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Il muro digitale dove le persone queer piangono le perdite nella Striscia di Gaza

Author: Wired

La condizione delle persone lgbtq+ nei territori della Palestina è tutt’altro che semplice. I rapporti omosessuali sono stati depenalizzati in Cisgiordania, dove oggi governa l’Autorità nazionale palestinese, già nel 1951. Nella Striscia di Gaza, in cui Hamas ha preso il potere dopo le ultime elezioni libere del 2006, rimane in vigore l’ordinanza del codice penale inglese 74 del 1936, che criminalizza i rapporti omosessuali tra uomini adulti anche se consenzienti. Le donne lesbiche non ne sono soggette, e pertanto le loro relazioni sentimentali – almeno in teoria – non sono illegali. A Gaza, negli ultimi anni, i tribunali sono arrivati ad applicare la pena di morte per atti omosessuali, seppur in rarissime occasioni.

Nei decenni moltissime persone arabe palestinesi gay, lesbiche, bisessuali o transgender si sono rifugiate nei maggiori centri urbani di Israele come Tel Aviv, alla ricerca di una società più progressista, ma anche qui sono andati incontro a fenomeni di razzismo, più per la loro origine che per l’orientamento sessuale o l’identità di genere.

Non tutti i palestinesi queer hanno abbandonato la loro terra di origine. Non disponiamo di numeri precisi, ma la loro condizione è tornata al centro dell’attenzione nelle ultime settimane, dopo i terribili attentati compiuti da Hamas in territorio israeliano e la conseguente rappresaglia contro la Striscia di Gaza, grazie ai post delle persone queer palestinesi su Queering The Map, una piattaforma di mappatura online in cui gli utenti possono raccontare le proprie esperienze personali legate a un luogo e generare dei tag su una mappa collettiva consultata in tutto il mondo.

È qui che molti e molte hanno deciso di esprimere il proprio dolore per le perdite subite in queste settimane; pensieri strazianti raccolti dal giornalista Afeef Nessouli in un post su Instagram circolato parecchio negli ultimi giorni.

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Da dove arrivano le armi usate da Hamas per attaccare Israele

Author: Wired

Senza il sostegno dell’Iran, Hamas non avrebbe mai potuto attaccare Israele lo scorso 7 ottobre. I mortai, i lanciarazzi, le mine anti-carro, i parapendii e i fucili usati dai miliziani sono quasi tutti di fabbricazione iraniana o prodotti all’interno della Striscia di Gaza secondo indicazione che arrivano dalla Repubblica islamica. Una piccola parte di armi arriva dalla Corea del Nord o dalla Siria, tutti paesi alleati con la Russia, che sembra aver fornito alle forze fondamentaliste della Palestina alcuni armamenti occidentali catturati in Ucraina.

L’alleanza tra Iran a Hamas non è una novità. I funzionari del regime di Teheran hanno più volte confermato di fornire supporto economico e logistico ai diversi gruppi integralisti palestinesi, come le brigate Al Qassam, il braccio armato di Hamas, e le brigate Al Quds della Jihad islamica palestinese. Allo stesso tempo, questi gruppi hanno più volte elogiato e ringraziato i mullah iraniani per il loro aiuto, come si legge sul sito e sul canale Telegram dell’agenzia stampa iraniana Fars.

  1. Mortai, razzi e mine
  2. Droni
  3. Fucili e parapendii

Militanti di HamasChe cos’è Hamas?

L’organizzazione politico-militare è stata fondata durante la prima Intifada. Dal 2007 governa nella Striscia di Gaza ed è dietro l’attacco a Israele delle ultime ore

Mortai, razzi e mine

Come riporta France24, tra le armi più usate si trovano le munizioni da mortaio da 120 millimetri chiamate M48, prodotte in Iran dal 2007 e usate da Hamas fino dal 2020. Ci sono poi le mine anti carro YM-3, realizzate sulla base di modelli cinesi Type 72, i razzi anti carro PG-7VR, questi costruiti sul modello delle testate per lanciarazzi Rpg sovietici.

Come mostra il media iraniano Yjc, Hamas ha anche impiegato dei sistemi missilistici a guida automatica Ra’d-T, anche questo una versione copiata dal sistema sovietico analogo 9M14 Malyutka, e i razzi Misagh, come riporta Iranpress, copia dei cinesi QW-1M. Infine, sono iraniani anche tutti i missili a corto raggio lanciati sulle città israeliane, come i Fajr-3, i Fajr-5 e gli Zelzal.

Miliziani di HamasCosa c’è nello statuto di Hamas

Il documento è stato scritto nel 1988 e rivisitato nel 2017. Contiene le visioni religiose e politiche del movimento per la resistenza islamica che ha attaccato Israele

Droni

Per la prima volta, nell’attacco del 7 ottobre, Hamas ha impiegato i droni in una precisa strategia offensiva. Mentre fino a questo momento si era limitato a usarli per attacchi sporadici, come quello avvenuto contro un impianto chimico israeliano nel 2021, riporta Forbes. Nonostante questa evoluzione in teoria militare, i droni usati sono sempre gli stessi, cioè gli Ababil-2 iraniani o la loro copia prodotta a Gaza, gli Shahab.

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Come la stampa 3D aiuta gli sfollati della Striscia di Gaza

Author: Wired

Continuano i bombardamenti di Israele sulla Striscia di Gaza, in risposta agli attacchi di Hamas che hanno ucciso oltre 1.200 persone nel weekend del 7 e 8 ottobre. Stando a quanto riportato dal ministero della Sanità palestinese, negli ultimi giorni sono morte almeno 1.417 persone nella Striscia di Gaza. Di queste, la metà era composta da donne e bambini. Un numero che diventa ancora più alto quando si conteggiano i i palestinesi feriti dai bombardamenti, che attualmente sarebbero poco più di 6.200. Persone in condizioni più o meno gravi, che faticano ad accedere alle cure mediche di cui hanno bisogno per sopravvivere a causa del blocco di forniture sanitarie – e non solo – imposto da Israele a Gaza. E la tecnologia si sta rivelando una soluzione utile per affrontare la drammatica situazione.

Secondo quanto raccontato da Motherboard, Tarek Loubani, un medico del pronto soccorso palestinese, è riuscito a fornire un supporto adeguato alle vittime di Gaza distribuendo dispositivi medici, come stetoscopi e lacci emostatici, stampati in 3D. Una fornitura che è arrivata molti mesi prima dei bombardamenti da parte di Israele, che mercoledì hanno distrutto gli uffici del Progetto Glia di Loubani, interrompendo così la sua produzione di apparecchiature sanitarie. E andando a peggiorare una situazione di per sé già molto critica. “A Gaza non si può presumere che persino i paramedici abbiano un laccio emostatico. Quindi insegniamo a tutti anche come realizzare lacci emostatici improvvisati”, ha raccontato Loubani a Motherboard, precisando che fino a poco fa la stampa 3D ha permesso di avere un numero più ampio di dispositivi su cui fare affidamento.

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Che cosa sono le bombe al fosforo bianco, che Israele è accusato di aver utilizzato

Author: Wired

Mentre Israele si prepara all’assedio della Striscia di Gaza contro le milizie di Hamas, alcune associazioni per i diritti umani denunciano l’utilizzo di bombe al fosforo bianco da parte di Tel Aviv negli attacchi all’enclave palestinese. Come riporta l’agenzia Agi, ad annunciare il fatto è stato Rami Abdu, portavoce dell’organizzazione non governativa Euromed Monitor. Al momento non c’è ampia conferma della notizia. Se fosse vero, però, non sarebbe la prima volta che Israele utilizza questo tipo di armamenti, particolarmente violenti, su Gaza.

Cosa sapere:

  1. La Convenzione Onu
  2. Gli effetti delle bombe al fosforo bianco

La Convenzione Onu

Le bombe al fosforo bianco rientrano nella categoria delle armi incendiarie, il cui uso è regolamentato dal terzo Protocollo della Convenzione delle Nazioni Unite su alcune armi convenzionali, firmata a Ginevra nel 1980.

Secondo il protocollo gli ordigni di cui Israele è accusato di aver fatto uso a Gaza non possono essere impiegati per colpire obiettivi civili e obiettivi militari situati “all’interno di una concentrazione di civili”. Il documento stabilisce inoltre che le armi al fosforo possono essere utilizzate solo per illuminare obiettivi militari, per spaventare il nemico o per creare cortine di fumo capaci di coprire la fuga dei militari. Israele ha firmato la Convenzione ma con una riserva: non si ritiene vincolata al rispetto del protocollo sulle armi incendiarie.

Gli effetti delle bombe al fosforo bianco

La componente chimica di tali armi è in grado di provocare nelle vittime ustioni gravi e molto dolorose. Come spiega Giacomo Cassano di Archivio disarmo (associazione impegnata nella divulgazione di temi legati alla pace e alla riduzione degli arsenali militari), il fosforo bianco scatena tutto il suo potenziale quando viene disperso nell’aria e, dunque, quando l’ordigno che lo contiene deflagra. La combinazione tra aria e fosforo bianco produce l’anidride fosforica che, a contatto con il corpo umano, genera l’acido fosforico, un elemento capace di bruciare rapidamente il tessuto organico. Le ustioni così provocate penetrano le parti molli del corpo e raggiungono le ossa.

Rainews aggiunge che anche la sola inalazione del fosforo disperso nell’ambiente può provocare gravi conseguenze per la salute umana. Le esalazioni provocate dalla combustione del fosforo bianco, infatti, se respirate possono corrodere le mucose e gli organi interni, generando un processo che porta all’avvelenamento.

Nella maggior parte dei casi, le bombe al fosforo uccidono le persone che ne vengono a contatto. Chi sopravvive, tuttavia, risulta estremamente esposto allo sviluppo di gravi patologie, come l’anemia (una malattia che prevede la mancanza, nei globuli rossi, di sufficiente emoglobina, la proteina che permette la circolazione dell’ossigeno dai polmoni a tutti gli altri organi del corpo) e la necrosi ossea, ovvero la progressiva erosione del tessuto scheletrico.

Prima di essere regolamentate, le bombe al fosforo sono state utilizzate più volte nella storia. Se ne è fatto ricorso, ad esempio, durante la Prima guerra mondiale, durante le guerre coloniali italiane in Africa di inizio Novecento. Più recentemente, se ne è fatto uso in Siria e nell’Ucraina invasa dalla Russia.

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La storia della Striscia di Gaza

Author: Wired

In quella zona si erano insediati i profughi palestinesi scappati a causa della guerra arabo-israeliana del 1948. Il Cairo è stato responsabile della Striscia fino al 1967, quando durante la cosiddetta Guerra dei sei giorni Israele è riuscito a occuparla. Il conflitto vedeva contrapposti Egitto e Siria contro Israele, che in quell’occasione si è rivelato capace di respingere i nemici fino a conquistare nuovi territori, tra cui anche una parte della Cisgiordania.

Gli accordi di Oslo

La presenza israeliana nella Striscia di Gaza è durata fino al 2005 quando, sotto la pressione della comunità internazionale, il premier israeliano Ariel Sharon ha ritirato le forze militari e gli insediamenti coloniali sviluppati nei quarant’anni di occupazione. Come stabilito dagli accordi di Oslo del 1993, Gaza avrebbe dovuto essere controllata dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), con la quale Tel Aviv aveva stretto il patto. Nel 2006, però, a vincere le elezioni nella Striscia è stato il partito armato islamista Hamas. Questo evento ha portato Israele a imporre, nel 2007, l’embargo dei cieli e del mare palestinesi e il controllo di persone e beni in entrata e in uscita. In questo modo, Tel Aviv ha ottenuto un forte impoverimento della zona e un deterioramento dei servizi essenziali.

Come spiega oggi la Nbc, la Croce rossa internazionale ha dichiarato illegale l’embargo in quanto “punizione collettiva per le persone che vivono nella Striscia di Gaza”. Ciò costituisce una violazione della quarta Convenzione di Ginevra, che ha lo scopo di proteggere i civili che si trovano in mano nemica o in territorio occupato. Se i civili della Striscia sono messi in difficoltà dai blocchi israeliani, anche l’Egitto fa la sua parte: il Cairo ha più volte chiuso i suoi confini ai gazawi. Una piccola parte di loro esce dall’enclave palestinese ogni giorno per andare a lavorare in Israele, ma una volta finito il turno il rientro è obbligatorio. Agli altri cittadini della Striscia non è permesso varcare i confini se non in casi estremi, come ad esempio il bisogno di cure. Lo scorso anno l’organizzazione non governativa Human rights watch ha definito Gaza “una prigione a cielo aperto”.

Con le sue restrizioni sulla Striscia, Israele voleva indebolire Hamas. Tuttavia, il provvedimento ha sortito l’effetto contrario: la rabbia sociale è cresciuta sempre più, inducendo un’ampia parte della popolazione gazawa (mediamente molto giovane) a vedere nell’organizzazione terroristica l’unica alternativa alla violenza israeliana e all’incapacità politica dell’Anp.