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Ragni, le due specie che devono il loro nome al Grande Lebowski

Author: Wired

Agnarsson dice che oggi, quando si cerca di determinare se una specie di ragno rappresenta o meno una nuova scoperta, gli scienziati si limitano ad analizzare il Dna. Assegnare un nome a all’A. biglebowski e all’A. dude, però, non è stato così semplice. Agnarsson ha dovuto esaminare la conformazione dei due animali – lunghi un centimetro – e in particolare dei loro genitali, per poi confrontarla con quella di tutti gli altri Anelosimus.

Osserviamo queste piccole strutture e in particolare i genitali maschili – racconta lo scienziato – Hanno quattro paia di zampe per camminare e poi queste zampe piccole e fragili davanti, chiamate pedipalpi, che sono i loro organi sessuali. L’A. dude e l’A. biglebowski hanno scleriti di forma diversa: il Dude presenta solo un paio di anelli, mentre il biglebowski ne ha un paio in più. Questo è l’unico modo per distinguerli“.

La lezione del Drugo

Anche se Agnarsson dice di non aver ancora svolto uno studio completo (un processo che comporterebbe l’osservazione in natura per anni), se questi due ragni sono simili agli altri Anelosimus allora si tratta di creature piuttosto uniche.

Mentre la maggior parte delle specie di ragni è solitaria e relativamente aggressiva nei confronti di altri aracnidi – potenziali compagni compresi – sono state scoperte circa venti specie estremamente sociali, che formano grandi comunità. Dieci di queste specie appartengono al genere Anelosimus. In queste comunità alcuni gruppi di aracnidi, per lo più femmine, costruiscono enormi ragnatele tra i rami degli alberi e la maggior parte dei membri collabora sia per costruire le ragnatele che per proteggere i piccoli. Agnarsson spiega che ci sono anche alcuni maschi che si aggirano intorno alla ragnatela, ma aggiunge che sono “un po’ inutili” e cercano soprattutto di accoppiarsi.

Questi ragni Anelosimus sono insoliti perché sono tolleranti l’uno verso l’altro“, evidenzia Agnarsson. È questa caratteristica a ricordare un po’ il Drugo del Grande Lebowski. “Se si considerano i ragni nel loro complesso – continua lo scienziato –, gli Anelosimus come l’A. biglebowski e l’A. dude sono molto più rilassati, purché non siate la loro preda“.

Al momento Agnarsson sta conducendo alcune ricerche sulle proprietà biomediche uniche della seta di ragno, che è molto leggera e più resistente del Kevlar, e contro cui il corpo umano non ha una risposta immunitaria. Agnarsson immagina infiniti usi per il materiale, da corde leggerissime ad applicazioni mediche ancora sconosciute. Nel frattempo, però, continua a far tesoro delle lezioni che ha imparato dai suoi ragni e dal loro omonimo.

Mi ispiro al Drugo per il modo in cui vive la vita senza preoccuparsi troppo delle cose che accadono – racconta –. Quando il mondo sembra un po’ fuori di testa, devi solo fare un passo indietro e rilassarti“.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.

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Gli insetti più famosi e spaventosi di film e romanzi

Author: Wired

È da poco uscito il nuovo film di Ant-Man, il supereroe che può diventare piccolo come gli insetti e che comunica con le formiche. E allora ritorna in auge il filone del cinema entomologico, quello che ruota attorno a storie di formiche, termiti, mosche, vespe, scarafaggi. Una vena prolifica, che ha le sue radici in alcuni grandi romanzi, che vanno da Kafka alla fantascienza. Un rapporto complesso, quello tra uomini e insetti, come sa Grissom, l’entomologo forense di Csi, che da sempre studia ogni genere di specie. La versione che dà il cinema di solito è negativa, se non catastrofica: dagli insetti del cinema e della letteratura in genere non ci si può aspettare niente di buono, a parte qualche rara eccezione, come il grillo parlante di Pinocchio. 

La metamorfosi  (Franz Kafka, 1915)

Gli insetti più famosi e spaventosi di film e romanzi

Il classico dei classici. La storia di Gregor Samsa, che una mattina si svegliò con le sembianze di un insetto. Nelle differenti traduzioni la frase “ungeheuren Ungeziefer” è stata tradotta in vari modi, tra cui insetto gigante, insetto mostruoso, parassita gigantesco, scarafaggio mostruoso. Anni fa David Lynch cominciò a lavorare a una sceneggiatura basata sulla Metamoforfosi, in vista di un progetto di film, che però venne abbandonato. 

L’esperimento del dottor K. (Kurt Neumann, 1958)   

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Ashton Kutcher risponde alle domande più cercate sul web

Author: Wired

Come ha iniziato la sua carriera? Ha cambiato il suo nome? Ashton Kutcher ha esordito come modello e oggi è produttore cinematografico, attore e conduttore. È entrato nei nostri cuori soprattutto per i suoi ruoli in Una scatenata dozzina, Sballati d’amore, Notte brava a Las Vegas e *Amici, amanti e…*Quest’anno è tornato alla carica con Da me o da te?, uno dei film della classifica dei più visti di Netflix. Classe 1978, Ashton Kutcher  ha risponde alle domande più cercate dai fan su Google nel format delle Autocomplete Interviews di Wired.

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Sesso, perché ce ne vuole di più in film e serie tv

Author: Wired

Dobbiamo parlare di sesso. A dire il vero, non sarebbe nemmeno così necessario: ci sono già un sacco di persone impegnate a discutere a fondo del tema. Eppure, se non lo facciamo, la sessualità rischia di essere rappresentata molto meno al cinema e in televisione e, francamente, sarebbe un peccato.

Iniziamo con Penn Badgley. Quando di recente l’attore ha dichiarato di non voler più girare scene di sesso nella serie di Netflix You che lo vede protagonista, le sue parole hanno fatto il giro del web. A prima vista, la richiesta di Badgley sembrerebbe ragionevole: ogni attore d’altronde dovrebbe poter decidere se fare o meno qualcosa davanti alla telecamera. Tuttavia, le sue dichiarazioni hanno anche riacceso l’annoso dibattito sulla necessità delle scene di nudo e di sesso all’interno di film o serie tv, e sul comfort di chi guarda: “Pensate a tutti i protagonisti maschili che avete amato. Li avete visti baciare qualcuno? Li avete visti fare qualcosa di più – ha chiesto Badgley nel corso del podcast Podcrushed –? Non è mio desiderio farlo”.

Presumibilmente la richiesta di Badgley non sarebbe accolta in House of the Dragon. Nonostante la loro frequenza, però. le scene di sesso nella serie non danno la sensazione di avere la stessa intensità di quelle in Game of Thrones (che l’interprete di Daenerys Targaryen, Emilia Clarke, ha definite terrificanti da girare). Negli ultimi anni, dopo il #MeToo, su ogni set in cui sono previste scene di sesso ha preso piede la prassi di ingaggiare un “coordinatore dell’intimità”, il cui compito è assicurarsi che tutti siano a proprio agio rispetto a quello che viene filmato e il modo in cui viene fatto. La presenza di questi coordinatori ha fatto diventare le produzioni luoghi più sicuri dove girare le scene di sesso (anche House of the Dragon ne ha uno), ma ha anche generato discussioni sulla necessità stessa del sesso sullo schermo.

Divieti e auto-censura

La risposta breve è che le scene di sesso sono effettivamente necessarie. A volte, perlomeno. La risposta lunga è che hanno una storia così travagliata che ci vorrebbe un sacco di spazio per analizzarle tutta. Tagliando corto e generalizzando possiamo però dire che a partire dagli anni Trenta e fino agli anni Sessanta Hollywood ha iniziato ad autocensurarsi, nel tentativo di riabilitare la propria immagine e ottenere l’autorizzazione a distribuire i suoi film in tutti gli Stati Uniti . Il famigerato Codice Hays – che deve il proprio nome al politico che lo elaborò, Will Hays appunto – raccoglieva i trentasei divieti che regolavano la censura nel cinema americano. Le linee guida, che non riguardavano solo il sesso e la sessualità, limitavano fortemente l’intimità che i registi potevano mostrare sullo schermo. Niente nudità, niente “perversioni” (ovvero contenuti omosessuali) e niente “prime notti” (alla Romeo e Giulietta, per intenderci). Era implicito che se le produzioni cinematografiche avessero seguito queste regole, il governo non sarebbe intervenuto.

Quando il rispetto del Codice Hays ha iniziato a venir meno, soprattutto a fronte dell’agguerrita concorrenza dell’emergente mezzo televisivo, la Motion Picture Association of America ha introdotto il sistema di classificazione dei film tutt’ora in uso, dando modo a un numero maggiore di contenuti espliciti di trovare spazio nei film mainstream. Se da un lato questo ha permesso ai registi di avere un maggior margine di manovra per mostrare rappresentazioni veritiere del sesso e della sessualità, dall’altro ha portato a situazioni di disagio per gli attori (valga il caso di Ultimo tango a Parigi).

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La Ricotta di Pasolini è Boris prima di Boris

Author: Wired

Pochi sono i cult anomali come Boris, la fuori serie italiana che si è caricata sulle spalle lo scomodo ruolo di spartiacque della serialità nostrana. Prima di Boris nessuno aveva mai avuto il coraggio di gridare che il re è nudo, e cioè che la fiction italiana avesse vizi e meccanismi che potevano essere dissacrati, come avveniva con la borghesia, la classe lavoratrice e, qualche volta, persino con il potere. Probabilmente perché quello che il capolavoro messo in scena dal trio Ciarrapico-Torre-Vendruscolo andava a scardinare era proprio un teatro dove il potere si faceva sentire forte e chiaro, popolato dai “Romanelli” che personaggi come l’indimenticabile Itala prendevano in causa per ricordare che le cose non sarebbero potute cambiare finché certe ingerenze non fossero cessate. L’audacia che sorregge Boris ha radici antiche, legate a un mondo vicino a quello del piccolo schermo e caratterizzato da molti degli stessi problemi: tali radici appartengono a Pier Paolo Pasolini, e al suo La Ricotta sbarcato nelle sale italiane esattamente sessant’anni fa, il 19 febbraio 1963.  

Il contesto è quello di Ro.Go.Pa.G., un’antologia di cortometraggi firmati da alcuni dei più grandi nomi del cinema del periodo, tra cui Rossellini e Godard, oltre allo stesso Pasolini. Al regista friulano spetta una mezz’ora occupata da La Ricotta, il segmento più memorabile della pellicola e punto di svolta nella carriera pasoliniana. In maniera speculare a Boris, protagonista della vicenda è una troupe intenta a girare nella periferia romana un film sulla passione di Cristo, una cornice sacrale profanata da comparse e maestranze, che al raccoglimento suggerito da un lavoro di questo spessore preferiscono sfottò, battute e spogliarelli. A spiccare è la presenza di Orson Welles, per l’occasione alter ego del Pasolini-regista capace di offrire scene come questa dove il dialogo spolmonato con gli attori non può che ricordare quello di René Ferretti con Stanis, Corinna e il resto della banda.

La Ricotta di Pasolini è Boris prima di Boris