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L’anno nero del canale di Panama

Author: Wired

La siccità che sta colpendo da mesi l’America centrale rischia di mettere in ginocchio il commercio mondiale. Come riporta l’agenzia Reuters, l’Autorità del Canale di Panama (Acp), che gestisce una delle principali rotte marittime a livello internazionale (le navi portacontainer, le petroliere e tutte le altre che attraversano giornalmente il canale rappresentano il 3,5% dell’intero commercio globale), ha infatti stabilito già da fine ottobre di ridurre ulteriormente le traversate giornaliere delle navi, almeno fino al prossimo 1 febbraio.

In particolare, lo scorso 30 ottobre l’Acp ha comunicato ufficialmente ai propri clienti che il numero di slot disponibili per la prenotazione sarebbero stati ridotti in un primo momento da 31 a 25 al giorno, per poi essere diminuiti gradualmente ancora fino alla fine del primo mese del 2024, raggiungendo quota 18.

Il Canale di Panama

La siccità del Canale di Panama è un problema per tutti

Le minori precipitazioni hanno costretto i gestori dell’infrastruttura a ridurre il livello dell’acqua, costringendo così le navi a ridurre la quantità di merci che trasporto. Con ricadute e aumenti dei prezzi del commercio mondiale

Crisi del clima

La decisione dell’autorità rappresenta solo l’ultima restrizione in ordine di tempo riguardo al passaggio di navi dal canale di Panama, l’ennesima misura utile a contrastare la scarsità d’acqua. Tra il 24 maggio e il 21 giugno, per esempio, il pescaggio massimo consentito per attraversare l’istmo che collega l’oceano Pacifico con quello Atlantico era stato abbassato a prima 13,56, poi a 13,41 e infine a 13,26 metri. Il 30 luglio la capacità media di transito era stata ridotta a un numero massimo di 32 navi al giorno.

La rigidità dell’Acp è dettata dalle condizioni del canale in seguito alla mancanza di precipitazioni, ma anche agli effetti di El Niño e alla temperatura più elevata rispetto al solito fatta registrare dall’acqua dell’oceano Pacifico tropicale centrale e orientale. I livelli dell’acqua nel lago Gatun, ovvero il principale bacino idrico che fa galleggiare le navi attraverso il celebre sistema delle chiuse, solitamente alimentato proprio dalle piogge, “hanno continuato a scendere – affermano dall’autorità – a livelli senza precedenti per questo periodo dell’anno“. Nel dettaglio, “le precipitazioni registrate per ottobre sono state le più basse mai registrate dal 1950 (41% in meno) e finora il 2023 si colloca come il secondo anno più secco per lo stesso periodo“.

Commercio in crisi

Tutte le restrizioni poste in essere dall’autorità hanno causato negli ultimi mesi lunghi ritardi, costringendo decine di navi ad attendere a lungo prima di poter attraversare il Canale di Panama. In questo senso, in una nota riportata sempre dall’agenzia stampa britannica, un analista della Energy Information Administration degli Stati Uniti ha spiegato come le attese sul canale abbiano “spinto le tariffe di spedizione più in alto altrove, diminuendo il numero di navi disponibili a livello globale“. Considerando il solo trasporto di una materia prima fondamentale come il gas, l’esperto ha sottolineato che i ritardi per alcuni trasportatori hanno raggiunto durate record a Panama, causando l’aumento dei prezzi di spedizione dei gas liquefatti dagli Stati Uniti.

Per provare a tamponare questa situazione, l’Autorità del Canale di Panama ha lanciato il 25 novembre e il 3 dicembre aste speciali con lo scopo di “offrireriporta l’agenzia Reutersmaggiori opportunità di ottenere uno slot alle navi nelle chiuse Panamax che aspettano in coda di transito da un periodo prolungato“.

Per riflettere la composizione del mercato del canale rispetto alla tipologia di carico, all’economia dei segmenti di mercato e allo schema operativo delle navi l’autorità ha in seguito anche introdotto una regola per gestire le aste speciali annunciate, offrendo tale spazio a settori specifici organizzati in tre gruppi: del primo fanno parte le cisterne chimiche, le navi cisterna per greggio o altri prodotti, trasportatori di gas naturale liquefatto e trasportatori di gas di petrolio liquefatto; nel secondo rientrano le navi portarinfuse secche, i carichi generali e altri clienti simili; il terzo e ultimo è invece composto da navi portacontainer, carichi refrigerati e trasportatori di veicoli.

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Perché il prezzo dell’olio extra vergine continua a salire

Author: Wired

Le vendite dell’olio extravergine d’oliva in Italia nei primi mesi del 2023 sono calate del 9%. A segnalarlo sono i dati Circana riportati dal Sole 24 Ore, che, allargando il raggio dell’analisi all’olio d’oliva, ingigantiscono un problema che sta avvilendo i produttori: l’oro giallo ottenuto attraverso raffinazione è stato acquistato l’11% in meno nel nostro paese, il 18% in meno a livello mondiale.

A spiegare questi numeri non può bastare l’aumento del prezzo dell’olio “evo”, salito in alcuni casi sopra gli otto euro a bottiglia, dovuto anche a precise scelte dei produttori: in dieci anni in Spagna il costo è aumentato del 240%, in Italia del 173%. Decisivo è stato anche il crollo proprio della produzione spagnola, che dall’1,8 milioni di tonnellate fatto registrare nel 2018-19 è passato alle 663mila del 2022-23. In Italia ne sono state prodotte 241mila, in Grecia 24mila, in Tunisia 180mila e in Portogallo 126mila.

La prima causa del calo spagnolo è legata alla siccità. Nel paese iberico gli oliveti sono infatti superintensivi e necessitano di quantità importanti di acqua, il triplo rispetto a quanto serva a quelli italiani. A fare le spese delle poche piogge è dunque stata la produzione di olio, fattore che è peraltro alla base dell’aumento del prezzo delle singole bottiglie. L’aumento del costo dell’olio spagnolo ha peraltro portato a quello delle bottiglie presenti sugli scaffali dei rivenditori del nostro paese. Solo il 24% dell’extravergine prodotto in Italia è infatti al 100% made in Italy. Il restante 76% è formato da miscele di oli evo di diversa provenienza, perlopiù mista italo-spagnola.

Per Il Sole 24 Ore a incidere sull’aumento dei prezzi dell’olio è stata infine anche la scelta dei produttori di chiedere alla grande distribuzione di evitare di vendere le bottiglie d’olio in promozione. Una scelta che, secondo i dati in possesso di Circana, non ha nemmeno ripagato: le vendite in offerta sono passate dal 70 al 54% circa del totale, segnando una perdita in termini di fatturazione di circa 28 milioni tra gennaio e ottobre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022.

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A che punto è la muraglia di alberi per frenare il deserto in Africa

Author: Wired

Caldo e siccità: due fenomeni correlati, ormai sempre più presenti in cronaca e non solo come aggiornamenti di meteo o scienza. Eppure la CopP15, la conferenza delle parti delle Nazioni Unite dedicata alla lotta contro la desertificazione, “è stata la Cenerentola di tutte le Cop, ricevendo meno attenzione e mezzi delle sue controparti. Per troppo tempo, la desertificazione e la siccità sono state considerate problemi dell’Africa”. Non è l’opinione di un attivista ma del presidente della Cop15 sulla desertificazione Alain-Richard Donwahi, che Wired ha intervistato. Quello che era un problema erroneamente considerato come regionale, secondo Donwahi, adesso è chiaro e pericoloso per tutti: La desertificazione si sta diffondendo in tutto il mondo. Con l’estate, molti Paesi temono gravi episodi di siccità e scarsità d’acqua che potrebbero avere un impatto significativo sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare”. Perché la desertificazione e la siccità sono fenomeni accelerati o indotti dal surriscaldamento globale che impattano su tanti aspetti della vita umana.

Temperature record a Siviglia, SpagnaIn Europa il caldo è fuori controllo

Il continente si scalda a una velocità doppia rispetto alla media. Accelerano anche le energie verdi, la cui produzione supera quella da fonti fossili nel 2022

La siccità riguarda il 40% dei terrestri

Secondo le Nazioni Unite la siccità è “il degrado dei terreni nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, dovuto a una serie di fattori diversi, tra cui le variazioni climatiche e le attività umane”. Le aree degradate rappresentano una cifra stimata tra il 10 e il 15% dell’intera superficie terrestre, dove vive oltre il 40% della popolazione mondiale. E se pensiamo allo stress idrico, ovvero la carenza di acqua in certe aree del Pianeta, questo problema ormai riguarda un terzo della popolazione mondiale. Ciò che preoccupa è che la siccità e la desertificazione seguano avanzando: dal 2000 sono aumentate di circa il 30% le aree aride del pianeta. E tra il 1979 e il 2019 si possono stimare circa 650mila morti a causa della siccità nel mondo. Nessuno può dirsi escluso: nel prossimo futuro saranno 190 le nazioni che soffriranno qualche effetto a causa di siccità e devastazione. In sintesi estrema, succederà in tutto il mondo, considerando che sulla Terra sono registrate 194 nazioni.

La soluzione della Great Green Wall

Il cuore pulsante del processo di desertificazione più impattante al mondo è nel Sahel. La soluzione che si sta cercando è il progetto della Grande Muraglia Verde, guidato dall’Unione africana con il supporto delle più importanti organizzazioni intergovernative al mondo. Si tratta di una sorta di cintura alberata progettata per attraversare in orizzontale il continente africano. Dovrebbe costare circa 33 miliardi di dollari e al 2021 ne erano stati investiti 14: obiettivo realizzare entro il 2030 una linea di foreste con un’estensione di circa 8mila chilometri di lunghezza e 15 chilometri di larghezza. La cintura attraverserà 11 nazioni africane, dal Senegal e dalla Mauritania fino a Gibuti, e si propone di contrastare la degradazione ambientale e la povertà della regione, partendo dal miglioramento delle condizioni climatiche e ambientali dell’intera area.

Sì, la Grande Muraglia Verde è parte della soluzione, perché contribuirà a combattere la desertificazione e il cambiamento climatico: è un progetto molto importante, non solo per l’Africa, ma per il mondo intero. Ma questa iniziativa non riguarda solo la creazione di foreste, bensì anche lo sviluppo di ecosistemi virtuosi per le comunità locali. La Grande Muraglia Verde comprende diversi progetti guidati dalle comunità, in particolare nel campo dell’agricoltura rigenerativa”

Alain-Richard Donwahi, presidente Cop15 sulla desertificazione

Questi progetti aumenteranno la sicurezza alimentare e l’accesso all’occupazione, elementi essenziali per preservare la sicurezza, la stabilità politica ed evitare massicce ondate migratorie. Per quanto avveniristico, tarato sulle soluzioni rigenerative delle nature based solutions e ambizioso, il successo del progetto non è affatto scontato e anche Donwahi ammette che ci sono ritardi sensibili sulla roadmap: “Dobbiamo fare di più e in fretta. Solo il 20% dell’intera iniziativa è stato realizzato dal suo lancio ufficiale nel 2007. Se vogliamo completarla come previsto, entro il 2030, dobbiamo trovare più risorse, più fondi e destinarli ai progetti giusti. Abbiamo anche bisogno che i Paesi coinvolti inseriscano questa iniziativa nei loro piani di sviluppo nazionali e nei loro bilanci annuali, in modo che i fondi siano dedicati a far progredire la Grande Muraglia Verde e a sostenere le comunità”.

Frenare le migrazioni climatiche

Supportare la rigenerazione di Paesi che oggi soffrono la siccità a livello ambientale per crescere socialmente ed economicamente. E così allentare anche la portata del fiume carsico di migranti che dalle sponde del Nord Africa si riversano in Europa, con le conclusioni drammatiche che racconta la cronaca. Le migrazioni climatiche saranno sempre più impattanti nei flussi di persone a livello mondiale. E saranno siccità e desertificazione, che implicano problemi gravi di approvvigionamento idrico, a spingere ulteriormente questi flussi: “È un dato di fatto: la siccità è in aumento. Non solo in Africa, ma in tutto il mondo.

Negli ultimi 20 anni, abbiamo assistito a un aumento del 29% degli episodi di siccità e prevediamo che oltre 190 Paesi saranno più esposti alla siccità nei prossimi decenni. A causa di questi fenomeni, oltre 200 milioni di persone potrebbero essere costrette a lasciare le loro case e a migrare entro il 2050.

Alain-Richard Donwahi, presidente CopP15 sulla desertificazione

Per questo secondo il presidente della Cop15 i Paesi europei dovrebbero accelerare la realizzazione dei propri impegni ambientali nell’ottica realizzativa della Grande Muraglia Verde. Lo stesso impegno che devono riversare tutte le nazioni che hanno sottoscritto gli Accordi di Parigi: la mitigazione passa innanzitutto dalla transizione ecologica dell’economia mondiale. E dal rispetto degli impegni presi e sottoscritti.

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Wired Next Fest 2023 a Rovereto, cosa seguire se ti interessa la scienza

Author: Wired

Scienza, cultura, innovazione, tecnologia, ma anche intrattenimento si incontrano al Wired Next Fest 2023, il festival gratuito più famoso su tecnologia e innovazione che quest’anno compie 10 anni. A ospitare questa nuova edizione, che si terrà nel week end del 6 e del 7 maggio 2023 sarà la città di Rovereto, dove il pubblico potrà assistere e prendere parte agli incontri, panel, workshop e agli exhibit nel teatro Zandonai, in piazza Malfatti, a Palazzo Del Bene, e al Planetario di Rovereto. L’ingresso è gratuito, mentre sul sito dedicato all’evento è possibile iscriversi e trovare l’elenco degli speaker e il programma del festival.

Tra gli ospiti della manifestazione, gli appassionati di scienza potranno trovare anche esperti di economia spaziale, astrofisica, biologia, medicina, energia, ecologia animale e tanto altro. Ecco quali sono gli incontri da non perdere per chi è interessato all’ambito scientifico.

Sabato 6 maggio

Nella giornata di sabato ci sarà l’incontro con Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), sulle esplorazioni ultraorbitali e sulla space economy. Neuroscienziato e ricercatore, Giulio Deangeli sarà sul palco insieme a Emma Ruzzon, presidente del consiglio degli studenti dell’università di Padova, per una riflessione sulla situazione delle università italiane e dei suicidi degli studenti avvenuti negli ultimi mesi. A seguire, Antonella Viola, professoressa di Patologia generale all’università di Padova, si occuperà di analizzare tutti quegli aspetti legati al linguaggio della scienza e della divulgazione emersi nel periodo della pandemia.

Quali sono le competenze di cui ha bisogno il settore della space economy? Al Wired Next Fest di Rovereto ne parlano Massimo Claudio Comparini, deputy amministratore delegato di Esvp Observation Exploration Navigation alla Thales Alenia Space, e Simonetta Di Pippo, professor of practice di Space economy e direttrice dello Space economy evolution lab (SeeLab) della Bocconi.

Il festival sarà ricco di appuntamenti sulla crisi climatica e ambientale: Claudia Tebaldi, ricercatrice del Joint Global Change Research Institute della University of Maryland, e Giacomo Moro Mauretto, biologo e divulgatore scientifico, si occuperanno della questione ambientale. Dell’impatto della crisi climatica su animali e piante, invece, parleranno Francesca Cagnacci, ecologa comportamentale e della conservazione alla guida dell’Unità di ecologia animale del Centro ricerca e conservazione della fondazione Edmund Mach, e Luca Belelli Marchesini, ricercatore dell’Unità di ecologia forestale del Centro ricerca ed innovazione della fondazione Edmund Mach. Sul futuro del cibo, invece interverranno anche Stefano Biressi, professore di Biologia molecolare dell’università di Trento, Luciano Conti, professore di Biologia applicata del dipartimento Cibio dell’università di Trento e Sean Yam, chief operating officer della Gerber Rauth Srl.

Una costellazione satellitare che monitorerà l’ambiente, le infrastrutture, il dissesto idrogeologico e gli incendi in Italia: è questo l’obiettivo del progetto Iride, che verrà illustrato da Antonio Ciccolella, system requirements manager dell’Esa, Francesco Longo, responsabile Unità di osservazione della Terra e operazioni dell’Asi, e Andrea Taramelli, professore dell’Università Iuss di Pavia e senior scientist in telerilevamento e processi di superficie nell’Ispra.

Domenica 7 maggio

Tra gli incontri a tema scientifico previsti per la giornata di domenica 7 maggio, ci sarà anche quello dedicato al metodo Steam (science, technology, engineering, art, mathematics) che si occupa di coinvolgere più persone possibili nelle materie scientifiche. Ne parlerà Ersilia Vaudo, astrofisica e chief diversity officer all’Esa. Nel pomeriggio sarà presente anche Martin Hanczyc, responsabile del laboratorio di Biologia artificiale del Centro Cibio dell’università degli studi di Trento.

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Economia Tecnologia

Siccità, le contromisure per fronteggiare l’emergenza

Author: Wired

Alcune regioni e province autonome italiane stanno iniziando a mettere in campo politiche per fronteggiare l’emergenza siccità. Come riporta Il Sole 24 Ore, il primo segnale in questo senso arriva dal Trentino.

Ormai – ha affermato la dirigente generale dell’Agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia della provincia Laura Boschini –  è indispensabile che si introducano degli interventi che riducano la domanda di acqua. L’acqua potabile in questo momento va destinata all’uso prioritario, utilizzarla per altro è veramente uno spreco”.

L’indicazione recapitata dall’agenzia ai comuni trentini è dunque quella di “ordinare delle restrizioni per alcune categorie di utilizzo della risorsa idrica come il lavaggio delle auto e l’irrigazione dei giardini”. Il 22 marzo è quindi partita dalla dirigenza del Servizio gestione delle risorse idriche una lettera indirizzata agli enti locali con l’invito a fare un “censimento della disponibilità di acqua potabile” utile a studiare e realizzare interventi sia per aumentare la disponibilità idrica, sia per ridurre la domanda.

Proprio da Trento, nell’ambito degli interventi legati al progetto Santa Chiara Open Lab, era arrivato la scorsa estate un esempio virtuoso, l’Urban Wetland, descritto sul sito dell’osservatorio di Legambiente CittàClima come un parco ideato per ricevere le acque piovane convogliate dai tetti, trattarle e riusarle per l’irrigazione e aumentare la biodiversità in ambiente urbano.

La proposta di Zaia

Una proposta arriva intanto dal presidente del Veneto Luca Zaia: “Abbiamo – sottolinea – il vantaggio di avere acqua del mare. Se a Dubai vivono dissalando l’acqua, lo dobbiamo fare anche noi, perché i costi potrebbero essere affrontabili”. Per il governatore è necessario, tra l’altro, ottimizzare la rete di distribuzione per l’agricoltura, che definisce “un colabrodo” che “comporta la perdita dell’80% della risorsa idrica”.

Un problema, quest’ultimo, che riguarda tutto il paese, ma soprattutto il sud. Secondo l’Istat, il volume d’acqua disperso nel 2020 equivale al 42,2% di quella ammessa in rete. Percentuale che tocca punte del 62% in Basilicata. In totale, tutta l’acqua perduta sul territorio nazionale avrebbe consentito, secondo l’istituto, di soddisfare le esigenze idriche annuali di oltre 43 milioni di persone.

Il governo

Nel frattempo contro l’emergenza siccità il governo ha deciso di istituire una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro molto circostanziato di competenze. Come spiegano da Palazzo Chigi, “in particolare, il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale”. Ancora da decidere se il ruolo di commissario andrà al ministro dei Trasporti Matteo Salvini o a un’altra figura di fiducia.