Categorie
HardwareSoftware

Plantronics Voyager 8200 UC: le cuffie Noise Cancelling perfette per chi fa chiamate audio

Author: Le news di Hardware Upgrade

Ci sono cuffie che hanno una chiara vocazione ed essa non sempre deve essere per forza quella della qualità da audiofili. In alcuni casi la caratteristica principale ricerca dall’acquirente è la potenza dei bassi per accompagnare al meglio una dura sessione di allenamento in palestra, in altri è la massima attenuazione dei rumori esterni per viaggi tranquilli anche in contesti difficili come l’aereo o il treno, in altri ancora è la comodità dell’ascolto senza fili a dare fastidio o impigliarsi in vestiti, tornelli, borse. Sebbene condividano in parte tutte queste vocazioni ho scoperto nelle cuffie wireless Plantronics Voyager 8200 UC un’ulteriore caratteristica peculiare: sono le migliori tra le cuffie wireless Bluetooth – tra quelle che al momento ho provato – per le chiamate telefoniche.

Plantronics è un marchio che opera da cinquant’anni nel mondo dell’audio professionale e i suoi dispositivi sono utilizzati dal servizio di emergenza USA, per il controllo del traffico aereo e al New York Stock Exchange. La storia dell’azienda comincia nel 1961 quando due piloti di jet di linea decisero di inventare un’alternativa alle cuffie utilizzate dall’aviazione commerciale fino a quel momento. Courtney Graham e Keith Larkin crearono il loro primo prodotto in un garage di Santa Cruz, in California, caratterizzato dal fatto il primo pensato con la leggerezza come caratteristica principale. Un dato curioso? La celeberrima frase di Neil Amstrong “That’s one small step for man, one giant leap for mankind” fu pronciata sulla superficie della Luna attraverso una cuffia Plantronics.

Non stupisce quindi che le cuffie wireless Bluetooth Plantronics Voyager 8200 UC facciano bene proprio il lavoro di comunicazione a due vie, che oggi avviene in gran parte transitando dai nostri smartphone. Pongo molto l’accento su questo aspetto perché nelle molte cuffie noise cancelling che ho provato, quello della qualità delle chiamate audio è un aspetto forse troppo trascurato. Se noi in cuffia, anche grazie alla cancellazione del rumore, sentiamo perfettamente la conversazione, all’altro capo il nostro interlocutore ci sente un po’ lontani. Mi è capitato spesso – con le precendenti cuffie in prova – di sentirmi chiedere: “Sei in vivavoce?“. Domanda completamente assente utilizzando le Voyager 8200 UC, che adottano una serie di microfoni per captare al meglio la nostra voce e filtrare rumori di fondo come quello del vento. Inoltre queste cuffie consentono di collegare due telefoni contemporaneamente e di rispondere alle chiamate indifferentemente da uno dei due. Discorso simile per quanto riguarda un computer e un telefono, con la possibilità di rispondere a audio e video chiamate da entrambi. Per la connessione ai computer privi di Bluetooth, le Plantronics Voyager 8200 UC offrono in confezione l’adattatore Plantronics USB Bluetooth BT600, che grazie ai LED integrati mostra anche lo stato di esclusione del microfono.

Si tratta di cuffie pensate per essere indossate molto a lungo: sono decisamente leggere e comode e la morbidezza dei cuscinetti è davvero da riferimento. Sebbene non siano di dimensioni tali da non venire in contatto con le orecchie, i padiglioni hanno finitura molto morbida, contribuendo alla perfetta indossabilità delle cuffie. Anche l’archetto è ben imbottito e la finitura scamosciata traspirante non fa sudare la fascia della testa dove le cuffie si appoggiano.

La loro leggerezza è un vero punto di forza, ma anche qualcosa che rappresenta un compromesso sul fronte dell’isolamento passivo dai rumori esterni, settore in cui queste cuffie non eccellono. A causa di ciò anche l’effetto del noise cancelling è leggermente sotto la media delle altre cuffie che ho provato. è comunque in grado di filtrare bene i rumori costanti come i fruscii e il suono dei motori dell’aereo, ma è meno efficace nel bloccare eventuali altri meno ripetitivi e le conversazioni attorno a noi. Comodo il pulsante per permettere di ascoltare tutti i suoni attorno a noi (che vengono quindi reintrodotti nelle cuffie totalmente), funzione che ci permette di parlare coi colleghi o con la hostess senza dover togliere le cuffie. Inoltre un pulsante dedicato vi garantisce un accesso rapido alla funzione di esclusione del microfono, mentre le notifiche vocali avvisano se si inizia a parlare quando la funzione è attiva. Il sensore di presenza ferma automaticamente la riproduzione quando si tolgono le cuffie e la fa ripartire quando vengono nuovamente indossate. I tasti sulla superficie dei padiglioni sono facilmente raggiungibili, la hanno una costruzione un po’ plasticosa, con un click abbastanza sonoro quando premuti. Migliori i materiali dei tasti posti sui lati dei padiglioni a portata di pollice.

Come dicevo in apertura non si tratta di cuffie che nascono per soddisfare i desideri degli audiofili più incalliti. Come spesso accade su questo tipo di cuffie hanno un profilo sonoro abbastanza morbido in condizioni di utilizzo passivo, con bassi forse leggermente più enfatizzati della media e con alti abbastanza chiusi. Quando vengono accese il profilo sonoro cambia in modo lieve, con un suono un po’ più vuoto e con gli alti più presenti. È un comportamento abbastanza tipico su questo tipo di cuffie, che per vocazione tende a cercare di smorzare il più possibile i suoni esterni e che risulta spesso molto morbido all’ascolto, cercando di recuperare qualcosa sugli alti con un profilo di equalizzazione più sbilanciato sulle alte frequenze da parte del DAC interno. L’accensione del noise cancelling – e questa è una caratteristica decisamente positiva – non porta a nessuna modifica del profilo sonoro.

In linea con la vocazione ‘professionale’ delle cuffie è l’app, che permette di personalizzare tutte le impostazioni, di aggiornare il firmware e di avere accesso al manuale e al supporto. Particolare la funzione che permette di tracciare l’ultima posizione nota delle cuffie e di fargli emettere un forte suono per ritrovarle se le si è perse, al pari della funzione ‘trova il mio dispositivo‘ presente in molti smartphone. L’app permette di avere in tempo reale nelle notifiche il dato aggiornato dell’autonomia di funzionamento in conversazione. Molte delle funzioni, come la guida vocale (disponibile anche in italiano), le spie, la gestione della seconda chiamata in arrivo, quella del sensore di presenza sono gestibili dal menu in modo molto granulare. Tra le funzioni pensate per l’uso in ambito professionale e aziendale troviamo la funzione anti-shock acustico che supera i livelli dello standard G616 e fornisce una protezione uditiva superiore contro i picchi improvvisi dell’audio. È inoltre possibile porre in limite di esposizione ai rumori (85 dBA o 80 dBA) e un tempo di chiamata giornaliero massimo (fino a 8 ore).

In sintesi ci troviamo di fronte alla versione professionale delle cuffie Plantronics BackBeat Pro 2: il prezzo di listino sul sito Plantronics supera i 400€, ma lo street price è in linea con quello delle sorelle ‘normali’ poco sotto i 300€. Si tratta di un prezzo in linea con la concorrenza dotata di funzione noise cancelling. Tirando le somme queste Plantronics Voyager 8200 UC non eccellono dal punto di vista della resa acustica e non sono le migliori sul fronte della cancellazione del rumore, ma dalla loro giocano la carta della comodità, della leggerezza e della perfetta funzionalità telefonica, candidandosi come un ottimo prodotto per chi è interessato in prima battuta a queste funzionalità.

[HWUVIDEO=”2459″]Plantronics Voyager 8200 UC: silenzio e chiamate telefoniche[/HWUVIDEO]

Categorie
HardwareSoftware

Inno3D ci crede: ecco un sistema per minare criptomonete

Author: Manolo De Agostini Tom’s Hardware

Per minare criptovalute e fare profitto bisogna avere l’hardware giusto e costi dell’energia abbordabili. Non escludiamo che anche in Italia qualcuno stia minando con successo, ma questo fenomeno è certamente più diffuso in altre aree del mondo.

I produttori di schede video, in particolare quelli meno blasonati, hanno fiutato l’occasione e stanno cercando di occupare quel mercato con alcune soluzioni. Tra le realtà in prima linea c’è Inno3D, che negli ultimi giorni ha fatto alcuni annunci interessanti. Il primo prende le fattezze della Inno3D P104-100.

P104 100

Questo acceleratore si presenta tecnicamente come un ibrido tra la GTX 1070 e la GTX 1080. La P104 conta su 1920 CUDA core come la GTX 1070, con un base clock a 1607 MHz come la GTX 1080. La memoria è GDDR5X, come la GTX 1080, ma anziché 8 GB abbiamo 4 GB a 11 Gbps.

Il bandwidth di memoria maggiore della GDDR5X permette alla P104-100 di assicurare hash rate migliori di una GTX 1070 tradizionale. Inno3D, a tal proposito, snocciola qualche numero approssimativo: ETH a 35MH/s, ZEC a 470 Sol/s e XMR a 660H/s. L’acceleratore è raffreddato da un dissipatore a doppia ventola TWIN X2 e non ha alcuna uscita video. Per l’alimentazione c’è un connettore PCIe a 8 pin.

MC3865 9 104 01

Prezzo e disponibilità non sono noti al momento, così come non conosciamo questi dettagli del nuovo Innod3D MC3865-9-104, un sistema completo dedicato al mining con diverse soluzioni P104-100.

A bordo c’è un processore Intel Celeron 3865U con 4GB di memoria SO-DIMM DDR4-2133 e un SSD M.2 SATA da 64 GB. Le P104-100 a bordo sono nove, per un totale di 17.280 CUDA core e 36 GB di memoria GDDR5X. I componenti sono raffreddati da un totale di 10 ventole – cinque in immissione e altrettante in estrazione – con una velocità di 4800 RPM.

MC3865 9 104 02

Inno3D stima che si può usare l’MC3865-9-104 per minare ETH, ZEC e XMR rispettivamente a 330MH/s, 4,500 Sol/s e 6,200H/s. Nel pannello di I/O ci sono due USB 3.0 e due USB 2.0. C’è anche una HDMI che connette alla grafica integrata sulla CPU e una porta gigabit LAN. L’alimentatore è opzionale, a quanto pare, ma Inno3D propone una soluzione da 2200 watt.


Tom’s Consiglia

Come costruirsi un sistema per minare? Partite dalla “struttura“.

Categorie
HardwareSoftware

EVGA X299 Dark, scheda madre per overclocker professionisti

Author: Manolo De Agostini Tom’s Hardware

EVGA ha annunciato X299 Dark, una motherboard E-ATX pensata per una nicchia specifica, quella degli overclocker estremi. Il nome del chipset dice già tutto: è compatibile con le CPU Intel Core X, Skylake-X e Kaby Lake-X, anche se con tutta probabilità sarà accoppiata alle CPU Skylake-X da 6 fino a 18 core, decisamente più sensate delle proposte Kaby Lake-X quad-core (per dubbi, guardare qui).

Con le CPU Skylake-X è possibile installare fino a 64 GB (4 x 16 GB) di memoria DDR4-4000 in quad-channel, mentre i processori Kaby Lake-X supportano solamente il dual-channel e come tale sarà possibile installare solo due moduli, per un supporto fino a 32 GB (2 x 16GB) di memoria DDR4-4133.

evga x299 dark 01
Clicca per ingrandire

Dal punto di vista della connettività troviamo cinque slot PCI Express 3.0 x16 che permettono di supportare configurazioni 4-way SLI con le CPU Skylake-X dotate di 44 linee, mentre si passa al 3-way SLI con le CPU a 28 linee (Skylake-X) e al 2-way SLI con i Kaby Lake-X (che hanno 16 linee).

evga x299 dark 02
Clicca per ingrandire

Per quanto concerne l’archiviazione la EVGA X299 Dark ha un totale di otto porte SATA 6Gbps (sei del PCH Intel X299, due del controller ASMedia ASM1061), due U.2 e tre M.2. Anche in questo caso la connettività dipende dalla CPU installata.

evga x299 dark 03
Clicca per ingrandire

Abbiamo scritto che la X299 Dark è progettata per gli appassionati – non solo perché è priva di LED RGB (scherziamo!) – e per questo abbiamo una dotazione di primo livello fatta di un PCB a 12 layer, 16 fasi digitali PWM, generatori di clock BLCK esterni, raffreddamento attivo per VRM e PCH e un socket LGA 2066 con un alto contenuto di oro.

evga x299 dark 04
Clicca per ingrandire

Ci sono anche tre BIOS, switch per le linee PCI Express e supporto per Windows XP, che potrebbe essere ancora in cima alle preferenze di qualche appassionato. EVGA offre driver per Windows XP insieme alla motherboard.

Motherboard EVGA X299 Dark ATX
Supporto CPU Intel Core X-Series 
Socket LGA 2066
Memoria – fino a 64GB (4 x 16GB) DDR4-4000 (Skylake-X)
– fino a 32GB (4 x 16GB) DDR4-4133 (Kaby Lake-X)
Slot PCIe – x16 x5
– x4
Connettività PCIe – 4-Way SLI (CPU Skylake-X con 44 linee)
– 3-Way SLI (CPU Skylake-X con 28 linee)
– 2-Way SLI (CPU Kaby Lake-X con 28 linee)
Archiviazione – SATA 6Gbps (PCH Intel X299) x6
– SATA 6Gpbs (ASMedia ASM1061) x2
– M.2 Key-M PCIe/SATA x2
– U.2 x2
Slot M.2 – M.2 Key-M x2
– M.2 Key-E
Connettività USB – USB 3.1 (Gen 2) Type-C
– USB 3.1 (Gen 2) Type-A
– USB 3.0 x6
– USB 3.0 x2 (connettore interno)
– USB 2.0 x4 (connettore interno)
Prezzo 499,99 dollari

Ulteriori dettagli li trovate in questa pagina, dove si apprende anche che il noto overclocker Kingpin (Vince Lucido) ha strappato 12 record con la nuova motherboard nei 3DMark di Futuremark.

kingpin x299 dark

Tutto questo insieme di funzionalità ha un prezzo: 500 dollari dal sito dell’azienda, ma per ora l’acquisto è riservato ai membri EVGA Elite (la disponibilità generale arriverà nelle prossime settimane).

Si tratta di persone che hanno acquistato e registrato una scheda video EVGA GTX, oppure che hanno acquistato e registrato due prodotti EVGA negli ultimi dodici mesi. Infine, anche i membri del forum di EVGA con almeno 100 post possono procedere all’acquisto.


Tom’s Consiglia

Stai alla larga dalle CPU Kaby Lake-X, punta invece (se vuoi una piattaforma X299 per la tua workstation ad alte prestazioni) su un processore Skylake-X come questo.

Categorie
HardwareSoftware

Root Android: cinque operazioni per le quali non ce n’è più bisogno

Author: IlSoftware.it

Per anni i possessori di un dispositivo Android hanno spesso fatto ricorso al rooting del dispositivo con l’obiettivo di utilizzare funzionalità che, diversamente, non sarebbero state utilizzabili.
Oggi il root di Android risulta utile, quasi esclusivamente, per aggiornare il sistema operativo a una versione più recente e più sicura (ad esempio allorquando il produttore non rilasciare più alcun aggiornamento per Android; ne abbiamo parlato nell’articolo Aggiornamento Android, come effettuarlo quando sembra impossibile).

Con una serie di modifiche via a via apportate su Android, Google ha voluto sottrarre una buona fetta di utenti all’impellente necessità di procedere con il root di Android.

Root Android: cos’è e come si fa

Effettuando il root di un terminale Android si andranno ad acquisire i privilegi più elevati che, normalmente, non sono mai conferiti né all’utente né alle applicazioni installate.
Per impostazione predefinita né Android né i produttori dei dispositivi mobili offrono un semplice strumento per procedere con il rooting: il motivo è che le app installate sul dispositivo potrebbero sfruttare i privilegi di root per applicare modifiche alla configurazione del sistema operativo.
I malware writer sono costantemente alla ricerca di vulnerabilità di Android o del firmware dei vari produttori che consentano a una normale app di eseguire codice con i diritti di root. Da qui la necessità di mantenere sempre aggiornato il proprio dispositivo all’ultima versione di Android o comunque a un Livello patch di sicurezza Android abbastanza attuale (per verificarlo, basta portarsi nelle impostazioni di Android e selezionare Info sul telefono).

Il root di Android si concretizza in diversi modi con una procedura che generalmente varia da dispositivo a dispositivo, da produttore a produttore e tra una versione del sistema operativo e l’altra.Di solito il root di Android parte dallo sblocco del bootloader ovvero del programma che nella fase di avvio del dispositivo carica il kernel del sistema operativo dalla memoria flash. Ciò di solito si concretizza chiedendo l’autorizzazione al produttore o comunque seguendo le sue indicazioni quindi installando una Custom recovery oppure procedendo dal prompt dei comandi con ADB a terminale collegato a un PC (vedere Aggiornamento Android, come effettuarlo quando sembra impossibile al punto 4).

Ciascun produttore offre una pagina specifica attraverso la quale è possibile richiedere lo sblocco del bootloader. Ecco alcuni link:

Dispositivi Huawei
Dispositivi LG
Dispositivi Motorola/Lenovo

Tra le Custom recovery più famose ed apprezzate c’è TWRP che, tra l’altro, è utilizzabile per richiedere un backup completo del contenuto del device Android: Backup Android: come farlo per non perdere mai i propri dati.

Va detto che il rooting di un dispositivo Android comporta di solito la perdita della garanzia anche se la procedura è comunque reversibile.

Con il root di Android, però, si avrà la possibilità di installare ROM personalizzate non ufficiali (Custom ROM), con l’opportunità quindi di mantenere sempre aggiornato il dispositivo anche dal punto di vista della sicurezza, effettuare il backup completo del dispositivo e installare le app (anche dallo stesso Play Store) che per funzionare richiedono necessariamente i permessi di root, disinstallare le app precaricate dal produttore che non si ritengono utili o che sono addirittura causa di fastidi.

Alcune app possono rifiutarsi di eseguirsi sui dispositivi sottoposti a rooting. Per “mascherare” il rooting, si possono usare app come SuHide oppure Magisk, figlio dell’ormai abbandonato progetto Superuser.

Cinque operazioni per le quali non è più necessario il root di Android

Con il passare del tempo Google ha fortunatamente apportato alcune modifiche al funzionamento di Android che rendono superfluo il rooting.

1) Revoca dei permessi alle singole app Android
Portandosi nelle impostazioni di Android, selezionando la lista delle app installate, scegliendo l’applicazione d’interesse quindi toccando Permessi applicazione, a partire da Android 6.0 Marshmallow, si possono revocare singole autorizzazioni.
L’app potrebbe rifiutarsi di funzionare se privata di uno o più permessi ma tanto vale provare.

Root Android: cinque operazioni per le quali non ce n'è più bisogno

2) Disabilitare le app superflue
Tranne che con i firmware personalizzati di alcuni produttori, con le versioni di Android più recenti è sempre possibile disabilitare le app di sistema che non si utilizzassero oppure che si ritenessero fastidiose.
Per disinstallare completamente le app di sistema, allorquando il pulsante Disinstalla non risultasse utilizzabile, bisognerà necessariamente procedere con il root del dispositivo.

3) Acquisire screenshot in modo nativo
Fino a qualche tempo fa, l’acquisizione degli screenshot su Android era cosa appannaggio dei possessori di un dispositivo sottoposto a rooting.
Mantenendo premuti il tasto Volume giù e Power/alimentazione, è adesso possibile acquisire screenshot e salvarli nella memoria del dispositivo come immagini.
Davvero incredibile che questa, in precedenza, non fosse una funzionalità nativa di Android.

4) Limitare l’utilizzo della rete dati
Accedendo alla funzione Utilizzo dati di Android è adesso possibile limitare la “libertà d’azione” delle app definendo quanto traffico possono generare con la possibilità di bloccare del tutto lo scambio di dati in background (ovvero quando l’app non è visualizzata e attivamente utilizzata).

Android permette adesso di applicare restrizioni non soltanto durante l’utilizzo della connessione dati ma di ridurre il quantitativo di dati scambiati anche quando connessi a una rete WiFi.

Root Android: cinque operazioni per le quali non ce n'è più bisogno

Per tutti c’è anche la nuova app Google Datally: Come risparmiare giga con il nuovo Google Datally.

5) Collegarsi a una rete VPN

Già da tempo, diversamente da quanto avveniva in passato, è finalmente possibile collegarsi a una rete VPN dai propri dispositivi Android senza disporre dei permessi di root.
E ciò sia che si utilizzi un client di un servizio VPN di terze parti, sia che si ricorra a un’app come OpenVPN per Android per creare un tunnel cifrato – quindi sicuro – con la propria infrastruttura aziendale o con la rete dell’ufficio.

Nell’articolo VPN Android: cos’è e come attivarla abbiamo spiegato come attivare una VPN su Android sfruttando il servizio gratuito messo a disposizione da OpenVPN.
In questo modo si potranno proteggere i propri dati (non soltanto la navigazione web ma anche qualunque tipo di attività espletata tramite il dispositivo Android) durante l’impiego di connessioni WiFi pubbliche o, peggio ancora, aperte.

Categorie
HardwareSoftware

Minuti illimitati e 15 Giga di internet a 9 euro: ultimi giorni per attivare Wind Smart Easy 15

Author: Le news di Hardware Upgrade

Ancora una nuova offerta irresistibile da parte di Wind, l’ennesima ormai. Wind Smart Easy 15 intende offrire minuti illimitati e ben 15 Giga di traffico internet sfruttabili anche in tethering al costo di 9 euro ogni 4 settimane. L’offerta, lo sottolineiamo, è disponibile solo ed esclusivamente per gli utenti TIM e di Operatori Virtuali (escluso PosteMobile), mentre chi possiede attualmente un account Vodafone o vuole registrare una SIM da zero non potrà averne accesso. L’offerta è valida fino al 22 dicembre 2017, salvo proroghe.

L’attivazione di Wind Smart Easy 15 prevede un costo di 14 euro in negozio, ma se la SIM viene disattivata entro 24 euro la compagnia addebiterà ulteriori 10 euro. Questa è un’offerta pensata per chi ha bisogno di un grosso bundle di Giga da sfruttare sia sul cellulare che sul computer connesso in tethering, ma soprattutto per chi chiama spesso i numeri nazionali, sia fissi che mobile. La consigliamo soprattutto a chi abita in una zona centrale, visto che la copertura di Wind non è paragonabile a quella di altri operatori soprattutto in termini di velocità. Inoltre, l’operatore utilizza la banda 800 MHz per la connessione alle reti 4G LTE, non presente su tutti gli smartphone.

Per verificare la copertura 2G / 3G / 4G di Wind clicca qui.

Il bundle di traffico dati può essere espanso per via dell’iniziativa Porta i tuoi amici in Wind. Come abbiamo spiegato in occasione delle altre promozioni dell’operatore, ogni invito consente di avere 2 GB di traffico internet aggiuntivo ogni 28 giorni. Se si è invitati da un attuale cliente Wind, inoltre, si possono avere ulteriori 2 GB di traffico internet. Infine l’utente riceverà la possibilità di utilizzare l’offerta internet gratuita anche all’esaurimento dei Giga contenuti nel pacchetto con un limite nella velocità di trasferimento dei dati imposto a 128 kbps (altrimenti viene bloccata).

Come attivare Wind Smart Easy 15

Wind Smart Easy 15 è attivabile attraverso la procedura che descriviamo di seguito. In questa pagina bisogna inserire il numero idoneo da portare a Wind e cliccare su Verifica disponibilità nel modulo presente. Se il proprio numero è compatibile sarà possibile scaricare il coupon univoco da mostrare in negozio. Solo in un negozio Wind, infatti, sarà possibile portare a compimento la procedura e ottenere la portabilità MNP del proprio numero verso l’operatore telefonico. L’offerta è valida fino al 22 dicembre 2017, salvo proroghe.

Smart Easy 15 non è pertanto disponibile per gli attuali utenti Wind, Vodafone e PosteMobile, o su SIM non ancora registrate con gli altri operatori. Il costo dell’operazione in negozio è di 35 euro, parte dei quali verranno integrati nella nuova SIM. L’attivazione della SIM comporta la sottoscrizione ad alcuni servizi a pagamento, che possono essere disabilitati gratuitamente, come SMS My Wind. Non dimenticate di chiedere in negozio ulteriori informazioni in merito alla disattivazione dei vari servizi a pagamento attivati sulle nuove SIM.