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Shein, cosa sappiamo sulla contestata piattaforma ecommerce che ha aperto un negozio a Milano

Author: Wired

A Milano ha aperto un nuovo pop up store di Shein, l’azienda di ecommerce cinese fondata nel 2008, che quest’anno ha raggiunto la valutazione di 100 miliardi di dollari. La piattaforma non ha punti vendita fisici, ma vende capi di abbigliamento, accessori e calzature low cost esclusivamente online in 220 paesi in tutto il mondo, a eccezione del permanent store di Tokyo e dei pop up store che per pochi giorni vengono aperti al pubblico nelle maggiori città. Non è la prima volta che Shein approda nel capoluogo lombardo: dal 28 al 30 giugno 2022, infatti, il marchio aveva aperto un pop up store in piazza Gae Aulenti. 

SheinCos’è Shein, l’ecommerce di moda che vale 100 miliardi

L’azienda nata in Cina ha concluso un nuovo round di finanziamenti che la porterà a diventare un vero gigante del settore. L’ecommerce, in crescita da anni, non ha negozi fisici e basa la sua strategia sulla velocità e i prezzi bassi

Anche per questa apertura natalizia, il punto vendita di Shein sarà aperto al pubblico per pochi giorni, da lunedì 19 dicembre fino giovedì 22 dicembre. Il negozio è stato allestito all’interno di palazzo Giureconsulti in piazza Mercanti, a due passi dal Duomo di Milano. L’azienda è quotata in borsa dal 2020, anno in cui è stata valutata 15 miliardi di dollari

Molto popolare tra i più giovani, soprattutto per i prezzi molto bassi e per la sua capacità di individuare le nuove tendenze e allinearsi alla moda del momento, tanto da essere definita “il TikTok degli ecommerce”, Shein è stata al centro di un’inchiesta di Greenpeace Germania, intitolata Taking the Shine off Shein: A business model based on hazardous chemicals and environmental destruction, poi riportata dal sito italiano dell’organizzazione il 23 novembre. Dall’inchiesta, che è stata svolta nei giorni del Black Friday di novembre, è emerso che il 15% del totale di 47 capi prodotti dell’azienda acquistati in quattro paesi europei, ovvero Austria, Germania, Italia, Spagna e Svizzera, conteneva “quantità di sostanze chimiche pericolose ai livelli consentiti dalle leggi europee”. In un terzo dei prodotti invece, la quantità delle sostanze dannose raggiungeva un “livelli preoccupanti”. Le sostanze chimiche presenti il nichel, ftalati, formaldeide. 

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Pos, quanto costa a una impresa

Author: Wired

In generale, il confronto tra il 2017 e il 2022 delinea un drastico calo dei costi fissi dei pos in Italia. Rispetto a cinque anni fa, la spesa media iniziale si è abbassata di circa 49 euro, quella media mensile si è ridotta di quasi 10 euro.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni Pos e pagamenti, pensioni, bollette: le ultime novità della finanziaria

La prima manovra del governo Meloni ha ottenuto il via libera della Ragioneria di Stato e la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con alcune modifiche rispetto all’ultima bozza. Ecco quali

Le commissioni

Lo studio condotto dall’Osservatorio ConfrontaConti.it e Sostariffe.it dimostra che anche le commissioni, da sempre lo spauracchio di chi si lamenta del pos, sono state protagoniste di un grande calo. Considerando le carte di pagamento che utilizzano il circuito PagoBancomat, per esempio, si registra una commissione media pari all’1,23%. Un dato nettamente inferiore a quello rilevato nel 2017, pari all’1,92%. In questo caso, le commissioni più convenienti sono quelle collegate agli apparecchi fissi, che si attestano su una media dell’1,01%.

Anche i pagamenti con carte che utilizzano altri circuiti fanno segnare una evidente tendenza al ribasso per quanto riguarda le commissioni applicate, con una commissione media dell’1,35%, contro il 2,56% del 2017

Riguardo alle commissioni, il pagamento tramite pos fisso rimane la scelta più conveniente per gli esercenti, con una commissione media pari all’1,12%, contro l’1,4% richiesto per un pos mobile.

L’introduzione delle sanzioni

Lo studio dell’osservatorio ha valutato anche l’impatto sui costi del pos dell’introduzione delle sanzioni dello scorso giugno e come essi siano cambiati a dicembre, con il nuovo governo impegnato a eliminarle sotto una certa soglia. 

Se ad agosto la spesa iniziale richiesta per il pos era di circa 23 euro e il canone medio mensile era pari a poco più di 6 euro, a dicembre i due dati sono aumentati rispettivamente del 21 e del 44%. Di contro, le commissioni sono invece calate: per il circuito PagoBancomat sono passate dall’1,45 all’1,23%; per le carte di altri circuiti addirittura dall’1,73 all’1,35%.

Le simulazioni

L’osservatorio ha realizzato una serie di simulazioni per quantificare il calo percentuale registrato dalla spesa media da sostenere per l’utilizzo di un pos per esercenti e professionisti, prendendo in considerazione tre diversi profili: il libero professionista che registra poche transazioni annue ma di importo medio più elevato; il negoziante che vende prodotti al dettaglio e che registra più transazioni ma di importo medio inferiore; il ristoratore che fa segnare un numero molto elevato di transazioni con un importo medio ridotto.

Per il primo, si registra un calo sostanziale della spesa legata all’utilizzo del pos. Il risparmio va da un minimo del 38% nel caso di utilizzo di un pos mobile con transazioni effettuate solo tramite circuito PagoBancomat a un massimo del 64% utilizzando pos fisso e transazioni con altre carte.

Percentuali identiche si registrano nel secondo e nel terzo caso, con un risparmio atteso tra il 33 e il 61%

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Economia Tecnologia

Banda ultralarga, l’elenco dei ritardi in Italia

Author: Wired

Il piano nazionale di investimenti per la banda ultralarga prosegue a rilento dal 2016 e, nella sua audizione presso la Commissione Trasporti della Camera, il sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha confermato che non ci sarà alcuna accelerazione. Al contrario, le sue dichiarazioni lasciano intendere che difficilmente gli interventi in corso potranno essere completati entro il 2026, scadenza fissata dalla strategia per la banda larga battezzata nel 2021 dal governo Draghi.

Il sottosegretario all'Innovazione, Alessio Butti, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni Su banda larga e 5G, il governo Meloni spara a zero sull’ex ministro Colao

Il sottosegretario all’Innovazione Butti contesta lo stato di avanzamento dei cantieri e degli obiettivi del Pnrr. Nel mirino il progetto di Open Fiber, mentre il settore delle telecomunicazioni denuncia rischi legati al boom dei costi dell’energia

Rete unica

Presentando i pilastri del suo mandato governativo, Butti ha voluto sottolineare che il governo Meloni non chiamerà più il progetto di rete unica “unica”, ma “rete nazionale”, per sottolineare l’intenzione del governo Meloni di riportare il controllo della rete sotto Tim, escludendo quindi l’operatore Open Fiber, controllato da Cassa depositi e prestiti. E su questo tema ha lanciato un altro chiarimento, cioè che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sarà realizzato “indipendentemente dal tema della rete nazionale e delle discussioni sul futuro degli operatori di telecomunicazioni in campo”.

Una scelta particolare, dato che i due interventi sono abbastanza interconnessi e che l’obiettivo della creazione di una rete unica era proprio quello di accelerare la diffusione della banda ultralarga in tutta Italia. E lo stesso Butti, parlando di connettività, ha messo insieme la rete nazionale, con la diffusione del 5G e gli interventi “atti a realizzare connessioni in fibra per i cittadini, scuole ospedali e isole minori. Punti contenuti all’interno della strategia per la banda larga voluta dal governo Draghi e foraggiata con 6,7 miliardi del Pnrr.

Piano 1 Giga

Probabilmente, la dichiarazione nasce dalla consapevolezza che il lavoro per affidare la rete unica a Tim sarà molto lungo, considerando anche che tutti gli step fatti finora per integrare le infrastrutture di Tim e Open Fiber sono praticamente da buttare. Ma i problemi non finiscono qui. Una delle più grandi criticità riguarda il piano Italia 1 Giga. Butti ha accusato Tim e Open Fiber hanno lavorato decisamente a rilento, riuscendo a connettere un numero “nettamente inferiore a quanto dichiarato nel loro piano trimestrale”, portandone a termine, rispettivamente, solo 64 su 124 e 74 su 116.

Slittano anche le scadenze per quanto riguarda il Piano scuole connesse. In questo caso, i target previsti per dicembre 2022, sono andati persi a causa dei ricorsi che hanno coinvolto il sistema di aggiudicazione del bando di riferimento, che hanno ritardato di due mesi le sottoscrizioni degli accordi. Così, da dicembre 2022, il governo ha rinviato il raggiungimento dei target a febbraio 2023, mantenendo però invariati quelli degli anni successivi.

Sulla Piano sanità connessa e Piano isole minori, i target a breve termine sembrano invece confermati. Ma allo stesso tempo, Butti ha sottolineato di non essere ancora in grado “di dire se gli interventi in corso saranno effettivamente completati entro giugno 2026, come previsto nel 2021 con l’approvazione dell’agenda digitale, e che questa incertezza vale anche rispetto ai piani di collegamento delle isole minori “che si dovrebbe concludere a fine 2023, in linea con le scadenze del Pnrr”.

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È nata 3-I, la prima società italiana per sviluppare il software della pubblica amministrazione

Author: Wired

Dall’unione di Inps, Inail e Istat è nata la prima società italiana per lo sviluppo di software interamente a capitale e partecipazione pubblica. Progetto di fondamentale importanza negli obiettivi di digitalizzazione del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), è stata chiamata 3-I, per sottolineare il ruolo centrale dei tre istituti fondatori. Approvata con un decreto lo scorso 13 aprile dal governo Draghi, è stata costituita oggi, 12 dicembre 2022, nei tempi previsti dal Pnrr.

La prima software house pubblica d’Italia avrà il compito di sviluppare, mantenere e gestire le soluzioni software dell’Istituto nazionale previdenza sociale (Inps), dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), della presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero del Lavoro e delle politiche sociali e delle altre pubbliche amministrazioni centrali.

Si tratta di uno dei primi passi concreti verso un’accelerazione digitale dello Stato, prevista dalla missione M1C1-Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pubblica amministrazione del Pnrr. I tre istituti hanno già predisposto lo statuto della società e indicato le risorse necessarie per il suo funzionamento, mentre l’amministratore delegato è stato nominato dal governo Meloni e individuato nella figura di Claudio Anastasio, fondatore di tNotice, società specializzata nelle raccomandate elettroniche.

3-I è partecipata al 49% da Inps, azionista di maggioranza relativa, al 30% da Inail e al 21% da Istat. Il rapporto tra la neonata società e i tre istituti sarà disciplinato attraverso un contratto di servizio nel quale saranno definiti la data di avvio dei servizi, i livelli minimi delle prestazioni e le relative compensazioni economiche. Inoltre Inps, Inail e istat, forniranno anche i primi professionisti alle dipendenze della società, per lo più ingegneri e sviluppatori di software, che in seguito saranno selezionati tramite concorsi pubblici, per arrivare a un organico complessivo previsto tra le 1.500 e le 2 mila persone.

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‘Ndrangheta, come funziona davvero l’algoritmo per stanarla

Author: Wired

Ed è proprio Bert uno dei componenti del software in via di sviluppo al Viminale, che tra le altre cose permetterà di ricercare termini, nomi, luoghi o date inserendoli nel giusto contesto e fornendo in modo più veloce informazioni che altrimenti resterebbero imprigionate in una mole di dati difficilmente esplorabili. “Nessuno ha mai specificamente applicato modelli di questo genere in un contesto investigativo, peraltro così specifico e peculiare come quello della ‘ndrangheta – prosegue Bui -. Addestrare una rete a conoscere un fenomeno che di per sé è molto complesso significa prima di tutto capire il fenomeno, poi bisogna farlo capire alla rete”.

A quel punto sono sufficienti l’intuito e l’esperienza investigativa per far emergere da un ammasso di dati informi una traccia che può essere seguita per attivare tempestivamente un servizio di osservazione o una intercettazione. “Alcuni eventi possono anche non essere di natura criminosa – aggiunge Bui – Come il movimento di persone di interesse che si spostano per un compleanno o in una specifica data, che ci permette di conoscere eventuali ricorrenze importanti e di inferire cosa potrebbe accadere in futuro al ricorrere di tali date”. 

article imageL’Interpol ha arrestato 75 membri di Black Axe

Si tratta della prima operazione ad hoc contro una delle organizzazioni cyber criminali più rodate al mondo. Coinvolti quattordici paesi tra cui anche l’Italia, con tre arresti a Campobasso

La mappa del potere mafioso

Rizzi spiega a Wired che il progetto di un software a sostegno di I-Can “nasce da due condizioni. La prima è che nel tempo abbiamo assistito a una colonizzazione all’estero della ‘ndrangheta. Sono circa 40 i paesi nel mondo dove la ‘ndrangheta ha una presenza strutturale con personaggi di spessore criminale”. 

La seconda – prosegue il prefetto – è che la sala operativa internazionale, l’hub che raccoglie tutte le informazioni dal mondo, processa 700 messaggi al giorno, contro i 400 dell’Interpol”. 

L’Italia infatti indaga sulle cosche scambiando informazioni sulla base di accordi bilaterali, come quello con il Congo. Da qui l’idea di trasformare “dati molto parcellizzati in dati esplorabili, ricondotti da 3-400 categorie di base ad alcune macro-categorie”, dice Rizzi. E attraverso questi dati tracciare e anticipare l’espansione della ‘ndrangheta. Che sembra per ora inarrestabile.

Secondo l’ultimo rapporto della Dia, “la ‘ndrangheta è presente a Girona e nella provincia di Madrid, a Murcia e in Catalogna. Ed “esponenti della ‘ndrangheta, inizialmente impiantati in Liguria si sono spostati nella Costa Azzurra, vista come naturale continuità lungo la costa del Mar ligure, andando a stabilirsi in città come Nizza, Mentone, Cannes, ove attualmente è presente una seconda generazione di mafiosi calabresi”. E ancora Regno Unito, “attratta dalla facilità di riciclare denaro offerta dal sistema economico-giuridico anglosassone”. 

Il Belgio è utile per il ruolo che il porto di Anversa può giocare nel narcotraffico dal Sudamerica. Così come l’Olanda, dove la ‘ndrangheta “è dedita in prevalenza alle attività legate al narcotraffico e al riciclaggio”. E ancora Germania, Austria, Albania, Slovacchia per restare in Europa. In Canada, “a Toronto, la ’ndrangheta opererebbe attraverso strutture a carattere intermedio con funzioni di coordinamento e supervisione, quali la “commissione” o “camera di controllo”. Tali strutture, nonostante l’indissolubile legame con la provincia di Reggio Calabria, avrebbero una maggiore autonomia rispetto al passato”, poi Messico, Colombia, Argentina, Brasile. E Australia, dove si crede sia presente una struttura locale fotocopia della ‘ndrangheta calabrese.

La ‘ndrangheta non è un problema italiano ma mondiale – osserva Giovanni Bombardieri, procuratore della Repubblica di Reggio Calabria -. Ha assoldato i migliori professionisti per infiltrare le economie legali attraverso i proventi delle attività illecite, dialoga e fa affari con i più pericolosi cartelli criminali in tutto il mondo”. 

Non a caso I-Can vede seduti al tavolo tutti i Paesi maggiormente colpiti. “Il progetto I-Can è volto a far comprendere la pericolosità della minaccia mafiosa, che l’Italia ha pagato con un costo altissimo – dice Rizzi – perché nelle giurisdizioni di molti paesi manca una previsione specifica contro la mafia”. 

Il prefetto Vittorio Rizzi

Il prefetto Vittorio Rizzi ANDRE PAIN/AFP via Getty Images

Lavoro di squadra

Per Bombardieri, “fino a poco tempo fa la cooperazione internazionale di polizia veniva attuata solo nella fase finale delle indagini, nell’esecuzione degli arresti e nella cattura dei latitanti. Oggi il coordinamento avviene molto prima perché occorre portare avanti le indagini contemporaneamente nei vari Paesi del mondo”.