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Meta pensa di connettere Whatsapp alle chat altrui

Author: Wired

Con il Digital Markets Act la Commissione europea ha selezionato a inizio settembre le grandi piattaforme che reputa gatekeeper, ovvero potenti a tal punto da essere in grado di influenzare il mercato interno, modellare i rapporti tra utenti e aziende online e ritagliarsi una posizione difficilmente contendibile.

Pochi giorni dopo, l’11 settembre, è arrivata la prima di quella che si preannuncia una lunga serie di azioni che i colossi indicati, ovvero Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Bytedance e Microsoft metteranno in campo per assoggettarsi al Digital markets act (Dma). Come riporta TechCrunch, rilanciando WABetaInfo, Meta ha infatti lanciato una nuova versione beta di Whatsapp per Android che presenta una nuova schermata dedicata alle “chat di terze parti”.

Alla stregua di Messenger, anche l’app del colosso di Menlo Park è finita sotto la lente d’ingrandimento dell’esecutivo europeo per quanto riguarda la messaggistica. Nel dettaglio, sin dal 2022 l’Unione europea ha sottolineato quanto l’interoperabilità tra le piattaforme di tale tipo fosse fondamentale per tutelare gli operatori più deboli, spingendo di fatto Whatsapp e Messenger a mettere in condizione i propri clienti di scambiare messaggi con gli utenti, per esempio, di Signal, Telegram o Snapchat.

Nonostante abbia a disposizione sei mesi di tempo per uniformarsi al Dma, con scadenza quindi prevista a marzo 2024, sembra che Meta abbia scelto di muoversi subito per apportare le dovute modifiche a Whatsapp, almeno per quanto riguarda i messaggi di testo. Resta infatti da stabilire come la società di Mark Zuckerberg agirà per rendere interoperabile la propria app per quanto concerne l’invio di documenti e messaggi audio e le videochiamate, e come si muoverà invece per adeguare ai nuovi precetti Messenger.

A salvarsi è invece stato, per ora, Apple iMessage: il colosso di Cupertino ha infatti dichiarato che il proprio servizio di messaggistica non raggiunge ancora la soglia di 45 milioni di utenti.

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9-11 Remebrance

My tributes and memories of that terrible day.

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Q&A | EP.22 | Crypto Markets & More

Torrino DAO

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Setup e Angoli di Gann: FTSE MIB INDEX 31 AGOSTO 2023 – Cicli e Gann

Author: Finanza.com Blog

FTSE MIB INDEX
Setup e Angoli di Gann

Setup Annuale:
ultimi: 2022 (range 20183 /28212 ) [ uscita rialzista ]
prossimo 2023

Setup Mensile:
ultimo Giugno
(range ind. 26287/ 28312 , Fut 26225 / 28535 ) [ uscita rialzista ]
prossimi Agosto,Settembre,Ottobre, Dicembre

Setup Settimanale:
ultimi 21-25 Agosto ( range 27842 /28544 , Fut 27840 / 28620) [ uscita rialzista]
prossimi 28-1 Settembre,11-15 Settembre

Setup Giornalieri
30 Agosto ( range 28849 / 29102 , Fut 28900 / 29165 + event est. ) [ in attesa ]
prossimi 5 Settembre

FTSE MIB Ang. Annuali 2023 : 20190, 22000, 23540, 27520, 27780,31740
ALLSHAREAng. Annuali 2023 : 22020,23470, 24610, 28690,31750,32750

FTSEMIB Ang. Trim.Luglio-Settembre 21200, 23540, 27010,27260,28300,33280

FTSEMIB Ang. Mens. Agosto: 25530, 26100, 27120, 29290, 29630, 31430
ALLSHARE Ang. Mens.Agosto: 26990, 30370, 31300, 32590

FTSEMIB Ang. Settimanali 26990, 27170, 30320

FTSEMIB Ang. Giornalieri 28532, 28718, 29080,29208

ind giorn

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Economia Tecnologia

Il mercato dei crediti di carbonio è in crisi

Author: Wired

La crescente sfiducia delle aziende verso i progetti di preservazione delle foreste volti a limitare l’aumento della temperatura globale e prevenire le conseguenze più estreme del cambiamento climatico ha fatto crollare il mercato dei crediti di carbonio. Nato durante la Cop 19 di Varsavia (la conferenza sul clima delle Nazioni Unite) dieci anni fa, lo schema Redd+ (acronimo di Reducing emissions from deforestation and forest degradation in developing countries, riduzione delle emissioni dalla deforestazione e degradazione delle foreste nei paesi in via di sviluppo), in virtù del quale le aziende possono acquistare titoli volontari di compensazione delle emissioni inquinanti investendo in programmi anti-deforestazione per contrastare i gas serra che generano, vede per la prima volta in sette anni una contrazione. Secondo i numeri diffusi da Ecosystem Marketplace, organizzazione senza scopo di lucro con sede a Washington che monitora la trasparenza dei programmi di sostenibilità delle società americane, nei primi sei mesi del 2023 il mercato ha subito una battuta d’arresto pari al 8%. Secondo i dati di Bloomberg Nef, un centro studi, si tratta invece del 6%.

Certamente sulla decisione degli imprenditori di cercare altri modi di mostrare il lato “green” del proprio marchio ha inciso lo scandalo che a inizio anno ha investito Verra, l’ente non profit incaricato di certificare la qualità dei programmi di produzione dei crediti di carbonio. Un’indagine durata nove mesi, pubblicata il 18 gennaio dalle testate The GuardianDie Zeit e SourceMaterial, ha rilevato che il 94% dalla compensazione di emissioni legate alla foresta pluviale fornite da Verra – che rappresentavano circa il 40% dei crediti globali approvati dall’organizzazione – erano senza alcun valore. I diversi progetti di protezione delle foreste, in sostanza, non avevano prodotto i risparmi sulle emissioni promessi.

Il declino dei “crediti spazzatura”

L’inchiesta ha anche scoperto che la superficie boschiva sotto minaccia di deforestazione secondo i calcoli di Verra è stata sovrastimata in media del 400%. Dati avallati anche da uno studio pubblicato successivamente su Science. Inoltre, in alcuni casi i programmi hanno portato violazione dei diritti umani o semplicemente “spostato” la deforestazione in altri luoghi meno controllati. In uno dei siti del progetto Verra in Perù, i residenti si sono lamentati di essere stati sfrattati con la forza dalle loro case, che sono state poi demolite. Questa inaffidabilità del meccanismo sta generando un enorme quantità di “crediti spazzatura”, pari alle emissioni annue del Giappone, che nessuno intende più acquistare. Il declino è anche una brutta notizia per le nazioni più povere che contano molto sul flusso di capitali che le multinazionali forniti per finanziare progetti di mitigazione del clima.

Il Kenya, per esempio, sta cercando di diventare un hub per il commercio di compensazioni di carbonio che si basa principalmente su progetti come la piantumazione di alberi. “Un certo numero di studi negativi sui crediti di carbonio hanno causato abbastanza preoccupazione da indurre alcune aziende a sospendere gli acquisti e ad attendere maggiori indicazioni su quale tipo di crediti dovrebbero acquistare”, ha affermato su Reuters Stephen Donofrio, amministratore delegato di Ecosystem Marketplace. “Le aziende – ha però aggiunto – si stanno muovendo nella giusta direzione, nel senso che cresce la preferenza per crediti di qualità superiore e più costosi”. Come quelli legati alla decarbonizzazione della propria filiera interna.

Una via alternativa

Due colossi come Nestlé e Gucci sono state tra le prime aziende a diminuire l’acquisizione di questo tipo di titoli. La maison fiorentina ha cancellato dal suo sito la dichiarazione di carbon neutral, e, come riporta Reuters, secondo un suo portavoce la società “sta rivedendo la sua strategia climatica e i suoi impegni con l’obiettivo di ottenere l’impatto complessivo migliore”. Mentre la multinazionale alimentare fa sapere in una nota: “Ci stiamo allontanando dall’investimento in compensazioni di carbonio per i nostri marchi, per investire in programmi e pratiche che aiutano a ridurre le emissioni di gas serra nella nostra catena di fornitura”. Anche la compagnia aerea low cost EasyJet, che aveva acquistato compensazioni per la protezione delle foreste certificate da Verra, ha fatto sapere di aver tagliato gli investimenti in crediti di carbonio per concentrarsi sulla riduzione delle emissioni derivanti dai voli.

Sulla vicenda si stanno muovendo anche le istituzioni, preoccupate che questi programmi inaffidabili possano vanificare gli investimenti green delle aziende e rallentare la lotta al cambiamento climatico. Le Nazioni Unite e la Voluntary carbon markets integrity initiative (Vcmi), un’alleanza per certificare i crediti di carbonio, hanno suggerito alle società di non fare eccessivo affidamento su questo tipo di crediti, mentre il Parlamento europeo prevede di vietare l’uso di certificazioni di sostenibilità basate esclusivamente su indicazioni ambientali generiche a partire dal prossimo anno.