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Chi è Gabriel Guevara, l’attore che è stato arrestato a Venezia

Author: Wired

Si trovava a Venezia per ritirare un premio al Filming Italy Best Movie International Award, ma secondo quanto riportato dalla testata Europa Press, sarebbe stato arrestato: Gabriel Guevara, attore spagnolo di 22 anni, sarebbe infatti destinatario di un mandato di arresto internazionale emesso dalla Francia per violenza sessuale, reato commesso in territorio francese quando era ancora minorenne. L’arresto è avvenuto sabato 2 settembre mentre Guevara, che avrebbe dovuto ritirare domenica sera il Filming Italy Best Movie International Award Young Generation, si trovava già nel capoluogo veneto. Il 22enne spagnolo è diventato famoso soprattutto per il suo ruolo nel film Culpa mia, uscito nel 2023, e nella serie tv adolescenziale Skam España, uscita tra il 2018 e il 2019.

La notizia dell’arresto ha iniziato a diffondersi dopo che i fan hanno notato l’assenza dell’attore alla premiazione. La commissione ha deciso di sospendere l’assegnazione del premio fino a nuovi sviluppi sulla vicenda. La Biennale, con una nota, ha preso le distanze dall’accaduto, sottolineando che l’attore non era stato invitato all’80esima Mostra internazionale d’Arte cinematografica in corso in questi giorni a Venezia. L’avvocato di Guevara, Pedro Fernández González, ha rilasciato un comunicato in cui parla di “detenzione irregolare” del 22enne e si è detto speranzoso del fatto che venga rilasciato una volta comprovato l’errore.

Nel comunicato, il legale dell’attore ha specificato che il fermo è avvenuto in seguito a un processo che aveva avuto inizio molti anni fa, quando l’attore era ancora minorenne, e che si è concluso in favore di Guevara. Anche la madre, l’attrice Marléne Mourreau, ha riferito ai microfoni di Telecinco che l’arresto del figlio è una bugia, anche se ha ammesso di non averlo sentito per telefono, e che il figlio non è mai tornato in Francia da quando aveva 12 anni nel 2015. Intanto, si attende che il tribunale riesamini il caso prima che l’attore venga estradato.

Chi è Gabriel Guevara

Gabriel Guevara, nato il 6 febbraio 2001 a Madrid, ha interpretato il ruolo di Cristian Miralles Haro nella serie tv adolescenziale Skam España, che lo ha portato a raggiungere la notorietà negli anni 2018 e 2019. I suoi genitori sono l’attrice e conduttrice televisiva spagnola Marléne Mourreau e il ballerino cubano Michel Guevara. Nella sua carriera, il giovane ha recitato come protagonista del film Culpa Mia, uscito nel 2023 e presentato in anteprima su Amazon Prime Video, dove il pubblico lo ha visto nei panni di Nick Leister. Il film è ispirato alle vicende raccontate nei romanzi di Mercedes Ron. Nel 2020, quando aveva 19 anni, l’attore ha recitato nel film Charter, mentre nel 2022 ha partecipato alle riprese del film Mañana es hoy, anch’esso uscito su Amazon Prime Video. L’attore deve la sua notorietà anche alle serie tv: oltre a Skam España, Guevara infatti ha recitato in Señoras del (h)AMPA, in onda su Telecinco, mentre ha vestito i panni di Dario in Hit. In seguito, ha preso parte alla serie tv di Netflix, Tu no eres especial, uscita nel 2022.

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The Killer: David Fincher torna con un thriller immersivo

Author: Wired

Quando si parla di registi che non sbagliano un colpo si parla di David Fincher. Dopo i suoi vari (e memorabili) Se7en, Fight Club, Zodiac, The Social Network, Millennium e Gone Girl, porta adesso in concorso a Venezia The Killer, con Michael Fassbender e Tilda Swinton.

Un thriller tesissimo diviso in sei capitoli, tratto dalla graphic novel di Alexis Nolent e scritto da Andrew Kevin Walker di Se7en. Si regge in gran parte sulla performance di Fassbender, concentrato e algido più che in L’uomo di neve nei panni del sicario senza nome, un uomo assoldato per la sua maniacale precisione a uccidere e il suo talento a non lasciare tracce. Si mimetizza a Parigi con cappello e occhiali scuri, mirando a confondersi tra la folla e allenandosi a essere invisibile, cosa non facile nel 21mo secolo, sottolinea Fincher.

David Fincher torna con un thriller immersivo The Killer

Courtesy of Netflix

Il segreto del killer perfetto

Lo svela e ripete lui stesso fino allo sfinimento, come un mantra da tenere bene in mente nei momenti cruciali. Essere vigile, calmo ma sempre in movimento, non lasciare traccia ai “folletti” (agenti), nè alle telecamere. Non servire un dio, un Paese o una bandiera. Non provare empatia, che rende deboli e quindi vulnerabili. Giocare d’anticipo, non improvvisare, non fidarsi di nessuno, essere efficiente per un solo motivo: “Non me ne frega un c**o“. Infine chiedersi a ogni passo: “Io che cosa ci guadagno?“.

Peccato che la teoria sia puntualmente sconfitta dalla pratica: malgrado le buone intenzioni e gli anni di esperienza, qualcosa inevitabilmente va storto, a riprova che anche il killer più perfetto può sbagliare. Così, tra posizioni di yoga, sparachiodi, pittbull arrabbiati e cadaveri nel bidone il nostro anti-eroe si ritroverà in una spirale di situazioni sempre più problematiche e pericolose. Durante le quali incontrerà, tra l’altro, tutta una serie di personaggi preannunciati dai titoli dei capitoli, come “l’esperta” detta Cotton Fioc interpretata da Tilda Swinton. Scene di violenza nuda e cruda sono attraversate da battute di umorismo sparse qua e là, utili a spezzare la tensione e a rendere più vivace il ritmo della narrazione, sempre sospesa nell’atmosfera di tensione a cui ci ha abituato negli anni il cinema di David Fincher. È incredibile pensare che questo film sia stato girato “in pandemia e con una maschera addosso“, data la complessità e la riuscita qualitativa di una serie di sequenze d’azione più che credibili.

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Le vacanze di Capodanno di Roman Polanski

Author: Wired

Se qualcosa sembra questo film di Polanski è quindi un aggiornamento delle vecchie commedie nel segno dei film di Ruben Ostlund come The Square o Triangle Of Sadness, la quintessenza delle commedie d’autore contemporanee. A scanso di equivoci: Polanski non vuole giocare nel terreno di Ostlund, non vuole qualcosa di realmente sofisticato, semmai vuole aggiornare l’umorismo guardando a quello lì, vuole divertirsi un po’ con un film estremamente leggero che rida di ciò che, evidentemente, fa ridere anche lui. E per una gran parte di The Palace ci riesce, come quando dà una spallata all’attualità, mostrando il discorso di insediamento che proprio in quel giorno, il 31 dicembre del 1999, pronunciò Vladimir Putin introdotto da Boris Yeltsin. Sono le immagini reali e solo per la maniera in cui sono posizionate nel film (e per come parlano dell’oggi) fanno ridere.

Al netto di una fattura che sconta budget non stellari (alcuni momenti dell’hotel visto da fuori, costruito in computer grafica, gridano vendetta), il lavoro sugli attori e su un umorismo decisamente popolare nelle trovate ma molto sofisticato nell’esecuzione, è di primo livello. The Palace aggiunge infatti alla commedia viennese classica una fortissima critica sociale. Quel genere nasceva per far ridere le élite di se stesse, con garbo, era fatto di personaggi sofisticati e amori cortesi tra classici servitori sciocchi o nobiluomini scemi. Era un genere di parola che al cinema è stato reso alla perfezione da Ernst Lubitsch. Ora, quasi 90 anni dopo quelle commedie, Polanski non ride dei ricchi con i ricchi e per i ricchi; ride dei ricchi per chi ricco non è. Li ritrae come mostri della chirurgia con corpi che non fanno che tradirli.

Roman Polanski la nostra recensione di The Palace

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Maestro, il secondo film di Bradley Cooper è emozionante e maestoso

Author: Wired

Si parte dalla fine, da un Leonard ormai anziano che ripercorre la sua vita e dichiara la nostalgia per l’amore della sua vita Felicia Montealegre. Attraverso un lungo flashback in bianco e nero scopriamo chi fosse Leonard da giovane (ode a un make-up di assoluto livello), come sia diventato un direttore d’orchestra, pianista e compositore famoso in tutto il mondo, perché si sia innamorato proprio di Felicia, interpretata in maniera sublime da Carrey Mulligan. Quest’ultima, neanche a dirlo, si conferma l’interprete sensazionale che conosciamo, offre una delle sue performance migliori nei panni prima lievi e spensierati di una giovane attrice alle prese con l’innamoramento, poi di una moglie frustrata dalla doppia vita di suo marito, una bisessualità che Cooper racconta apertamente con il giusto garbo e senza ombra di moralismi, infine di una donna devastata dalla malattia.

Bradley Cooper Maestro il suo secondo film. è emozionante e maestoso

Courtesy of Netflix

Bradley Cooper non teme trappole narrative, incede con convinzione e mano ferma sia a livello registico che attoriale, firmando un film delicato, soave, poetico, romantico, difficile da dimenticare. Riesce a raccontare il sogno di un ragazzo dal talento eccezionale e la sua tendenza a non essere “una cosa sola”, tanto a livello creativo quanto esistenziale. Bernstein raccontato da Cooper ci insegna che si può amare la musica d’orchestra come i grandi musical popolari (su tutti, il suo West Side Story), si può stare accanto a una donna tutta la vita e non perdere la voglia di ritrovarsi tra braccia maschili, nel tentativo goffo di voler essere semplicemente se stessi. E tutto questo Cooper sa raccontarlo con intelligenza, evitando ogni superficialità e planando sulle cose vere della vita, fino a regalarci un film emozionante che dice chiaramente a chi guarda, con le parole di Mulligan, che “se non canta nulla dentro di te non puoi fare musica”.

Se la regia e le performance del cast (merita la citazione anche Maya Hawke nei panni della figlia maggiore di Bernstein) non fossero convincenti come sono, bisognerebbe chiudere gli occhi e lasciarsi rapire dalle musiche del film, tutte rigorosamente di Leonard Bernstein. Non ne abusa Cooper, ne fa semmai buon uso, regalandoci delle sequenze memorabili e dei titoli di coda per cui vale la pena rimanere seduti ad ascoltare a fine film. Anche per vedere un ricordo del vero Bernstein in azione.

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Povere creature! parte da un’idea formidabile ma rimane in superficie

Author: Wired

Tutto è raccontato con il consueto umorismo di Lanthimos, quello visto in Il sacrificio del cervo sacro, The Lobster e La favorita, anche se è un po’ meno efficace del solito. Questa è una storia fantastica in forma leggera, nella quale Emma Stone dà benissimo corpo e anima alla potenza liberatrice del sesso, lei che solitamente non lavora su quelle corde (quelle della passione carnale) invece centra lo spirito di un corpo gaudente e potente. Come sempre nei film di Lanthimos infatti il sesso è esso stesso una forma di potere e controllo, uno che stavolta la protagonista riesce a ribaltare a suo favore. È lei che non avendo schemi mentali controlla gli uomini, anche quelli sessualmente potenti, come il personaggio interpretato dal solito eccezionale Mark Ruffalo con tantissime sfumature e piccoli dettagli di vanità o stupidità che lui ha la bravura di saper unire a un’aria da dandy che può affascinare una donna con la testa di una ragazzina. Eccezionale.

È il film in sé a deludere. La sua idea formidabile si spegne in un esito molto convenzionale e decisamente terra terra: la famiglia è una gabbia che contiene in piccolo tutte le forme di prevaricazione sociale e violenza che sono proprie della società; è necessaria una piccola rivoluzione per ribaltare tutto; e la conoscenza del mondo a partire dalla propria vagina (o attraverso essa) porta a questa liberazione. Povere creature! non ha davvero nulla di suo da aggiungere o dire su questi ragionamenti ordinari e l’abuso continuo di scenografie in computer grafica di gusto non sempre impeccabile, unite a costumi che parlano di fantasie surrealiste senza che poi queste si trovino nel film (e allora perché?) gli danno un’aria pomposa che non può permettersi.

Povere creature il film di Lanthimos parte da un'idea formidabile ma rimane in superficie

Tutto il buono delle interpretazioni, dell’umorismo un po’ ingessato (simile a quello di Wes Anderson) e delle tante idee può arrivare solo fino ad un certo punto, oltre quello Povere creature! si deve arrendere di fronte alla sua stessa inconsistenza. Quando verso la fine torna l’idea che l’inadeguatezza sentimentale possa portare le persone a diventare animali, è difficile non pensare a The Lobster e allo spauracchio dei personaggi di quel film, difficile non pensare a come queste idee tipiche di Lanthimos trovassero in quella messa in scena e in quella scrittura lì la valorizzazione che meritano.