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Anche il Papa chiede regole sull’intelligenza artificiale

Author: Wired

Ai vari appelli internazionali per creare una regolamentazione globale sull’intelligenza artificiale, si è aggiunto anche quello di papa Francesco. Il pontefice ha lanciato un messaggio ai leader mondiali e ai capi delle organizzazioni internazionali, chiedendo l’istituzione di un trattato giuridicamente vincolante per prevenire i rischi posti da queste nuove tecnologie.

Oltre all’appello diretto alla politica, Bergoglio si è rivolto anche alle società che operano nel settore, chiedendo un controllo etico degli “obiettivi e degli interessi dei proprietari e degli sviluppatori delle intelligenze artificiali”, mettendoli in guardia sui pericoli che possono comportare per “la nostra casa comune”, cioè la Terra, e “per la nostra sopravvivenza”.

In particolare, ha definito “motivo di grande preoccupazione etica” la ricerca “sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti sistemi d’arma autonomi letali equipaggiati con l’intelligenza artificiale”, che “non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili”. Pertanto “è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente” di questi sistemi, perché “l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina”.

Secondo il pontefice, inoltre, l’assenza di regole condivise e universali porta con sé il pericolo di cadere “nella spirale di una dittatura tecnologica”, in cui l’intelligenza artificiale rischia di far crescere a dismisura le disuguaglianze e accentrare nelle mani di pochi “la conoscenza e la ricchezza”, con “gravi rischi per le società democratiche e la coesistenza pacifica”.

Il messaggio fa eco alle molte iniziative nazionali e internazionali portate avanti negli ultimi mesi al fine di regolamentare lo sviluppo e l’uso di queste tecnologie, come il primo vertice mondiale sul tema, l’AI summit tenutosi in Regno Unito a novembre, e la recente approvazione dell’Ai act dell’Unione europea, il primo pacchetto di regole al mondo per disciplinare estensivamente l’intelligenza artificiale, che vieta, per esempio, l’uso per la sorveglianza biometrica da parte dei governi.

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Papa Francesco, i suoi deepfake sono un precedente pericoloso

Author: Wired

Recentemente i feed dei social media si sono riempiti di immagini che ritraevano Papa Francesco con addosso un improbabile piumino bianco. La foto – che si è immediatamente trasformata in un meme – è ovviamente falsa: è stata creata utilizzando lo strumento di intelligenza artificiale (Ai) Midjourney. Ciononostante, l’immagine è riuscita a ingannare molte persone, al punto da spingere alcune testate giornalistiche a definirlauno dei primi casi di disinformazione su larga scala derivante dall’intelligenza artificiale“.

Da sola, questa frase è in grado di suscitare un senso di inquietudine, un po’ come quando in Handmaid’s Tale si vede per la prima volta un personaggio con indosso un cappotto rosso. Cosa sarebbe successo se al posto di una foto falsa del papa avesse iniziato a circolare un’immagine spacciata per un scatto fatto sul campo di battaglia della guerra in Ucraina? O una foto del presidente statunitense Joe Biden che partecipa a una qualche riunione segreta? La prospettiva che l’Ai sia in grado di generare questo tipo di disinformazione è certamente spaventosa.

Far sì che decine di persone abbocchino a un deepfake del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è ovviamente più complicato rispetto a ingannarle con una bizzarra foto del pontefice. Come ha sottolineato la settimana scorsa Charlie Warzel su The Atlantic , ogni persona adotta un'”euristica diversa per cercare di individuare la verità“, ed è più facile credere che Papa Francesco si presti a indossare un piumino che, per esempio, a immagini Ai che ritraggano il rocambolesco arresto di Donald Trump. Non è poi così difficile capire, quindi, perché molti di quelli che hanno visto l’immagine si siano limitati a riderci su, continuando a fare scrolling senza metterne l’autenticità.

La vicenda, tuttavia, crea un precedente preoccupante. Il creatore dell’immagine fake del Papa non stava cercando di ingannare nessuno. Anzi, parlando a BuzzFeed News ha dichiarato che voleva semplicemente creare delle immagini divertenti dopo aver assunto dei funghi allucinogeni. Ma se invece la foto facesse parte di una campagna di disinformazione? Ormai molti contenuti generati dall’intelligenza artificiale hanno raggiunto un tale livello di sofisticazione da rendere già difficile per occhi e orecchie umane individuarne l’origine.

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2023, le 21 date da ricordare

Author: Wired

Giusto qualche mese fa la Corte Suprema statunitense l’ha ribaltata, di fatto eliminando il diritto all’aborto a livello federale e dando quindi la possibilità a ogni stato di adottare la legislazione che preferisce. La decisione ha scatenato proteste piuttosto veementi negli Stati Uniti e non solo, a testimonianza di quanto la questione sia ritenuta delicata e importante ancora oggi, e di quanto questa sentenza sia stata fondamentale nella storia recente del Paese. Per la verità, la sentenza ha una storia piuttosto complessa, che comincia quando nel 1969 Jane Roe – pseudonimo di una giovane donna del Texas di nome Norma Leah McCorvey – si presenta in un tribunale locale chiedendo di poter abortire, sostenendo di essere stata stuprata. All’epoca, infatti, la legislazione del Texas consentiva l’aborto solamente in caso di stupro e incesto. Non essendoci alcun rapporto della polizia locale sulla presunta violenza, la richiesta viene respinta. Roe si affida allora a Linda Coffee e Sarah Weddington, due avvocatesse già impegnate nella battaglia per la legalizzazione dell’aborto. Le due presentano un ricorso alla Corte Distrettuale dello stato, che dopo aver esaminato il caso riconosce a Jane Roe il diritto di terminare la gravidanza. L’avvocato difensore Henry Wade presenta quindi un ulteriore ricorso alla Corte Suprema, il massimo organo legislativo statunitense. Il caso arriva alla Corte nel 1970, che tre anni dopo, con una maggioranza di 7 giudici a 2, emana la sentenza, basandola su una nuova interpretazione del XIV Emendamento della Costituzione, quello che regola il diritto alla privacy. Adesso è di nuovo di tutto cambiato, ma si è trattato indubbiamente di un momento fondamentale della storia del Novecento degli Stati Uniti.