che si era cimentato in precedenza con il gioco di ruolo ICY. Il nuovo percorso creativo del team italiano incontra una delle più grandi passioni della nostra terra: la cucina, dandoci modo di cimentarci nella gestione di un ristorante a 360 gradi.

Un editor essenziale, senza troppi fronzoli e con un numero sufficiente di elementi, ci permette di creare il nostro avatar: un cuoco dal grande testone e tratti cartoon, ma anche tanta voglia di costruire il proprio impero della ristorazione partendo dal basso. La prima importante scelta ricade sulla zona nella quale aprire il ristorante, infatti possono essere diversi gli elementi da tenere in considerazione prima di aprire le porte ai futuri clienti. Posizionare il proprio ristorante in una zona rispetto a un’altra, a seconda anche delle attrazioni o delle strutture nelle vicinanze, influisce sulle spese di affitto e sul tipo di clientela che può gravitare intorno all’attività.

Il passo successivo è la gestione dell’arredamento della sala e della cucina: senza tavoli e strumenti di cottura è impossibile anche solo immaginare di considerarsi pronti. L’offerta iniziale può sembrare risicata, ma proseguendo nel gioco e guadagnando sufficiente fama si potranno sbloccare accordi commerciali per migliori e più funzionali oggetti. Pur non essendo difficile capire come e dove posizionare la mobilia, crediamo che qualche ulteriore guida visiva, come griglie di posizionamento o confini ben delineati intorno agli oggetti, possa aiutare a ottenere con maggiore facilità il risultato sperato.

La composizione del menu deve tenere conto del pubblico a cui tendenzialmente cerchiamo di rivolgerci, anche a seconda della sua presenza sul territorio. Se intendiamo offrire una cucina vegana o vegetariana, ma offriamo solo piatti di carne, inutile dire che non saremo in grado di soddisfare il palato dei nostri ospiti. Una composizione più variegata ci permette di poterci rivolgere a un pubblico più ampio, tuttavia saremo noi a decidere la migliore strategia bilanciando da una parte l’offerta enogastronomica  e dall’altra attuando politiche pubblicitarie che mirano ad attirare il giusto target.

La carta può essere arricchita con piatti già forniti dal gioco, tuttavia uno degli aspetti più interessanti del titolo risiede nella possibilità di creare il piatto dei propri sogni in un processo continuo di perfezionamento e bilanciamento di sapori e qualità. Giorno dopo giorno il nostro avatar guadagnerà dei punti da spendere per specializzarsi nella realizzazione e cottura di primi, secondi di carne, pesce, verdure o dolci. Più punti spendiamo, più possibilità abbiamo di definire le abilità del nostro cuoco e sbloccare dei template che saranno usati come base per le nostre libere creazioni. Le abilità si legano inoltre ad alcuni aspetti di efficienza in cucina come il minor tempo per preparare un piatto, bonus nel trattare le materie prime o costi minori.

Al pari delle abilità conta moltissimo anche la qualità degli ingredienti, attualmente suddivisa in tre fasce diverse. Il pannello ingredienti al momento si presenta dispersivo ed è poco pratico da navigare ma offre un quantitativo davvero numeroso di componenti tra cui scegliere per dare sfogo alla fantasia: spezie, carni, pesce, bibite, salse, verdure, legumi e carboidrati. Progredendo e acquistando ingredienti attraverso i punti giornalieri si sbloccheranno anche nuove ricette già assemblate, pronte per essere inserite nel menu con un click.

Conclusioni

Inner Void ha pensato di integrare e far intrecciare molte componenti gestionali, tra le quali non poteva mancare anche il feedback dei clienti attraverso recensioni in stile TripAdvisor – prende il nome di Chef Advisor nel gioco. Le recensioni sono un indicatore più o meno affidabile della performance del ristorante in alcune aree chiave: prezzi, cibo, servizio e location. Ci aiutano a capire cosa migliorare e quale tipo di clientela gradisce maggiormente i nostri manicaretti. Anche i report a fine giornata, con le proiezioni settimanali, sono un ottimo indicatore anche se sul fronte dell’interfaccia utente c’è ancora molto lavoro da fare, non solo nei pannelli più informativi ma anche in altre sezioni del menu. L’UI è un’area nella quale il team è pronto a investire i prossimi sforzi come si può vedere anche dalla roadmap ufficiale

Abbiamo seguito Chef: a restaurant Tycoon Game da un mese ormai, osservando come la risposta ai feedback da parte di Inner Void si sia dimostrata sempre tempestiva. Al titolo sono già stati apportati alcuni cambiamenti assolutamente vitali soprattutto nel migliorare la performance e nel risolvere bug che affliggevano salvataggi e il regolare svolgimento delle attività. Trattandosi di un prodotto in accesso anticipato c’è ampio margine di miglioramento, ma la base di partenza dell’offerta ludica di Chef è piuttosto solida e in grado di regalare diverse ore di sperimentazione ai fornelli.

Per giocare in movimento scegli Acer Predator Triton 700.