Categorie
Economia Tecnologia

I 10 grandi eventi del 2024

Author: Wired

Politica, economia e sport. In un periodo di forti destabilizzazioni sul piano delle relazioni internazionali, il 2024 si prospetta come un anno pieno di iniziative di rilevanza globale.
Oltre alle importanti tornate elettorali in tutto il mondo (dall’Unione europea, agli Stati Uniti, passando per Russia, India, Iran e Taiwan) di cui abbiamo già parlato su Wired, il 2024 vedrà la dissoluzione dell‘Artsakh, noto anche come Nagorno Karabakh, ovvero la repubblica armena autoproclamatasi indipendente dall’Azerbaigian negli anni Novanta e che non esisterà più dal prossimo primo gennaio. Il 2024 vedrà anche la più grande esercitazione militare della Nato dalla caduta del Muro di Berlino, l’inaugurazione di Nusantara, la nuova capitale dell’Indonesia, oltre che la presidenza italiana al G7 e il primo “Summit for the future” delle Nazioni Unite, durante il quale la maggiore organizzazione internazionale si interrogherà su come risolvere le crisi e le emergenze globali più pressanti. Ma ci sarà anche spazio per il grande sport, con le Olimpiadi di Parigi e gli europei di calcio in Germania.

Mentre ci affacciamo al nuovo anno, ecco, dunque, i dieci più importanti eventi di rilevanza internazionale del 2024 per Wired.

Categorie
Tecnologia

Le persone chiave di Cop28, la conferenza del clima dell’Onu

Author: Wired

DubaiLa Cop28 di Dubai, la conferenza delle Nazioni unite sul clima, si avvia al termine. Ma in attesa di trovare un accordo sulle fonti fossili, la mitigazione e la finanza climatica che al momento sembra difficile, Wired ha messo in fila i volti di chi, nelle stanze dei negoziati o fuori, sta gestendo la partita. E sono tante le donne che hanno assunto un ruolo di primo piano in questa Conferenza delle parti. Una classe dirigente che ha preso le redini dei negoziati come mai prima, mentre il presidente è stato ancora una volta un uomo, Sultan al Jaber, peraltro nella doppia veste di numero uno della società petrolifera di Stato degli Emirati e di timoniere di Cop28. Tuttavia a Dubai è venuto alla ribalta un gruppo di politiche e negoziatrici che, con grinta, porta avanti le battaglie del clima. E non mancano le italiane. Vediamo.

Categorie
Tecnologia

Le cucine inquinano quanto gli aerei. Per questo c’è chi vuole cambiarle

Author: Wired

Dubai – Anche un’operazione banale come accendere il fornello per cucinare ha conseguenze negative. E si sommano tutti i fornelli, la produzione di emissioni è pari a quella di tutto il comparto globale dell’aviazione. Se il percorso verso le neutralità carbonica è basato sull’elettrificazione, in Africa e Asia 2,3 miliardi di persone usano ancora tecnologie basate su combustibili molto inquinanti per cucinare, con gravi ripercussioni sull’ambiente e la salute. I dati sono del rapporto 2023 Sdg Tracking di Irena, l’Agenzia internazionale per le rinnovabili guidata dall’italiano Francesco La Camera.

Nei mesi scorsi, però, è nata un’alleanza per favorire il passaggio dai metodi tradizionali alle cucine elettriche alimentate a energie rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico per far funzionare piastre, bollitori, pentole a pressione e apparecchiature per cuocere il riso. Si chiama Global e-cooking coalition e i rappresentanti sono arrivati a Cop28, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si tiene a Dubai, per spiegare un problema ancora poco noto al di fuori della cerchia degli specialisti.

I numeri

Secondo l’alleanza le emissioni totali di anidride carbonica dei metodi tradizionali di cottura equivalgono all’intero settore del trasporto aereo, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità stima che le morti premature da inquinamento dell’aria all’interno degli ambienti domestici siano 3,2 milioni ogni dodici mesi. Un conteggio che include oltre 237mila bambini sotto i cinque anni, più soggetti a contrarre polmoniti causate dall’esposizione al fumo.

Il costo per il mondo, dicono le stime di Esmap (una partnership che include la Banca mondiale) sono alti: più di 2,4 migliaia di miliardi di dollari di costi ogni anno in totale, a causa degli impatti negativi sulla salute (1,4), sul clima (0,2) e sulle donne (0,8, legati alla perdita di produttività).

C’è di più. “Cucinare con l’elettricità non solo riduce le emissioni di gas serra migliorando la salute complessiva della popolazione, ma aiuta l’emancipazione di donne e ragazze consentendo loro di risparmiare tempo e denaro”, ha detto Damilola Ogunbiyi, rappresentante speciale del segretariato generale delle Nazioni unite per l’energia sostenibile per tutti durante la presentazione di settembre.

Condizioni favorevoli

L’obiettivo è dare accesso a metodi di cottura puliti a tutto il globo entro il 2030. Diverse le condizioni che favoriscono il passaggio all’e-cooking. L’accesso all’elettricità è aumentato rapidamente negli anni, con la quota di popolazione mondiale che ne dispone passata dall’83% al 91% tra il 2010 e il 2021. Ma ci sono ancora troppe persone con accesso debole, intermittente o di scarsa qualità alle rete elettrica.

Ci sono già paesi, come il Nepal e l’Uganda, che hanno fornito obiettivi specifici. Entro il 2025, il Nepal cercherà di installare fornelli migliorati in mezzo milione di famiglie e biogas domestico in altre duecentomila. Inoltre, entro il 2030, il paese asiatico proverà a rendere la cottura elettrica la modalità principale nel 25% delle famiglie. L’Uganda, dal canto suo, si impegna ad aumentare la quota di nuclei che utilizzano soluzioni pulite ed efficienti fino al 10% entro il 2025 e la quota di energia rinnovabile per alimentare i fornelli elettrici al 65%. Per diffondere la consapevolezza dell’importanza di impiegare metodi di cottura puliti, il progetto prevede una serie di azioni: dalle lezioni nelle scuole in Tanzania all’attività di lobbying su governi e regolatori per ridurre le imposte sulle soluzioni moderne.

Categorie
Tecnologia

Cosa si è deciso finora a Cop28, la conferenza sul clima dell’Onu

Author: Wired

DubaiCop28, la conferenza sul clima delle Nazioni unite, si avvicina al primo giro di boa a una settimana dall’inizio con la prima bozza del testo sul global stocktake, cioè il primo “tagliando” sugli impegni presi dai Paesi che hanno sottoscritto l’accordo di Parigi siglato nel 2015 per ridurre le emissioni e contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi rispetto al periodo pre-industriale.

Definire il global stocktake è il compito di questa Cop. Il documento, di 24 pagine, contiene ancora molti punti controversi. La principale è l’eliminazione delle fonti fossili (il cosiddetto phase out), menzionata fin dalla prima bozza, un unicum nelle negoziazioni di Cop. Tuttavia alcuni paesi, Arabia Saudita in testa, hanno chiarito che non intendono accettare l’opzione. Vedremo dove arriveranno le negoziazioni.

Il nuovo fondo di compensazione

Cop28 è partita con il piede sull’acceleratore. Nella giornata di apertura è arrivato l’accordo sul nuovo fondo su loss and damage, ossia le compensazioni per le perdite e danni causati dalla crisi del clima. Lo strumento era nato a Sharm el Sheik nella passata edizione. Mancavano, però, i dettagli operativi. L’interim della gestione è della Banca Mondiale, con disappunto di un blocco di paesi che ritengono l’istituzione troppo prona agli interessi dell’Occidente. In compenso questa componente sarà ben rappresentata nel consiglio. Sono arrivate anche le prime promesse di finanziamento: gli Emirati Arabi mettono 100 milioni, così come la Germania, cui si è aggiunta l’Italia (stessa cifra). Gli Stati Uniti assicurano solo 17 milioni, il Giappone 10 milioni. Un primo passo, anche se nettamente insufficiente: secondo gli esperti potrebbero servire quattrocento miliardi all’anno.

Un accordo per triplicare le rinnovabili. E uno sull’agricoltura

Triplicare le rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030: questo l’impegno sottoscritto da 118 i paesi nella giornata di sabato 2 dicembre. La regia è stata di Europa, Stati Uniti ed Emirati arabi. Tra i firmatari anche Brasile, Nigeria, Australia, Giappone, Canada. Nel documento si parla anche di bloccare i finanziamenti agli impianti alimentati a carbone.

Sono invece 134 i paesi che hanno firmato un testo per integrare l’agricoltura nei piani climatici nazionali. Quella ad alto impatto ambientale è, infatti, responsabile di un quarto delle emissioni serra globali. L’agricoltura può avere un ruolo anche nel sequestro del carbonio attraverso il cosiddetto carbon farming, che sfrutta la naturale capacità del suolo di immagazzinare anidride carbonica e di utilizzarla per migliorarne alcune caratteristiche come la fertilità.

L’inclusione della salute nel programma

Per la prima volta a Cop28 è stata dedicata una intera giornata alla salute. Un passo che consente di allargare l’orizzonte delle conferenze al di fuori della nicchia degli specialisti del clima. Nella dichiarazione su clima e salute, firmata da 123 Stati, l’impegno è a considerare – oltre ai danni fisici causati da caldo, alluvioni, frane e altri eventi estremi – anche l’impatto psicologico. Non solo: tra gli obiettivi c’è anche la riduzione delle emissioni dell’industria sanitaria e del comparto ospedaliero.

Triplicare il nucleare

Venti paesi hanno firmato una dichiarazione con cui si chiede di triplicare il ricorso all’energia nucleare entro il 2050 e di riconoscere ufficialmente il ruolo dell’atomo nel raggiungere le zero emissioni nette, l’obiettivo principale di tutte le conferenze sul clima. Tra gli elementi chiave, anche l’invito alle istituzioni finanziarie internazionali, a partire dalla Banca Mondiale, a incoraggiare l’inclusione dell’energia atomica nella politiche di prestito. Tra i firmatari, Francia, Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Marocco, Polonia, Romania, Svezia, Ucraina, Emirati arabi. Il problema sono i tempi: le emissioni vanno ridotte entro il 2030 e il piano rischia di non essere compatibile con queste necessità.

Troppi partecipanti

Giovedì 7 dicembre è il giorno di pausa del carrozzone di Cop28. Ottantamila i partecipanti, nuovo record che praticamente raddoppia il precedente di Sharm el Sheik (cinquantamila). Un problema serio per gli organizzatori, specie che per chi dovrà accollarsi il compito in futuro. Peraltro, manca ancora la località di Cop29, che si sarebbe dovuta svolgere in Europa seconda la rotazione delle macro-aree mondiali che regola le assegnazioni, ma vede l’opposizioni della Russia.

È il paradosso dell’inclusività – dice Jacopo Bencini, policy advisor della rete di scienziati Italian Climate Network -. Si è risposto sì alle richieste di incremento badge da parte delle delegazioni, che si sono costruite delle professionalità di cui nei primi anni non disponevano e le portano con sé per dare forza all’azione negoziale; ma si è risposto in maniera affermativa anche alle nuove richieste di rappresentanza da parte di media, osservatori e società civile”. Senza parlare dei lobbisti, un esercito che cresce di anno in anno e comprende molti grandi gruppi coinvolti nelle fonti fossili, in grado di mettere pressione ai governi e ai negoziatori. Quest’anno si è toccato il numero record di 2.456 persone con legami con l’industria del petrolio e delle fonti fossili, secondo la stima della ong Global Witness. Molti di più dei negoziatori dei Paesi più vulnerabili: 1.509.

La conferenza di Schlein

A Cop28 si è palesata anche la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, che in collegamento dall’Italia ha presentato le proposte sul clima. Stop a nuove trivellazioni, ha detto Schlein, e più aiuti economici per le fasce deboli, la ricetta per attirare anche gli scettici verso i temi della transizione energetica. La leader si è detta preoccupata per la risalita del populismo sulle tematiche ambientali. A domanda di Wired sulla riuscita delle buone intenzioni in voti a livello continentale alle prossime europee di maggio, Schlein ha allargato le braccia e affermato di non averne la certezza: “Ma non si può inseguire il quotidiano. Stiamo provando a seminare per il futuro, che è senz’altro questo”.

Le ipotesi sull’esito

Difficile fare previsioni sull’esito. La certezza è che Cop28 vede contrapposti blocchi di paesi. Quelli più poveri, guidati da colossi come la Cina e India e da attori che vogliono smarcarsi dalla leadership statunitense, hanno la massa critica per far pesare la richiesta di una transizione energetica sostenibile sotto il piano socioeconomico. “Le semplificazioni giornalistiche non aiutano – afferma a Wired Chiara Martinelli, direttrice della rete di ong Can Europe -. Sento parlare di fallimento, ma per la prima volta, per esempio, si parla con questa forza di ritiro dai combustibili fossili”. Non resta che aspettare la fine, prevista per il 12 dicembre.

Categorie
Tecnologia

Perché Cop28, la conferenza globale sul clima, parte con il piede sbagliato

Author: Wired

Il 30 novembre negli Emirati arabi uniti, inizierà la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, la Cop28, ma il paese ospite ha pianificato di sfruttare questa occasione per siglare accordi di estrazione dei combustibili fossili tra le proprie compagnie e i paesi partecipanti. Insomma, alla vigilia della sua partenza, la Cop28 si prospetta molto più incentrata sul sostegno alle energie fossili, che sul loro abbandono per il raggiungimento di emissioni zero.

La scelta di affidare la Cop28 agli Emirati e mettere a capo della conferenza Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc, è stata a lungo criticata come potenzialmente decisiva per il suo fallimento. Molti hanno denunciato i possibili conflitti di interessi derivati dal doppio ruolo di Al Jaber e da quello degli Emirati come uno dei maggiori produttori di petrolio mondiali e le ultime rivelazioni hanno ulteriormente minato la fiducia nell’evento.

Il Center for Climate Reporting, che ha collaborato con la Bbc a questa inchiesta, è riuscito a entrare in possesso dei documenti preparati dal team di Al Jaber in vista degli incontri bilaterali tra il presidente della Cop28 e i rappresentanti di 27 governi presenti alla conferenza. Oltre alle questioni legate al tema centrale dell’evento, la crisi climatica, i documenti includono “punti di discussione” e “richieste” da presentare ai vari paesi da parte di Adnoc e Masdar, la società di energie rinnovabili degli Emirati, entrambe dirette da Al Jaber.

Tra questi si trovano offerte di collaborazione con la Cina per estrarre gas naturale in Mozambico, Canada e Australia, la richiesta al Brasile di “garantire l’allineamento e l’approvazione” dell’offerta di Adnoc per acquistare la maggioranza nella più grande società petrolifera e del gas dell’America Latina, la Braskem, il “sostegno” alla Colombia nello sviluppo delle sue risorse fossili e altre 12 proposte per l’estrazione di gas e petrolio con altrettanti paesi, tra cui Germania ed Egitto.

In più, i documenti vanno anche a suggerire una linea politica comune agli altri paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita e il Venezuela, con la raccomandazione di spigare che “non c’è conflitto tra lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali di un paese e il suo impegno nei confronti del cambiamento climatico”. Non proprio la verità, dato che anche i processi estrattivi sono inquinanti e le stesse Nazioni Unite, promotrici della conferenza, hanno rimarcato l’importanza fondamentale dell’abbandono dei combustibili fossili in tutto il mondo per riuscire a contenere l’aumento delle temperature al di sotto di livelli potenzialmente catastrofici.

Oltre a essere completamente in contrasto rispetto agli obiettivi e alla stessa ragion d’essere della Cop28, il piano per concludere accordi commerciali durante la conferenza rappresenta una grave violazione degli standard di condotta che ci si aspetta dal paese ospite e dal presidente dell’evento, stabiliti dall’organismo delle Nazioni Unite responsabile dei negoziati sul clima, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.