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I primi eletti al Parlamento europeo in Italia

Author: Wired

Escono i nomi dei primi eletti al Parlamento europeo. In Italia le elezioni europee 2024 dell’8 e 9 giugno hanno riservato dei verdetti in linea con le attese: Fratelli d’Italia si è confermato primo partito, al 28,81%, tallonato dal Partito democratico al 24,04% circa. Più staccate le altre formazioni, con Forza Italia, Movimento 5 stelle e Lega sotto il 10%. mentre l’Alleanza Verdi-Sinistra ha chiuso sopra il 6,67%, un ottimo risultato simboleggiato dall’elezione di Ilaria Salis al Parlamento europeo.

Si iniziano a delineare alcuni nomi dei parlamentari che in Italia possono aspirare a un seggio dei 76 su 720 destinati al nostro Paese. I nomi certi dei primi eletti al Parlamento europeo, oltre a Ilaria Salis, includono Roberto Vannacci, il generale che ha corso per la Lega, Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps nel Movimento 5 stelle, Elena Donazzan, per Fratelli d’Italia e già assessora in Regione Veneto, che ricorse a frasi transfobiche contro l’insegnante transgender Cloè Bianco, che si è suicidata, e molti altri. Nel Pd, i candidati praticamente certi di un posto in Europa comprendono l’ex presidente di Emergency Cecilia Strada, l’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, la giornalista Lucia Annunziata, gli ex primi cittadini di Firenze e Bergamo, Dario Nardella e Giorgio Gori.

I risultati in Italia

I voti, con 60.682 sezioni scrutinate su 61.650, come comunicato dal ministero dell’Interno, sono così distribuiti:

  1. Fratelli d’Italia: 28,8%
  2. Pd: 24,03%
  3. Movimento 5 Stelle: 9,98%
  4. Forza Italia: 9,68%
  5. Lega: 9,07%
  6. Alleanza Verdi-Sinistra: 6,67%
  7. Stati Uniti d’Europa: 3,75%
  8. Azione: 3,33%
  9. Pace terra dignità: 2,2%
  10. Libertà: 1,23%
  11. Südtiroler Volkspartei: 0,52%
  12. Alternativa popolare: 0,39%

Fratelli d’Italia diventa il terzo posto come partito più numeroso al Parlamento europeo, dietro alla Cdu, l’Unione dei cristiani e democratici tedesca, e al Rassemblement national di Marine Le Pen, mentre il Pd si appresta a diventare il primo partito nel gruppo dei socialisti, sopra il corrispettivo di Pedro Sanchez. In Italia l’affluenza ha subìto un calo calo rispetto alle ultime europee del 2019: 49,59% contro 56,13%.

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Elezioni amministrative 2024: come va l’affluenza

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In concomitanza con le elezioni europee, si tengono anche le elezioni amministrative 2024. Con le Regionali in Piemonte e più di 3.700 città al voto, saranno milioni gli elettori coinvolti in molte sfide interessanti, che riguarderanno 6 capoluoghi di Regione e 29 di Provincia.

In Italia i primi dati dell’affluenza rilasciati dal Viminale indicano un calo rispetto alle ultime europee del 2019. Allora sabato alle 23 l’affluenza era stata del 17,8% delle persone aventi diritto, mentre quest’anno alle 23 di sabato 8 giugno aveva votato il 14,6% degli aventi diritto

Quando si vota

Durante questa tornata elettorale i seggi saranno aperti sabato 8 giugno dalle ore 15 alle 23 e domenica 9 giugno dalle ore 7 alle 23. Quindi, come già anticipato, non solo elezioni europee, ma anche regionali e amministrative.

Regionali in Piemonte

In Piemonte si vota per eleggere il nuovo presidente della regione. Per farlo si dovrà scegliere tra uno degli attuali cinque candidati:

  • Alberto Cirio (presidente uscente e candidato per il centrodestra);
  • Gianna Pentenero (candidata per il centrosinistra);
  • Sarah Disabato (Movimento 5 Stelle);
  • Alberto Costanzo (Libertà);
  • Federica Frediani (Piemonte Popolare);

L’affluenza alle regionali del Piemonte alle ore 23 di sabato 8 giugno era del 17,54% delle persone aventi diritto.

Le elezioni amministrative 2024

Queste elezioni riguarderanno oltre 3.715 Comuni italiani, di cui 29 capoluoghi di provincia e 6 di regione. I fronti più caldi del voto naturalmente saranno:

  • Bari: L’affluenza alle ore 23 di sabato 8 giugno era del 21,43% delle persone aventi diritto;
  • Cagliari: affluenza al 17,94%;
  • Campobasso: affluenza al 20,14%;
  • Firenze: affluenza al 23,2%;
  • Perugia: affluenza al 21,97%;
  • Potenza: affluenza al 22,81%;

Inoltre, tra i capoluoghi di provincia che spostano anche un certo interesse di livello nazionale ci sono (con il dato dell’affluenza a sabato 8 giugno, ore 23):

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Elezioni europee 2024, è il momento del voto

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  • Nord occidentale (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia);
  • Nord orientale (Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna);
  • Centrale (Toscana, Umbria, Marche, Lazio);
  • Meridionale (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia Basilicata, Calabria);
  • Insulare (Sicilia, Sardegna).

I paesi che hanno già votato

Sono stati i Paesi Bassi ad aprire le danze di questo ciclo di elezioni europee. Il 6 giugno, dalle 7 alle 21, si sono tenute le prime consultazioni dei 27 Stati chiamati a rinnovare i seggi del Parlamento europeo. Per i Paesi Bassi è consuetudine votare in un giorno infrasettimanale. Secondo i primi exit poll di Ipsos, uno dei più importanti centri di studio e di analisi di mercato, nei Paesi Bassi sarebbe in testa la lista di centrosinistra, composta dal Partito del lavoro e dai Verdi, ma anche l’estrema destra del Partito della libertà (Pvv), che ha vinto le recenti elezioni politiche olandesi e si appresta a formare un governo, avrebbe ottenuto un buon risultato.

Per non interferire con i processi elettorali in corso negli altri Paesi, gli esiti del voto alle elezioni europee 2024 nei Paesi Bassi saranno svelati sono al termine del voto in tutto i 27, domenica sera dopo le 23, quando si chiudono le urne in Italia. Il 7 giugno si sono aperte le urne in Irlanda e in Repubblica Ceca, che terrà aperto il voto anche l’8 giugno. Sabato invece si entra nel vivo della contesa per il voto della maggioranza dei 373 milioni di elettori europei aventi diritto. Si aprono i seggi in Italia (dove il voto prosegue anche domenica 9), Lettonia, Slovacchia e Malta. In tutti gli altri paesi si vota solo domenica 9.

L’affluenza

Al momento l’unico dato consolidato è quello dei Paesi Bassi, dove ha votato il 47% degli aventi diritto. Anche in Irlanda l’adesione è stata bassa e al momento si calcola una affluenza preliminare pare a circa il 40% degli aventi diritto, in un appuntamento elettorale che è coinciso anche con alcune elezioni locali.

Quanti parlamentari esprime ogni paese

L’Italia elegge 76 dei 720 parlamentari che siedono nella Camera europea.

I Paesi Bassi esprimono 31 dei parlamentari europei. Sono due i seggi aggiuntivi che il paese ha ottenuto dopo la ripartizione di 15 seggi aggiuntivi in occasione di questa tornata elettorale.

In Irlanda, invece, i votanti esprimono le preferenze per occupare 15 seggi da parlamentari europei.

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Cosa dicono i partiti in corsa alle elezioni europee sul lavoro

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Un paragrafo è anche dedicato alle condizioni di lavoro all’interno dei sistemi sanitari europei, molto diversi fra loro, che il partito vorrebbe accomunare sotto uno spazio europeo sia in termini di dati sanitari sia per quanto riguarda condizioni di lavoro più paritarie e adeguate per gli operatori sanitari. Il partito poi propone investimenti anche nei confronti della forza lavoro nel campo della salute mentale.

Partito Democratico

Il Partito democratico corre alle europee nella coalizione europea dei socialisti e democratici. “Lavoro” e “povero” non possono più stare nella stessa frase” si legge nell’introduzione al tema nel documento programmatico. Come i 5 stelle anche il Pd propone una direttiva sui salari minimi e una direttiva sui “salari equi”, che contrastino la precarietà del mondo del lavoro attuale. Il partito appoggia anche la sperimentazione della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Come per i giovani, per cui il partito chiede l’abolizione degli stage gratuiti in tutta Europa.

Ad accompagnare la già presente Garanzia giovani, una misura volta alla prevenzione della disoccupazione giovanile in Italia, il partito propone una Garanzia Universale per il lavoro, un’assicurazione sul posto di lavoro a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici di tutte le età. Per quanto riguarda l’impatto del lavoro sulla genitorialità, per il Pd il congedo alla nascita di un figlio dovrebbe essere paritario tra i genitori e definito in 5 mesi pienamente retribuiti.

Alleanza Verdi e Sinistra

Sotto alla coalizione Alleanza Verdi e Sinistra, alle europee corrono anche Europa Verde e Sinistra Italiana con il motto “Il coraggio di osare”. Di lavoro il programma parla in modo ampio: dalla precarizzazione alla salute sul posto di lavoro, fino alla questione ambientale. Tra le proposte più concrete, che emergono anche in altri documenti programmatici dell’area di centro-sinistra, il contrasto al cosiddetto “dumping sociale”. L’Unione europea lo definisce come “l’ampia gamma di pratiche intenzionalmente abusive e l’elusione della legislazione europea e nazionale vigente (comprese le leggi e i contratti collettivi universalmente applicabili), che permettono lo sviluppo di una concorrenza sleale riducendo illegalmente i costi operativi e legati alla manodopera e danno luogo a violazioni dei diritti dei lavoratori e allo sfruttamento di questi ultimi”.

Un contrasto che dovrebbe essere portato avanti, secondo Avs, a livello comunitario, con l’aumento dei salari e l’eliminazione del divario retributivo di genere. Tra le proposte anche la definizione di uno statuto europeo del lavoro, e la riduzione della settimana lavorativa a parità di salario.

Lega

La Lega invece, che ha come leader Matteo Salvini, ha pubblicato un programma dal titolo controverso per l’appuntamento elettorale europeo: più Italia, meno Europa. Nelle diciotto pagine che il partito sotto il gruppo di estrema destra Identità e Democrazia ha pubblicato, non si esplicitano chiaramente proposte sul tema del lavoro: il partito di Salvini ne parla indirettamente quando fa cenno alla “fine delle politiche di austerità” sostenendo “l’aumento del potere di acquisto e la piena occupazione”.

Stati uniti d’Europa

La lista di Bonino e Renzi il tema del lavoro lo declinano su due punti. Infatti, un primo aspetto riguarda il mercato del lavoro giovanile, dove si loda da un lato la serietà con cui l’Unione Europea si è mossa nel non fare ricadere il peso del debito sulle future generazioni, dall’altro invece si esorta a fare di più attraverso “politiche mirate a promuovere l’imprenditoria giovanile su tutto il territorio dell’Unione, garantendo alle start up l’accesso diretto agli investimenti pubblici europei, sviluppando piattaforme digitali che mettano in condivisione le opportunità di investimento e di lavoro oltre i confini nazionali”. L’altro punto riguarda la necessità di procedere verso un mercato del lavoro che sia unico, quindi attraverso delle regole comuni e un’armonizzazione dei diritti sociali per superare la disparità tra i diversi sistemi di welfare.

Altri partiti

La lista Libertà di Cateno De Luca spezzetta il tema del lavoro in vari punti. Per prima cosa, ci tiene a ribadire la propria visione sovranista su economia e sociale. Dopodichè, declina questo suo punto di vista nella difesa dei balneari dalla Bolkestein – direttiva che ha come obiettivo quello di promuovere la parità di professionisti e imprese nell’accesso ai mercati dell’Unione europea -, degli agricoltori e dei pescatori. Se la lista di De Luca si rivolge direttamente a mondi più specifici del suo elettorato, più generica è la visione di Alternativa. Infatti, la lista che vede correre tra gli altri Stefano Bandecchi, già sindaco di Terni, parla di disoccupazione come un problema che riguarda più paesi in Europa e che colpisce i giovani e offre come via d’uscita “il rafforzamento di un’economia dinamica, innovativa, solidale e il rilancio di un solido piano industriale europeo basato sui tre pilastri: economia sociale di mercato, innovazione centrata sull’uomo, competitività di ogni regione d’Europa”. Infine, conclude la lista Pace, terra libertà di Michele Santoro che per porre un freno alle principali problematiche legate al lavoro propone: l’introduzione di un sostegno economico universale per chi resta senza lavoro, una riduzione dell’orario di lavoro europeo di 32 ore e aumento dei salari.

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C’è chi vuole vietare il consumo della carne dei cavalli

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Uccisi mentre sono ancora coscienti, spesso dopo aver attraversato lunghi viaggi durante i quali le più elementari leggi contro il maltrattamento degli animali vengono ignorate: i cavalli macellati in Italia ogni anno sono oltre 25mila, il dato più alto in Europa, pari a un decimo di quanti ne vengono macellati in tutto il continente. Sono ufficialmente considerati ufficialmente sia animali “da affezione” sia animali “da allevamento”. E oltre 13mila cavalli ogni anno sono importati da Polonia, Francia e Spagna verso i macelli italiani. Tratte lungo le quali vengono ammassati sui camion e lasciati per ore senza bere, esposti al rischio di subire lesioni e sviluppare la pleuropolmonite, meglio nota come “febbre da trasporto”. Una condizione tristemente nota anche per il trasporto di altri animali destinati al consumo alimentare, documentata con report ed immagini da Animal Equality e da altre associazioni animaliste, che chiedono una legge che vieti la macellazione e quindi la commercializzazione di carne equina in Italia. Il team dell’associazione animalista ha indagato sulla macellazione dei cavalli in Spagna, Italia e Messico, documentando in particolare in quest’ultimo paese scene di enorme crudeltà verso gli animali.

Il caso arriva in Parlamento

L’azione si è tradotta per ora in una petizione online – che ha raccolto 100mila firme e portato in piazza Duomo a Milano lo scorso 28 giugno diversi attivisti per sensibilizzare cittadini e turisti sul tema – e in un’interrogazione parlamentare a favore del riconoscimento dello status di animale d’affezione presentata dalla deputata del Movimento 5 Stelle Carmen di Lauro, della Commissione Affari Sociali, rivolta ai ministri dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e della Salute Orazio Schillaci. “A entrambi ho fatto presente che le norme e i controlli che attualmente sussistono nella filiera della macellazione dei cavalli vengono regolarmente aggirate – ha detto Di Laudo a Wired -. Solo il 10-15% di questi animali viene tracciato mentre gli altri provengono da altri contesti di cui sappiamo veramente poco. E lo hanno dimostrato diversi interventi dei carabinieri anche in tempi recenti”.

Secondo la normativa italiana ogni cavallo deve essere dichiarato come destinato alla produzione alimentare (Dpa) oppure no. Ai cavalli non Dpa, ovvero quelli “da compagnia” o utilizzati per lo sport, vengono spesso somministrati – durante la loro vita – farmaci potenzialmente dannosi per le persone che ne dovessero mangiare la carne. Il mercato sommerso della commercializzazione di cavalli non Dpa è reso possibile dalle mancanze nel tracciamento di questi animali da parte delle autorità sanitarie e di controllo: in questo modo anche gli animali da compagnia o usati per le gare sportive finiscono per essere macellati a fini alimentari. Nel gennaio 2021, per esempio, i carabinieri del nucleo anti-sofisticazioni (Nas) di Parma hanno salvato quattro cavalle registrate come “non Dpa” in Francia che, grazie a continui passaggi di proprietà tra allevatori di bestiame, erano finite a Correggio (Reggio Emilia) per essere macellate con passaporti falsificati.

Dati contrastanti

In Italia le regioni in cui si macellano e consumano più equini sono la Puglia con 15.591 (pari al 35% del totale), il Veneto con 9.439 (20%) e l’Emilia Romagna con 6.215 (13%). Molto più bassi i numeri nelle altre zone del Paese. Ma, per via dei dati spesso incerti e disomogenei, resta difficile inquadrare con precisione il sistema di macellazione per la produzione di carne equina nel nostro territorio. Nel 2017, per esempio, l’Istat aveva indicato che i cavalli macellati in Italia erano stati 28.181, mentre il Ministero della Salute, attraverso la banca dati nazionale dell’Anagrafe zootecnica, ne aveva registrati 46.053. “Il problema è che ci sono anche allevamenti non dichiarati – dice a Wired Matteo Cupi, vicepresidente per l’Europa di Animal Equality -. Non esistono impianti di macellazione appositi per i cavalli, quindi si usano quelli per i bovini. Anche i metodi di stordimento non sono progettati per loro, causando ferite e ulteriore dolore inutile. In tutti questi vuoti normativi e zone grigie c’è chi se ne approfitta”.

La soluzione, secondo gli animalisti, sarebbe una legge che risolva il problema alla radice, come accaduto in Grecia, il cui governo nel 2020 ha equiparato questi animali a cani e gatti vietandone “l’allevamento e l’utilizzo per la produzione di pellicce, cuoio, carne o per la fabbricazione di medicinali e altre sostanze”. L’ultima proposta simile in Italia risale al 2013 e fu presentata dall’allora deputata di Forza Italia Michela Vittoria Brambilla: chiedeva lo stop per la macellazione, l’importazione e l’esportazione di “cavalli, asini, muli, il bardotti e pony”.