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Amazon ha venduto una bevanda con l’urina dei suoi fattorini

Author: Wired

La bevanda aveva tutte le caratteristiche di un drink di successo. Un design accattivante, un font audace e un nome incisivo, Release. Ma all’interno ogni bottiglia conteneva l’urina degli autisti di Amazon.

Questo non ha impedito alla piattaforma di mettere in vendita Release, che ha addirittura raggiunto il primo posto nella classifica dei bestseller per la categoria “Bitter Lemon”. La “bevanda” è stata creata da Oobah Butler per il suo nuovo documentario, The Great Amazon Heist, andato in onda giovedì 19 ottobre su Channel 4, un canale televisivo pubblico del Regno Unito.

Butler è un giornalista e presentatore famoso soprattutto per aver trasformato il capanno del suo giardino a Londra nel ristorante più popolare su Tripadvisor. The Great Amazon Heist si apre con Butler che si infiltra con una telecamera nascosta in un centro di distribuzione Amazon a Coventry, dove parla con i dipendenti che si lamentano per i dolori ai piedi e alla schiena, le condizioni di lavoro potenzialmente pericolose e la sorveglianza quasi costante da parte dell’azienda. Il presentatore passa il suo primo giorno a scaricare un camion bollente, senza ventilatore o aria condizionata.

Il portavoce di Amazon James Drummond afferma che “niente è più importante” della sicurezza e del benessere dei dipendenti e che l’azienda fornisce ai lavoratori indumenti e calzature protettive e ha “team dedicati alla salute e alla sicurezza“.

Butler è stato riconosciuto nel giro di pochi giorni e ha quindi deciso di intervistare i fattorini che si occupano delle consegne per conto di Amazon. Gli autisti raccontano che dal momento che l’azienda li penalizza nel caso di consegne troppo lente, sono costretti a urinare nelle bottiglie perché non hanno il tempo di trovare un posto dove fermarsi.

Yellow drink bottle on a yellow background

ReleaseCourtesy of Channel 4

La storia era già stata segnalata in passato, ma quello che non era noto è che alcuni autisti sostengono che Amazon li penalizza anche se le bottiglie piene di urina rimangono nel camion quando tornano al magazzino (Drummond nega la ricostruzione e sottolinea che agli autisti dell’azienda viene ricordato di fare pause regolari sull’app Amazon Delivery). Per evitare sanzioni, i fattorini finiscono quindi per gettare le bottiglie sul ciglio della strada. Butler è andato a cercarle vicino ai magazzini di Amazon a Coventry, New York e Los Angeles, trovandone il più delle volte.

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L’inquietante cantiere della Conferenza sul clima negli Emirati arabi

Author: Wired

La Cop28 negli Emirati Arabi Uniti sta per cominciare all’insegna dello sfruttamento oltre che delle contraddizioni. Dopo aver messo alla guida della ventottesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici il capo della principale compagnia petrolifera del paese, Sultan al-Jaber, gli Emirati sono tornati al centro di un nuovo scandalo per le condizioni di lavoro in cui versano gli operai migranti ingaggiati per costruire gli edifici della conferenza.

In base alle prove e alle testimonianze raccolte nell’ultimo report dell’organizzazione per la ricerca e la difesa dei diritti umani Fair Square, centinaia di migranti provenienti dai vicini paesi africani e dal Sud-Est asiatico sono stati costretti a lavorare all’aperto ai tre siti della Cop28, durante picchi di temperature arrivati anche ai 42 gradi. Una condizione che mette direttamente in pericolo di vita le persone esposte, soprattutto a causa della forte umidità che compromette la sudorazione, principale meccanismo di regolazione della temperatura nel corpo umano, aumentando il rischio di morte.

Negli Emirati e negli altri paesi del Golfo, il caldo estremo è così pericoloso che esiste addirittura una legge, chiamata Divieto di mezzogiorno, che vieta ogni tipo di lavoro all’aperto nelle ore più calde. Ma mentre in Qatar o nel Kuwait il divieto riguarda un totale di circa 500 ore di lavoro vietate, negli Emirati le ore vietate al lavoro per il caldo sono solo 233 e, come riporta Fair Square, per gli operai della Cop28 sono state quasi zero.

Secondo il rapporto, gli operai hanno lavorato anche in queste ore vietate, senza pause, spostando materiali pesanti, per riuscire a completare le opere della Cop28 entro novembre 2023, data di inizio della Conferenza. Le pessime condizioni di lavoro dei migranti economici nei paesi del Golfo sono state documentate più volte, come nel caso estremo dei mondiali di calcio in Qatar, ma in questo caso al sistematico sfruttamento si aggiunge anche l’assurdo, visto il motivo per cui sono stati ingaggiati.

Fra circa 10 giorni, i leader mondiali verranno ospitati a Expo City, a Dubai, per capire come affrontare la crisi climatica, definita minaccia “esistenziale” per gli esseri umani anche dal presidente della Banca mondiale, Ajay Banga, prima che sia troppo tardi. Lo faranno in edifici costruiti da operai sottopagati, costretti a lavorare nelle condizioni di calore estremo dovute proprio a questa crisi, senza alcuna tutela. Commentando il rapporto sul Guardian, il presidente della divisione ambiente di Human rights watch, ha sottolineato come la crisi climatica diventi ancora più pericolosa nel momento in cui “leggi e diritti umani non vengono rispettati”, sottolineando come lottare per la tutela dell’ambiente sia inutile se, al contempo, non si lotta per conquistare e difendere i diritti civili e ridurre le diseguaglianze economiche.

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Tutti i robot dell’Istituto italiano di tecnologia

Author: Wired

Negli ultimi vent’anni, l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) si è affermato come un’eccellenza italiana di tutto rispetto a livello internazionale. Conducendo un’intensa attività di ricerca e perseguendo scoperte in diversi campi, tra cui la scienza dei materiali e le nanotecnologie, la struttura del centro di ricerca segue l’esempio del Max Planck institute tedesco, famoso in tutto il mondo, per colmare il divario tra l’esplorazione teorica e l’attuazione pratica della tecnologia ingegneristica. Il campo della robotica è senz’altro un’area in cui la ricerca dell’Iit produce i risultati più tangibili e concreti.

article image10 progetti iconici per raccontare i primi 20 anni dell’Istituto italiano di tecnologia

Dai robot che aiutano le persone a migliorare la qualità della vita fino agli studi su retina artificiale, materiali smart e disturbi del neurosviluppo

Attualmente, l’equipe di ricercatori dell’istituto in questo ambito è coinvolta in 27 progetti europei e ha registrato 153 brevetti, suddivisi su cinque priorità: meccatronica, cognizione sociale e interazione con i robot umani, robot companion Intelligenti, soft robotics e robotica biomedica.

La robotica Iit è all’avanguardia soprattutto nella ricerca in meccatronica – area di interazione tra informatica e meccanica -, nella cognizione sociale, che si occupa di interpretare i comportamenti sociali della popolazione analizzando l’enorme quantità di dati disponibile in rete, e nell’interazione con i robot umani, dove si è affermata come leader mondiale con i robot umanoidi e le piattaforme di riabilitazione robotica. Ma la ricerca è particolarmente focalizzata anche sulla soft robotics, che si basa sullo sviluppo di tecnologie bioispirate, ovvero costruite con materiali morbidi e deformabili in grado di interagire con gli esseri umani e l’ambiente circostante. Infine, non mancano i risultati anche per quanto riguarda la robotica biomedica, branca che si concentra sullo sviluppo di nuove tecnologie per la chirurgia, la riabilitazione e le protesi per le applicazioni sanitarie.

Ecco tutte le novità e i prototipi robot presentati dai ricercatori durante l’evento per i venti anni dell’istituto.

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Economia Tecnologia

Un tribunale ha revocato il licenziamento di 4mila rider di Uber eats

Author: Wired

Importante vittoria sindacale contro un colosso del food delivery. Giovedì 28 settembre, il Tribunale di Milano ha giudicato illegittimo il licenziamento di quattromila rider di Uber eats avvenuto lo scorso giugno.

Il caso

A inizio estate i fattorini hanno ricevuto via email la notizia del licenziamento, che sarebbe divenuto effettivo neanche un mese dopo. Nel messaggio, Uber eats comunicava l’abbandono del mercato italiano, lasciando improvvisamente senza impiego e tutele quattromila lavoratori. 
Motivando la sentenza il giudice Luigi Pazienza ha spiegato che una multinazionale intenzionata a licenziare cinquanta o più lavoratori per cessazione delle attività deve comunicare la sua decisione con almeno 180 giorni di anticipo. L’informazione deve inoltre essere recapitata, per iscritto, “a sindacati, regioni, ministeri del lavoro e dello sviluppo economico, nonché all’Agenzia nazionale per le politiche del lavoro”. 

Inoltre, i rider licenziati intrattenevano con Uber eats un rapporto di collaborazione, che il tribunale di Milano ha equiparato a quello di dipendente subordinato. E poiché si tratta di dipendenti subordinati, l’azienda “aveva l’obbligo, prima di procedere alla comunicazione dei recessi, di attivare con le organizzazioni sindacali ricorrenti le procedure di consultazione previste” spiega il Corriere della sera. La semplice comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro nei confronti dei rider senza passare attraverso il confronto con i sindacati per trovare una soluzione alternativa rappresenta dunque una condotta illegittima e antisindacale da parte di Uber eats.

Le conseguenze

Con il pronunciamento il Tribunale di Milano ha stabilito che Uber eats dovrà revocare i licenziamenti, avviare una trattativa con le parti sociali e, infine, avvertire tempestivamente i rider dell’interruzione del rapporto di lavoro. I licenziamenti saranno revocati ai quattromila rider che, alla data 14 giugno 2023, lavoravano stabilmente per Uber eats.

Come scritto nella nota di Nidil Cgil, Filt Cgil e Filcams Cgil che hanno guidato il ricorso al fianco dei lavoratori, Uber eats dovrà inoltre pubblicare la decisione del tribunale sul proprio sito aziendale, sulle sue pagine Facebook e Instagram e sui principali quotidiani nazionali. Questo per avere la certezza che la notizia arrivi a tutti i lavoratori coinvolti. Con la sentenza, in Italia vengono disciplinati per la prima volta di meccanismi di delocalizzazione di una multinazionale che, come nel caso del gigante del food delivery, faceva affidamento su molti lavoratori autonomi che, tuttavia, erano organizzati e regolati di fatto come dipendenti.

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Tecnologia

Lo storico sciopero nell’industria dell’auto degli Stati Uniti

Author: Wired

Negli Stati Uniti è iniziato lo sciopero di lavoratrici e lavoratori del sindacato United auto workers (Uaw) contro Ford, General motors (Gm) e Stellantis. Chiamate anche Big three, i tre marchi rappresentano circa il 40% delle vendite di auto negli Usa.

La mobilitazione

A partire dalla mezzanotte statunitense (più o meno le sei italiane), circa 13mila lavoratori hanno incrociato le braccia per lo Stand up strike, la nuova strategia di lotta inaugurata dal sindacato. Per ora, a fermarsi saranno i dipendenti di tre grandi stabilimenti: quello di General motors a Wentzville, in Missouri, il Ford Bronco nel Michigan e lo stabilimento Jeep di Stellantis a Toledo, in Ohio. Lo sciopero prevede che, dopo questa iniziale mobilitazione, altri stabilimenti potranno essere chiamati a turno per dare il loro contributo nella protesta.

La Cnn spiega che per la prima volta uno sciopero guidato dal sindacato Uaw, nato nel 1935 e con più di 400mila iscritti, colpisce contemporaneamente gli stabilimenti di tutte e tre le grandi industrie dell’auto. L’annuncio della mobilitazione è arrivato con lo scoccare della mezzanotte di giovedì 14 settembre, quando è scaduto il contratto collettivo di lavoratrici e lavoratori degli stabilimenti.

Da tempo il sindacato ha avviato le trattative con i vertici delle aziende, ma non si è arrivati a un accordo. Nell’ambito dei negoziati, due giorni fa Ford ha messo sul piatto un’offerta che considerava “storicamente generosa, con significativi aumenti salariali”, ma che è stata rigettata perché non in linea con le richieste del sindacato.

Le richieste del sindacato

Le richieste vertono sull’investimento di parte dei grandi guadagni delle Big three (21 miliardi nei primi sei mesi del 2023 e 250 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni) in misure in grado di migliorare la qualità della vita di lavoratrici e lavoratori. Aumenti salariali “a due cifre” (circa il 40%) in quattro anni, contro il 10% proposto dalle aziende, così da poter adeguare gli stipendi sull’aumento dell’inflazione; aumenti delle pensioni; turni meno massacranti. “Lavoriamo 60, 70, 80 ore a settimana solo per sbarcare il lunario. Questa non è vita. È ora di cambiare”, si legge nel manifesto delle rivendicazioni sindacali.

Inoltre, lavoratrici e lavoratori chiedono la reintegrazione di alcuni diritti persi durante gli anni della grande crisi delle industrie automobilistiche del 2007-2009, quando anche i sindacati fecero un passo indietro su alcune concessioni per permettere agli impianti di rimanere aperti. Oggi la situazione è cambiata. “Profitti record equivalgono a contratti record”, ha affermato il presidente di Uaw Fain, che nel video di lancio della mobilitazione ha detto: “Il nostro fine non è scioperare ma negoziare un contratto. Questo è un momento decisivo per la nostra generazione”.