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Spacetop G1 è il portatile con occhiali ar al posto del display

Author: Wired

Spacetop G1 è un portatile differente da tutti quelli usciti finora in commercio perché non monta un display tradizionale, ma sposta lo schermo su occhiali in realtà aumentata da indossare. Suggestiva la scelta di design con il dispositivo che piazza gli smart glasses in un alloggiamento proprio in corrispondenza dello spazio lasciato libero dal display classico: si apre il notebook, si estrapolano e indossano gli occhiali e da quel momento ci si immerge all’interno di uno spazio virtuale del tutto personalizzabile.

Svariati acquirenti di Apple Vision Pro utilizzano quotidianamente il visore in realtà mista a scopo lavorativo più che di svago: possono infatti creare infiniti spazi di lavoro con display virtuali giganteschi dove visualizzare e manipolare qualsiasi contenuto. Il concetto alla base di Spacetop G1 è il medesimo, che punta su un hardware più da device portatile che da computer: il chip è Qualcomm Snapdragon 8 Gen 2 (come Meta Quest 3) con sistema di raffreddamento dedicato, 16 GB di ram, modem 5g con sim card inclusa per navigare ovunque, scheda wifi 7 e una batteria da 8 ore di autonomia e ricaricabile velocemente a 63 watt. Completano il quadro una webcam da 5 megapixel e una doppia uscita usb, per collegare monitor esterni classici. Gli occhiali sono forniti dalla nota società Xreal nello specifico si tratta del modello Air 2 Ultra, che può ridurre il costo offrendo una buona qualità generale, anche se il punto debole è una profondità di campo non esagerata, quindi se si creano spazi lavorativi complessi si dovrà necessariamente spostare molto il capo per osservare tutto al meglio.

Il video di presentazione ufficiale di Spacetop G1

Spacetop G1 sarà acquistabile dal prossimo ottobre a un prezzo di 1900 dollari (circa 1750 euro al cambio attuale), ma per il momento il lancio è limitato al solo mercato statunitense. Potrebbe poi espandersi anche all’Europa in un secondo momento.

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Metaverso, l’Interpol ha aperto un ufficio

Author: Wired

Secondo gli addetti ai lavori – Meta in primis – il metaverso non è solo un luogo virtuale per gli appassionati di videogiochi o per chi cerca esperienze di svago. Entro il 2026, spiega una ricerca della società di consulenza Gartner, il 25% degli utenti online trascorrerà almeno un’ora al giorno nel metaverso. Poiché non sarà di proprietà di un singolo operatore ma ci saranno diverse piattaforme, è sorto un problema di controllo e vigilanza degli spazi virtuali. Malintenzionati e criminali stanno già approfittando delle libertà concesse agli avatar nel metaverso, tanto che l’organizzazione internazionale Interpol ha deciso di intervenire. In vista di un aumento di presenze, i crimini nel metaverso rischiano di aumentare  

Come fermare i crimini nel metaverso

La Bbc conferma che l’Interpol aprirà uno spazio nel metaverso per investigare sui crimini virtuali. Nonostante ad oggi i vari spazi web 3.0 creati dalle aziende non siano molto popolati, ci sono già state numerose denunce. Non si tratta solo di reati legati al furto di denaro o di dati personali: alcune accuse di molestie verbali e sessuali avvenute fra avatar hanno attirato l’attenzione. Una donna di 21 anni ha detto di essere stata molestata dopo un’ora dall’ingresso nel metaverso, secondo un rapporto di SumOfUs, un’organizzazione no-profit che si occupa di difesa dei diritti umani. La giovane utente è stata condotta in una stanza privata durante una festa su Horizon Worlds, una piattaforma del metaverso creata da Meta. La donna ha affermato che il suo avatar è stato poi avvicinato da molti utenti senza che lei avesse la possibilità di reagire. Quando un utente viene toccato da un altro nel metaverso, i controller delle mani vibrano, “creando un’esperienza fisica molto disorientante e persino inquietante durante un’aggressione virtuale” ha detto la vittima a SumOfUs.

L’organizzazione ha anche osservato che “gli utenti di realtà virtuale hanno da tempo segnalato problemi di molestie sessuali, abusi verbali, insulti razzisti e invasione dello spazio personale in una miriade di app“. Di fronte all’attacco avvenuto nel metaverso, un portavoce di Meta ha fatto notare che l’utente aveva disattivato la funzione Personal Boundary, un’impostazione predefinita che impedisce ai non amici di avvicinarsi a meno di un metro e mezzo dal proprio avatar. Esistono inoltre diversi strumenti di sicurezza destinati ad aiutare le persone a stare al sicuro negli ambienti virtuali, tra cui il pulsante Safe Zone che consente agli utenti di bloccare le persone che danno fastidio e di segnalare contenuti inappropriati. Un’altra persona sentita da SumOfUs ha riferito che dopo l’accesso è stata avvicinata da un altro giocatore, che ha poi “simulato palpeggiamenti ed eiaculazioni con il suo avatar“. La vastità dei luoghi virtuali rende difficile controllare i comportamenti degli utenti e potrebbe mettere in pericolo minori o persone inesperte che provano il metaverso.

Palpeggiamenti virtuali 

Se su internet “tradizionale” ci si può offendere o scandalizzare per contenuti testuali o immagini inappropriate postate da altri, nello spazio virtuale si osservano da vicino e si percepiscono i comportamenti fisici degli altri. Uno user dietro un avatar può apparire gentile, ma se lasciato avvicinare dopo aver iniziato una conversazione – che può avvenire anche di persona tramite cuffie e visori – potrebbe iniziare a muovere il proprio personaggio virtuale verso un altro in modo inappropriato. Katherine Cross, che svolge ricerche sulle molestie online all’università di Washington, sostiene che quando la realtà virtuale è immersiva, i comportamenti tossici che si verificano in quell’ambiente sono reali. “Le molestie sessuali sono già un problema su internet, ma la presenza in VR aggiunge un ulteriore livello che rende l’evento più intenso”, ha detto Cross.