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L’economia degli Appennini rinasce grazie agli orsi

Author: Wired

L’abbandono degli Appennini dovuto a motivazioni socioeconomiche ha prodotto una conseguenza inattesa: un potente processo di rinaturalizzazione (rewilding, viene definito). Il lockdown pandemico ha dimostrato che, lasciata a sé stessa, la natura è in grado di riprendersi gli spazi. Sull’Appennino centrale, un’imponente catena di picchi calcarei che raggiungono i tremila metri a solo un paio d’ore di macchina da Roma, è possibile vedere orsi, lupi, cervi, aquile reali e avvoltoi.

In conseguenza dello spopolamento, “a vaste aree è stato permesso di diventare molto più selvagge di prima – afferma l’associazione locale Salviamo l’orso -. Grandi erbivori, carnivori e necrofagi stanno tornando al loro numero naturale in questo ricco paesaggio a mosaico”. E le persone, che prima facevano fatica a rimanere nei loro paesi guadagnandosi da vivere secondo lo stile tradizionale, “ora hanno trovato nuove fonti di reddito aggiuntive o alternative legate alla fauna selvatica, ai valori e alla natura selvaggia”.

I cambiamenti nell’uso del suolo, l’esodo rurale, la perdita di biodiversità e l’indebolimento della cultura tradizionale si sono trasformati in nuove opportunità – proseguono i volontari – attirando imprenditori giovani e meno giovani, nonché molti visitatori più e meglio paganti provenienti da fuori regione, anche da lontano. In combinazione con la vendita di prodotti dalle aree circostanti in cui le persone utilizzano ancora il paesaggio in modi tradizionali e sostenibili, questa è una parte vitale del reddito delle comunità nella regione”.

Il problema della convivenza

Ma il confronto con la natura selvaggia non è sempre facile. La convivenza con una fauna per definizione non addomesticata può dar luogo a episodi di insofferenza, quando non di vero e proprio rifiuto. Una giovane laureanda del Politecnico di Zurigo, Paula Mayer ha dedicato uno studio alla questione, arrivando a conclusioni interessanti. Mayer ha valutato ventuno comuni dell’Appennino centrale, territorio dell’orso marsicano, di cui rimangono solo una settantina di esemplari. “Quello che abbiamo scoperto intervistando la popolazione è che, anche a pochi chilometri di distanza, l’atteggiamento nei confronti degli orsi può essere molto differente, per non dire antitetico dice a Wired -. I fattori economici contano moltissimo: per esempio, le popolazioni che dall’allevamento traggono la fonte primaria del proprio sostentamento sono molto più ostili ai plantigradi: questo perché, per chi possiede dieci pecore, perderne una rappresenta un danno ingente. Discorso opposto per chi vive di turismo, dato il boom di questi anni. Ma contano anche i fattori fattori psicologici e culturali: chi è stato in contatto con gli orsi per lungo tempo mostra un atteggiamento di apertura, al contrario di chi ne ha solo sentito parlare, spesso peraltro con informazioni inesatte diffuse da opinion maker locali“.

Secondo Mayer, inoltre, alcune tra le problematiche di coesistenza con l’orso affondano le radici nel conflitto inconscio città- campagna: insomma, sugli animali vengono proiettati vissuti emotivi che con loro c’entrano poco.

Un modello matematico

La ricercatrice, che ha pubblicato il suo studio sul Journal for Conservation Biology su impulso della professoressa Adrienne Grêt-Régamey, ha utilizzato una rete bayesiana (un modello grafico probabilistico) per incrociare diversi strati di variabili: quelle sulla propensione umana alla coesistenza (di cui si è detto) assieme a quelle sugli habitat più interessanti per gli orsi (come disponibilità di fonti d’acqua, presenza di frutteti e bestiame non protetto). Il risultato è una mappa che mostra in quali aree la coesistenza ha probabilità di funzionare meglio, e può essere utilizzato da ong e decisori per orientare le politiche di ripopolamento.

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Quanto costa il granchio blu

Author: Wired

Il granchio blu è ancora al centro del dibattito in tutta Italia e, da quando la soluzione migliore che la politica ha trovato per tenere a bada l’invasione sembra essere quella di mangiarlo, il prezzo al chilo di questo crostaceo è raddoppiato in meno di un mese, arrivando fino ai 15 euro al chilo. I prezzi variano a seconda della zona geografica dove viene pescato e dalla domanda della clientela, che sembra essere sempre più interessata a provare questo nuovo prodotto.

Il crollo dei prezzi

Ad agosto del 2022 il Corriere della Sera pubblicava un articolo relativo proprio al consumo e al costo del granchio blu, definendolo come pregiato e richiesto, ma anche molto costoso. In base ai prezzi riportati dal quotidiano, lo scorso anno il granchio blu sembrava arrivare a costare fino ai 30 e i 40 euro al chilo, per essere servito in alcuni ristoranti orientali anche a 150 euro al chilo. Oggi, un anno dopo, il costo si aggira dai 3,50 euro ai 15 euro al chilo.

Il drastico calo dei prezzi sembra derivare proprio dalla sua estrema diffusione in tutta Italia, che ha portato il governo a stanziare 2,9 milioni di euro per eradicarne la specie, catturandone tonnellate di esemplari. Solo nel piccolo comune di Porto Tolle, in Veneto, se ne pescano 180 quintali al giorno che vengono immediatamente immesse sul mercato, anche per far recuperare le perdite a quelle aziende ittiche colpite negativamente dalla passione del granchio blu per cozze e vongole dell’Adriatico.

Dove costa meno

Nel dettaglio, come riporta Repubblica, Napoli si conferma il mercato con il prezzo più basso per il granchio blu, appena 3,50 euro al chilo. In Emilia Romagna, Toscana e Veneto il prezzo sale tra i 5 e i 9 euro, mentre il costo schizza in Lombardia e nel Lazio, dove il prezzo medio varia dai 12 ai 15 euro al chilo. In alcune zone del Lazio, in provincia di Latina, sembra che possa anche arrivare attorno ai 30 o 40 euro al chilo, ma solo perché spacciato come granchio blu reale, quindi è importante stare attenti alle truffe.

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Chi sta difendendo Roberto Vannacci, il generale dell’Esercito autore di un libro razzista e omofobo

Author: Wired

Sul caso del libro razzista, sessista e omofobo, scritto dal generale dell’Esercito Roberto Vannacci, l’unico a comportarsi come richiede la sua figura istituzionale sembra essere il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Al contrario gli altri ministri, sottosegretari e deputati dell’esecutivo più a destra della storia dell’Italia repubblicana, che hanno commentato la vicenda sono arrivati addirittura a difendere le “farneticazioni” del militare.

Che a difendere Vannacci e attaccare Crosetto si siano schierati un neofascista come Roberto Fiore, pregiudicato a capo del partito Forza nuova, o un’esponente della destra abbastanza estrema come Gianni Alemanno – sostenitore e amico di Marcello De Angelis, l’ex membro del gruppo eversivo neofascista Terza posizione che nega la responsabilità neofascista della strage di Bologna – o ancora il giornalista Vittorio Feltri, candidato con Fratelli d’Italia, su X non stupisce nessuno. Ma la levata di scudi di alcuni membri delle istituzioni ha lasciato i più a bocca aperta e spaccato pubblicamente Fratelli d’Italia.

La figura più importante, a livello di carica, a essere corsa in sostegno di Vannacci è il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Come riporta Il Fatto Quotidiano, Salvini lo ha prima difeso durante una diretta social paragonandolo a Giordano Bruno, dopo che lo stesso militare si era già definito “erede di Giulio Cesare”, per poi fargli pubblicità davanti ai suoi 2 milioni di follower dicendo a tutti che comprerà e leggerà il suo libro. C’è poi Vittorio Sgarbi, sottosegretario al ministero della Cultura.

A seguire è poi arrivata la strana coppia che abbiamo già imparato a conoscere per vicende altrettanto incresciose, formata da un imitatore amatoriale del personaggio del mondo di Topolino Minni, come riporta La7, e da un imitatore amatoriale della polizia segreta nazista Schutzstaffel, o SS. Si tratta di Giovanni Donzelli e Galeazzo Bignami, entrambi di Fratelli d’Italia come Crosetto, di cui uno è deputato e vicepresidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e l’altro viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti.

Entrambi, come riporta Domani, hanno difeso Vannacci citando la libertà di espressione e il politicamente corretto, per poi criticare la scelta del ministro Crosetto di aver denunciato su X il testo del militare, definito “farneticazioni personali” che “screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione”. A tutte le critiche subite, interne ed esterne al proprio partito, Crosetto ha risposto ancora una volta come impone il suo ruolo istituzionale spiegando che “le Forze Armate e di polizia, cui è consentito per legge e Costituzione, l’uso della forza, devono operare prive di pregiudizi di ogni tipo (razziali, religiosi, sessuali). Perché tutti devono sentirsi sicuri”.

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Il governo non sa come gestire gli arrivi di persone migranti

Author: Wired

Con una media di 700 persone migranti sbarcate in Italia ogni giorno, per tutta l’estate, il governo Meloni si è trovato costretto ad agire. Non con il fantomatico blocco navale o fermando le partenze, ma chiedendo prima aiuto alle ong, come Sea Watch, per effettuare i salvataggi in mare e poi cambiando i criteri per distribuire le persone appena sbarcate nei centri di accoglienza delle varie regioni italiane.

I flussi migratori in Italia

Insomma, dopo quasi un anno con la destra al governo le migrazioni dirette verso l’Italia non sono state fermate, continuano anzi ad aumentare e a essere necessarie per il paese. Un esempio è il via libera all’ingresso di 40mila persone extracomunitarie per la raccolta delle mele e della vendemmia, stabilito con il decreto della presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni emanato il 19 luglio 2023.

Un altro esempio, come riporta Il Foglio, sono le sempre più frequenti richieste fatte dal governo Meloni alle ong per la ricerca e il soccorso in mare, come Sea Watch o Mediterranea, per intervenire in aiuto di imbarcazioni in difficoltà arrivate nelle zone di competenza italiana. Le stesse a cui ha cercato di mettere i bastoni tra le ruote con il decreto Cutro. Ora chiede aiuto e le ong rispondono, con azioni necessarie per salvare vite umane in pericolo, a cui però i politici del governo non danno rilievo, tanto da aver smesso per la prima volta di parlare di migrazioni, come nel caso del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, come segnalato da Pagella Politica.

E se l’assenza dei tantissimi tweet di Salvini fanno forse sembrare che i migranti non siano più una priorità per la politica italiana, i dati e le azioni del governo mostrano il contrario. In base a quanto riporta il ministero dell’Interno, le persone migranti accolte in Italia sono circa 133mila, di cui la maggior parte è stata ricollocata in Lombardia, con il 13% del totale pari a quasi 17mila individui, poi in Emilia Romagna, con più di 12 mila persone, in Sicilia, con quasi 12mila, e in Piemonte, con 11mila.

Le nuove regole sulla distribuzione dei migranti

Numeri che derivano dalle regole sull’accoglienza usate fino a questo momento, in base alle quali la distribuzione sul territorio delle persone migranti doveva avvenire tenendo conto della popolazione di ogni regione, del Pil e dalla quantità di persone già ospitate, motivo per cui le regioni più popolose e più ricche ospitano attualmente più migranti. Ma per reagire alla nuova e più consistente ondata di flussi migratori, il governo Meloni ha aggiunto alle vecchie regole anche il criterio dell’estensione territoriale.

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Il generale dell’Esercito Vannacci, che ha scritto un libro razzista e omofobo, è stato sollevato dal comando

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Manie di grandezza, razzismo, sessismo e omofobia a livelli tali che perfino il ministro della Difesa di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, le ha definite “farneticazioni personali”. È questo il contenuto di Il mondo al contrario, libro scritto e autopubblicato su Amazon dal generale dell’Esercito italiano Roberto Vannacci, da cui l’Esercito ha preso le distanze, aprendo un procedimento disciplinare contro l’ufficiale e rimuovendolo dal suo attuale incarico a capo dell’Istituto geografico militare di Firenze.

Il libro

Per Vannacci, la portabandiera italiana alle Olimpiadi di Tokyo e campionessa di pallavolo Paola Enogu è “italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti cromatici non rappresentano l’italianità”. Mentre lui, genovese di 54 anni, si autodefinisce “erede di Giulio Cesare” per poi dire alle persone omosessuali che “normali non lo siete, fatevene una ragione”, forse dimenticando la relazione omoerotica di Cesare con il re di Bitinia, Nicomede, menzionata da Svetonio nel De vita Caesarum.

Il testo, denunciato per la prima volta su Repubblica, continua poi con un elogio della “legittima difesa”, intesa dal generale dell’Esercito Vannacci come il “trafiggere con qualsiasi oggetto mi passi tra le mani” una persona trovata a rubare in casa o il “piantare la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce, ammazzandolo”.

E tra le altre espressioni di odio e aggressività, nota accuratamente il giornalista Matteo Pucciarelli su Repubblica, Vannacci si accorge che le sue parole potrebbero ispirare atti violenti e per questo, nelle prime pagine, si “dissocia da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse derivare”. Allo stesso tempo però, riconosce candidamente che il suo libro esprime odio, rivendicando “a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente”.

La storia

Un atteggiamento che può forse sorprendere, ma non lascia esterrefatti se si guarda il passato di Vannacci, diventato nel 2016 comandante della famigerata Brigata “Folgore”, la “frangia più fascista delle forze armate italiane” come sostenuto da un articolo di Vice Italia del 2017. Accusa che si basa soprattutto su un famoso video in cui i paracadutisti del reparto cantano un inno fascista con tanto di saluti romani, come riporta Il Fatto Quotidiano.

Il libro di Vannacci contiene e ripropone molte delle idee preferite dai militanti dell’estrema destra, definendo, per esempio, i dibattiti contemporanei sui diritti civili come “lavaggio del cervello di chi vorrebbe favorire l’eliminazione di ogni differenza compresa quella tra etnie, per non chiamarle razze”. Oppure, ancora una volta, che “le coppie arcobaleno non sono normali. La normalità è l’eterosessualità. Se a voi sembra tutto normale, invece, è colpa delle trame della lobby gay internazionale”.

Una serie di “farneticazioni personali”, come detto da Crosetto su X, l’ex Twitter, e di cui l’Esercito ha spiegato di non essere a conoscenza, sottolineando come “non erano mai state sottoposte ad alcuna autorizzazione e valutazione da parte dei vertici militari” e prendendo “le distanza dalle considerazioni del tutto personali (come precisato nel testo) espresse dall’ufficiale”, come riportato dal Corriere della Sera. Il giorno dopo lo scandalo, lo Stato maggiore dell’Esercito lo ha sollevato dal comando e rimosso da capo dell’Istituto geografico militare di Firenze, si legge su Rai News 24.