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Persone transgender: i veri numeri della detransizione di genere

Author: Wired

Negli ultimi anni l’interesse per i cosiddetti detransitioners, ovvero le persone che decidono di interrompere o invertire il proprio percorso di affermazione di genere, è aumentato significativamente all’interno del dibattito pubblico, complici, tra le altre cose, discussioni su proposte di legge o riforme sui diritti delle persone transgender, come il Gender Recognition Reform Bill in Scozia, il ddl Zan in Italia o la Trans Ley in Spagna, approvata il 16 febbraio scorso. 

Questa tendenza è stata accompagnata anche da un aumento di alcune narrazioni sulla detransizione nei media mainstream, che, secondo alcuni, cercherebbero di mettere in discussione gli attuali approcci alla regolamentazione dell’accesso alle cure mediche di affermazione di genere per le persone transgender. Questo è stato sostenuto anche da diversi attivisti, come riportato dalla Nbc News del 2019, secondo cui l’attuale narrativa su questo tema farebbe sembrare il cosiddetto “rimpianto della transizione” più comune di quanto non sia veramente, e contribuirebbe a diffondere idee stigmatizzanti nei confronti delle persone transgender. Ma che cos’è la detransizione di genere e soprattutto qual è la reale portata di questo fenomeno?

Affermazione di genere e detransizione

Per spiegare cosa sia il fenomeno della detransizione, prima è bene capire cosa si intende per transizione, o, più propriamente, di cosa parliamo quando facciamo riferimento al percorso di affermazione di genere. Secondo il National lgbtqia+ health education center statunitense, l’affermazione di genere è quel processo di cambiamento sociale, legale e/o medico finalizzato a vedere riconosciuta, accettata e libera di esprimersi la propria identità di genere. Una persona transgender o gender-diverse, che presenta un’identità di genere diversa dalle caratteristiche del sesso biologico assegnato alla nascita, quindi, può decidere, supportata dal personale sanitario e una volta diagnosticata la presenza di incongruenza di genere, di iniziare un percorso che varia da persona e persona e che può prevedere diversi tipi di cambiamenti

In particolare, quelli a livello sociale (tanto che spesso si parla, in ambito clinico, di “transizione sociale”) possono includere il cambiamento dei pronomi, del nome e di altre forme sociali di espressione del genere; quelli legali prevedono la modifica del nome, della designazione del sesso e dei marcatori di genere sui documenti legali (maschio/femmina). Infine, i cambiamenti medici possono includere quelli legati all’assunzione di ormoni e/o a interventi chirurgici. Come sottolinea anche l’Istituto superiore di sanità (Iss) sul portale Infotrans.it, il percorso di affermazione di genere non obbliga la persona che non lo desidera a sottoporsi a interventi chirurgici a carico dei genitali e l’iter non è sempre lo stesso per tutti: quello che generalmente si fa è adattare il percorso a seconda delle reali esigenze individuali

Con il termine detransizione, quindi, ci si riferisce all’interruzione o all’inversione, anche temporanea, di uno o più aspetti del processo di affermazione del genere. Come è successo con il termine “transizione”, sottolinea uno studio pubblicato sulla rivista Lgbt health, anche l’uso del termine “detransizione” solleva qualche dubbio, sia perché implicherebbe che l’identità di genere sia subordinata ai processi di affermazione di genere, sia perché a volte esso viene confuso con il rimpianto o il pentimento associato al percorso di affermazione di genere, in particolare per quanto riguarda i cambiamenti medici e chirurgici, e la delegittimazione della persona riguardo alla conoscenza della propria identità di genere.

L’importanza delle parole

Sebbene a volte siano erroneamente visti come sinonimi, infatti, detransizione e pentimento sono concetti diversi, che in alcune persone possono sovrapporsi, in altre no. Come riporta l’ultima edizione delle linee guida della World professional association for transgender health (Wpath), alcune persone transgender o gender-diverse possono sperimentare un cambiamento dell’identità di genere nel corso del tempo, con una conseguente evoluzione delle loro esigenze di trattamento medico. Si tratta di un processo – continua il documento – sano e ragionevole, utile a determinare per ogni persona il modo più confortevole e congruente di vivere relativamente all’identità di genere. 

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Economia Tecnologia

Apple, un fondo pensione italiano ha votato contro Tim Cook alla guida

Author: Wired

Il Fondo Cometa, principale fondo pensione italiano che detiene un pacchetto di azioni Apple da 65 milioni di dollari, ha votato contro la rielezione di Tim Cook ad amministratore delegato della compagnia, di Art Levinson a presidente e per la riduzione del compenso di Cook, pari a 1.177 volte quello medio dei lavoratori di Apple.

I due dirigenti della multinazionale di Cupertino, tra le più ricche al mondo, sono stati contestati da Cometa per le gravi preoccupazioni che permangono sulla piena libertà sindacale e sul pieno rispetto dei diritti umani lungo la catena dei fornitori Apple”.

Uno studio dell’associazione KnowTheChain ha rilevato due casi di presunto sfruttamento del lavoro forzato presso alcuni fornitori e la stessa Apple, nel 2021, ha ammesso di imporre ai propri lavoratori la firma di accordi di riservatezza per impedirgli di segnalare comportamenti aziendali inappropriati, sotto la minaccia di ritorsioni.

Il rapporto ha poi denunciato anche il fornitore cinese Foxconn, per aver costretto i propri dipendenti a lavorare in condizioni ad alto rischio di contagio, durante la pandemia da Covid-19, e di aver poi represso con la forza le loro proteste, usando la vigilanza aziendale.

Infine, Cometa ha votato contro l’esorbitante compenso percepito da Tim Cook, 1.177 volte superiore a quello medio percepito di lavoratori e dalle lavoratrici Apple. Una pratica contraria ai criteri di sostenibilità delle remunerazioni sostenuti dal Fondo.

Nonostante il voto espresso non contribuirà a un’effettiva rimozione di Cook e Levinson dai loro incarichi, o a una diminuzione del salario dell’amministratore delegato, rappresenta comunque un forte segnale di come l’attenzione di alcuni azionisti si stia spostando nuovamente verso la tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, l’equità retributiva e la trasparenza nella governance aziendale.

Cometa è il fondo pensione dei i lavoratori e le lavoratrici dell’industria metalmeccanica, dell’installazione impianti e settori affini e del settore orafo e argentiero. Nato nel 1997 da un accordo tra le organizzazioni di categoria delle imprese e i sindacati, conta oggi 440 mila iscritti e un patrimonio di 13 miliardi di euro.

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Economia Tecnologia

TikTok sta realizzando tre data center in Europa

Author: Wired

Si chiama Clover, in italiano “trifoglio”, il nuovo progetto messo in campo da TikTok. La piattaforma cinese di intrattenimento ne ha annunciato i dettagli l’8 marzo, spiegando che introdurrà nuove misure per garantire maggiore sicurezza ai dati dei paesi membri dell’Unione europea, del Regno Unito e di Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

Sulla base dell’approccio adottato negli Stati Uniti, TikTok potenzierà gli attuali controlli sull’accesso ai dati introducendo nuovi gateway di sicurezza attraverso i quali i dipendenti potranno accedere ai dati degli utenti TikTok dello spazio economico europeo e del Regno Unito e questi ultimi potranno essere trasferiti. Di fatto, ogni accesso ai dati dovrà quindi passare prima attraverso diversi controlli.

La piattaforma cinese ha reso anche noto che garantirà supervisione e controllo indipendenti nominando come partner una terza parte europea specializzata in materia di sicurezza dei dati. Sarà quindi una società distinta a occuparsi della supervisione e del processo di audit sui controlli e sulla protezione dei dati, a monitorare il flusso di questi ultimi e a fornire verifiche indipendenti, nonché report sulle eventuali anomalie. TikTok collaborerà inoltre con altre società per includere nel proprio approccio le più recenti e avanzate tecnologie utili a rafforzare ulteriormente la privacy.

Tutto questo sarà possibile perché la piattaforma cinese, a complemento del data center europeo di Dublino già annunciato lo scorso anno, ne realizzerà un altro nella capitale irlandese e uno nella regione di Hamar, in Norvegia. Quest’ultimo funzionerà peraltro utilizzando energia rinnovabile al 100%, derivata principalmente da impianti idroelettrici locali.

TikTok ha già iniziato a conservare in Irlanda i dati delle oltre 150 milioni di persone europee che ogni mese accedono alla piattaforma e continuerà a farlo per tutto il 2023 e nel 2024. Una volta completati, i tre data center saranno in grado di conservare i dati degli utenti grazie a un investimento annuale totale di 1,2 miliardi di euro.

A lavorare al progetto Clover è impegnato già dallo scorso anno un team interno dell’azienda, con l’obiettivo non soltanto di rendere la piattaforma conforme agli standard europei in tema di sicurezza dei dati, ma di stabilirne addirittura di nuovi e più evoluti, minimizzando i flussi di dati al di fuori dall’Europa e limitando il più possibile l’accesso dei dipendenti alle informazioni degli utenti.

Il progetto Clover – afferma il vicepresidente delle Relazioni governative e delle Politiche pubbliche di TikTok in Europa Theo Bertramconsolida l’impegno che abbiamo assunto da tempo riguardo la sicurezza dei dati in Europa e contribuisce a far sì che la nostra community europea, con ben 150 milioni di utenti, possa beneficiare di un sistema di protezione e sicurezza dei dati ai massimi livelli del settore”.

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Economia Tecnologia

Auto a benzina e diesel, il voto finale sullo stop in Europa è stato rimandato

Author: Wired

Le pressioni per bloccare lo stop europeo alla vendita di nuovi veicoli a diesel e benzina entro il 2035 hanno funzionato. Il voto sulla misura da parte del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) sarebbe dovuto essere una mera formalità, dopo l’accordo raggiunto tra Consiglio dell’Unione e Parlamento europeo, ma lo sforzo contrario di Italia, Germania, Polonia e Bulgaria ha costretto Comitato a rinviare la votazione.

“Il Coreper ha deciso di rimandare la votazione finale sullo stop alla vendita di veicoli a diesel e benzina nel 2035, spostando l’incontro previsto il 7 marzo 2023 a una prossima riunione del comitato. Il Coreper affronterà la questione a tempo debito”, ha scritto su Twitter Daniel Holmberg, portavoce svedese del Coreper.

In Italia la decisione è stata accolta con soddisfazione dalla Federmotorizzazione, che raccoglie gli imprenditori attivi nella vendita di veicoli e parti di ricambio. Il presidente Simonpaolo Buongiardino ha rivolto “un plauso al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che “ha guidato la nostra rappresentanza” e “all’azione di Regione Lombardia per aver contribuito a “creare un gruppo” di paesi europei “contrari allo stop”.

Lo stop europeo

Il divieto, concepito come una transizione in 15 anni delle imprese alla produzione di veicoli elettrici, propone il divieto alla vendita di nuovi veicoli a combustione sul mercato interno dal 2035. una misura ideata per ridurre del 100% le emissioni di CO2 del settore dei trasporti, per contrastare le emissioni climalteranti dei veicoli tradizionali.

Tuttavia, la cordata formata da paesi produttori di veicoli e da quelli con il maggior numero di auto in circolazione ha incominciato a sollevare opposizione al progetto già approvato dal Parlamento nelle settimane precedenti al voto definitivo.

Alcuni di questi paesi, come l’Italia, avevano già chiesto di posticipare lo stop al 2040, mentre altri come la Germania, leader mondiale dell’industria automobilistica, hanno fatto pressioni per poter escludere dal divieto i veicoli alimentati con i carburanti sintetici, noti anche come e-fuels. Una tecnologia criticata dalle organizzazioni ambientaliste, per il loro impatto ambientale di filiera e per la loro produzione di emissioni da combustione.

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Economia Tecnologia

Superbonus e altri sussidi edilizi hanno generato 111 miliardi di crediti fiscali

Author: Wired

In poco meno di due anni e mezzo, il sistema del superbonus 110% e degli altri bonus edilizi ha generato, in termini di cessioni sconti in fattura, crediti fiscali per 110,8 miliardi di euro in più di 13,5 milioni di operazioni diverse. In particolare, tra il 15 ottobre 2020 e l’1 marzo 2023, sono stati prodotti 61,9 miliardi attribuibili al superbonus 110%, 25 al bonus facciate, 11,5 all’ecobonus. I restanti 12,4 miliardi sono invece collegati ad altri incentivi.

Dal punto di vista delle annualità, i crediti registrati sono stati pari a circa 3,2 miliardi nel 2020, a 56,2 miliardi nel 2021, a 50,7 miliardi nel 2022 e a 819 milioni nelle prime settimane del 2023. Tutti questi dati, come riporta l’agenzia stampa Radiocor, sono stati elencati in commissione Finanze alla Camera dal direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini, nel corso dell’audizione sul decreto legge superbonus.

Le prime cessioni e gli sconti in fattura dei bonus edilizi relativi alle spese sostenute nel 2022 – ha spiegato – potranno essere comunicati all’Agenzia ancora per tutto il mese di marzo 2023. Pertanto, un dato piuttosto consolidato relativo ai bonus derivanti dalle spese del 2022 sarà disponibile solo nella prima decade di aprile 2023”,  dopo che i dati saranno stati caricati sulla piattaforma.

Ruffini ha poi segnalato che il 18,4% dei bonus edilizi, pari a circa 20,4 miliardi, fa capo alle imprese di costruzioni, mentre al sistema bancario risultano acquistati incentivi per quasi 51,3 miliardi. Il direttore ha però specificato che “non dispone di informazioni relative a impegni assunti dalle banche in corso di lavorazione, non ancora comunicate”, quindi i dati potrebbero essere sottostimati, includendo solo le operazioni già disponibili sulla piattaforma.

In capo alle banche e alle società del gruppo restano le rate dei crediti d’imposta da fruire per il 2023 e per gli anni successivi, per un totale di oltre 47,7 miliardi. I bonus acquistati e detenuti dalle compagnie assicurative ammontano invece a 4,5 miliardi.