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L’Ucraina ha colpito una raffineria in Russia a 1.300 chilometri dal fronte

Author: Wired

L’Ucraina ha colpito, con droni di sua produzione, la terza più importante raffineria di petrolio della Russia nella repubblica federale del Tatarstan, a 1.300 chilometri dalle linee del fronte. Si tratta dell’attacco più in profondità lanciato finora dalle forze ucraine nel territorio della Federazione russa, mirato a danneggiare le infrastrutture produttive che finanziano l’invasione dell’Ucraina.

Come ha raccontato il ministro ucraino per la Trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, al quotidiano tedesco Welt, l’Ucraina ha cominciato a produrre nuovi droni a lungo raggio in grado di viaggiare per oltre mille chilometri, per sopperire alla carenza di munizioni dovuta ai rallentamenti degli aiuti militari in arrivo dagli Stati Uniti. Le nuove armi sono destinate esplicitamente a colpire obiettivi militari in Russia, dove l’Ucraina ha promesso di non impiegare armi occidentali.

Attacco in Tartastan

A meno di un giorno di distanza da queste dichiarazioni, la Russia ha ammesso di aver subito l’attacco nelle città del Tatarstan di Yelabuga e Nizhnekamsk. A Nizhnekamsk si trova la raffineria Taneco di Tatneft, quinta compagnia petrolifera russa, che lavora circa 150mila barili di greggio al giorno e una capacità produttiva annuale di oltre 17 milioni di tonnellate, pari al 6,2% della capacità di raffinazione totale della Russia. L’unità colpita dai droni ucraini garantisce circa la metà della capacità produttiva dell’impianto, ma secondo le autorità russe, si legge su Reuters, non ci sarebbero stati danni critici.

A Yelabuga, invece, si trovano impianti metalmeccanici, petrolchimici e anche uno stabilimento russo che produce i droni a lungo raggio iraniani Shahed. Secondo le fonti ucraine, questo secondo attacco avrebbe causato “danni significativi” alla produzione dei droni kamikaze, di cui la Russia ha impiegato circa 5 mila unità per colpire l’Ucraina negli oltre 2 anni di invasione. Entrambi i paesi hanno aumentato significativamente la propria capacità produttiva di droni, ma la Russia continuerebbe ad avere un vantaggio significativo essendo un paese più grande e con maggiori risorse.

Questo attacco è un esempio del cambio di strategia che l’Ucraina sta adottando dallo scorso autunno, concentrando i suoi sforzi per danneggiare la macchina bellica russa e in particolare le sue maggiori fonti di esportazione, come il petrolio, che garantiscono enormi entrate economiche.

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Davvero le energie rinnovabili sorpasseranno il carbone in un anno?

Author: Wired

La quantità di capacità delle energie rinnovabili aggiunta ai sistemi energetici di tutto il mondo è cresciuta del 50% nel 2023. È l’espansione più rapida mai registrata negli ultimi tre decenni e, nei prossimi 5 anni, è prevista una crescita ancora più veloce. Sulla base dei dati attuali, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), siamo sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di triplicare la capacità globale di generare elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030.

Nel 2023, la capacità di energia rinnovabile aggiunta ai sistemi energetici di tutto il mondo è arrivata ai 510 gigawatt, il 50% in più rispetto al 2022. Il fotovoltaico rappresenta i tre quarti del totale aggiunto a livello globale e la Cina è la locomotiva della transizione. Solo lo scorso anno Pechino ha messo in funzione tanto fotovoltaico quanto il mondo interno nel 2022, mentre l’eolico è aumentato del 66%. Lo rivelano i dati del nuovo rapporto Renewables 2023 dell’Aie, secondo cui le energie rinnovabili riusciranno a superare il carbone e diventare la principale fonte di produzione di elettricità, a livello globale, entro l’inizio del 2025.

Tuttavia, nonostante ci troviamo sulla buona strada per triplicare la capacità delle rinnovabili entro il 2030, come stabilito alla Cop28, la conferenza nelle Nazioni Unite sul clima che si è tenuta a Dubai tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre 2023, l’Agenzia ha sottolineato che tutti i governi devono spingersi oltre e aumentare ulteriormente finanziamenti e diffusione delle rinnovabili nella maggior parte delle economie emergenti e in via di sviluppo, che sono state lasciate indietro nella nuova economia energetica. “Il successo nel raggiungere l’obiettivo fissato alla Cop28 dipenderà da questo” ha detto Fatih Birol, direttore dell’Aie.

Oltre al picco cinese, nel 2023 le rinnovabili hanno raggiunto i massimi storici anche nell’Unione europea, negli Stati Uniti e in Brasile e si prevede che fotovoltaico ed eolico onshore raddoppieranno, rispetto ai livelli attuali, in tutti questi tre paesi e anche in India, entro il 2028. Sempre entro il 2028, nel vecchio continente, la quota di elettricità prodotta da fonti rinnovabili riuscirà a raggiungere il 61% del totale entro il 2023, con una capacità aggiuntiva di energia pari a 523 gigawatt, il doppio del ritmo stabilito nei sei anni precedenti.

Tuttavia, la crescita è guidata prevalentemente dal fotovoltaico, mentre l’eolico fa molta più fatica ad espandersi. Rispetto alle previsioni formulate dall’Aie, la nuova capacità rinnovabile dipenderà al 70% dal fotovoltaico e solo al 26% dall’eolico. Il resto deriverà da un mix di energia idroelettrica, e altre tecnologie, con l’idrogeno che arranca, deludendo le aspettative di una sua diffusione rapida.

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Le cucine inquinano quanto gli aerei. Per questo c’è chi vuole cambiarle

Author: Wired

Dubai – Anche un’operazione banale come accendere il fornello per cucinare ha conseguenze negative. E si sommano tutti i fornelli, la produzione di emissioni è pari a quella di tutto il comparto globale dell’aviazione. Se il percorso verso le neutralità carbonica è basato sull’elettrificazione, in Africa e Asia 2,3 miliardi di persone usano ancora tecnologie basate su combustibili molto inquinanti per cucinare, con gravi ripercussioni sull’ambiente e la salute. I dati sono del rapporto 2023 Sdg Tracking di Irena, l’Agenzia internazionale per le rinnovabili guidata dall’italiano Francesco La Camera.

Nei mesi scorsi, però, è nata un’alleanza per favorire il passaggio dai metodi tradizionali alle cucine elettriche alimentate a energie rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico per far funzionare piastre, bollitori, pentole a pressione e apparecchiature per cuocere il riso. Si chiama Global e-cooking coalition e i rappresentanti sono arrivati a Cop28, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si tiene a Dubai, per spiegare un problema ancora poco noto al di fuori della cerchia degli specialisti.

I numeri

Secondo l’alleanza le emissioni totali di anidride carbonica dei metodi tradizionali di cottura equivalgono all’intero settore del trasporto aereo, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità stima che le morti premature da inquinamento dell’aria all’interno degli ambienti domestici siano 3,2 milioni ogni dodici mesi. Un conteggio che include oltre 237mila bambini sotto i cinque anni, più soggetti a contrarre polmoniti causate dall’esposizione al fumo.

Il costo per il mondo, dicono le stime di Esmap (una partnership che include la Banca mondiale) sono alti: più di 2,4 migliaia di miliardi di dollari di costi ogni anno in totale, a causa degli impatti negativi sulla salute (1,4), sul clima (0,2) e sulle donne (0,8, legati alla perdita di produttività).

C’è di più. “Cucinare con l’elettricità non solo riduce le emissioni di gas serra migliorando la salute complessiva della popolazione, ma aiuta l’emancipazione di donne e ragazze consentendo loro di risparmiare tempo e denaro”, ha detto Damilola Ogunbiyi, rappresentante speciale del segretariato generale delle Nazioni unite per l’energia sostenibile per tutti durante la presentazione di settembre.

Condizioni favorevoli

L’obiettivo è dare accesso a metodi di cottura puliti a tutto il globo entro il 2030. Diverse le condizioni che favoriscono il passaggio all’e-cooking. L’accesso all’elettricità è aumentato rapidamente negli anni, con la quota di popolazione mondiale che ne dispone passata dall’83% al 91% tra il 2010 e il 2021. Ma ci sono ancora troppe persone con accesso debole, intermittente o di scarsa qualità alle rete elettrica.

Ci sono già paesi, come il Nepal e l’Uganda, che hanno fornito obiettivi specifici. Entro il 2025, il Nepal cercherà di installare fornelli migliorati in mezzo milione di famiglie e biogas domestico in altre duecentomila. Inoltre, entro il 2030, il paese asiatico proverà a rendere la cottura elettrica la modalità principale nel 25% delle famiglie. L’Uganda, dal canto suo, si impegna ad aumentare la quota di nuclei che utilizzano soluzioni pulite ed efficienti fino al 10% entro il 2025 e la quota di energia rinnovabile per alimentare i fornelli elettrici al 65%. Per diffondere la consapevolezza dell’importanza di impiegare metodi di cottura puliti, il progetto prevede una serie di azioni: dalle lezioni nelle scuole in Tanzania all’attività di lobbying su governi e regolatori per ridurre le imposte sulle soluzioni moderne.

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Perché Cop28, la conferenza globale sul clima, parte con il piede sbagliato

Author: Wired

Il 30 novembre negli Emirati arabi uniti, inizierà la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, la Cop28, ma il paese ospite ha pianificato di sfruttare questa occasione per siglare accordi di estrazione dei combustibili fossili tra le proprie compagnie e i paesi partecipanti. Insomma, alla vigilia della sua partenza, la Cop28 si prospetta molto più incentrata sul sostegno alle energie fossili, che sul loro abbandono per il raggiungimento di emissioni zero.

La scelta di affidare la Cop28 agli Emirati e mettere a capo della conferenza Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc, è stata a lungo criticata come potenzialmente decisiva per il suo fallimento. Molti hanno denunciato i possibili conflitti di interessi derivati dal doppio ruolo di Al Jaber e da quello degli Emirati come uno dei maggiori produttori di petrolio mondiali e le ultime rivelazioni hanno ulteriormente minato la fiducia nell’evento.

Il Center for Climate Reporting, che ha collaborato con la Bbc a questa inchiesta, è riuscito a entrare in possesso dei documenti preparati dal team di Al Jaber in vista degli incontri bilaterali tra il presidente della Cop28 e i rappresentanti di 27 governi presenti alla conferenza. Oltre alle questioni legate al tema centrale dell’evento, la crisi climatica, i documenti includono “punti di discussione” e “richieste” da presentare ai vari paesi da parte di Adnoc e Masdar, la società di energie rinnovabili degli Emirati, entrambe dirette da Al Jaber.

Tra questi si trovano offerte di collaborazione con la Cina per estrarre gas naturale in Mozambico, Canada e Australia, la richiesta al Brasile di “garantire l’allineamento e l’approvazione” dell’offerta di Adnoc per acquistare la maggioranza nella più grande società petrolifera e del gas dell’America Latina, la Braskem, il “sostegno” alla Colombia nello sviluppo delle sue risorse fossili e altre 12 proposte per l’estrazione di gas e petrolio con altrettanti paesi, tra cui Germania ed Egitto.

In più, i documenti vanno anche a suggerire una linea politica comune agli altri paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita e il Venezuela, con la raccomandazione di spigare che “non c’è conflitto tra lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali di un paese e il suo impegno nei confronti del cambiamento climatico”. Non proprio la verità, dato che anche i processi estrattivi sono inquinanti e le stesse Nazioni Unite, promotrici della conferenza, hanno rimarcato l’importanza fondamentale dell’abbandono dei combustibili fossili in tutto il mondo per riuscire a contenere l’aumento delle temperature al di sotto di livelli potenzialmente catastrofici.

Oltre a essere completamente in contrasto rispetto agli obiettivi e alla stessa ragion d’essere della Cop28, il piano per concludere accordi commerciali durante la conferenza rappresenta una grave violazione degli standard di condotta che ci si aspetta dal paese ospite e dal presidente dell’evento, stabiliti dall’organismo delle Nazioni Unite responsabile dei negoziati sul clima, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

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L’inquietante cantiere della Conferenza sul clima negli Emirati arabi

Author: Wired

La Cop28 negli Emirati Arabi Uniti sta per cominciare all’insegna dello sfruttamento oltre che delle contraddizioni. Dopo aver messo alla guida della ventottesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici il capo della principale compagnia petrolifera del paese, Sultan al-Jaber, gli Emirati sono tornati al centro di un nuovo scandalo per le condizioni di lavoro in cui versano gli operai migranti ingaggiati per costruire gli edifici della conferenza.

In base alle prove e alle testimonianze raccolte nell’ultimo report dell’organizzazione per la ricerca e la difesa dei diritti umani Fair Square, centinaia di migranti provenienti dai vicini paesi africani e dal Sud-Est asiatico sono stati costretti a lavorare all’aperto ai tre siti della Cop28, durante picchi di temperature arrivati anche ai 42 gradi. Una condizione che mette direttamente in pericolo di vita le persone esposte, soprattutto a causa della forte umidità che compromette la sudorazione, principale meccanismo di regolazione della temperatura nel corpo umano, aumentando il rischio di morte.

Negli Emirati e negli altri paesi del Golfo, il caldo estremo è così pericoloso che esiste addirittura una legge, chiamata Divieto di mezzogiorno, che vieta ogni tipo di lavoro all’aperto nelle ore più calde. Ma mentre in Qatar o nel Kuwait il divieto riguarda un totale di circa 500 ore di lavoro vietate, negli Emirati le ore vietate al lavoro per il caldo sono solo 233 e, come riporta Fair Square, per gli operai della Cop28 sono state quasi zero.

Secondo il rapporto, gli operai hanno lavorato anche in queste ore vietate, senza pause, spostando materiali pesanti, per riuscire a completare le opere della Cop28 entro novembre 2023, data di inizio della Conferenza. Le pessime condizioni di lavoro dei migranti economici nei paesi del Golfo sono state documentate più volte, come nel caso estremo dei mondiali di calcio in Qatar, ma in questo caso al sistematico sfruttamento si aggiunge anche l’assurdo, visto il motivo per cui sono stati ingaggiati.

Fra circa 10 giorni, i leader mondiali verranno ospitati a Expo City, a Dubai, per capire come affrontare la crisi climatica, definita minaccia “esistenziale” per gli esseri umani anche dal presidente della Banca mondiale, Ajay Banga, prima che sia troppo tardi. Lo faranno in edifici costruiti da operai sottopagati, costretti a lavorare nelle condizioni di calore estremo dovute proprio a questa crisi, senza alcuna tutela. Commentando il rapporto sul Guardian, il presidente della divisione ambiente di Human rights watch, ha sottolineato come la crisi climatica diventi ancora più pericolosa nel momento in cui “leggi e diritti umani non vengono rispettati”, sottolineando come lottare per la tutela dell’ambiente sia inutile se, al contempo, non si lotta per conquistare e difendere i diritti civili e ridurre le diseguaglianze economiche.