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Ma quanto costa davvero un volo low cost?

Author: Wired

Altro che low cost: sommando al prezzo base quelli extra previsti per trolley, bagaglio in stiva e scelta del posto, il costo dei biglietti delle compagnie aeree la cui offerta si caratterizza per una sbandierata economicità schizza in alto in percentuali pari in taluni casi persino al 363%. Lo rileva il monitoraggio annuale che l’associazione dei consumatori Altroconsumo ha effettuato riguardo all’operato di cinque società low cost.

L’analisi

In particolare, l’organizzazione ha selezionato sei voli andata e ritorno per ciascuna compagnia low cost tra easyJet, Ryanair, Volotea, Vueling e Wizz Air, per un totale di 58 voli con partenza tra il 21 giugno e il 7 luglio da Roma o Milano e diretti in destinazioni turistiche e di vacanza nazionali ed europee.

Lo studio ha permesso ad Altroconsumo di verificare come i costi dei servizi aggiuntivi più comuni arrivino ad ammontare quasi al quadruplo di quello iniziale del biglietto. Nel dettaglio, un volo Wizz Air con prezzo base di 24,99 euro è arrivato a costare 115,69 euro. Vueling e easyJet hanno invece proposto ai propri potenziali clienti costi opzionali che rappresentavano un aumento del 300% rispetto a quello del tagliando di viaggio. Ryanair parte da 14,99 e arriva a 54,33 euro (con un salto in avanti del 262%), Volotea da 51,39 a 145,39 (+183%).

Lo storico prezzo

Altroconsumo ricorda che nel 2023 tali dati erano stati ancora più incisivi per le tasche dei viaggiatori, con un aumento massimo del 465%, spiegando la riduzione con il prezzo base più alto dei biglietti del 2024 rispetto a quelli del 2023 e con il conseguente abbassamento di quelli extra. Hanno subito un aumento i costi utili a imbarcare in stiva i propri bagagli e i costi fissi relativi al trasporto di bagagli a mano fuori misura, passati per esempio da 35 a 75 euro per Vueling e da 25 a 55 euro per Wizz Air. Tutti dettagli che hanno spinto l’organizzazione a intervenire “per tutelare il diritto dei consumatori di viaggiare con il bagaglio a mano, senza costi aggiuntivi”.

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Cosa cambia nell’app tv di Netflix

Author: Wired

Netflix cambia faccia. Titoli dei contenuti più grandi, informazioni riorganizzate e lettura facilitata di curiosità relative, per esempio, a film o serie tv che hanno trascorso otto settimane nella top 10. Il 6 giugno Netflix ha lanciato il primo grande aggiornamento della sua app per la tv in dieci anni, testando nuove modifiche utili ad aiutare gli utenti a scegliere più velocemente cosa guardare. Lo riporta l’agenzia Reuters, specificando che l’obiettivo del colosso di Los Gatos sarebbe quello di aumentare il tempo che gli spettatori trascorrono sull’app per fidelizzare i clienti e attirare nuovi abbonati ai nuovi piani con pubblicità.

Nelle ricerche svolte negli ultimi mesi, la piattaforma streaming ha appurato come gli utenti eseguissero quella che il dirigente della società Pat Flemming ha definito “ginnastica per gli occhi”, guardando in lungo e in largo la schermata principale prima di trovare un titolo che li interessasse. In particolare, lo sguardo degli utenti si muoveva spesso senza esito tra le varie sezioni, circostanza che ha spinto la dirigenza a rendere tutto “più semplice, più intuitivo, più facile da navigare”.

Solo una parte dei quasi 270 milioni di utenti di Netflix in giro per il mondo ha già accesso all’app tv con il nuovo formato dal 6 giugno. Da essi, l’azienda si farà inviare commenti sull’esperienza per effettuare eventuali modifiche e, in un secondo momento, mettere le novità a disposizione di tutti i propri clienti. Per il colosso di Los Gatos il tempo di coinvolgimento di questi ultimi è “il miglior indicatore della soddisfazione del cliente”.

Tra le varie modifiche all’app tv, Netflix ha spostato da sinistra in alto e ha aggiunto una nuova scheda chiamata “Il mio Netflix”, che contiene serie tv e film che l’utente ha iniziato a guardare o ha salvato per vederli in un secondo momento. La piattaforma continuerà a offrire suggerimenti personalizzati a ciascun abbonato, senza apportare alcuna modifica all’algoritmo che utilizza per proporli.

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Come il governo vuole rinnovare Dedicata a te, la carta di aiuti economici

Author: Wired

La nuova social card Dedicata a te è pronta a vedere la luce. Lo ha affermato a Il Messaggero il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare (Masaf) Francesco Lollobrigida, che lavora al decreto attuativo interministeriale del sostegno insieme ai colleghi Adolfo Urso e Giancarlo Giorgetti, rispettivamente titolari del dicastero delle Imprese e del made in Italy e di quello dell’Economia e delle finanze.

Per 1,4 milioni di persone delle fasce economicamente più deboli arriverà dunque a luglio, su una carta distribuita in tutti i comuni da Poste Italiane, un aiuto che potrebbe essere superiore a 460 euro totali, da spendere in negozi alimentari e presso distributori di carburante pronti ad attuare sconti anche maggiori del 15%. La presentazione del bonus avverrà però il 6 giugno, alla vigilia dell’appuntamento elettorale dell’8 e del 9 giugno.

I problemi

Le motivazioni, spiega il titolare del Masaf, sono da ricercare nel fatto che “si parla erroneamente di ritardi e milioni di famiglie in difficoltà attendono un aiuto”, e quindi, nonostante la sua intenzione iniziale fosse quella di “presentare il nuovo sostegno subito dopo le elezioni europee”, ai potenziali beneficiari egli debba “una risposta immediata”. A destare preoccupazione nella platea sarebbero stati gli strali di una riunione tenuta il 28 maggio nella sede del ministero con i vertici di Federdistribuzione, Ancc Coop, Ancd Conad, Fida Confcommercio e Fiesa Confesercenti.

In particolare, alcune associazioni non sarebbero convinte di confermare lo sconto del 15% che aveva caratterizzato la misura nel 2023, ritenendolo troppo oneroso a causa della inflazione più bassa, che lo trasformerebbe in una perdita di fatturato; altre vedrebbero poca chiarezza nella bivalenza (per benzina e spesa) della card; altre ancora si sarebbero lamentate dei costi troppo alti dei buoni pasto per i commercianti.

Chi può accedere alla carta

Anche per il 2024 la carta Dedicata a te sarà riservata ai nuclei familiari il cui Isee è uguale o inferiore ai 15mila euro. Non servirà alcuna domanda: sarà l’Inps a individuare la platea dei beneficiari sulla base della dichiarazione dei redditi e spetterà ai comuni avvisare tutti con un sms. Solo allora sarà possibile recarsi nell’ufficio postale più vicino alla propria abitazione e ritirare la tessera. Per la misura sono stati stanziati nella scorsa legge di bilancio 600 milioni, ai quali ne saranno aggiunti 50 dai fondi non spesi nel 2023.

Il sostegno una tantum, che potrebbe non essere confermato nel 2025, potrà essere impiegato nella sua componente principale per l’acquisto di prodotti alimentari, oltre che carburante e abbonamenti del trasporto pubblico locale. Non potranno usufruirne coloro che percepiscono altri sussidi pubblici, i single e le coppie senza figli (avranno precedenza i nuclei con almeno tre componenti, di cui almeno uno under 14) e i non residenti in Italia.

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I buoni pasto non bastano più per la pausa pranzo

Author: Wired

I buoni pasto non bastano più per pagare la pausa pranzo. Il valore medio dei ticket oggi in Italia è di 6,75 euro, ma secondo il 66% del campione intervistato per una ricerca, basta a coprire dal 50% all’80% di un pasto fuori casa. I dati emergono dalla ricerca L’impatto sociale ed economico dei buoni pasto, promossa dall’Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto (Anseb) in collaborazione con Altis Graduate School of Sustainable Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Per il 72% dei lavoratori italiani che ne usufruiscono, rispetto ad altri benefit aziendali simili (per esempio il servizio mensa gratuito o il corrispettivo in busta paga) i buoni pasto sono la miglior soluzione per far fronte alle spese.

Lo studio, finalizzato a fornire una fotografia aggiornata del mercato del benefit, misurare il valore creato e quello percepito da operatori e utenti, valutare la portata di eventuali riforme normative per sperimentare un modello e dare vita a un osservatorio permanente, ha confermato che per i lavoratori il buono pasto rappresenta un supporto flessibile, utile perché utilizzabile su più canali. In questo senso, chi nel territorio italiano lo utilizza maggiormente nella grande distribuzione (l’89% spende per esempio il buono nei supermercati) lo fa a causa della mancanza di bar o ristoranti nei pressi del luogo in cui lavora, fattispecie che si presenta soprattutto nel Mezzogiorno.

Il 66% del campione sondato dalla ricerca ha poi affermato che grazie ai buoni pasto riesce a coprire in media tra il 50 e l’80% del costo di un singolo pasto. Il 62% dei lavoratori intervistati esprime inoltre un livello di soddisfazione medio o alto. In particolare, ad apprezzare i buoni pasto sono in media gli under 35, soddisfatti soprattutto delle versioni digitali e delle app che le aziende hanno messo a loro disposizione, oltre alle donne, agli operai e ai residenti del centro Italia.

Dal punto di vista della percezione, in una scala da 1 a 5 il buono pasto è ritenuto un diritto per i dipendenti con un voto medio di 4,1. Anche questo probabilmente contribuisce a non ritenerlo un elemento che sottrae una parte di stipendio a chi ne usufruisce, ma come un vero e proprio bonus.

Dal punto di vista degli esercenti, il sostegno è ritenuto un servizio utile ad allargare la propria clientela. Visione, quest’ultima, propria soprattutto dei negozi della distribuzione. La garanzia di incasso, per il 51% del campione intervistato, è rappresentata dalle card e dalle app, il cui utilizzo risulta però soddisfacente solo per il 39% degli intervistati a causa di rallentamenti sulle linee, della necessità di utilizzare di più il pos e dei tempi di rimborso. Gli esercenti più soddisfatti sono quelli del centro e del sud Italia: il 51% del campione sondato lo ritiene uno strumento positivo in termini di maggior garanzia di incasso.

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Prime Video ha lanciato il suo piano con pubblicità

Author: Wired

Come annunciato a fine 2023, anche Prime Video ha ufficialmente introdotto la pubblicità nel proprio piano di abbonamento. Gli ultimi paesi in ordine di tempo in cui tale novità ha preso forma sono stati in particolare lo scorso 9 aprile Italia, Francia e Spagna, che si sono dunque aggiunti a Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Austria, Canada e Messico.

I film e le serie tv della piattaforma del colosso dell’ecommerce conterranno quindi annunci che gli utenti visualizzeranno prima e dopo la loro riproduzione. Non cambierà nulla, invece, per gli eventi in diretta, come per esempio quelli sportivi, e i contenuti offerti tramite Amazon Freevee, nei paesi in cui tale servizio è attivo: essi continueranno infatti a includere la pubblicità nelle stesse modalità di sempre.

Tramite gli introiti derivanti dagli annunci, la piattaforma sostiene di potersi permettere di continuare a investirein contenuti interessanti”, aumentando l’investimento a lungo e mantenendo così “la qualità e la quantità dei contenuti”. Il tutto promettendo di “proporre un numero significativamente inferiore di annunci pubblicitari rispetto alla tv tradizionale e ad altri fornitori di servizi tv in streaming”.

A differenza di competitor come Netflix e Disney+, la società di Seattle non ha previsto un piano con inserimento di pubblicità a un prezzo più moderato da offrire ai propri clienti. Al contrario, ha già implementato con gli annunci gli abbonamenti base, presentando una nuova “versione Go senza pubblicità” per chi volesse continuare a vedere i contenuti della piattaforma senza. Per iscrivervisi, gli utenti dovranno selezionare l’opzione senza pubblicità sul sito di Prime Video e pagare 1,99 euro al mese in più rispetto ai 49,90 euro dell’abbonamento annuale o ai 4,99 euro di quello mensile.

Il colosso di Seattle specifica inoltre che alcuni titoli, anche nella versione senza spot, continueranno a includere trailer promozionali prima di un film o di un programma di altro tipo. Sarà possibile saltare tali trailer, ma non rimuoverli.