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La marcia dell’estrema destra a Budapest, un anno dopo l’arresto di Ilaria Salis

Author: Wired

Riusciamo a salire per i viali, mischiandoci ai militanti neri. Là dove poche ore prima le famiglie si godevano il panorama, si ammassa la folla neonazista. Non c’è polizia che faccia sentire al sicuro chi passa. Gli agenti sono dislocati sui punti di accesso, ma per ampi tratti si è in balia della folla. Silenziosa. Marziale. Salire, passare sotto uno degli stretti tunnel di pietra che guidano verso l’alto, ha la sensazione della sfida, soprattutto se si ha in mano una telecamera. O uno smartphone. Ci avviciniamo prudentemente assieme a un collega, rubando scatti, fermi immagine. Guardarsi le spalle è necessario per salvare l’attrezzatura. E soprattutto sé stessi. Nella terra di nessuno, non ci sono vie di fuga.

Militanti da tutta Europa si trovano nella capitale ungherese, dove è consentito un raduno neonazista che in Germania – e non solo – sarebbe impensabile. Ufficialmente il governo lo ha proibito, ma ha avuto luogo lo stesso, sotto al vessillo della normalità, come accade da trent’anni. Poco distante, sul palazzo del dicastero, sventolano le bandiere ungherese e europea, ma viene da chiedersi quanto sia distante, da qua, Bruxelles coi suoi valori.

Gli antifascisti della contro-manifestazione di piazza Szell Kalman, a cinquecento metri di distanza, hanno avvertito i compagni. A nome di tutti parla una ragazza, mascherata da un baldacchino di bandiere per evitare di essere riconosciuta: non girate da soli, non fatevi fotografare, metteranno i nostri nomi su internet. E vi verranno a prendere. Poi offre un numero di telefono per l’assistenza legale, nel caso a intervenire fosse la polizia. Le parole scorrono mentre poco distante risuona Bella ciao, l’inno della Resistenza italiana.

Le due anime del 10 febbraio di Budapest, nera e antifascista, si sfiorano alle 16.30, ai piedi della collina del castello, quando passa il corteo della protesta rossa. Un cordone di polizia a impedire ogni contatto. Dura pochi istanti, poi le strade si dividono di nuovo. L’anno scorso, nello stesso giorno, i fatti che hanno portato all’arresto di Ilaria Salis. “Il punto è che Salis ha commesso un reato in un Paese che non è il suo – dice una giornalista locale, di area governativa -. C’è un autista nostro connazionale in carcere da voi, in Italia. Guidava un pullman dalle parti di Verona, ha subito un processo ed è stato condannato. E chi ha protestato da Budapest?”. Il problema è la sproporzione, proviamo a ribattere. “Ma le leggi sono diverse, qui funziona così”.

“Non è la Bielorussia”

È molto difficile essere gay, ebrei, rom, sinti in questo paese – riprende Arabella -. E anche essere attivisti. Perché il governo non viene a picchiarti, non è la Bielorussia, dove la dittatura è sfacciata. Ci sono modi molto più sottili per bloccare il dissenso. E passano dalle amicizie, ma anche dal sistema scolastico”. Il ventennio del presidente Viktor Orbán presenta il conto e l’equazione sicurezza meno libertà fa presa nel pubblico. Che, nonostante tutto, continua a votarlo.

Lo splendore di Budapest si scioglie nel buio. Le tute mimetiche e le croci celtiche, i fucili e le teste rasate si dirigono verso i boschi. Lontano dai luoghi delle manifestazioni, la città riprende a vivere la vita un sabato sera come tanti: i ragazzi nei bar, le birre. Restano le immagini e la sensazione di aver assistito a qualcosa che altrove non sarebbe stato possibile. “Hanno tutti il diritto di manifestare – riprende la collega della stampa locale -. O no?

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Contro Ilaria Salis monta un’ondata di odio

Author: Wired

I ceppi alle mani e alle caviglie e una sorta di guinzaglio in vita: le immagini di Ilaria Salis, l’attivista monzese di 39 anni detenuta da un anno in Ungheria con l’accusa di aggressione ai danni di due militanti neonazisti, poi dimessi dall’ospedale con una prognosi di pochi giorni, hanno fatto il giro di web e televisioni di tutta Europa. La potenza dei fotogrammi provenienti dalla corte magiara ha scosso l’Italia. Per qualche ora, parevano calate le divisioni tra destra e sinistra sul caso Salis, che rischia 11 anni di detenzione, a lungo disatteso dal governo e divenuto di interesse nelle ultime settimane. Prima con l’incontro tra la famiglia di Ilaria Salis e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Poi con la telefonata della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, all’omologo ungherese, Viktor Orbán, dopo le immagini sul trattamento della 39enne in aula a Budapest. La realtà, però, è diversa. C’è chi soffia sul fuoco. E il popolo degli odiatori ha risposto alla chiamata.

Ilaria Salis, la trentanovenne attivista monzese

La prima udienza sul caso Ilaria Salis

Si è chiusa senza grosse sorprese perché di tipo tecnico, mentre si lavora per riportare l’attivista detenuta da un anno in Ungheria in Italia. Presenti militanti neonazisti in tribunale

L’attacco della Lega

Nella mattinata di mercoledì 31 gennaio un comunicato della Lega per Salvini premier sul tema rievoca un vecchio caso che vede coinvolta Ilaria Salis. Il riferimento è alla contestazione di un banchetto del partito a Monza. “Il 18 febbraio 2017 – prosegue il testo – a Monza, un gazebo della Lega veniva assaltato da decine di violenti dei centri sociali, e le due ragazze presenti attaccate con insulti e sputi da un nutrito gruppo di facinorosi. Per quei fatti Ilaria Salis è finita a processo, riconosciuta dalle militanti della Lega. Le sue vicissitudini offrono l’opportunità di ribadire che il legittimo esercizio del dissenso non può mai sfociare in episodi di violenza, soprattutto come quelli messi in atto contro giovani indifese aggredite da un branco come successo a Monza”.

Tuttavia, come ha spiegato Eugenio Losco, legale della donna, Salis “è stata assolta per non aver commesso il fatto”. E ha aggiunto che “non è stata affatto individuata dalle due militanti della Lega ma solo individuata come partecipante al corteo che si svolgeva quel giorno a Monza da un video prodotto in atti. Il giudice nella sentenza ha specificato che risulta aver partecipato solo al corteo senza in alcun modo aver partecipato all’azione delittuosa di altre persone né di aver in qualche modo incoraggiato o supportato altri a farlo”. Peraltro, la Lega non si è costituita parte civile nel processo in cui lo stesso pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione, decisa dal giudice per tutti gli imputati.

L’idea del Carroccio era di dirottare la narrazione di questi giorni. Ma mentre il governo, dopo mesi di totale assenza e distrazione, ha iniziato a muoversi, tra la telefonata di Meloni e le mediazioni di Nordio e del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il segretario della Lega e ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha preso parola per criticare Salis: “Non è accettabile che vada in aula in catene. Ma vi pare normale che una maestra elementare vada in giro per l’Europa a picchiare e sputare alla gente?”.

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Chi si sta muovendo per chiedere la scarcerazione di Ilaria Salis

Il governo Meloni non ha fatto ancora nulla per aiutare l’italiana in detenzione preventiva a Budapest da ormai un anno. Al suo fianco della donna e della famiglia la senatrice Ilaria Cucchi e i garanti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale

Gli account social

Anche sui social monta l’odio contro Ilaria Salis. Il campionario, purtroppo, è vastissimo ed è X, l’ex Twitter, come spesso accade, a dare il peggio di sé, con una moderazione inefficace che ossequia le nuove linee guida di Elon Musk. Tra gli hashtag in tendenza ci sono #Ilariafattilagalera e #Ilariasalisingalera. A sfogare la violenza sono account ascrivibili all’area di destra e dei complottisti. Uno pubblica un video, probabilmente generato con l’intelligenza artificiale, che mostra una donna in ginocchio al guinzaglio, con tanto di medaglietta, condotta in un furgone da un accalappiacani. Hashtag: #ilariafattilagalera. In un altro caso si fanno commenti violenti sul fisico di Ilaria Salis, mettendo in dubbio le dure condizioni del carcere in Ungheria e accusandola di essersela cercata.