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Usare l’intelligenza artificiale per documentare i lavori del Parlamento

Author: Wired

L’Italia si candida a essere uno dei primi paesi al mondo ad applicare strumenti di intelligenza artificiale generativa nelle attività di documentazione dei lavori parlamentari. Finora solo il Congresso statunitense ha espresso una simile intenzione. È questo, in sintesi, quanto emerso dalla conferenza stampa del Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione tenutasi martedì 13 febbraio a Montecitorio.

L’incontro chiude il primo anno di attività del comitato, gruppo di lavoro bipartisan incaricato dall’ufficio di presidenza. In quanto responsabile della gestione e del controllo delle attività di documentazione della Camera, il gruppo è impegnato nello studio della possibilità di applicare l’AI alle attività di raccolta e analisi degli atti ufficiali parlamentari.

Il progetto

Il progetto è stato presentato in conferenza stampa da Anna Ascani, presidente del Comitato e deputata in quota Partito democratico, la quale insieme a Rosaria Tassinari di Forza Italia e Ilaria Cavo di Noi Moderati è intervenuta per rendere conto delle attività svolte fino a ora. Nel corso di questi dodici mesi, il gruppo ha organizzato numerose audizioni, durante le quali sono stati ascoltati i responsabili di importanti aziende che si occupano dello sviluppo dell’AI. Incontri attraverso i quali si è discusso delle opportunità e dei rischi legati all’applicazione della tecnologia in questione, nonché della ricerca di un approccio etico al suo utilizzo, specialmente nell’ambito della documentazione parlamentare. L’ultima audizione, svoltasi a gennaio, è stata con Michael Sellitto, responsabile affari globali della società di intelligenza artificiale Anthropic.

Eventi, questi, che hanno dato il “la” alla missione svolta negli Stati Uniti dalle tre relatrici, che in questi mesi si sono recate a Seattle nelle sedi di Amazon e Microsoft, all’università di Stamford e nei quartier generali di Google, Meta e OpenAI per osservare da vicino il loro lavoro nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Quest’ultima, in particolare, ha accolto la delegazione italiana fornendo un’anticipazione del futuro funzionamento di alcuni programmi aziendali, che hanno dimostrato di essere in grado di riconoscere l’utilizzo di metafore da parte dei parlamentari durante una discussione ufficiale.

L’umanità al centro

Ascani, Tassinari e Cavo sottolineano che l’applicazione dell’AI al lavoro di documentazione delle attività svolte alla Camera dei deputati non intende in alcun modo sostituire specifiche figure lavorative o rimpiazzare il contributo umano, che resta centrale. Semmai, spiegano, si tratta di una semplificazione delle mansioni che i professionisti del settore svolgono abitualmente, aumentandone quindi produttività ed efficacia.

Oggi, stando alle parole delle relatrici, si chiude un intenso anno di lavoro, che proseguirà a partire da domani con la presentazione del primo report stilato dal Comitato. Nella stessa occasione, verranno resi noti i prossimi passi da compiere che, come anticipato a Wired da Tassinari, si concentreranno sulla capacità di sviluppo dell’AI da parte di università e aziende.

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Economia Tecnologia

Perché il 2024 sarà l’anno dell’intelligenza artificiale per gli enti pubblici italiani

Author: Wired

Entro fine anno va messo nero su bianco un piano d’azione per arruolare l’intelligenza artificiale nei processi della pubblica amministrazione. È questo uno degli obiettivi che si è data l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), l’ufficio per la digitalizzazione degli enti pubblici nazionali, per il trienno 2024-26. Nel suo programma triennale per l’informatica, Agid ha indicato dicembre 2024 come la scadenza entro cui dovrà scrivere le linee guida per promuovere l’adozione dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione, quelle per bandire gare e appalti dedicati e quelle per sviluppare le prime applicazioni. A quel punto il manuale di istruzioni servirà per passare dalle teoria alla pratica.

I numeri dell’AI

Nel 2025 Agid punta a raggiungere quota 150 progetti di intelligenza artificiale negli enti pubblici, da portare a 400 nei 12 mesi successivi. In parallelo, sul fronte acquisti, nel 2025 l’obiettivo è di 100 procedure per acquistare servizi di AI, che nel 2026 devono aumentare fino a 300. Mentre nel campo delle applicazioni, i traguardi da raggiungere nel 2025 e nel 2026 sono rispettivamente di 50 e 100 progetti di sviluppo avviati. Gli esempi da copiare sono quelli di Inps, che ha adottato un sistema di analisi e smistamento automatici degli oltre 16mila messaggi di posta elettronica certificata che riceve in media ogni giorno, prima catalogati manualmente, risparmiando così 40mila ore di lavoro ogni anno. L’ente previdenziale sta anche migliorando le capacità di comprensione delle richieste degli utenti da parte del suo chatbot, dopo una fase di test nell’agosto 2023. Mentre Istat sta esplorando l’uso di AI per modellare i contesti semantici, partendo da richieste effettuate con un linguaggio naturale. Chissà se sono queste le frontiere tecnologiche a cui dovrebbe lavorare 3-I spa, la società pubblica partecipata dai due istituti più Inail per fornire software, fondata nel 2022 e mai partita, o se Agid troverà altri canali per alimentare lo sviluppo.

Tra le righe il programma messo a punto da Agid rafforza il suo ruolo come supervisore dell’intelligenza artificiale in Italia. Un compito che caldeggia da tempo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega al digitale, Alessio Butti, sulla scia delle future previsioni dell’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.

Il provvedimento, ormai in attesa dell’ultimo via libera da parte del Parlamento europeo, impone di eleggere un ente nazionale perché vigili sul settore. Tuttavia non impone di avere una sola autorità, anzi suggerisce di dividere i compiti in base alle specificità (chi controlla i mercati finanziari dovrebbe occuparsi delle applicazioni di intelligenza artificiale per quel campo). Raccomanda, da ogni modo, che ci sia un referente. Che da tempo Palazzo Chigi ha identificato nell’Agid. Le ragioni sono presto dette: Agid già definisce le strategie nazionali in ambito digitale; dopo l’istituzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, è stata alleggerita di tutti i compiti in ambito di cybersecurity; è un ente “generalista” ma controllato dal governo e non indipendente e, non da ultimo, ospita la segreteria tecnica del comitato nominato da Butti per elaborare la strategia nazionale sull’AI, attesa nelle prossime settimane.

Tutti gli altri progetti

E con l’aggiornamento del piano triennale, Agid si intesta la marcia a tappe forzate per inserire sistemi di intelligenza artificiale nel lavoro del pubblico. La strada è in salita. Nei prossimi tre anni non di sola AI si vivrà negli uffici dell’ente, nel quartiere dell’Eur a Roma. Solo per dare sostanza ai piani sugli algoritmi, Agid in parallelo deve completare entro un anno una ricognizione sulle basi dati “strategiche” in mano al pubblico, digitalizzarle entro il 2025 e dal 2026 promuoverle per allenare i sistemi di AI.

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Economia Tecnologia

Tutto ciò che c’è da sapere sul domicilio digitale

Author: Wired

Il 6 luglio è stato ufficialmente introdotto il domicilio digitale: indicando volontariamente sul portale dedicato all’indice nazionale dei domicili digitali (Inad) dalla presidenza del Consiglio dei ministri il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (pec) sarà dunque possibile gestire, ricevere e inviare una serie di documenti nel rapporto con le pubbliche amministrazioni.

In particolare, si potranno ricevere via mail comunicazioni ufficiali con valore legale come per esempio multe, accertamenti, cartelle esattoriali, rimborsi e detrazioni fiscali. Ma come funziona il domicilio fiscale? Ecco tutto ciò che c’è da sapere.

  1. Che cos’è l’Inad?
  2. Cos’è un domicilio digitale?
  3. Chi può eleggere il proprio domicilio fiscale sull’indice?
  4. Quali costi ha questa iscrizione?
  5. Quali documenti può inviare la pubblica amministrazione a un domicilio digitale?
  6. Si può attivare una pec su Inad?
  7. Chi può consultare l’Inad?
  8. Si può condividere il proprio domicilio digitale con qualcuno?
  9. Come si accede a Inad?
  10. Quando si può utilizzare il servizio?

Una emailSe ancora non hai la pec, è meglio farla

Perché da luglio sarà attivo il domicilio digitale per gestire le comunicazioni con la pubblica amministrazione. E tutto passerà dalla posta elettronica certificata

Che cos’è l’Inad?

Inad è l’acronimo di indice nazionale dei domicili digitali, che è dedicato alle persone fisiche, ai professionisti e agli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese.

Cos’è un domicilio digitale?

È l’indirizzo di posta elettronica certificata (pec) o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento Eidas, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale.

Chi può eleggere il proprio domicilio fiscale sull’indice?

Possono farlo le persone fisiche che abbiano raggiunto il diciottesimo anno di età e che siano capaci di agire, i professionisti che svolgono una professione non organizzata in ordini, albi o collegi e gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’Ini-pec.

Quali costi ha questa iscrizione?

Nessuno. Non solo l’accesso ai servizi del portale sono gratuiti, elezione, modifica e cessazione del domicilio compresi, ma grazie all’utilizzo del domicilio digitale è possibile risparmiare i costi di diversi altri servizi. Su tutti, i costi di invio con le poste e quelli di invio di una comunicazione avente valore legale, per la quale saranno ridotti anche i tempi.

Quali documenti può inviare la pubblica amministrazione a un domicilio digitale?

Tutte le comunicazioni con valore legale ai sensi di quanto previsto dal codice dell’amministrazione digitale, come per esempio comunicazioni relative a rimborsi fiscali e detrazioni d’imposte, accertamenti e verbali di sanzioni amministrative.

Si può attivare una pec su Inad?

No, non è possibile farlo. Gli indirizzi di posta elettronica certificata vanno attivati attraverso un gestore autorizzato. Una volta ottenuto, è possibile eleggerlo come domicilio digitale.

Chi può consultare l’Inad?

L’indice è consultabile da chiunque, senza necessità di autenticazione.

Si può condividere il proprio domicilio digitale con qualcuno?

No, il domicilio digitale è personale e non condivisibile.

Come si accede a Inad?

Sono tre le modalità messe a disposizione per accedere all’indice: lo spid, la carta d’identità elettronica (cie) e la carta dei servizi (cns). Per gli enti la registrazione deve essere effettuata dal legale rappresentante o da un suo delegato.

Quando si può utilizzare il servizio?

Quasi sempre. L’Inad è infatti disponibile ogni giorno dall’1 alle 24. Da mezzanotte all’una le sue funzionalità sono sospese al fine di consentire l’aggiornamento del sistema.

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Economia Tecnologia

Se ancora non hai la pec, è meglio farla

Author: Wired

Dal prossimo 6 luglio essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata, la pec, sarà praticamente obbligatorio. Come riporta Il Messaggero, proprio attraverso la pec sarà infatti possibile gestire, ricevere e inviare una serie di documenti nel rapporto con le pubbliche amministrazioni.

In particolare, le novità principali riguarderanno comunicazioni come raccomandate per multe, accertamenti, cartelle esattoriali, rimborsi e detrazioni fiscali. Su questi documenti, per i cittadini sarà possibile ricevere comunicazioni ufficiali con valore legale direttamente sul proprio indirizzo. Non prima, però, di averlo registrato sul portale dedicato all’indice nazionale dei domicili digitali (Inad).

Il domicilio digitale

La procedura è semplice: si può accedere al sito per attivare il proprio domicilio utilizzando lo spid, la cie o la carta nazionale dei servizi. In seguito, il sistema richiederà di scegliere e inserire il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, che diventerà appunto ufficialmente il proprio domicilio digitale.

Possono eleggere il proprio domicilio digitale mediante registrazione nell’Inad – si legge sul portale – le persone fisiche che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e che abbiano la capacità di agire, i professionisti che svolgono una professione non organizzata in ordini, albi o collegi” e “gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’Ini-pec”.

Cambio di rotta

Pur non essendo obbligatoria per legge, almeno per ora, tale sottoscrizione assume sin da oggi una valenza importante. Chi non è in possesso di un indirizzo pec continuerà infatti a ricevere le comunicazioni dalla pubblica amministrazione con gli strumenti classici: la raccomandata con ricevuta di ritorno o l’atto giudiziario, a seconda dei casi. Questi metodi continueranno ad avere dei costi di gestione chiaramente superiori a quelli legati all’invio di una pec. Questione che rappresenta un problema soprattutto per i professionisti.

Anche questi ultimi potranno avere benefici dall’istituzione dell’Inad. Gli avvocati, per esempio, potranno utilizzare il domicilio fiscale di clienti e controparti per inviare documenti, con la possibilità di accedere preventivamente all’indice nazionale dei domicili digitali per verificare di volta in volta se il destinatario è dotato di una pec attiva.

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Economia Tecnologia

Al via il primo test sull’identità digitale europea in Italia

Author: Wired

Si apre il cantiere del sistema di identità digitale europeo in Italia. E parte da giugno dalla provincia autonoma di Trento. Su Github, piattaforma che ospita servizi per lo sviluppo software, è comparso dal 25 maggio un progetto che ha colpito l’attenzione di chi bazzica nel settore. E che riguarda le specifiche tecniche della futura app per lo sviluppo di un sistema comune di identità digitale. A tirare le fila dell’operazione il Dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio dei ministri, come confermato da fonti coinvolte nel progetto a Wired. Insieme a PagoPa, la società pubblica dei pagamenti controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze (Mef), Istituto poligrafico e zecca dello Stato, che contribuisce alla realizzazione della carta di identità elettronica, e Fondazione Bruno Kessler, uno dei più importanti centri di ricerca italiani in ambito tecnologico, molto presente nei progetti che riguardano l’identità digitale.

Il test rientra nei piano di Potential, uno dei consorzi incaricati dalla Commissione di sperimentare il wallet. Ne fanno parte 148 componenti da 20 paesi dell’Unione, tra cui Austria, Grecia e Spagna. Francia e Germania sono al timone. In cassa ha 60 milioni di euro che dal 2023 investirà in applicazioni dell’identità digitale in ambito bancario e sanitario, dalle telecomunicazioni ai trasporti. Tra i casi d’uso, il ricordo al wallet comunitario per aprire un conto corrente, chiedere un mutuo, registrare una sim card o gestire la patente. Potential conta di consegnare il suo bouquet di servizi entro aprile 2025.

Il progetto:

  1. L’identità europea
  2. Il test in Trentino
  3. Il progetto su Github

Identità digitaleI nuovi contratti di Spid arrivano a giugno

I 40 milioni di euro del governo placano la diatriba con i gestori del sistema pubblico di identità digitale. La nuova convenzione è ancora da scrivere: avrà durata biennale

L’identità europea

Facciamo un passo indietro. Da tempo la Commissione europea coltiva l’ambizione di realizzare una app (il wallet) dove i cittadini possono caricare i propri documenti personali, come carta di identità, patente, ma anche tessera sanitaria o titoli di studi, e condividerli, quando richiesti, solo per lo stretto necessario. Esempio: se devo acquistare un superalcolico e dimostrare di essere maggiorenne, mi basterà mostrare alla casa del supermercato la sola data di nascita.

È un progetto a cui Bruxelles tiene molto, anche dopo l’esperienza della app per il green pass. Il wallet è la ricaduta più pratica della riforma del regolamento Eidas, che riguarda l’identità elettronica comunitaria, e la Commissione vuole lanciarlo nel 2025. Motivo per cui ha già distribuito 37 milioni per lo sviluppo e la realizzazione di alcuni test e conta per giugno di aver in mano un prototipo. In parallelo si muovono gli Stati. Il wallet non sostituirà i sistemi di identità nazionali. Tipo, se si pensa all’Italia, Carta di identità elettronica (Cie) o Sistema pubblico di identità digitale (Spid). Né il wallet impone di scegliere un sistema di identità univoco, proprio perché per natura sarà un contenitore di vari documenti.

Il test in Trentino

A giugno, con il lancio ufficiale di Potential, prenderà il via l’implementazione di una delle soluzioni di wallet che coinvolgono l’Italia con l’inizio dei test sui primi casi d’uso nel corso del 2024. La sperimentazione, che partirà dalla Provincia autonoma di Trento, riguarderà in particolare: l’identificazione e l’autenticazione per la fruizione dei servizi pubblici digitali, la patente di guida digitale e la ricetta medica elettronica. Grazie al coinvolgimento di PagoPa, a fare da wallet sarà Io, l’app dei servizi pubblici, individuata sia come modello per la definizione dello standard di wallet internazionale sia per la realizzazione del portafoglio digitale nazionale. Nelle scorse settimane è stato annunciato che entro il 2023 su Io si potranno caricare patente, tessera sanitaria e certificato elettorale. Prove generali del wallet europeo.

Il progetto su Github

La Commissione ha già fornito una serie di indicazioni tecniche. E il prototipo che svilupperà servirà da base per le applicazioni che ciascun Stato potrà personalizzare, proprio come è avvenuto con il green pass. Bruxelles ha definito la tecnologia di base di certificati, sistema di interscambio e strumenti di controllo e i Paesi l’hanno adeguato alle proprie necessità. Su Github il progetto è stato demarcato con un nome non chiaro: Italian Eidas wallet technical specifications, ossia specifiche tecniche del wallet italiano Eidas. In realtà, le specifiche tecniche le ha decise l’Europa. Quel che l’Italia dovrà fare sarà tradurle in un’applicazione pratica. Anche il riferimento a Eidas non è proprio, perché al wallet ci si riferisce con l’acronimo Eudi.