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Tv, la battaglia tra canali generalisti e streaming ora passa dal telecomando

Author: Wired

I nuovi smart tv commercializzati in Italia dovranno obbligatoriamente prevedere la presenza sulla propria home page di un’icona immediatamente visibile, in posizione principale rispetto alle altre, che dia accesso ai servizi di interesse generale (Sig), tra i quali rientrano Rai, Mediaset, La7, Sky e Discovery, radio nazionali ed emittenti tv locali. I produttori dovranno inoltre vendere, insieme a ciascun apparecchio, almeno un telecomando dotato dei tasti numerici dallo 0 al 9, per consentire agli utenti di sintonizzarsi sui canali del digitale terrestre.

La situazione:

  1. La consultazione pubblica
  2. Le icone
  3. Le motivazioni

La consultazione pubblica

Sono queste le principali linee guida sulle quali l’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) ha approvato, il 25 gennaio, l’avvio di una consultazione pubblica. Lo scopo dell’autorità è quello di garantire il maggior risalto possibile sui televisori degli italiani a quelli che in una nota vengono definiti i “servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale”, forniti dagli editori della tv tradizionale.

Le icone

Secondo le disposizioni dell’Agcom, l’icona dovrà costituire l’accesso unico a tutti i Sig e portare a un sotto menu contenente altre icone: quella della Rai, quelle delle altre emittenti nazionali generaliste raggruppate per editori, una dedicata alle radio nazionali, una per le televisioni locali, oltre ad altre che potranno raggruppare i canali tematici.

Queste icone dovranno raggruppare tutti i servizi di interesse generale forniti gratuitamente dai singoli editori. Tra questi ultimi, quelli non previsti dal testo dell’autorità che desiderino essere qualificati come Sig dovranno presentare un’apposita richiesta entro trenta giorni dall’approvazione definitiva del provvedimento.

La previsione della presenza di un’icona sulle home page di tutte le smart tv commercializzate in Italia è utile, secondo l’Agcom, “per assicurare alla più ampia utenza possibile il pluralismo, la libertà di espressione, la diversità culturale e l’effettività dell’informazione“.

Le motivazioni

Il provvedimento, attraverso il quale “l’autorità intende garantire che determinati servizi e contenuti siano immediatamente accessibili agli utenti, pur continuando ad assicurare a questi ultimi la più ampia possibilità di scelta” rappresenta un toccasana per gli editori tradizionali, impedendo il rischio che i nuovi smart tv possano in qualche modo mettere in secondo piano i canali del digitale terrestre rispetto alle piattaforme dello streaming online.

A “preservare la disponibilità e l’accessibilità dei contenuti fruibili tramite la piattaforma digitale terrestre” servono anche gli altri paletti imposti ai produttori dal testo messo in consultazione, ovvero la fornitura ai clienti di almeno un telecomando che presenti i tasti numerici dallo 0 al 9 e la previsione di un sistema di numerazione automatica. Obblighi che incideranno sulle politiche delle aziende sia per quanto riguarda la produzione hardware, sia per quanto riguarda quella software.

Anche per questo, “nella consultazione è espressamente richiesto al mercato di proporre ipotesi migliorative o alternative a questa”. La consultazione pubblica prenderà avvio dalla data di pubblicazione della delibera e avrà una durata di 30 giorni.

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Intercettazioni e trojan, quanto ci costano

Author: Wired

Passando alle intrusioni nei dispositivi, le intercettazioni telematiche passive dei dati che passano su un dispositivo (cosiddetto sniffing) costano 10 euro al giorno. La sola caccia alle email 3 euro al dì. Mentre se si programma un’intercettazione attiva, con l’obiettivo di raccogliere, tra le altre cose, audio e video, lista delle chiamate, lo stato della batteria e la localizzazione wifi e gps, si viaggia sui 150 euro. Per uno smartphone Android il listino prevede intrusioni nelle chat di Whatsapp (wattsapp nel testo del ministero!), Viber, Signal e Facebook Messenger. È assente Telegram. Mentre per iOs il listino prevede solo l’intrusione nelle chat Whatsapp (sempre con il refuso di cui sopra). 

È prevista anche una voce ad hoc sui servizi di spionaggio di pc Microsoft (mentre non si menziona Apple). Nello specifico, l’intrusione prevede la raccolta di file, cartelle, audio e video, la cronologia di navigazione, credenziali di accesso ai programmi di posta elettronica e la registrazione di chiamate via Skype. Con 250 euro al giorno si può pagare un’infezione “on site o da remoto, con “supporto tecnico altamente qualificato” o un’installazione ambientale. Ma solo se vanno a segno. La localizzazione gps, con incluso “tablet inseguitore”, costa 30 euro. 

Poi c’è l’ampia gamma dei video: la microspia piazzata su una persona o su un oggetto costa fino a un massimo di 120 euro, mentre la sorveglianza fissa interna o esterna viene 70 (con l’obbligo di raccogliere i dati sui server della Procura). Un video di breve distanza costa 100 euro, 140 se da lunga distanza. Costa 40 euro a colloquio lo spionaggio dentro un carcere. Montare una telecamera o una periferica tra le 8 del mattino e le 20 costa 250 euro, 350 euro se di notte. Il tariffario prevede anche i prezzi delle batterie per microspie (20 euro) e video (30), e per la riproduzione di chiavi: 1.000 per le serrature classiche, 1.500 per quelle con “doppia mappa a pompa” e 2.000 per quelle di alta sicurezza. I canoni sono scontati del 10% dal 41esimo giorno di noleggio. Dopo due mesi si passa al 20%, 30% dopo quattro mesi e 50% a sei. Dopo un anno lo sconto è dell’80%. Hardware e software non devono essere in commercio da più di tre anni.

article imageCome il ministero della Giustizia gestirà le nuove intercettazioni

Questione di privacy

Nell’ultimo quinquennio, stando alla relazione tecnica del Senato, in Italia sono stati intercettati circa 130mila bersagli ogni anno. L’85% con intercettazioni telefoniche, che in media richiedono due mesi di lavoro per i fornitori, il 12% con microspie ambientali e il 3% con sistemi telematici (per i quali servono circa 73 giorni di lavoro). Tuttavia, come riferisce Domani, per l’ingegnere e consulente informatico delle Procure Roberto Reale (che ha seguito il caso dell’ex componente del Consiglio della magistratura Luca Palamara), audito dalla Commissione giustizia del Senato proprio sulla riforma delle intercettazioni voluta dall’attuale Guardasigilli Carlo Nordio, “oggi in Italia è impossibile sapere quanti trojan sono attivi e per quanto tempo lo siano stati”.

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Dazn, rimborsi automatici per chi ha avuto problemi durante Inter-Napoli e Udinese-Empoli

Author: Wired

Rimborsi di Dazn in arrivo per gli utenti che hanno subito disservizi durante due delle dieci partite disputate il 4 gennaio, Inter-Napoli e Udinese-Empoli. Lo conferma il presidente dell’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom), Giacomo Lasorella: “Dazn ha assunto la responsabilità dei disservizi e ristorerà gli utenti secondo quanto previsto dalla delibera Agcom, ha detto lasciando l’incontro al ministero delle Imprese e made in Italy convocato dal ministro Adolfo Urso, che ha confermato la linea: “Alla riunione con Dazn è stata confermata la disponibilità dell’azienda a investire per migliorare il servizio, a collocare una struttura tecnico operativa in Italia e a rimborsare direttamente tutti gli utenti che hanno avuto un disservizio“. Gli indennizzi, è emerso dall’incontro, avverranno in automatico, senza aspettare la richiesta degli utenti coinvolti.

Tre obiettivi, ha commentato il ministro, “sono stati raggiunti: innanzitutto l’indennizzo automatico per tutti coloro che hanno subito un disservizio; secondo lo spostamento della centrale di monitoraggio e di controllo del rischio direttamente in Italia e infine un’assicurazione che siano accelerati gli investimenti sulla tecnologia per evitare il riproporsi di questi disservizi”. Dazn impianterà un network operation center in Italia per far fronte ai problemi tecnici. “L’incontro è stato molto soddisfacente dal punto di vista degli impegni, dal punto di vista dell’analisi tecnica che ci ha consentito di comprendere la ragione di questi disservizi, la quantificazione dei disservizi, dal punto di vista della volontà di andare incontro riconoscendo il danno procurato agli abbonati, l’impegno a portare in Italia la struttura tecnica”, il commento di Andrea Abodi, ministro dello Sport. Lorenzo Casini, presidente della Lega Calcio, ha detto che “la Lega è parte lesa, siamo grati al governo per l’intervento e il sostegno”.

Dazn ha motivato i disservizi come un problema tecnico causato da un partner esterno globale, incaricato di gestire la distribuzione del traffico sui server (Cdn). La società di streaming si era subito detta pronta a “rimborsare proattivamente in conformità alla regolamentazione vigente” e aveva detto che il team tecnico aveva prontamente individuato il problema e posto in essere le azioni correttive indispensabili che hanno permesso il graduale ripristino del servizio.

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Banda ultralarga, l’elenco dei ritardi in Italia

Author: Wired

Il piano nazionale di investimenti per la banda ultralarga prosegue a rilento dal 2016 e, nella sua audizione presso la Commissione Trasporti della Camera, il sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha confermato che non ci sarà alcuna accelerazione. Al contrario, le sue dichiarazioni lasciano intendere che difficilmente gli interventi in corso potranno essere completati entro il 2026, scadenza fissata dalla strategia per la banda larga battezzata nel 2021 dal governo Draghi.

Il sottosegretario all'Innovazione, Alessio Butti, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni Su banda larga e 5G, il governo Meloni spara a zero sull’ex ministro Colao

Il sottosegretario all’Innovazione Butti contesta lo stato di avanzamento dei cantieri e degli obiettivi del Pnrr. Nel mirino il progetto di Open Fiber, mentre il settore delle telecomunicazioni denuncia rischi legati al boom dei costi dell’energia

Rete unica

Presentando i pilastri del suo mandato governativo, Butti ha voluto sottolineare che il governo Meloni non chiamerà più il progetto di rete unica “unica”, ma “rete nazionale”, per sottolineare l’intenzione del governo Meloni di riportare il controllo della rete sotto Tim, escludendo quindi l’operatore Open Fiber, controllato da Cassa depositi e prestiti. E su questo tema ha lanciato un altro chiarimento, cioè che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sarà realizzato “indipendentemente dal tema della rete nazionale e delle discussioni sul futuro degli operatori di telecomunicazioni in campo”.

Una scelta particolare, dato che i due interventi sono abbastanza interconnessi e che l’obiettivo della creazione di una rete unica era proprio quello di accelerare la diffusione della banda ultralarga in tutta Italia. E lo stesso Butti, parlando di connettività, ha messo insieme la rete nazionale, con la diffusione del 5G e gli interventi “atti a realizzare connessioni in fibra per i cittadini, scuole ospedali e isole minori. Punti contenuti all’interno della strategia per la banda larga voluta dal governo Draghi e foraggiata con 6,7 miliardi del Pnrr.

Piano 1 Giga

Probabilmente, la dichiarazione nasce dalla consapevolezza che il lavoro per affidare la rete unica a Tim sarà molto lungo, considerando anche che tutti gli step fatti finora per integrare le infrastrutture di Tim e Open Fiber sono praticamente da buttare. Ma i problemi non finiscono qui. Una delle più grandi criticità riguarda il piano Italia 1 Giga. Butti ha accusato Tim e Open Fiber hanno lavorato decisamente a rilento, riuscendo a connettere un numero “nettamente inferiore a quanto dichiarato nel loro piano trimestrale”, portandone a termine, rispettivamente, solo 64 su 124 e 74 su 116.

Slittano anche le scadenze per quanto riguarda il Piano scuole connesse. In questo caso, i target previsti per dicembre 2022, sono andati persi a causa dei ricorsi che hanno coinvolto il sistema di aggiudicazione del bando di riferimento, che hanno ritardato di due mesi le sottoscrizioni degli accordi. Così, da dicembre 2022, il governo ha rinviato il raggiungimento dei target a febbraio 2023, mantenendo però invariati quelli degli anni successivi.

Sulla Piano sanità connessa e Piano isole minori, i target a breve termine sembrano invece confermati. Ma allo stesso tempo, Butti ha sottolineato di non essere ancora in grado “di dire se gli interventi in corso saranno effettivamente completati entro giugno 2026, come previsto nel 2021 con l’approvazione dell’agenda digitale, e che questa incertezza vale anche rispetto ai piani di collegamento delle isole minori “che si dovrebbe concludere a fine 2023, in linea con le scadenze del Pnrr”.

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Digitale terrestre, a dicembre via allo switch-off: cosa c’è da sapere

Author: Wired

In linea di massima un televisore ad alta risoluzione (Full Hd o superiore) dovrebbe essere compatibile con la transizione di dicembre e un’ulteriore riprova è senza dubbio l’attuale possibilità di fruire dei canali Rai e Mediaset nelle prime numerazioni del telecomando. Diversa la situazione per chi oggi si ritrova costretto a guardare i canali Rai solo ed esclusivamente dal canale 501 in poi, oppure quelli Mediaset dal 104 in poi. In questi casi è evidente l’esigenza di acquistare almeno un nuovo decoder Dvb-T2, e con una spesa minima di circa una 20/30 euro il problema è risolto. Non c’è bisogno di cambiare televisore, anche se in effetti per godere dell’alta risoluzione bisogna comunque disporre di un televisore che la supporti e senza di questa si continuerà a guardare i programmi in risoluzione standard.

migliori decoder dvb-t2 digitale terrestre8 decoder dvb-t2 per continuare a vedere il digitale terrestre senza cambiare tvGallery8 Immaginidi Diego BarberaGuarda la gallery

C’è un unico problema e riguarda coloro che hanno acquistato una smart tv prima del 2018. Il rischio è che ci si possa ritrovare con un modello abbastanza nuovo – quattro anni per una tv non sono moltissimi – capace di superare indenne lo switch-off di dicembre ma non quello del 2023. Già perché per i venditori e le aziende era obbligatoria la vendita dal 2017 di televisori con decoder Dvb-T2 integrato ma senza obbligo di supporto al formato Hevc (H265) Main 10. In pratica qualcuno potrebbe disporre di un modello inadeguato e quindi in futuro costretto all’acquisto di un decoder esterno. 

In effetti come ricorda l’ingegnere Di Stefano all’epoca “a fronte dell’imposizione dell’obbligo, non erano disponibili servizi adeguati in grado di sfruttare le possibilità dell’Hevc” e “un incremento di prezzo può essere giustificato solamente da funzionalità aggiuntive, nuovi servizi e/o prestazioni che siano percepite come superiori dal consumatore finale“.

Oggi per comprendere se si è pronti al nuovo digitale terrestre è sufficiente procedere con un banale test: sintonizzarsi sui canali 100 (Rai) o 200 (Mediaset) e constatare la presenza della scritta Test Hevc Main10.

Il futuro che ci attende

La transizione al Dvb-T2 Hevc inizierà da gennaio, ma ci vorrà del tempo poiché il parco ricevitori da sostituire o integrare è consistente. 

“A seconda degli interlocutori si sentono numeri variabili (comunque significativi). Posso solo dire che, togliendomi per un attimo il cappello di Presidente del UltraHd Forum Italia, Rai ritiene fondamentale il completamento del passaggio in Dvb-T2: le nostre reti sono progettate in Dvb-T2, la massima qualità e la totalità dei servizi potranno essere garantiti appieno solamente a completamento del passaggio. Più che a una roadmap, dovremmo pensare ad un processo di transizione che faccia capire agli utenti quali possano essere i vantaggi dell’ulteriore cambio di tecnologia”, racconta l’ingegner Tonio Di Stefano, presidente di Hd Forum ItaliaPer quanto riguarda il futuro l’esperto ritiene che le piattaforme di distribuzione web, del digitale terrestre e satellitari complementari, almeno nel medio periodo. “Chiaramente anche le attività di standardizzazione dell’impiego delle frequenze a livello internazionale, con le esigenze pressanti delle compagnie telefoniche per l’allargamento della banda destinata ai servizi 5G ora e prossimamente 6G, avranno un ruolo sulle sfide da affrontare”, sottolinea. In effetti tutti i broadcaster si stanno attrezzando di conseguenza.Confindustria Radio Tv Andamento bonusI risultati dei bonus Tv
I bonus della transizioneCon la legge di bilancio 2022 il governo ha comunque previsto ulteriori misure per agevolare il passaggio. Il bonus tv prevede la consegna direttamente a casa di un decoder compatibile ai cittadini di età pari o superiore ai 70 anni, con un trattamento pensionistico non superiore a 20mila euro annui e che siano titolari di abbonamento al servizio di radiodiffusione. Per farne richiesta è sufficiente telefonare all’800 776 883, selezionando la sezione relativa alla consegna a domicilio dei decoder tv, disponibile dal lunedì al venerdì tra le 10 e le 18, festivi esclusi. Oppure collegandosi direttamente con la pagina dedicata del ministero dello Sviluppo economico (Mise).

Da ricordare però che non possono beneficiare della consegna gratuita del decoder “i cittadini che, pur essendo in possesso dei requisiti richiesti, abbiano già usufruito del bonus tv-decoder”. L’agevolazione è invece cumulabile con chi ha goduto del bonus tv o il bonus tv rottamazione, scaduti il 12 novembre scorso.

I bonus hanno funzionato. Per quanto riguarda le stime bisogna dire che sono comunque antecedenti alla campagna di comunicazione dei broadcaster e deve essere ancora valutato l’effetto di questa campagna. Sono un tecnico e non un esperto di numeri e di mercato, ma l’impatto negativo dovrebbe essere veramente minimo e facilmente risolubile nei casi più delicati con il bonus decoder a casa“, conclude l’ingegnere Di Stefano.