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Il mondo che ci aspetta nel 2024, secondo Bill Gates

Author: Wired

Bill Gates ha pubblicato le sue previsioni per il 2024. Il cofondatore di Microsoft prevede che l’anno prossimo l’intelligenza artificiale sarà la tecnologia dominante e che la popolazione mondiale passerà da una fase di conoscenza a una fase di adozione dell’AI. Questa tendenza accelererà i processi di innovazione e la creazione di soluzioni ai problemi sociali a una velocità senza precedenti.

Rivoluzione AI

Quest’anno ci ha fatto intravedere come l’AI plasmerà il futuro”, scrive Gates sul suo blog. “Ora abbiamo una migliore comprensione delle tipologie di lavoro che l’AI sarà in grado di svolgere da sola e di quelle per le quali fungerà da assistente – aggiunge –. Ed è ancora più evidente che può essere utilizzata per migliorare l’accesso all’istruzione, la salute mentale e altro ancora”.

Gates definisce il periodo che stiamo vivendo come l’inizio di una fase di transizione – “un periodo entusiasmante e confuso” – e ipotizza che nei paesi ad alto reddito come gli Stati Uniti gli strumenti di AI saranno usati diffusamente dalla popolazione nel giro di due anni, e nei prossimi tre anni nelle regioni meno avanzate. “C’è ancora un ritardo, che però è molto più breve rispetto ai tempi che abbiamo visto con altre innovazioni“, ha sottolineato.

Bill Gates

Per Bill Gates presto avremo tutti un assistente personale AI

Il fondatore di Microsoft sostiene che nel giro di cinque anni gli agenti AI su misura diventeranno la norma, con importanti ripercussioni in tutti i settori

Per il magnate, l’intelligenza artificiale ha anche la capacità di ridurre le disuguaglianze nel mondo. “Se facciamo investimenti intelligenti oggi, l’AI può rendere il mondo un posto più equo. Può ridurre o addirittura eliminare il ritardo che intercorre tra il momento in cui un’innovazione arriva nei paesi ricchi e quello in cui raggiunge i paesi poveri“, spiega.

A sostegno della sua tesi, Gates fa l’esempio dei nuovi farmaci, il cui sviluppo richiede l’analisi di enormi database. Gli strumenti di intelligenza artificiale hanno accelerato notevolmente questo processo e aprono le porte alla ricerca di possibili cure per le malattie che colpiscono le zone meno abbienti del pianeta.

Una nuova epoca per il dibattito climatico

Bill Gates afferma che il dibattito sulla crisi del clima è entrato in una “nuova era”, in cui le discussioni vertono soprattutto sui finanziamenti per le innovazioni verdi. In questo quadro, l’adozione dell’energia nucleare come fonte di energia pulita avrà un ruolo di primo piano. Pur riconoscendo che i progressi nel campo sono stati frenati da disastri storici come quello di Chernobyl, secondo il filantropo adesso lo scenario sta cambiando.

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Economia Tecnologia

Prima del nucleare del futuro, il governo deve risolvere la grana delle scorie

Author: Wired

Le reali intenzioni del governo Meloni sul nucleare si misureranno dalla capacità di chiudere l’annosa partita sul deposito nazionale delle scorie. Più della Piattaforma nazionale sul nucleare sostenibile, l’iniziativa del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), Gilberto Pichetto Fratin, per stabilire un piano per tornare all’energia atomica, conta la gestione dei rifiuti della precedente stagione nucleare. Un capitolo mai chiuso. Nemmeno ora che ci sarebbero tutti gli elementi per completare il puzzle. Ossia la lista delle 67 località idonee a ospitare il sito dove saranno stoccati 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità e parcheggiati temporaneamente 17mila ad alta intensità provenienti dalle quattro ex centrali e da altri impianti della filiera dell’atomo.

Perché nessuno di questi 67 candidati vuole ospitare il deposito delle scorie. E siccome l’iter legislativo prevederebbe, a fronte del no comune, di indicare d’imperio da Roma un nome, per non scontentare nessuno, men che meno a pochi mese dalle elezioni amministrative e dalle europee del 2024, la maggioranza di destra apre alle auto-candidature. Sulla tattica c’è sintonia.

Lo scenario:

  1. Il progetto della Lega
  2. L’iter futuro

Il progetto della Lega

In commissione Ambiente alla Camera è stata incardinata una proposta di legge della Lega per aprire ai volontari. Relatore è il deputato del Carroccio, Alessandro Benvenuto. Il progetto, depositato a ottobre dello scorso anno da Riccardo Molinari (capogruppo alla Camera della Lega), punta a riscrivere l’articolo 7 del decreto legislativo 31 del 2010, che definiva le regole per individuare il sito del deposito delle scorie nucleari. La bozza prevede una finestra di 60 giorni per presentare le auto-candidature a Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning nucleare.

I Comuni che vogliono farsi avanti devono dimostrare che il territorio risponda ai criteri ambientali e di sicurezza richiesti dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), l’autorità per la vigilanza dell’atomo in Italia. A quel punto Sogin redige un supplemento della Carta nazionale delle aree idonee (la lista dei siti candidabili) e la invia al Mase, che, dopo l’ok dell’Isin, in 30 giorni dà l’ok alla pubblicazione dell’elenco. Dopodiché Sogin ha un mese per avvertire i Comuni, che a loro volta avranno 60 giorni per alzare la mano, auto-candidarsi e avviare le trattative per la costruzione. Un emendamento simile intende proporre Pichetto Fratin all’interno di un decreto energia. Il governo conta sulla presenza di Comuni intenzionati ad accogliere l’impianto. Ce ne sarebbero almeno quattro Comuni, di cui uno è venuto allo scoperto: è Trino Vercellese, in Piemonte, dove sorge una delle quattro ex centrali nucleari italiane.

L’iter futuro

Ad ogni modo la procedura dell’auto-candidatura allunga di quattro mesi l’iter per situare l’infrastruttura, almeno sulla carta. E occorre capire come si relazionerà con la piattaforma sul nucleare del Mase. L’iniziativa di Pichetto Fratin si articola in sette gruppi di lavoro, che si occuperanno di fusione, fissione ma anche decommissioning. Un lavoro che Sogin ha già fatto. La tabella di marcia dell’iniziativa prevede che entro tre mesi dalla prima riunione, avvenuta il 21 settembre, si concludano le attività di ricognizione. All’inizio del 2024 si raccoglieranno proposte ed entro la metà dell’anno prossimo si passerà a scrivere linee guida su azioni, risorse, investimenti e tempi. Insomma, se la piattaforma vorrà dire la sua sullo smaltimento delle scorie e sul piano di Sogin, che ha accumulato notevoli ritardi, bisognerà attendere il 2024. Come ha detto nei giorni scorsi in un convegno Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, riferisce l’agenzia Gea, “se davvero si vuole dare un segnale per investire dobbiamo dire dove le smaltiamo. Se non siamo in grado di farlo non sarà mai possibile costruire una centrale”. Insomma, il governo italiano che più di tutti sta spingendo sul ritorno all’atomo non può tirarsi indietro sulla collocazione delle scorie, se vuole dare un messaggio coerente con i proclami sulle centrali del futuro.

Il deposito comporta un cantiere da 900 milioni di euro, quattromila operai e quattro anni di durata, per realizzare novanta costruzioni in calcestruzzo armato, dette le celle, che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti. Un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni. Nell’ultima previsione, l’apertura del deposito è stata prevista per il 2030 ma, a causa degli ultimi 12 mesi di impasse e in attesa che arrivino le auto-candidature, la data va aggiornata. L’impianto porterà in dote anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari e, soprattutto, un ristoro economico da contrattare con Sogin.

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Tecnologia

La storia e la fisica della bomba atomica

Author: Wired

Come avviene l’esplosione

Tutti abbiamo in mente l’immagine del fungo atomico. Ma come si origina? Appena la bomba esplode, entro il primo secondo, avviene un improvviso rilascio di energia sotto forma di neutroni liberi e raggi gamma. L’esplosione appare come una sfera infuocata che si espande anche fino a decine di chilometri di distanza dal punto di innesco. Proprio questa sfera infuocata, risalendo in atmosfera, crea la tipica forma a fungo. Avviene il flash termico, il calore emesso da questa sfera infuocata può innescare incendi e causare ustioni anche a chilometri di distanza dal centro dell’esplosione (dipendentemente dalla potenza).

Espandendosi così rapidamente, l’esplosione crea un’onda d’urto, un’improvvisa variazione della pressione atmosferica che si propaga fino a dissiparsi ma che, lungo la strada, crea gran parte della distruzione legata alle bombe atomiche. La peculiarità delle bombe atomiche è però forse il fallout radioattivo, una pioggia di prodotti della fissione che si spargono sull’area circostante l’esplosione e che la possono contaminare con elementi radioattivi anche per interi decenni.

UNITED STATES DECEMBER 01 The mushroom cloud produced by the first explosion by the Americans of a hydrogen bomb at...

UNITED STATES – DECEMBER 01: The mushroom cloud produced by the first explosion by the Americans of a hydrogen bomb at Eniwetok Atoll in the South Pacific. Known as Operation Ivy, this test represented a major step forwards in terms of the destructive power achievable with atomic weapons. The hydrogen, or fusion, bomb used a fission device similar to those dropped on Hiroshima and Nagasaki at the end of World War II, detonated inside a container containing deuterium. The high temperatures involved set off a fusion reaction in the deterium, releasing vast amounts of energy. The yield of the weapon was 10.4 megatonnes, more than the total of all the high explosive detonated in the entire duration of the Second World War. (Photo by SSPL/Getty Images)Science & Society Picture Library/Getty Images

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Economia Tecnologia

Il prezzo dell’uranio è alle stelle e non è una buona notizia

Author: Wired

L’uranio costa caro e molti piani rischiano di saltare. Il voto favorevole del Parlamento europeo dello scorso anno sulle norme dell’Ue che definiscono “sostenibili” e “verdi” gli investimenti sul nucleare, inserendo la fusione all’interno di una lista di attività economiche eco-compatibili previste dal Green Deal europeo come strumento per guidare i governi nelle loro scelte di sviluppo, è soltanto l’ultimo incentivo che la filiera dell’atomo ha ricevuto nella storia recente. Vista come parte della soluzione per arrivare all’obiettivo net zero, dato che non produce emissioni di anidride carbonica, l’energia atomica giocherà un ruolo fondamentale nella transizione ecologica già in corso, e affinché questo accada ci sarà sempre più bisogno di uranio, minerale usato come combustibile nei reattori nucleari (e anche nelle armi). Il mercato dell’uranio è caratterizzato quindi da una domanda crescente ma da un’offerta limitata, aggravata dai timori per l’approvvigionamento da parte dei principali produttori: la Russia, con l’instabilità dovuta alla guerra in Ucraina, e il Niger, dopo il recente colpo di stato. Per questo motivo i prezzi del minerale sono aumentati fino a livelli sfiorati soltanto altre tre volte in passato: al momento la compravendita dell’uranio è in una fase rialzista dopo anni di rallentamento della domanda, che aveva tenuto per un decennio il prezzo tra i 20 e i 25 dollari per libbra. Oggi la quotazione è superiore ai 50 dollari.

L’incognita del Niger sul mercato dell’uranio

L’industria dell’uranio è di difficile accesso per gli investitori: i bassi prezzi storici hanno ridotto nel tempo l’esplorazione di nuovi siti di estrazione e l’offerta, così la produzione mineraria – concentrata in Kazakistan, Canada e Namibia, con l’Australia che detiene le maggiori risorse – è scesa al 25% al di sotto della domanda. Molti dei maggiori produttori, come la kazaka Kazatomprom (23% di forniture), la francese Orano (11%) e la russa Uranium One (9%), sono inoltre di proprietà statale. L’eccezione principale è rappresentata dalla canadese Cameco. Di conseguenza, la geopolitica rappresenta inevitabilmente un’incognita sull’andamento del prezzo e sulle forniture di uranio, come accade spesso per le materie prime, le cui preoccupazioni su cali dell’offerta vengono subito scontate in un repentino aumento dei prezzi. È così che una crisi come quella del Niger, che lo scorso 26 luglio è stato teatro di un colpo di stato guidato dal generale Abdourahamane Tchiani, impensierisce direttamente i governi europei. I dati Euratom evidenziano infatti che nel 2022 il Paese africano è stato il secondo fornitore di uranio dell’Ue, provvedendo da solo a circa un quarto delle forniture del blocco comunitario. Secondo la World Nuclear Association, il Niger è il settimo paese al mondo per disponibilità di uranio, con 311.100 tonnellate. Ciò equivale tuttavia solamente al 5% delle forniture globali. I primi sei paesi sono Australia (28%), Kazakistan (13%), Canada (10%), Russia (8%), Namibia (8%) e Sud Africa, con i primi tre che insieme rappresentano il 51% della disponibilità totale di minerale nel mondo.

Un trend inesorabile

Oltre il 91% dell’uranio naturale che arriva nel Vecchio Continente proviene da Kazakhstan, Niger, Canada e Russia: l’Europa ha però smentito qualsiasi percezione di rischio immediato per la produzione del minerale, facendo sapere di avere scorte sufficienti per mantenere in funzione i suoi reattori per tre anni e potendo comunque diversificare la fornitura da Stati come Canada, Australia e Namibia. Tuttavia, l’uranio rappresenta un fonte importante nella produzione energetica europea, Italia esclusa, con i primi sei paesi al mondo per quote di nucleare nella produzione di energia nel 2022 che fanno appunto parte del Continente: il trend delle principali economie, che continuano ad annunciare progetti per aumentare la propria capacità di produzione di energia nucleare per rafforzare la sicurezza energetica e ridurre le emissioni si carbonio, suggerisce che – almeno nei prossimi dieci anni – ci sarà un inesorabile aumento della domanda di uranio: resta da capire come reagirà il mercato, e se i produttori intensificheranno l’offerta per venire incontro alle nuove esigenze energetiche globali.

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Economia Tecnologia

10 paesi che tornano a investire nel nucleare

Author: Wired

L’energia nucleare sta guadagnando terreno: mentre si intensifica la spinta verso un mondo più green, sempre più paesi ritengono che il percorso verso le emissioni zero sarà più veloce e più facile con l’ausilio del nucleare. Numerosi governi in tutto il mondo stanno adottando politiche a sostegno del nucleare e i piani per la costruzione di grandi centrali stanno prendendo piede in moltissime regioni. Decine di progetti sono in fase di sviluppo, sostenuti da finanziamenti pubblici e privati.

Il centro di gravità dell’energia nucleare si sta però spostando dal Nord America e dall’Europa alla Cina e ad altre zone del mondo. Svariati sono i paesi che stanno costruendo per la prima volta centrali nucleari, tra cui Emirati arabi uniti, Turchia, Bangladesh ed Egitto, e che contribuiranno alla nuova tendenza. E anche altri governi stanno lavorando per entrare a far parte del club.

I progetti:

  1. Emirati arabi uniti
  2. Arabia saudita
  3. Cina
  4. Bangladesh
  5. Turchia
  6. Egitto
  7. India
  8. Spagna
  9. Stati Uniti
  10. Polonia

In primo piano, l'ad Francesco Sciortino. Dietro di lui, con la giacca, il direttore operativo Lucio MilaneseNasce una nuova startup per la fusione nucleare

È Proxima Fusion, spin out del Max Planck tedesco: con due italiani tra i cofondatori e un altro nel team di startup punta a realizzare una centrale a fusione prima nel suo genere entro il 2030

Emirati arabi uniti

Gli Emirati arabi uniti hanno avviato un programma di energia nucleare in stretta consultazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e con un enorme sostegno pubblico. Hanno accettato un’offerta di 20 miliardi di dollari da parte di un consorzio sudcoreano per costruire quattro reattori nucleari commerciali. L’unità 1 della prima centrale nucleare del Paese è stata collegata alla rete nell’agosto 2020, seguita dall’unità 2 nel settembre 2021 e dall’unità 3 nell’ottobre 2022.

Arabia saudita

Nel gennaio 2023 il ministro dell’Energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, ha annunciato che, data la recente scoperta di riserve di uranio, il regno intende portare avanti i suoi piani di sviluppo di un’infrastruttura nucleare, con una dimensione sia nazionale che internazionale. Un passo storico, per un paese storicamente legato al petrolio: Riyadh ora starebbe lavorando a una possibile alleanza con gli Stati Uniti per lo sviluppo dell’industria nucleare, un po’ come fatto nel secolo scorso con Saudi Aramco, la compagnia petrolifera saudita.

Cina

L’impulso all’energia nucleare in Cina è sempre più dovuto all’inquinamento atmosferico prodotto dalle centrali a carbone. Pechino è diventata ampiamente autosufficiente nella progettazione e nella costruzione dei reattori, ma sta sfruttando anche la tecnologia occidentale, adattandola e migliorandola. Rispetto al resto del mondo, un punto di forza è la catena di approvvigionamento nucleare. Gli investimenti sono consistenti e la politica cinese è quella di “globalizzare” l’esportazione della tecnologia nucleare, compresi i componenti pesanti della catena di approvvigionamento.

Bangladesh

Il Bangladesh ha avviato la costruzione del suo primo reattore nucleare, Rooppur 1, nel novembre 2017. La messa in funzione dell’unità è prevista per il 2024. La costruzione della seconda unità di Rooppur è iniziata nel luglio 2018. Il Paese ha una domanda di energia elettrica in rapida crescita e punta a ridurre la sua dipendenza dal gas naturale.

Turchia

La Turchia ha pianificato la produzione di energia nucleare fin dal 1970. Oggi i piani per il nucleare sono un aspetto fondamentale per la crescita economica del paese. I recenti sviluppi hanno visto la Russia assumere un ruolo di primo piano nell’offrire il finanziamento e la costruzione di strutture. La realizzazione del primo reattore nucleare del Paese, il primo di quattro ad Akkuyu, è iniziata nell’aprile 2018. Un consorzio franco-giapponese avrebbe dovuto costruire il secondo impianto nucleare a Sinop, ma ora Ankara tratta con la russa Rosatom. La Cina è in lizza per costruire il terzo impianto, con tecnologia di derivazione statunitense. È previsto un piccolo progetto di estrazione dell’uranio.

Egitto

L’Egitto ha preso in considerazione l’idea di dotarsi di energia nucleare fin dagli anni Sessanta. Adesso sta lavorando alla costruzione di una centrale nucleare composta da quattro grandi reattori russi con una notevole capacità di desalinizzazione.

India

L’India ha un programma di energia nucleare in gran parte interno. Il governo indiano è impegnato a far crescere la propria capacità nucleare come parte del suo massiccio programma di sviluppo delle infrastrutture. L’esecutivo ha fissato obiettivi ambiziosi per il futuro. Poiché l’India non rientra nel Trattato di non proliferazione nucleare a causa del suo programma di armamento, per trentaquattro anni è stata ampiamente esclusa dal commercio di impianti e materiali, il che ha ostacolato lo sviluppo dell’energia nucleare civile fino al 2009.

Spagna

L’energia nucleare rappresenta attualmente un asset considerevole per la Spagna. Il Paese ha una capacità installata superiore ai 7 GW, generata da sette reattori. Le centrali nucleari sono attualmente essenziali per il fabbisogno energetico del Paese e i ministri hanno quindi eliminato i limiti alla loro durata di vita operativa. Nel 2020 e 2021, sei dei sette reattori del Paese hanno rinnovato le loro licenze.

Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono il maggiore produttore mondiale di energia nucleare, rappresentando oltre il 30% della produzione mondiale. Dopo un periodo di trent’anni in cui l’industria sembrava in calo, si prevede che presto entreranno in funzione nuove unità.

Polonia

La Polonia prevede di usare l’energia nucleare a partire dal 2033, come parte di un portafoglio energetico diversificato, allontanandosi dalla forte dipendenza dal carbone. Varsavia in precedenza aveva preso in considerazione una partecipazione nella centrale nucleare di Visaginas in Lituania, ma ora ha altri progetti. Il piano energetico del paese prevede che la costruzione dell’impianto inizi nei prossimi anni, con la messa in funzione della prima unità nel 2032 o 2033. Le unità successive entreranno in funzione dopo tale data, per arrivare a tutte e sei le unità entro il 2040.