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Australia: backdoor obbligatorie e crittografia illegale

Author: Valerio Porcu Tom's Hardware

Il parlamento australiano ha approvato l’Assistance and Access Act, una legge che vieta la sicurezza informatica, o almeno è così che la definiscono alcuni osservatori. La nuova normativa impone a società come Facebook (che possiede anche WhatsApp), Apple o altre a cedere dati alle autorità e alle Forze di Polizia, anche senza il mandato di un giudice; e se si tratta di dati crittografati, dovranno anche fornire le chiavi di decodifica – un dato che oggigiorno nemmeno esiste (o almeno non dovrebbe).

Si impone inoltre la presenza di backdoor a uso delle autorità, affinché possano accedere alle comunicazioni dei cittadini ogni qual volta lo ritengano necessario – come accade con le normali comunicazioni telefoniche. Anche in altri paesi di discute sulla possibile introduzione di norme simili, ma l’Australia è il primo stato democratico a introdurne una. O forse no, perché pare che nel Regno Unito l’agenzia GCHQ abbia poteri simili, ma i dettagli sono coperti dal segreto di stato. Secondo la nuova legge australiana è illegale per i tecnici rifiutarsi di creare queste backdoor, e lo è anche fare da consulenti o aiutarli in alcun modo a opporsi a un ordine di questo tipo.

Nel concreto, queste leggi impongono a società come Apple di aggiungere, a insaputa dell’utente, dispositivi e software autorizzati, che poi saranno usati dagli investigatori per monitorare le conversazioni: se qualcuno vi manda un messaggio tramite iMessage, lo riceverete sul vostro iPhone e anche su un altro dispositivo di cui non sapete nulla, associato al vostro account. Nel caso di WhatsApp una conversazione a tre sarebbe in verità un gruppo, del quale gli interlocutori sono all’oscuro. Scenari che in teoria si verificano solo nel caso di indagini criminali.

Ci sono due grandi questioni che fanno discutere, una etica e l’altra tecnica. Dal punto di vista etico, la normativa limita il diritto alla privacy dei cittadini australiani (non è chiaro cosa succederà a chi viene da un altro paese), e questo riguarda l’equilibrio tra libertà individuali e sicurezza pubblica. Un punto su cui si può senz’altro discutere, e sul quale le opinioni possono differire.

La questione tecnica invece è indiscutibile: introdurre una backdoor di fabbrica riduce la sicurezza di tutti. Perché anche nell’ipotesi che tutti gli addetti ai lavori siano degni di fiducia, una backdoor resta un punto di vulnerabilità. E se esiste una falla, è molto probabile che prima o poi un criminale trovi il modo di sfruttarla.

Non ha più senso scambiarsi messaggi crittografati, come per esempio le chat di Telegram o WhatsApp, se poi esiste il modo di scardinare la suddetta crittografia. Ancora più importante, non c’è modo di garantire che solo “i buoni” potranno sfruttare la backdoor. E non mancano gli esempi per dimostrarlo: senza andare troppo lontani, molti attacchi informatici sono stati fatti usando gli strumenti che in teoria erano ad uso esclusivo della NSA e di poche altre agenzie nel mondo.

Qualunque esperto di sicurezza può confermare che, dal punto di vista tecnico, si tratta di una questione binaria: o il sistema è sicuro oppure non lo è.

“Ci può essere un solo passo successivo, dopo aver obbligato le grandi aziende a mettere delle backdoor. Ed è criminalizzare quei servizi davvero sicuri, che preferiscono seguire le leggi della matematica invece di quelle australiane”, ha scritto Danny O’Brien per Electronic Frontier Foundation, ricordando che a luglio 2017 il Primo Ministro australiano disse “le leggi matematiche sono encomiabili, ma l’unica legge che vige in Australia è la legge australiana”.

I punti deboli sono almeno due: le agenzie governative e le società private. Due “luoghi” dove in teoria sarebbero conservate le chiavi crittografiche, e verso i quali dovremmo riporre la nostra fiducia. Ma anche con la massima buona volontà, non esiste azienda al mondo che possa dare garanzie assolute: un furto di dati può succedere, e se vengono rubate le chiavi per accedere alle comunicazioni il danno sarebbe enorme.

L’altro grande nodo da scogliere riguarda i governi del futuro: oggi possiamo supporre che i governi occidentali rispettino la libertà e i diritti dei propri cittadini, e che non abuserebbero dei sistemi di sorveglianza. Ma domani? Se tra cinque anni, o dieci, dovesse prendere il potere un governo autoritario, intenzionato a colpire minoranze e dissidenti? Avrebbe in mano gli strumenti perfetti per individuare e colpire i bersagli nel giro di poche ore. Solo un capo dell’Hydra potrebbe sognare un potere simile.

È probabile che le aziende coinvolte tenteranno di opporsi alla nuova legge australiana, e potrebbero farlo per esempio rimuovendo dal Paese tutti gli sviluppatori. Il governo potrebbe rispondere rendendo illegale la circolazione di applicazioni non conformi alla legge, il che riporterebbe l’Australia all’epoca in cui esistevano solo chiamate ed SMS. In alternativa potrebbero creare delle versioni locali delle loro app, ma sarebbe una scelta rischiosa.

Non è detto che si arrivi a scenari estremi, ma è vero che l’Australia forse è il paese che più di tutti, tra gli stati democratici, ha messo in atto misure che limitano la libertà di comunicazione, bloccando siti web in massa, censurando videogiochi e altre azioni simili. Non somiglia ancora a uno stato totalitario, ma non è nemmeno un esempio di rispetto delle libertà individuali.

“Quel mondo”, continua Danny O’Brien “è ancora solo un futuro potenziale. Aziende, avvocati, attivisti, tecnologi ed elettori avranno le loro opportunità di evitare che una Rete Australiana filtrata e insicura diventi una realtà distopica. Ma questo mese […] quella realtà è molto più vicina”.

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WhatsApp ha rimosso il link agli sticker su App Store

Author: Lorenzo Spada Agemobile

Gli sticker di WhatsApp sono disponibili su Android ed iOS ormai da oltre un mese ma, mentre su Android tutto sembra filare liscio, su iOS sono sorti alcuni problemi. In particolare, l processo di download degli sticker è troppo macchinoso e prevede la pubblicazione di un’app separata su App Store per ogni pack.

Per chi non lo sapesse infatti, WhatsApp per iOS ha messo a disposizione degli utenti un link che rimanda all’APp Store dove poter scaricare tutti i vari sticker. Mentre su Android il download avviene direttamente all’interno dell’app, per una questione di sicurezza Apple non permette ciò. Vi rendete conto quindi che dover scaricare un’app per ogni set di sticker non è molto pratico.

Oltre a non essere pratico, anche Apple non l’ha visto con buoni occhi, dal momento che il suo App Store si sarebbe popolato rapidamente di centinaia e centinaia di applicazioni “inutili da sole” ma da usare insieme al servizio di messaggistica.

A questo proposito, vi segnaliamo che WhatsApp ha rimosso il link che permette di raggiungere direttamente la pagina di App Store con le app per gli sticker (si trattava di un semplice link con parola di ricerca WhatsApp Sticker in esso). La rimozione è avvenuta attraverso un aggiornamento lato server.

Al momento quindi non è possibile procedere al download degli sticker se non andando su App Store ed effettuando una ricerca manuale delle app. Staremo a vedere come evolverà la situazione, dal momento che l’unica possibile soluzione sarebbe quella di creare uno store all’interno di WhatsApp che permetta il download degli sticker anche se, in tal caso, verrebbe meno la sicurezza imposta da iOS.

VIA

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Un tribunale cinese vieta le vendite di alcuni iPhone in Cina, ma c'è l'incognita del sistema operativo

Author: Le news di Hardware Upgrade

Il tribunale di Fuzhou ha riconosciuto nella giornata di ieri la richiesta di Qualcomm sul divieto all’importazione e vendita dei terminali da iPhone 6 ad iPhone X in Cina, poiché ritenuti in violazione di due brvetti Qualcomm. Si tratterebbe, più nello specifico, dei dispositivi con preinstallato sistema operativo iOS 11 o precedenti.

I due brevetti impugnati da Qualcomm riguardano due funzioni chiave degli smartphone moderne, coprendo la possibilità di “regolare la dimensione e l’aspetto delle foto” e di “gestire applicazioni tramite touch screen quando si naviga tra le app”.

“Diamo profondo valore ai nostri rapporti con i clienti e di rado ci affidiamo all’assistenza dei tribunali, ma abbiamo anche una fede incrollabile nella necessità di proteggere i diritti di proprietà intellettuale. Apple continua a beneficiare della nostra proprietà intellettuale, rifiutandosi di riconoscere il giusto compenso. Queste disposizioni del tribunale sono l’ulteriore conferma della forza del vasto catalogo brevetti di Qualcomm” ha comunicato la società in una nota.

Apple ovviamente non ci sta, e conferma che tutti gli iPhone saranno regolarmente in vendita in Cina: “Il tentativo di Qualcomm di vietare i nostri prodotti è un’altra mossa disperata da parte di una compagnia le cui pratiche illegali sono sotto indagine in tutto il mondo Tutti i modelli di iPhone restano disponibili per i nostri clienti in Cina. Qualcomm si basa su brevetti mai citati in precedenza, incluso uno che è già stato invalidato. Intraprenderemo tutte le opzioni legali in tribunale”.

Secondo Qualcomm, tuttavia, le disposizioni del tribunale – che sono già effettive – si applicherebbero senza distinzione alcuna sul sistema operativo installato sui dispositivi. La società ha già fatto sapere che se Apple dovesse ignorare il divieto, si attiverà presso il tribunale perché venga emesso un mandato.

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Nuovo regolamento FIA WEC Nuova classe Hypercar ibride dal 2020

Author: Nicolò Guccione Tom's Hardware

È ufficiale: le hypercar ibride correranno a Le Mans dal 2020. 

Tra i produttori di Hypercar che fin da subito si è mostrato molto interessato per questa nuova categoria troviamo Koenigsegg, ma anche Toyota, realizzando una concept all’inizio di quest’anno. La Gazoo Racing Super Sport, in hypercar da 1000 cv

Questa nuova categoria andrà fuori all’attuale livello superiore di auto LMP1, quindi, e in arrivo una serie di nuovi hypercar supportati da “budget molto più ragionevoli”. L’aerodinamica di ciascuna auto, ad esempio sarà limitata per evitare grosse spese, il budget di ciascuna squadra sarà fissato a 20 milioni di euro al massimo per due auto. Il personale è limitato a 40 persone per entrambe le auto.

“Le normative dovrebbero incoraggiare i produttori a produrre automobili che somigliano ai veicoli stradali”, spiega Vincent Beaumesnil, direttore sportivo dell’ACO. La FIA dice che ogni auto avrà un solo sistema ibrido sull’assale anteriore, con una potenza di 268 CV ​​che non può costare oltre 3 milioni di euro per lo sviluppo. Parlando di peso 70 kg per la batteria e 50 kg per il motore elettrico. “Questa specifica facilmente realizzabile non richiede uno sviluppo costoso”, afferma la FIA.

L’unità di combustione interna limitata a 700 cv con un peso minimo di 180 kg. La FIA indicherà, nel tempo, una specifica sui consumi al fine di limitare i costi. In totale la potenza si aggirerà sui 1.000 CV complessivi. Che spingeranno un peso di soli 1.040 kg. Le auto verranno equipaggiate con delle zavorre di massimo 50 kg per allineare le potenzialità delle auto, quindi aumentare la competitività.

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Polestar 1: test finali, quasi pronta per la produzione

Author: Nicolò Guccione Tom's Hardware

Rinasce il marchio sportivo del gruppo Volvo che punta alle tecnologie ibride e godrà di specifiche sinergie tecnologiche e ingegneristiche. Polestar inizia questa nuova era con Polestar 1 una GT ibrida coupé con 600 CV, 1.000 Nm.

Il programma di test e valutazione del prototipo di verifica della Polestar 1 continua nel periodo che precede la preparazione della produzione a metà del 2019Oltre ai crash test, alle valutazioni aerodinamiche e ai test su strada, le aree di valutazione fondamentali sono la dinamica del telaio e l’esperienza del conducenteLa reattività dello sterzo e la taratura del vettore di coppia hanno avuto la priorità negli ultimi test, convalidando il settaggio del telaio e delle sospensioni.

Si tratta di una GT che deve essere facile da guidare e comodo nell’uso quotidiano con la sua trasmissione ibrida fluida e silenziosa, ma è anche pronta ad offrire le sue entusiasmanti prestazioni ogni volta che il guidatore lo desidera.

La prossima fase di studio sui prototipi inizierà all’inizio del 2019 e comprenderà le prime auto costruite nel Polestar Production Center a Chengdu, in Cina. Questa sarà la serie finale di prototipi prima che le auto di pre-produzione siano costruite secondo le specifiche finali e gli standard di qualità.