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Donne, l’odio online va di pari passo con gli attacchi ai diritti

Author: Wired

In Italia, le donne in politica più soggette a campagne di disinformazione e odio sono quelle che sostengono i diritti civili o tematiche ambientaliste. In questo modo, secondo i risultati della ricerca Monetizing misogyny dell’organizzazione She persisted, violenza e fake news vengono usate sia per screditare le donne, sia per attaccare le scelte politiche che rappresentano. E spesso, gli attori responsabili di queste campagne sui social sono gli stessi che diffondono un flusso incessante di contenuti filorussi.

La misoginia come retorica antidemocratica

Appare chiaro come gli attacchi, in particolare le campagne di disinformazione sui social, non siano unicamente il frutto di misoginia contro tutte le donne, ma vadano compresi all’interno di un fenomeno politicamente motivato di attacco contro alcuni valori e principi politici di matrice liberale, quali il rispetto delle minoranze, l’uguaglianza di genere, i diritti e l’emancipazione femminile”, ha spiegato Lucina Di Meco, cofondatrice di She persisted, che ha condotto lo studio assieme alla ricercatrice Nicoletta Apolito.

La misoginia online fa quindi parte di una più ampia retorica antidemocratica, declinata in varie sfumature e sfruttata dalle campagne di disinformazione organizzate da regimi autoritari e antifemministi. È il caso di un paese come la Russia, dove il suo leader Vladimir Putin promuove da anni una vera e propria politica della mascolinità, sia a livello istituzionale che comunicativo. La retorica antifemminista e di esaltazione del leader come forte e maschio viene usata per legittimare le sue scelte autoritarie e delegittimare i suoi avversari, all’interno e all’esterno del paese.

Una minaccia per la sicurezza

Una retorica spicciola e banale, ma che funziona e attrae consensi tra chi apprezza l’uomo forte al comando ed è legato a visioni tradizionaliste, come l’idea che la famiglia sia fatta solo da un uomo e da una donna o che il ruolo della donna nella società sia quello di madre. In questo modo, vengono giustificati e legittimati gli attacchi contro le donne che escono dagli schemi classici di femminilità, perché trasformate nel capro espiatorio per tutti i problemi della società e causa di un presunto declino dell’occidente.

Per questo, secondo le ricercatrici di Monetizing misogyny, la misoginia online non porta solo a un arretramento nei diritti delle donne e dei valori democratici nel loro complesso, ma diventa anche una minaccia per la sicurezza nazionale quando gli attori stranieri la usano per sfruttare le divisioni già interne alle società in cui scatenano le loro campagne.

La disinformazione di genere

Questa strategia è stata chiamata da Lucina Di Meco con il nome di disinformazione di genere, cioè la diffusione di informazioni o immagini ingannevoli o imprecise, utilizzate contro le donne nella vita pubblica, per delegittimare la loro figura e le loro istanze politiche. In particolare, nel contesto italiano, la disinformazione di genere etichetta le donne in politica come nemiche delle donne e dei bambini, brutte, bugiarde, inaffidabili, privilegiate o incompetenti.

Il ruolo dei social

Sui social, gli attacchi contro le donne proliferano grazie ad ambienti maschili, che sostengono come l’attuale sistema democratico vada ad opprimere gli uomini in favore delle donne. Una retorica vittimistica che ricalca quella già osservata nella Russia contemporanea, ma che in Italia si è diffusa grazie alle community dei cosiddetti celibi involontari, o incel, degli Stati uniti, secondo cui i maschi sarebbero vittime del femminismo.

Da qui nascono fiumi di contenuti odiosi, sessisti e oltraggiosi, che descrivono le donne come geneticamente inferiori o manipolatrici. Narrazioni violente ma ignorate dai sistemi di moderazione delle piattaforme social, perché generano coinvolgimento e profitti. Questi contenuti vengono infatti resi virali e appiccicosi dagli algoritmi, che ne potenziano la diffusione dentro e fuori gli ambienti più maschilisti. 

Secondo le ricercatrici, è proprio il modo in cui sono progettate le piattaforme a essere in gran parte responsabile “del paesaggio infernale che le donne vivono attualmente in rete”. I principali social hanno infatti ripetutamente fallito nel limitare contenuti misogini o sessisti e, stando ai numeri, le donne sono “le vittime più colpite dalla violenza” nei social media.

I dati e le informazioni riportate provengono dai risultati della ricerca Armi di reazione e odio, caso studio italiano del progetto Monetizing mysogyny, condotta dall’organizzazione She Persisted e dall’università Luiss di Roma. Lo studio è stato condotto attraverso il monitoraggio e l’analisi delle piattaforme social da gennaio a marzo 2022, assieme a interviste e rilevazioni di ricerche precedenti.

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Russia, i file che svelano la guerra informatica

Author: Wired

Nel loro insieme, offrono una panoramica dei mezzi, degli obiettivi e delle capacità del Cremlino nel cyberwarfare. Tra le altre cose, nei documenti è stata trovata una mappa degli Stati Uniti con diverse posizioni segnalate come importanti e informazioni dettagliati di una centrale nucleare Svizzera.

NotPetya

In particolare, Vulkan avrebbe fornito addestramento e strumenti a Sandstorm per attaccare, oltre all’Ucraina, le Olimpiadi in Corea del Sud e lanciare NotPetya, il malware economicamente più distruttivo della storia. Il nome in codice del malware in questione è Scan-V, in grado di raccogliere informazioni sugli obiettivi per trovare e memorizzarne le vulnerabilità e coordinare gli attacchi internamente.

Amezit

Un altro strumento sviluppato da Vulkan è Amezit. Progettato per sorvegliare, controllare e censurare internet, diffondere disinformazione creando pagine e profili falsi e interrompere il traffico di rete. Inoltre, è anche in grado individuare falle e lacune di sicurezza nei software di specifici apparecchi di telecomunicazione di aziende come Huawei, Juniper e Cisco.

Il sistema viene usato sia per tenere sotto controllo la rete nelle regioni assoggettate a Mosca, sia per le campagne di disinformazione internazionali, tramite la creazione in massa di profili falsi che diffondono contenuti favorevoli al Cremlino, i cui legami con la Russia vengono occultati grazie alla creazione di indirizzi di posta elettronica su Google, Yahoo e Hotmail e mascherando l’origine dei dati con il sottosistema Lpi/Legend.

Crystal-2V

Vulkan è anche responsabile della creazione di Crystal-2V, un programma di addestramento per i cyber operatori su come compiere attacchi mirati contro le infrastrutture critiche, come le ferrovie, il traffico aereo, le reti elettriche e idriche. Il file relativo a questo software spiega come “il livello di segretezza delle informazioni elaborate e memorizzate nel prodotto è top secret”.

Project Fraction

Infine, l’azienda ha creato per l’Fsb un programma chiamato Fraction, in grado di monitorare le attività ritenute critiche per il regime all’interno dei sui confini. Il sistema analizza in massa i post sui social media come Facebook, Twitter e i russi Vkontakte e Odnoklassniki, alla ricerca di parole chiave ritenute pericolose, con l’obiettivo di individuare e tenere sotto controllo potenziali oppositori.

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Ucraina, com’è la situazione nella centrale nucleare di Zaporizhzhia

Author: Wired

Le condizioni della più grande centrale nucleare d’Europa, nella città ucraina di Zaporizhzhia, sono sempre più critiche a causa dell’intensificarsi delle attività militari. Il pericolo maggiore è quello che un colpo diretto o un guasto ai sistemi di sicurezza possano causare incidente nucleare che non risparmierà nessuno. Sono queste le preoccupanti valutazioni di Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), a conclusione della sua seconda missione presso la centrale.

L’impianto atomico si trova sulla sponda meridionale del fiume Dnipro, che taglia a metà l’Ucraina passando per Kyiv prima di sfociare nel mar Nero, e oggi rappresenta la linea del fronte nel suo ultimo tratto, da Zaporizhzhia a Kherson. Se l’omonima città è ancora sotto il controllo ucraino, la parte sud orientale della regione è occupata dalle forze russe dall’inizio dell’invasione, che hanno conquistato la centrale un anno fa, assumendone il controllo e usandola per attaccare le posizioni dell’esercito di Kyiv al di là del fiume.

L’Aiea monitora la situazione nella centrale dallo scorso settembre, con squadre di scienziati che a turno presidiano l’impianto, per assicurarne il corretto funzionamento e ridurre i rischi posti dai continui blackout e dalla carenza di personale, dopo l’evacuazione di tre quarti dei lavoratori ucraini e lo stato di elevato stress e stanchezza a cui sono costretti quelli rimasti, sottoposti a continue violenze e minacce da parte degli occupanti russi.

Con l’intensificarsi dei combattimenti nell’area, tra offensive russe e controffensive ucraine, il capo dell’Agenzia ha deciso di tornare personalmente a verificare le condizioni della centrale, cogliendo l’occasione di accompagnare la nuova squadra di scienziati che resterà nell’impianto per i prossimi due mesi. L’arrivo del gruppo precedente, a febbraio, era stato rallentato dalle condizioni particolarmente pericolose della zona, che hanno aumentato le preoccupazioni dell’Aiea.

“È ovvio che l’attività militare sta aumentando in tutta la regione. Si parla apertamente di offensive e controffensive. Quest’area sta affrontando forse la fase più pericolosa dall’inizio del conflitto ha detto Grossi, sottolineando come sia vitale trovarsi “d’accordo sul principio fondamentale che una centrale nucleare non dovrebbe essere attaccata in nessuna circostanza, né essere usata per attaccare altri“.

Per ridurre i pericoli, tutti e sei i reattori della centrale sono stati spenti, ma due restano in quello che si chiama “arresto caldo”, per continuare a fornire una limitata quantità di energia e alimentare i sistemi di sicurezza e di riscaldamento. Ma nonostante queste precauzioni, secondo Grossi la situazione non è sostenibile e la Russia dovrebbe accettare di ritirare il presidio militare della centrale e istituire una area di non combattimento attorno all’impianto.

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Intelligenza artificiale: appello per bloccare per 6 mesi lo sviluppo

Author: Wired

Il cosiddetto scenario Terminator sta preoccupando i più importanti esperti di intelligenza artificiale (Ia) e i dirigenti del settore. Citando potenziali rischi per la società e per gli esseri umani, circa mille persone, tra cui Elon Musk e i ricercatori di DeepMind, progetto di Google, hanno chiesto di fermare per almeno sei mesi l’addestramento di tutte le IA più potenti di GPT-4, il più avanzato sistema di OpenAi.

“Negli ultimi mesi, i laboratori di Ia hanno cominciato una corsa fuori controllo per sviluppare e impiegare menti digitali sempre più potenti, che nessuno – nemmeno i loro creatori – è in grado di comprendere, prevedere o controllare in modo affidabile”, sostengono Musk, i ricercatori di DeepMind di Alphabet e altri esperti mondiali dell’intelligenza artificiale come il canadese Yoshua Bengio, il britannico Stuart Russel e l’italiana Francesca Rossi, global leader per l’etica dell’Ia in Ibm.

Assieme a loro, altri mille scienziati, dirigenti ed esperti hanno sottoscritto la lettera aperta pubblicata dal Future for life institute, un’organizzazione senza scopo di lucro, il cui scopo è tenere sotto controllo i potenziali rischi catastrofici ed esistenziali posti all’umanità dallo sviluppo delle nuove tecnologie e, in particolare, dalle intelligenze artificiali.

L’appello

Nel lanciare il suo allarme, la lettera sottolinea come i sistemi di intelligenza artificiale come ChatGPT stiano diventando sempre più competitivi con gli esseri umani, aprendo a una serie di domande fondamentali. Dobbiamo lasciare che le macchine inondino i nostri canali di informazione con propaganda e falsità? Dovremmo automatizzare tutti i lavori, compresi quelli più soddisfacenti? Dovremmo sviluppare menti non umane che alla fine potrebbero superarci di numero, essere più intelligenti, renderci obsoleti e sostituirci? Dobbiamo rischiare di perdere il controllo della nostra civiltà?” si legge.

E a questi interrogativi, fino a oggi quasi esclusivamente fantascientifici, gli esperti hanno dato una risposta molto chiara: Queste decisioni non devono essere delegate a leader tecnologici non eletti”. Un’affermazione che riporta sul piano politico un dibattito etico fondamentale sullo sviluppo e sul futuro dell’umanità.

“Pertanto – continua la lettera – chiediamo a tutti i laboratori di Ia di sospendere immediatamente per almeno 6 mesi l’addestramento di sistemi di aA più potenti di Gpt-4. Questa pausa deve essere pubblica, verificabile e deve includere tutti gli attori chiave. Se tale pausa non verrà attuata rapidamente, i governi dovrebbero intervenire per imporla”.

Pausa allo scopo di sviluppare e implementare “congiuntamente” una serie di protocolli di sicurezza condivisi, per rendere i sistemi di Ia più avanzati sicuri, interpretabili, trasparenti, robusti, allineati, affidabili e leali. Allo stesso tempo, i governi dovrebbero “accelerare drasticamente lo sviluppo di solidi sistemi di governance delle Ia”, istituendo nuove autorità di regolamentazione, controllo, monitoraggio e sorveglianza, in grado di affrontare i drammatici sconvolgimenti economici e politici (soprattutto per la democrazia) che saranno causati dalle Ia”.

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Sindrome di Down, arriva su TikTok la campagna contro le discriminazioni

Author: Wired

In un mondo sempre più inclusivo c’è ancora chi tira fuori scuse ridicole per non essere inclusivi!”, è questo l’incipit dei video della campagna sulla sindrome di Down Ridiculous Excuses, Not To Be Inclusive che il Coordinamento Nazionale associazioni delle persone con sindrome di down CoorDown ha lanciato su TikTok in occasione della Giornata mondiale dedicata alla sindrome che cade ogni anno il 21 marzo. L’iniziativa internazionale ha lo scopo di dare visibilità alle esperienze di bambini e bambine, adolescenti, giovani donne e uomini con sindrome di Down e di mettere in luce le discriminazioni che vivono ogni giorno sulla loro pelle. “Non sei tu, siamo noi”, “Non c’è posto per lei”, sono solo alcune delle scuse con cui i bambini e ragazzi con la sindrome di Down sono stati esclusi da contesti lavorativi, scolastici e sportivi nel corso della loro vita

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Con questa campagna globale tocchiamo un tema che riguarda ognuno di noi: dare un nome e rendere visibile un fenomeno che le persone con sindrome di Down e i loro genitori, fratelli, sorelle e caregiver sperimentano quotidianamente. Sembrano forse piccoli eventi, in realtà sono vere e proprie discriminazioni fatte spesso con un sorriso di circostanza o di inconsapevolezza che segnano però le vite e i cuori di chi le subisce – dichiara Antonella Falugiani, presidente di CoorDown Odv –. È arrivato il momento di abbattere anche questo muro e smascherare le false ‘buone intenzioni’ di chi per pigrizia o mancanza di comprensione ancora esclude le persone con disabilità intellettiva. Con questa campagna daremo spazio e voce a ragazzi, ragazze, bambini e adulti con le loro famiglie che ci racconteranno quante scuse ridicole hanno dovuto ascoltare e come hanno reagito per affermare il diritto a partecipare e a decidere su ogni aspetto della loro vita”.

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Attraverso questa campagna, nata in collaborazione con l’agenzia creativa Small di New York e prodotta da Indiana Production e Tiny Giant per la regia di Stoney Sharp con musica composta e realizzata da Stabbiolo Music, i ragazzi con la sindrome di Down raccontano episodi di discriminazione e lanciano un appello agli utenti di TikTok, il quale, con i suoi oltre un miliardo di utenti, diventa così un amplificatore del messaggio. Sul canale di TikTok di CoorDown è disponibile anche un corto che introduce l’iniziativa e in cui vengono ricreate le situazioni inaccettabili che i ragazzi con la sindrome di Down devono affrontare in vari contesti. 

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“Abbiamo spesso avuto prova di come i creator della nostra community, grazie alla loro originalità, riescano a superare barriere linguistiche, culturali e sociali, creando consapevolezza e prese di posizione su tematiche tabù, di nicchia, oppure non particolarmente ‘cool’ – aggiunge Giacomo Lev Mannheimer, responsabile delle relazioni istituzionali Sud Europa di TikTok –. Il loro successo dimostra come l’autenticità possa essere un incredibile veicolo di campagne di sensibilizzazione: megafono globale, nonché catalizzatore per coinvolgere e far riflettere milioni di persone su tematiche socialmente indispensabili. Il tutto partendo da storie di straordinaria quotidianità. Data questa affinità di intenti e mondi, siamo stati entusiasti di abbracciare il progetto di CoorDown: la campagna è innovativa e toccante e non vediamo l’ora di vedere cosa la community creerà e l’impatto positivo che le storie condivise genereranno”.