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Accenture investe in una startup italiana dell’intelligenza artificiale

Author: Wired

L’intelligenza artificiale è senza dubbio la tecnologia del momento. Ne è convinta anche Accenture, società leader a livello mondiale nel settore dei servizi professionali, che ha ufficializzato in una nota la volontà di acquisire Ammagamma, azienda di consulenza “che rappresenta – si legge – una eccellenza italiana nell’innovazione legata” all’AI.

L’operazione rientra nel contesto di un piano globale di investimenti dal valore di 3 miliardi di dollari e rappresenta quindi solo un tassello del percorso che, nelle intenzioni della multinazionale irlandese, dovrà accelerare la trasformazione dei suoi clienti proprio attraverso l’applicazione su larga scala della tecnologia. In questo senso, Ammagramma è in grado di portare potenzialmente un apporto importante.

L’azienda, fondata a Modena nel 2013, dispone infatti di novanta professionisti tra ingegneri, matematici, economisti, storici, filosofi e designer. Un gruppo multidisciplinare unico in Italia, che in una regione chiave per lo sviluppo economico del paese come l’Emilia Romagna è già stata capace di supportare lo sviluppo di realtà nei settori automobilistico, farmaceutico, energetico, assicurativo, bancario, utilities e media e dal 2021 a oggi ha duplicato il proprio organico, aumentando il proprio fatturato.

L’intelligenza artificiale – spiega il presidente e amministratore delegato di Accenture Italia Mauro Macchiè la tecnologia chiave per consentire alle aziende di essere distintive nel proprio percorso di potenziamento del digital core. Siamo infatti convinti che le organizzazioni italiane debbano investire in maniera strategica nel cloud, nell’ utilizzo dei dati e nell’intelligenza artificiale per essere ancora più competitive nei mercati di tutto il mondo e contribuire in tal modo ad innalzare il coefficiente tecnologico del paese”.

Per Ammagamma questa acquisizione rappresenta “un momento di crescita”, afferma il presidente e fondatore Fabio Ferrari, “ma anche di riconoscimento per l’approccio umano-centrico che ci ha sempre distinto, per la nostra visione priva di mistificazioni di intelligenza artificiale come ‘semplice’ matematica applicata, capace di portare un impatto positivo alle persone, alle imprese, alla società”.

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Le foto della manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne

Author: Wired

Roma – “La mobilitazione nazionale del 25 novembre non vuole essere una commemorazione delle vittime di femminicidio ma un punto di concentrazione della rivolta alla violenza strutturale che colpisce le nostre vite”, si legge nel comunicato diramato dal movimento Non una di meno in vista delle manifestazioni nazionali contro la violenza sulle donne organizzate a Roma e Messina. Alla manifestazione di Roma chi organizza ha calcolato 500mila presenze in corteo.

Il numero di femminicidi perpetrati dall’inizio dell’anno aumenta di giorno in giorno. A una sola settimana dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, la studentessa universitaria uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, sono morte altre tre donne. Una stima, seppur approssimativa poiché non esistono dati precisi sul fenomeno, è quella fornita dal Viminale: si parla di oltre 100 casi da gennaio 2023.

Questa volta qualcosa è andato diversamente. In vista del 25 novembre e delle manifestazioni nazionali, migliaia di persone sono scese in piazza a Milano, Bologna, Torino. La sensazione è che il femminicidio di Giulia Cecchettin abbia acceso una nuova ondata di proteste nei confronti di una forma di violenza, quella sulle donne e sulle persone transgender. Il governo Meloni ha tagliato il 70% delle risorse per la prevenzione della violenza contro le donne, passando dai 17 milioni di euro stanziati dal governo Draghi ai 5 del 2023.

Il nuovo disegno di legge sul contrasto alla violenza di genere invece, presentato mesi fa dalla ministra per la Famiglia e le pari opportunità Eugenia Roccella, è stato approvato in via definitiva mercoledì 22 novembre al Senato e prevede un rafforzamento dell’applicazione del Codice rosso in ottica repressiva.

La sorella di Giulia Cecchettin, Elena, ha rilasciato numerose e lucide interviste alla stampa negli ultimi giorni. Si è esposta pubblicamente definendo il femminicidio “una violenza di Stato proprio perché la sua radice è strutturale. Da tempo il movimento transfemminista Non una di meno, insieme al presidio sul territorio dei centri antiviolenza, chiede ai governi di affrontare il fenomeno della violenza di genere finanziando attività di prevenzione sul lungo periodo.

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La violenza sommersa contro le donne

Author: Wired

Se è difficile guardare i volti di tutte le donne uccise nel 2023, spesso per mano di chi conoscevano bene, è complicato anche delineare i contorni e le sfumature di un fenomeno complesso come la violenza di genere nel nostro Paese. Tanti fili diversi conducono all’intricata matassa di una labile attenzione alla prevenzione (a partire da mancati investimenti in questo senso), cruciale per scardinare la cultura di una società patriarcale intrisa di stereotipi e pregiudizi. Partiamo però dai dati riportati nel Report del Servizio analisi criminale della Direzione centrale polizia criminale aggiornato al 19 novembre 2023: dall’inizio dell’anno sono stati registrati 295 omicidi, con 106 vittime donne. Non tutti gli omicidi possono essere riconducibili alla definizione di femminicidio (ovvero all’uccisione in quanto donna, per annientarne ad esempio l’indipendenza attraverso una violenza prevaricatrice). Sappiamo però che 87 di loro sono state uccise in ambito familiare/affettivo, e che di queste, 55 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Tra gli ultimi nomi, riconducibili a questo tipo di omicidio, c’è anche quello della 22enne Giulia Cecchettin, per il quale è stato arrestato l’ex fidanzato Filippo Turetta. Nel report si sottolinea poi come siano “in aumento, rispetto allo stesso periodo del 2022, sia il numero degli omicidi commessi dal partner o ex partner, che da 58 diventano 60 (+3%), che quello delle relative vittime donne, le quali da 53 passano a 55 (+4%)”.

Questi i numeri delle donne uccise, ma dietro a queste cifre si nascondono calvari di soprusi e maltrattamenti. Il femminicidio è infatti l’epilogo più tragico del fenomeno della violenza di genere. Gli esperti infatti mettono in guardia sul sommerso: “Quanto più si investe in centri antiviolenza e in interventi, quanto più il fenomeno emerge ma esiste ancora un enorme sommerso – afferma Nadia Somma, del consiglio direttivo di Dire, la rete nazionale dei Centri antiviolenza (Cav) che ne comprende 106 -. Sui femminicidi se ci sono delle flessioni, sono leggere, e dobbiamo sempre tenere presente che i criteri con cui si raccolgono i dati non sono definiti e condivisi una volta per tutte, per questo si ha questo “balletto” di cifre. Rimane la triste cadenza di un femminicidio ogni 3/4 giorni, ed è una speranza infondata che calino drasticamente nel giro di pochi anni perché stiamo affrontando il fenomeno con attenzione mediatica solo da dieci anni a questa parte”. Se infatti il numero di denunce per reati spia di una possibile violenza sulle donne sono aumentate negli anni, delle donne accolte dalla rete Dire. “Soltanto il 27% decide di avviare un percorso giudiziario e tale percentuale rimane sostanzialmente costante negli anni (con variazioni di più o meno un punto percentuale)”, si legge nel loro ultimo rapporto.

I reati spia della violenza contro le donne

Guardando comunque i cosiddetti reati spia per la violenza contro le donne, il Ministero dell’Interno ha pubblicato a settembre un report che ne evidenzia , nel decennio 2013 – 2022, un trend in progressivo e costante aumento. Le denunce di maltrattamenti con vittime donne sono passati dai 9.712 denunciati nel 2013 ai 19.902 del 2022. Lo stesso vale per gli atti persecutori, che sono passati dai 9.689 di dieci anni fa ai quasi 14mila dell’anno scorso. Inoltre, si legge “la violenza sessuale, declinata in tutte le sue forme, negli ultimi dieci anni registra un trend in crescita. L’incremento, significativo, si è attestato al 40%, con 6.291 eventi nel 2022 a fronte dei 4.488 del 2013. La percentuale di donne vittime di violenze sessuali presenta un’incidenza elevata, vicina al 90%, in tutti i periodi in analisi“.

E se l’incremento delle denunce da parte di chi subisce violenza, potrebbe aver portato più a galla il sommerso esistente, bisogna guardare i dati della rete di protezione della donna in Italia, pubblicati nell’agosto di quest’anno dall’Istat, per rendersi conto dell’entità del fenomeno. Si coglie subito l’importanza di una collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nel percorso di uscita dalla spirale di violenza: solo il 26,8% delle donne si reca ai Cav di sua iniziativa, il 17,5% lo fa con l’aiuto di parenti e amici, e ben il 32,7% è guidato dagli operatori sul territorio (forze dell’ordine, servizi sociali e presidi della salute).

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Abbiamo provato l’aliscafo elettrico più veloce del mondo sul lago di Como

Author: Wired

Non fa rumore, non solleva onde ma sfreccia a pelo d’acqua guidato da una serie di sensori elettronici. A orchestrare tutto, un software capace di correggere il bilanciamento delle ali in fibra di carbonio anche cento volte al secondo. La startup svedese Candela ha presentato in Italia sul lago di Como il suo aliscafo elettrico: secondo la startup, è la barca elettrica più veloce del mondo. Siamo saliti a bordo.

Un’esperienza nuova

L’aliscafo è disponibile in due versioni, una – quella su cui abbiamo condotto la prova – destinata all’utilizzo privato, l’altra per uso commerciale, da trenta posti. La giornata non è delle migliori. Il tempo è pessimo in riva al lago manzoniano, piove forte e tira vento. In compenso, è un ottimo stress test cui chi è disposto a spendere i trecentomila euro necessari per portarsi a casa un gingillo del genere.

Il cruscotto ricorda quello di una Tesla, con linee semplici e un grande lo schermo digitale. Silenziosamente, lo scafo prende il largo. Il C8 (questo il nome) acquista velocità spostandosi da Cernobbio, sollevandosi a pelo d’acqua. L’esperienza di navigazione è fluida e in tutto paragonabile a quella di una normale barca a motore quanto a velocità, anzi, secondo il pilota Axel Brangenfeldt, “l’elettronica di bordo aiuta a contrastare anche il mal di mare”. A bordo c’è spazio per sette-otto passeggeri. Per guidare questo aliscafo, che può essere ricaricato sul molo con un cavo di quelli per le auto elettriche, non serve una patente particolare.

Il cruscotto ricorda lo schermo di una Tesla

Il cruscotto ricorda lo schermo di una Tesla (foto: Antonio Piemontese)

Il problema delle batterie

Il nome della startup ricorda l’italiano, ma in realtà con Belpaese non c’entra nulla: “candela”, infatti, è semplicemente una grandezza fisica, unità di misura dell’intensità luminosa. La barca è interamente progettata a realizzata in Svezia, a Stoccolma, dalla stessa società. L’unica parte che proviene da un’azienda esterna è il battery pack, prodotto da un’altra realtà svedese, Polestar, marchio della galassia Volvo (a sua volta parte del gruppo cinese Geely).

La partnership consente di risolvere due tra i problemi principali. “Il primo è quello dei consumi ingenti delle imbarcazioni elettriche, che si traducono in prestazioni scarse. Un problema che abbiamo risolto grazie ai nostri aliscafi. A trenta nodi – dichiara Gustav Hasselskog, fondatore e ad dell’azienda  – le nostre imbarcazioni consumano l’80% di energia in meno rispetto alle normali barche delle stesse dimensioni, e questo grazie alla riduzione dell’attrito con l’acqua”.

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L’intelligenza artificiale rivoluzionerà 8 professioni su 10

Author: Wired

Non solo informatica e tecnologia. Anche nel campo della cura e dei servizi legati alle persone, inclusi orientamento, formazione e inserimento socio-lavorativo, da qui al 2030 la domanda di lavoro riguarderà sempre più professioni tecniche e di alta qualifica. Di contro, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa e nei settori a bassa crescita, ovvero il primario e le industrie tradizionali.

Sono questi i principali dati emersi dall’ultimo studio realizzato da Ernst & Young in collaborazione con ManpowerGroup e Sanoma Italia e intitolato Il futuro delle competenze nell’era dell’intelligenza artificiale, che ha comunque delineato un quadro il cui per tutto il decennio la domanda di lavoro in Italia resterà in crescita.

Secondo lo studio predittivo, elaborato utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e algoritmi di machine learning, la tecnologia non sostituirà il lavoro umano. La domanda di lavoro in Italia continuerà infatti a crescere, con una curva che si inizierà ad abbassare gradualmente dal 2024 e in maniera più accentuata dal 2027, quando nelle aziende saranno adottate in maniera diffusa soluzioni di IA generativa e di robotica avanzata. In particolare, a soffrire l’avvento di tali innovazioni saranno i profili professionali a livello di qualifica media: tecnici, conduttori d’impianti, lavoratori della logistica, chi svolge mansioni d’ufficio che hanno a che fare con la gestione dei dati.

Per quanto riguarda i settori, non tutti reagiranno nella medesima maniera alle evoluzioni dell’intelligenza artificiale. Sui 23 considerati dalla ricerca, in nove considerati “tecnologicamente maturi” la domanda di lavoro aumenterà. Per altri che hanno già intrapreso un importante percorso di digitalizzazione, come banche e assicurazioni, essa è invece destinata a diminuire. I risultati della ricerca sono eterogenei anche per quanto riguarda le singole professioni.

Ad aumentare saranno poi i cosiddetti green jobs. Le aziende dovranno infatti affrontare le sfide richieste dalla sostenibilità e dagli obiettivi Esg, ambito riguardo al quale il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere in organico professionisti adeguati, motivo per cui il 70% di esse si sta già muovendo per assumere tecnici e manager.

Di fatto, lo studio dimostra che, per evitare squilibri troppo ampi sul mercato del lavoro, già da adesso imprese, sistema dell’istruzione e della formazione e decisori pubblici sono chiamati a intervenire su tre quarti delle professioni: per le occupazioni con domanda in calo si dovrà gestire l’eccesso di forza lavoro, che dovrà essere assorbito in altri ruoli; per quelle in crescita, serviranno invece percorsi di formazione di competenze e qualifiche.

Lo studio dimostra infine che il disallineamento tra le competenze dei neolaureati italiani e i lavori di primo impiego crescerà in maniera significativa da qui al 2030, soprattutto in uscita dai percorsi stem. I percorsi di studio universitario non sono infatti al passo con i cambiamenti del mercato del lavoro. In questo senso, sarà importante anche valutare il ruolo delle università nell’evoluzione del sistema paese.