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L’edificio più caro d’Italia

Author: Wired

Nella via dello shopping milanese per antonomasia c’è chi acquista abiti e chi invece acquista palazzi. Il gruppo Kering ha infatti acquistato da Blackstone l’edificio storico sito in via Montenapoleone 8 per una cifra che si aggira intorno a 1,3 miliardi di dollari. Come sottolinea Il Sole 24 Ore, si tratta dell’operazione più onerosa mai avvenuta per un singolo asset in Italia.

Il palazzo settecentesco era stato acquistato dalla società finanziaria newyorkese nel 2021, come parte di un portafoglio di immobili iconici. Esso si trova all’angolo con via Sant’Andrea, in uno dei punti più importanti del quadrilatero della moda meneghino, e si sviluppa su cinque piani per un totale di 11.800 metri quadrati lordi, 5000 dei quali adibiti a superficie commerciale. Oggi in tali spazi si trovano in affitto Saint Laurent, Prada e Cova.

Per il gruppo francese amministrato dall’imprenditore François-Henri Pinault, “l’investimento si inquadra all’interno della strategia immobiliare selettiva di Kering, che intende assicurarsi posizioni altamente prestigiose e ambite per le sue Maison”. Kering, che possiede marchi come Gucci, Balenciaga, Alexander McQueen e proprio Saint Laurent, “continua a privilegiare – prosegue il comunicato – una gestione proattiva del proprio portafoglio immobiliare, con l’obiettivo di breve-medio termine di mantenere una quota di partecipazione all’interno delle sue principali proprietà, al fianco di co-investitori presenti attraverso specifici veicoli di investimento”.

Il palazzo di via Montenapoleone 8 era stato acquistato da Blackstone nel 2021 insieme a numerosi altri edifici storici di Milano in gestione a Reale Compagnia Italiana, ospitanti diversi brand di lusso e realtà come, tra le altre, lo storico bar Magenta. L’operazione era stata allora definita per una cifra di circa 1,1 miliardi di euro. L’accordo chiuso tra gruppo Kering e Blackstone contribuisce a dare una nuova luce al reale valore delle strade del lusso e dello shopping, non solo in Italia.

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Per chi finisce il Superbonus

Author: Wired

Stop al superbonus 110%. Con un decreto a sorpresa, approvato anche se non era all’ordine del giorno lo scorso 26 marzo, il governo Meloni ha eliminato definitivamente ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito previsti dal cosiddetto superbonus edilizio. Non si conoscono ancora tutti i dettagli e il provvedimento non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, ma pare che il bonus sarà salvo almeno per le zone terremotate.

Chi non potrà più usare la cessione del credito

Una volta che il decreto sarà pubblicato, l’opzione non potrà più essere usata dagli enti del terzo settore, dalle cooperative di abitazione a proprietà condivisa, dall’Istituto case popolari, dalle onlus, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale. Inoltre, non sarà più possibile accedere alla cessione del credito previsto dal bonus barriere architettoniche e non potrà più ricevere alcun bonus chi ha cartelle esattoriali di importo complessivo superiore a 10 mila euro.

Chi si salva dalla stretta

Lo sconto in fattura dovrebbe restare possibile per chi accede al cosiddetto sismabonus, in particolare per chi ristruttura immobili danneggiati dal terremoto del 6 aprile 2009, che ha interessato Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e del 24 agosto 2016 nel Lazio. Tuttavia, sembra che sia stato creato un fondo massimo di 400 milioni di euro da destinare a questa pratica, di cui 70 milioni destinati specificatamente agli interventi da effettuare a L’Aquila, pertanto non è certo che tutti riescano ad accedervi.

Dovrebbe essere escluso dal nuovo provvedimento anche chi ha già firmato contratti, ha presentato la Comunicazione inizio lavori (Cila) per il superbonus, ha adottato la delibera assembleare per i lavori nel caso dei condomini, ha già presentato istanza per l’acquisto del titolo abitativo in caso di demolizione e ricostruzione e, in caso di lavori diversi dal superbonus, per chi ha già presentato la richiesta del titolo abitativo, ha già iniziato i lavori o ha già firmato un accordo vincolante con il fornitore e abbia versato un acconto.

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Dove sono le basi Nato in Italia

Author: Wired

Sono 120 le basi Nato in Italia, di diversa natura e gestione, a cui si aggiungono 20 basi segrete degli Stati Uniti, la cui posizione non è nota per ragioni di sicurezza. Dopo l’ingresso di Finlandia e Svezia, l’alleanza militare della Nato ha raggiunto i 32 stati membri, di cui l’Italia è uno dei paesi fondatori, avendo firmato il Patto Atlantico nel 1949 per creare un’organizzazione di sicurezza in caso di attacco da parte dell’Unione sovietica. Dopo il periodo di distensione dovuto alla dissoluzione dell’Unione sovietica, sembrava che le basi italiane avessero perso la loro funzione, ma con l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia sono state riportate in uno stato di pre-allerta.

I tipi di basi Nato in Italia

Le basi Nato e degli Stati Uniti su suolo italiano sono di quattro tipi. Le prime furono concesse agli Stati Uniti negli anni Cinquanta e, pur essendo sotto controllo italiano, gli Stati Uniti mantengono il controllo militare su equipaggiamenti e operazioni. Poi ci sono le basi Nato gestite dall’alleanza, le basi italiane messe a disposizione della Nato e le basi a comando condiviso tra Italia, Stati Uniti e Nato.

Le più importanti, da nord a sud, sono quelle di Solbiate Olona (in provincia di Varese) e Ghedi (Brescia) in Lombardia, di Vicenza e Motta di Livenza (Treviso) in Veneto, di Aviano (in provincia di Pordenone) in Friuli Venezia Giulia, di Poggio Renatico, nel Ferrarese, in Emilia Romagna, di La Spezia in Liguria, di quella nella tenuta di Tombolo (Pisa) in Toscana (anche se si tratta di una base italiana dove operano anche militari statunitensi), di Cecchignola (Roma) e Gaeta (Latina) nel Lazio, di Mondragone (Caserta) e Napoli in Campania, di Taranto in Puglia e di Trapani Birigi e Sigonella, nel territorio del Comune di Lentini (Siracusa), in Sicilia.

Cosa fanno le basi Nato in Italia

A Sigonella si trova il comando di monitoraggio in tempo reale delle truppe a terra e da qui partono i droni di sorveglianza che oggi monitorano i confini ucraini. A Napoli hanno sede uno dei due centri di comando della Nato (mentre l’altro è nei Paesi Bassi) la base dei sommergibili statunitensi nel mediterraneo, così come il comando delle forze aeree e dei marines statunitensi. Infine, ad Aviano e Ghedi si trovano alcune bombe atomiche B61-3, B61-4 e B61-7. La base di Aviano è usata dall’aeronautica statunitense, mentre quella di Ghedi dall’Italia. Le atomiche sono statunitensi, ma in caso di guerra possono essere lanciate anche da aerei italiani.

Come già detto, oltre a queste ci sono altre 105 strutture tra centri di ricerca, depositi, poligoni di addestramento, stazioni di telecomunicazione e antenne radar sparpagliate sul territorio, più le 20 basi segrete statunitensi. Queste basi, come quelle negli altri paesi Nato, godono di extraterritorialità e non sono soggette all’ordinamento giuridico della nazione in cui si trovano. Tutto ciò che accade al loro interno è coperto da segreto, così come il numero delle forze presenti.

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Tutti i benefici della pec

Author: Wired

La posta elettronica certificata (pec) conviene all’ambiente e all’economia. Secondo uno studio della società di ricerca Idc, compiuto in collaborazione con Aruba, InfoCert-Tinexta Group e Tim Enterprise attraverso Trust Technologies e intitolato Benefici e opportunità della pec: pilastro dei servizi digitali fiduciari del futuro, l’impiego della posta elettronica certificata tra il 2008 e il 2022 ha prodotto benefici economici per un totale di circa 3,5 miliardi di euro.

In particolare, la ricerca ha analizzato una serie di criteri che valutano gli effetti della sostituzione della tradizionale raccomandata cartacea con il suo equivalente digitale. In base a essi, si può prevedere che tra il 2023 e il 2026 la pec produrrà altri 2,5 miliardi di euro di benefici economici, 650 milioni dei quali concentrati nel solo 2026, quando le caselle di posta elettronica certificata attive saranno più o meno 20 milioni e il flusso di messaggi toccherà quota 3,5 miliardi.

Nel dettaglio, nel 2026 l’utilizzo della pec contribuirà a ridurre in maniera significativa gli spostamenti dei cittadini verso uffici postali, uffici pubblici e sedi di aziende finalizzati all’invio di raccomandate. Tutto ciò si tradurrà in 349 milioni di chilometri di tragitti superflui in meno, per un risparmio totale del 35,8% rispetto al 2022 e di 107mila tonnellate di anidride carbonica emesse. Non solo, però: ci saranno 1,7 milioni di metri quadrati di spazio di archiviazione in meno, meno utilizzo di carta e, di conseguenza, 70mila alberi salvi.

Questo processo virtuoso è alimentato dal fatto che la pec rappresenta il mezzo di notifica a valore legale maggiormente diffuso in Europa. In base ai dati ufficiali di Agid, nel 2022 solo in Italia risultavano per esempio attive circa 15 milioni di caselle di posta elettronica certificata, con più di 2,5 miliardi di messaggi scambiati. Insomma, “i benefici derivanti dalla pec – sottolinea la senior research analyst di Idc Erica Spinoni – vanno ben oltre la semplificazione delle procedure e delle pratiche amministrative, includendo tematiche di carattere economico e di sostenibilità rilevanti per il futuro”.

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Il supercomputer di Bologna e la sfida dell’intelligenza artificiale generativa

Author: Wired

Tra i progetti di sviluppo più rilevanti a livello europeo c’è Eurofusion, in cui l’infrastruttura di computazione ad alte prestazioni (High Performance Computing, Hpc) viene utilizzata a supporto della fusione nucleare. Si tratta di un ambito di applicazione in cui il supercalcolo può permettere di raggiungere risultati più rapidi e di valore?

“La comunità scientifica europea, che è impegnata nel nucleare e si raccoglie intorno al progetto Eurofusion, ha finora utilizzato marginalmente il supercalcolo a supporto delle proprie attività, fondamentalmente come un sistema ancillare. Oggi le prospettive stanno cambiando, in quanto con il nuovo ciclo di programmazione Eurofusion si è deciso di investire maggiormente sul calcolo Hpc. Si ritiene che a questo stadio della ricerca possa costituire un fattore abilitante, e soprattutto accelerante, in grado di rendere più rapido il processo di sviluppo. L’Italia, con l’agenzia Enea e il Cineca, ha vinto la gara per gestire questo sistema di supercalcolo, che dovrebbe essere inaugurato già durante l’estate. Si tratta di un passaggio rilevante perché segna la crescita dei dominici classici, sfruttando anche le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa”.

Quest’anno sarà ospitato al Tecnopolo di Bologna il G7 Tecnologia. È possibile davvero creare una sinergia a livello globale su questi temi della frontiera high tech? Oppure oggi la competitività internazionale e l’instabilità geopolitica rendono più complessa una reale collaborazione?

“Ospitare il G7 Tecnologia al Tecnopolo di Bologna è un’opportunità per affrontare la sfida di creare sinergie globali su temi tecnologici cruciali. Oltre a essere un orgoglio, da italiano, ospitare il G7 Tecnologia è un bellissimo riconoscimento che sottolinea l’impegno del nostro paese nella trasformazione digitale. Tuttavia, appunto, la crescente competitività e la complessità dello scenario geopolitico pongono ostacoli significativi a una piena collaborazione. Nonostante ciò, c’è un ottimismo nel potere trovare una convergenza su princìpi fondamentali che riguardano le tecnologie ad alto impatto, riconoscendo i rischi associati e cercando soluzioni condivise.

“A livello europeo, si auspica una politica industriale coesa per affrontare le sfide del presente e del prossimo futuro, riconoscendo la necessità di una scala di azione che sia quantomeno continentale. L’accordo su princìpi fondamentali può essere un punto di partenza per superare le complessità della competizione globale e costruire una collaborazione più proficua nel settore tecnologico. Questo processo richiede un impegno continuo nella definizione di politiche industriali europee solide, nonché la ricerca di un ragionevole equilibrio tra la competitività nazionale e la cooperazione internazionale”.