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Martin Scorsese: Non spaventiamoci della tecnologia

Author: Wired

Da vicino Martin Scorsese somiglia sempre più a Carl di Up, spiazza con la battuta sempre pronta e ha i tempi di un comico navigato per tirarla fuori al momento giusto. Ma soprattutto è una leggenda vivente del cinema. Il cineasta ha ricevuto oggi l’Orso d’Oro onorario al 74° Festival del Cinema di Berlino. Ecco 10 cose che non sapete di lui:


1. Non vive bene i complimenti

“Quando ero più giovane mi facevano piacere, anche per l’ ego e l’ambizione che avevo, due cose che a essere onesti non si perdono mai. Quando mi fanno i complimenti oggi dico: “Davvero? Non so”. Non è una posa. È che devo sentirmi libero di ripensare sempre tutto da capo, fare cinema per me è reinventare ogni cosa e ripartire da zero, sempre. Ogni frame di ogni mio film è pensato e ripensato mille volte, altrimenti diventa ordinario”.

2. Si autodefinisce “un mistero”.

“Descrivere chi sono in una frase? Un mistero”.

3. È goloso di lasagne.

“Il mio piatto preferito è la lasagna, me la preparava mia madre. Comunque le fai le lasagne sono sempre buone, ma quelle di mia madre lo erano di più”.

4. Guardare film gli ha cambiato la vita.

“I miei non avevano libri in casa, non vengo da una famiglia o da un quartiere di intellettuali, guardare film mi ha cambiato la vita. Ne ho visti tantissimi soprattutto stranieri, devo molto al cinema italiano, ma anche a Kurosawa”.

5. Considera il cinema più vivo che mai, anche nell’era di Tik Tok.

“Il cinema non è mai morto, si sta solo trasformando. Quando ero piccolo io l’unico modo di fruire era la sala, o la tv, non c’erano altri modi di vedere film. La tecnologia cambia così rapidamente che l’unico modo per farcela è avere una voce originale, che può esprimersi in 4 ore di film, in una serie o in un video di Tik Tok”.

6. La tecnologia non gli fa paura.

“Non c’è da spaventarsi della tecnologia e neanche di diventarne schiavi. Controlliamola piuttosto, mettiamola a servizio delle voci originali e dei talenti veri”.

7. Il suo prossimo film sarà incentrato sulla figura di Gesù.

“Coltivo l’idea di questo film dagli anni della mia gioventù, così come il mio interesse nel sacerdozio e nel cristianesimo che mi hanno portato a girare Silence. Quel film fu visto dal Vaticano, ho incontrato il Papa un paio di volte, abbiamo anche parlato di nuovi modi di parlare di cristianità e della sua essenza. Non so ancora che tipo di film ne verrà fuori, ma sono abbastanza sicuro di voler fare qualcosa di unico e diverso, che vuole anche intrattenere”.

8. I migliori 30 secondi della sua vita sono targati Armani.

“I migliori 30 secondi della mia vita? Ah intende nel cinema? (Ride, ndr). Seriamente, penso allo spot che feci per Giorgio Armani negli anni ’80, un video dolce su un ragazzo e ragazza che si conoscevano in una stanza”.

9. Considera i festival trampolini di lancio per nuovi artisti.

“Il ruolo dei festival cinematografici è far emergere nuove voci, quei talenti capaci di fare un film che vedi una volta e ricordi per il resto della tua vita. Il cinema non deve essere solo una grande giostra di intrattenimento, deve soprattutto rendere il mondo un posto più piccolo in cui tutti si sentano vicini e possano conoscere le rispettive culture e prospettive”.

10. È un sostenitore della critica cinematografica.

“Dobbiamo prenderci tutti il rischio di essere valutati, la critica è un’analisi fondamentale. Specie oggi che abbiamo alle spalle 100 anni di cinema, anche il cinema muto è recuperabile e grazie ai restauri è di qualità, e chiunque può accedere con facilità al cinema del passato e quello mondiale. Come dire oggi a un ragazzo dove deve andare, quale filmografia scegliere? Ecco, un critico deve aiutarlo a orientarsi.

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Perché l’idea di un nuovo Jurassic Park ci fa paura

Author: Wired

Jurassic Park avrà un reboot. Per quanto ancora priva di dettagli, questa notizia ci conferma quanto l’industria cinematografica americana sia sostanzialmente alla canna del gas, visto che non riesce a fare altro che sfruttare vecchi filoni all’infinito, quasi avesse il terrore di rischiare o fosse troppo pigra per farlo. La volontà di proseguire a dispetto dei terrificanti risultati qualitativi ottenuti con la saga sequel del film di Steven Spielberg è un chiaro messaggio: la creatività non abita più qui, esiste solo il puro marketing, neppure particolarmente brillante, è già in molti si chiedono se e quanto questa nuova operazione potrà avere successo.

Una mossa che conferma la crisi creativa di Hollywood

Tutti ci ricordiamo dove eravamo quando uscì il primo Jurassic Park, o perlomeno ci ricordiamo le sensazioni che abbiamo avuto la prima volta che l’abbiamo visto. In quel 1993, Steven Spielberg, traendo spunto da un del rimpianto Michael Crichton, cambiò completamente il concetto di intrattenimento. Lo aveva già fatto tanti anni prima con quel Lo Squalo con cui di fatto aveva messo non solo fine al dominio della New Hollywood, ma anche stravolto completamente il mercato cinematografico. L’estate diventò un momento centrale, così come il pubblico più giovane, che poteva coprire d’oro chi gli donava i giusti film. Non occorre certamente qui specificare come e quanto Jurassic Park ha influenzato intere generazioni di spettatori, così come stravolto il concetto di meraviglia cinematografica, riportando letteralmente in vita gli antichi dominatori della terra. Il punto fondamentale però, è che già dal secondo episodio, Il Mondo Perduto, con cui Steven Spielberg onorò il film omonimo del 1925, nonché l’universo di Godzilla, King Kong partendo ancora da un romanzo di Crichton, la qualità non fosse più esattamente la stessa.

Per carità, il secondo Jurassic Park rimane sicuramente un film di intrattenimento robusto, con sequenze ancora oggi iconiche, ma certo chi all’epoca scrisse più dinosauri e meno idee non aveva particolarmente torto. Persino il terzo episodio aveva più di qualcosa da dire, proprio per la volontà di citare lo stesso Spielberg ed i suoi film più iconici, l’adventure letterario. Poi arrivò nel 2015 la saga sequel di Jurassic World, con Bryce Dallas Howard e Chris Pratt nuove punte di diamante e tutto lasciava presagire ad un grande ciclo, i fan più affezionati sognavano di ritornare ad assaporare le stesse sensazioni che ebbero in quel 1993. Detto fatto, quando uscì il primo film, si rivelò un polpettone mediocre e prevedibile, totalmente privo della capacità di fare qualcosa di più di rendere il tutto, un enorme popcorn liofilizzato senza sapore. I due successivi capitoli della saga andarono di male in peggio, in virtù dell’essere a tutti gli effetti dei film per famiglie inoffensivi, privi di mordente, privi di audacia o anche solo della volontà di comunicare qualcosa di più del mero impatto visivo gargantuesco. Uno degli elementi più fastidiosi è stata l’eccessiva umanizzazione dei dinosauri. I raptor e i T-Rex smettono totalmente di essere animali, diventano a tutti gli effetti sosia dei personaggi Disney.

Jurassic Park

Jurassic Park dopo 30 anni rimane la più grande avventura della nostra vita

Il 9 giugno 1993 Steven Spielberg mostrava al mondo un film capace di rivoluzionare il concetto di fantasia e intrattenimento nel cinema

Le sceneggiature? Puro citazionismo neppure dissimulato, un monumento all’incoerenza, alla malagrazia, sono semplicemente prive di una reale struttura e capacità di andare oltre un mero supporto alle scene ad effetto. L’ultimo episodio, uscito due anni fa, è stato con ogni probabilità il peggior blockbuster del XXI secolo, peggiore persino del peggio che ci ha dato la saga sequel di Star Wars. Un caso che parliamo di sequel anche in questo caso? No. I sequel, i reboot e remake sono la parola d’ordine del cinema di oggi, perché l’industria ha perso la sua capacità di innovare, di scommettere su idee rivoluzionarie, almeno al di là dell’Oceano, dove tutto è nelle mani dei produttori e ai registi, agli autori, sono state tarpate le ali nelle grandi produzioni. La lotta recente degli sceneggiatori per i loro diritti, sta a dimostrare quanto ormai tutto sia ridotto ad un iter produttivo meccanico, dove le intelligenze artificiali sono viste come perfetta risorsa per un’industria, che non vuole capire come la qualità è l’unica risposta che si può dare la pubblico. Steven Spielberg vuole garantire la qualità di questo reboot? Era coinvolto anche nella saga sequel, quindi non è qualcosa che serve molto a rassicurare in termini qualitativi, siamo onesti.

Jurassic World Dominion due anni fa ha incassato tanto, tantissimo, più di un miliardo di dollari in tutto il mondo, di fatto contendendo lo scettro ad un altro colosso sbucato dal passato: il sequel di Avatar 2. Qualcuno a questo punto penserà che evidentemente non fosse un film così brutto, oppure che non è sbagliato, in una logica commerciale, proseguire su questa strada, in fondo si dà al pubblico quello che vuole no? L’aspetto fondamentale però in realtà è un altro: ha uno degli indici di gradimento più bassi, non solo tra la critica (che per le Major non fa testo) ma tra lo stesso pubblico. Di fatto lo si andò a vedere per l’effetto nostalgia del vecchio cast, per la speranza quindi ancora una volta di avere qualcosa all’altezza del primo film. Speranze che furono deluse totalmente. Provate a chiedere agli spettatori se li sborserebbero ancora quei soldi per vedere qualcosa come Jurassic World Dominion. La risposta nella maggior parte dei casi è “assolutamente no”. Il che porta a collegare Jurassic World Dominion, sequel assolutamente mediocre dove si trovò il tempo di inserire locuste e personaggi woke completamente a caso, con un’altra saga che da tempo ha ormai esaurito ogni funzionalità cinematografica: quella di Alien.

Il survival movie è una carta che funziona ma solo la prima volta

I più acidi tra gli amanti degli xenomorfi, dicono sempre che di Alien ce ne sono soltanto due: il primo e il secondo. Soprattutto il terzo ma anche il quarto capitolo lasciarono tutti insoddisfatti, e per anni proseguire la saga sembrò un miraggio. Ridley Scott sia con Prometheus che con Alien Covenant, ha cercato quantomeno di rilanciare, di portare contenuti e idee, ma è stato stritolato dalla sua stessa creatura. Ha fallito? Si. Ma non per colpa sua, non solo almeno. Perché, ed è questo l’aspetto fondamentale da comprendere, Alien e Jurassic Park in realtà sono uguali al di là delle apparenze: sono due survival movie. Abbiamo dei mostri a cui i protagonisti devono sfuggire, con in comune una concezione della paura in senso ancestrale e entità animalesche che ci ricordano la nostra impotenza. Due film del terrore di incredibile fattura, al di là ovviamente della maggior complessità strutturale e tematiche di Alien. Ma proprio la loro natura di survival, li rende alla fin fine alquanto ripetitivi, perché la storia diventa sempre la stessa: trovi i dinosauri/alieni e poi cerchi di scappare o sopravvivere. Quanto puoi variare tutto questo? Poco. Pensate sia un caso che pure Lo Squalo, il monster survival movie per eccellenza, abbia avuto sequel orribili? No. E chissà cosa avremo ora da Alien: Romulus. Fate una cosa, siate pessimisti fidatevi.

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5 film d’essai da vedere online su Indiecinema

Author: Wired

Indiecinema sarà una lieta scoperta per molti cinefili, che già stanno godendo di un periodo fortunato: nel 2023 sono usciti film di tanti grandi registi, da Martin Scorsese a Ken Loach, da Woody Allen ad Aki Kaurismäki. E il primo gennaio è arrivato in Italia Il ragazzo e l’airone, l’ultimo, incantevole film d’animazione di Hayao Miyazaki.

Anche per i pigri, che preferiscono godersi il cinema tra le mura domestiche, non mancano le piattaforme che propongono cataloghi di film d’essai in streaming. La più nota in questo senso è di certo MUBI, ma dal 2020 esiste anche Indiecinema, piattaforma tutta italiana fondata dal regista indipendente Fabio Del Greco.

A oggi Indiecinema vanta un catalogo di oltre 400 titoli, di cui circa tre quarti sono pellicole di registi indipendenti che provengono da tutto il mondo, e il restante quarto è rappresentato da film di culto (ma non necessariamente noti al grande pubblico).

Abbiamo scelto per voi 5 film da non perdere su Indiecinema, che testimoniano la varietà e la qualità del suo catalogo.

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I primi aggiornamenti sul terzo film di Knives Out

Author: Wired

Dopo il successo di Cena con delitto: Knives Out, complice il cast stellare (da Chris Evans a Jamie Lee Curtis, da Ana de Armas a Toni Collette) e soprattutto l’introduzione del bizzarro e infallibile detective Benoit Blanc interpretato da Daniel Craig, Netflix aveva deciso di acquisire i diritti della saga diretta da Rian Johnson (Star Wars: Gli ultimi Jedi) e ordinarne due sequel. Il primo, Glass Onion, è uscito nel 2022 cambiando completamente ambientazione ma confermano l’interesse del pubblico, in particolare per l’istrionica interpretazione di Craig nei panni di Blanc. Lo stesso Johnson aveva confermato nell’ottobre 2023 che aveva già iniziato a pensare al terzo capitolo, ma ora finalmente abbiamo qualche indizio.

Cosa sappiamo di Knives Out 3

Ora che lo sciopero degli sceneggiatori e degli attori è concluso ormai da mesi, i lavori su Knives Out 3 sono ripresi a pieno ritmo e si prevede che le riprese inizino entro la fine dell’anno. Confermatissimo ovviamente Craig nei panni del protagonista, mentre Johnson tornerà alla regia e alla sceneggiatura. Ancora non ci sono indicazioni sul resto del cast, ma si prevede anche questa volta un ensemble di grandi nomi di Hollywood (e c’è chi ipotizza che nel film potrebbe fare incursione Charlie Cale, la detective interpretata da Natasha Lyonne nella serie Poker Face, sempre creata da Johnson).

Ad ogni modo la conferma delle riprese imminenti è stata diffusa nelle scorse ore assieme alla notizia che la produttrice Katie McNeill entra ufficialmente nella T-Street, la casa di produzione di Johnson e Ram Bergman. Oltre ai progetti su Knives Out, del resto, questo è un periodo particolarmente intenso per T-Street: lo scorso ottobre su Netflix è uscito il thriller Fair Play, mentre ancora inedito in Italia è American Fiction, dramedy tratta dal romanzo Erasure di Perceval Everett e che si è guadagnata ben cinque candidature agli Oscar 2024. Molta attesa, poi, c’è anche per Il problema dei tre corpi, la serie Netflix tratta dal bestseller fantascientifico di Liu Cixin e che sarà curata dagli showrunner di Game of Thrones, David Benioff e Dan Weiss, assieme a Alexander Woo. La serie debutterà a marzo, mentre per il nuovo Knives Out i fan dovranno attenere probabilmente fino alla fine del 2025.

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Netflix ha comprato i diritti del wrestling

Author: Wired

Non solo film e serie tv. Uno dei motivi per cui Netflix continua ad attirare l’attenzione di milioni di clienti in giro per il mondo è anche la trasmissione di contenuti live, soprattutto in ambito sportivo. Come riporta l’agenzia Reuters, l’ultimo colpo del colosso di Los Gatos, in questo senso, è un accordo da 5 miliardi di dollari che garantirà in esclusiva alla piattaforma il Raw della World Wrestling Entertainment da gennaio 2025.

In particolare, l’evento del lunedì del wrestling statunitense sarà disponibile in streaming per dieci anni per gli utenti di Netflix negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito e in America Latina, oltre che in altri territori. Al di fuori degli Stati Uniti la piattaforma trasmetterà peraltro in esclusiva tutti gli spettacoli e gli speciali della WWE, incluso SmackDown, nonché eventi live pay per view come WrestleMania e Royal Rumble.

Gli investimenti della società californiana negli eventi dal vivo e nello sport sono decisamente aumentati negli ultimi mesi del 2023. La piattaforma si è per esempio assicurata i diritti del match tennistico tra Rafael Nadal e Carlos Alcaraz di dicembre, mentre a novembre aveva trasmesso un torneo di golf con protagonisti piloti e professionisti di Formula 1.

L’accordo per il Raw, che da contratto Netflix potrà estendere di anni o scegliere di chiudere dopo i primi cinque, rappresenta per l’azienda la prima vera scommessa a lungo termine su questo tipo di contenuti. L’idea è che esso possa essere utile ad attirare i numerosi appassionati che seguono con continuità match e protagonisti della WWE. Raw è infatti lo spettacolo più importante di quelli di proprietà di Comcast, sulla cui rete degli Stati Uniti richiama 17,5 milioni di spettatori unici nel corso dell’anno.

In vista della scadenza di fine anno dell’accordo con l’operatore via cavo, TKO Group (holding nata dalla fusione di WWE con l’UFC di Endeavour) ha cercato un accordo “trasformativo”, ha spiegato il presidente Mark Shapiro, considerando che “espande notevolmente la portata della WWE e porta la visione settimanale degli appuntamenti in diretta su Netflix“.