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Street Fighter 6 è un picchiaduro alla portata di tutti

Author: Wired

Il contributo della comunità è stato un catalizzatore per le numerose nuove funzioni di accessibilità per non vedenti e ipovedenti. Ed è grazie alle conoscenze approfondite della comunità composta da persone con disabilità che Nakayama e il suo team hanno progettato e implementato tutte le opzioni sonore. Con l’aiuto di ePARA, un’organizzazione che cerca di assistere le persone disabili negli sport, le nuove funzioni di accessibilità audio sono state testate in diverse versioni prima dell’uscita del gioco.

Un gioco per tutti

Le funzioni di accessibilità fisica e le opzioni pensate per le persone non vedenti e ipovedenti sono indicative di un cambiamento generale all’interno della comunità dei videogiochi di combattimento. Prima dell’uscita di Street Fighter 6, Capcom ha annunciato l’introduzione di Modern controls nel Capcom Pro Tour, il campionato ufficiale di Street Fighter. Oltre a permettere agli utenti di allenarsi con la nuova modalità, la scelta è anche un invito esplicito rivolto ai gamer disabili. L’annuncio di Capcom richiama direttamente la decisione di Nakayama di aprire la serie ai nuovi arrivati. “La nostra intenzione era quella di permettere a più persone di giocare a Street Fighter 6 – dice il director del titolo –. Per quanto riguarda Modern controls, in particolare, volevamo che il gioco fosse accessibile anche quando si usa con il controller fornito con la console“.

Nonostante l’introduzione di Modern controls, gli organizzatori dei tornei e i giocatori devono ancora capire come funziona la tecnologia accessibile. E anche se il Pro Tour prevede l’uso di controller alternativi, un torneo può comunque vietare un dispositivo se si ritiene che renda il gioco troppo facile, costringendo i giocatori disabili a usare controller o dispositivi standard o ad abbandonare la competizione in mancanza di alternative. Nakayama ritiene che la personalizzazione del controller sia importante e necessaria, ma anche che un dispositivo garantisca un vantaggio sleale se consente di utilizzare comandi che non possono essere eseguiti in circostanze normali. Si tratta di una zona grigia che richiede un dialogo tra tornei, organizzatori di tornei e giocatori disabili, e che non ha una soluzione semplice. Resta il fatto che grazie a Modern controls, i giocatori disabili hanno un’opportunità che prima non era disponibile.

Street Fighter 6 è il gioco più accessibile della serie. Grazie all’aggiunta di comandi e funzioni di accessibilità per non vedenti e ipovedenti i gamer disabili hanno a disposizione nuovi strumenti che consentono loro di godere finalmente di questo titolo complesso. Questo era l’obiettivo di Nakayama fin dall’inizio, che invece di creare un gioco solo per i fan di lunga data voleva che anche altre persone provassero il brivido di competere nell’arena. “I giochi di combattimento hanno un aspetto competitivo che può essere apprezzato da diverse persone, e crediamo che questa sia la forza unica dei giochi. Ci auguriamo che tutte le persone diventino amici oltre che rivali, e che comunichino tra loro attraverso i giochi“, commenta Nakayama.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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Economia Tecnologia

Nvidia lancia un supercomputer per costruire modelli di intelligenza artificiale

Author: Wired

Si chiamerà Dgx Gh200 e sarà in grado di assistere le aziende tech nel processo di costruzione di modelli generativi di intelligenza artificiale simili a ChatGPT, il prodotto di punta di OpenAI.

Come riporta il Financial Times, il nuovo supercomputer di intelligenza artificiale di Nvidia è stato annunciato dall’amministratore delegato dell’azienda Jen-Hsun Huang lo scorso 29 maggio nel corso del suo intervento al Computex, la fiera di tecnologia di Taipei, a Taiwan. Tra i primi clienti, la piattaforma dovrebbe avere big tech del calibro di Meta, Microsoft e Alphabet (per Google Cloud). Durante il suo discorso Huang, che è nato proprio a Taiwan prima di trasferirsi negli Stati Uniti e cofondare Nvidia nel 1993, ha dato idealmente il benvenuto a una nuova era dell’informatica in cui “tutti saranno programmatori anche grazie alla nuova piattaforma di Nvidia.

Per l’ad della società di Santa Clara, i progressi dell’intelligenza artificiale hanno reso difficile per l’industria tecnologica tradizionale reggere il confronto. “Il punto di svolta di una nuova era informatica”, ha spiegato, consente adesso alle persone di creare programmi da zero “semplicemente dicendo qualcosa al computer. Sono poi strumenti come ChatGPT a generare codice, riducendo il lavoro umano necessario a creare dei software. Insomma, una vera e propria rivoluzione della programmazione.

Il discorso di Huang alla conferenza Computex di Taipei è arrivato proprio mentre Nvidia prosegue la propria scalata verso una valutazione di mille miliardi. Nell’ultimo trimestre, il titolo in borsa del colosso dei chip ha infatti guadagnato il 25,7%, risultando il migliore sull’indice azionario Standard & Poor 500.

L’esplosione di ChatGPT ha infatti risvegliato l’entusiasmo degli investitori per l’intelligenza artificiale generativa, facendo aumentare rapidamente la domanda di microchip del data center di Nvidia. Su tutti l’H100, un’unità di elaborazione grafica avanzata capace di ridurre di fatto il tempo necessario per addestrare i cosiddetti modelli di linguaggio di grandi dimensioni quale è appunto il prodotto di OpenAI.

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Tecnologia

Final Fantasy XVI sembra uno spinoff di Game of Thrones

Author: Wired

C’è una sequenza all’inizio di Final Fantasy XVI che mi ha fatto rabbrividire: una successione di eventi cruenti – che includon sgozzamenti e un ragazzino che viene ucciso brutalmente come in un film slasher – portano a un combattimento tra due personaggi dalle fattezze bestiali. Lo scontro finale è sanguinosomolto sanguinoso – con il vincitore che frantuma il cranio dell’avversario e l’inquadratura che si concentra sulle macchie cremisi sulla scena. E poi c’è il suono, lo spiaccicamento, proposto in alta fedeltà ed estremamente splatter, che accompagna il tutto. È abbastanza disgustoso e, per una giocatrice di Final Fantasy di lunga data, decisamente scioccante.

Con Final Fantasy XVI, Square Enix riporta la serie a un’ambientazione fantasy più tradizionale: un mondo fatto di magia, regni in guerra e creature ultraterrene. Per mantenere la propria sovranità, le nazioni si affidano ai Dominatori, una gruppo di individui che ha il potere di trasformarsi in Eikon, entità enormi e potenti in grado di radere al suolo interi campi di battaglia. Clive, il protagonista del gioco, è il protettore giurato del Dominatore del suo regno e di suo fratello minore, Joshua. Ma, ovviamente, le cose vanno storte e la vita di Clive viene sconquassata, lasciandolo assetato di vendetta. Il desiderio di regolare i conti innesca una trama che per efferatezza ricorda quella diGame of Thrones, disseminata di scene parecchio più violente e spregiudicate rispetto a quelle a cui il franchise ha abituato in passato.

Non che i precedenti capitoli della saga fossero del tutto estranei a morte e violenza: Final Fantasy VII, uscito nel 1997, è noto per la morte più scioccante della serie, un omicidio rapido in cui un personaggio amato viene abbattuto con uno spadone di due metri, con un’esecuzione in cui peraltro non viene versato sangue. Altri titoli del franchise, come il cupo Final Fantasy Type-0, hanno mostrato dipartite particolarmente cruente. Ma c’è qualcosa di nuovo in Final Fantasy XVI; nel gioco si percepisce uno spirito diverso. Recentemente ho avuto accesso a una demo di cinque ore, dove si sono visti omicidi, decapitazioni (o almeno così sembrava, dal momento che avvenivano appena fuori campo), morti causate dalla caduta di massi, minacce di sgozzamento a un bambino e una scabrosa riunione tra amanti dove un muro faceva da terzo. Insomma, Final Fantasy, ma come se fosse prodotta da Hbo.

Il produttore Naoki Yoshida ha spiegato che la volontà del team che ha realizzato Final Fantasy XVI era quella di raccontare una storia più tetra, che è valsa al gioco la classificazione riservata ai contenuti “maturi”, decisamente atipica per il franchise. “Non vogliamo puntare sulla violenza, bensì sul realismo, ha spiegato Yoshida a Wired US. Final Fantasy XVI frustra, immediatamente e in modo inequivocabile, qualsiasi aspettativa di trovarsi davanti un’ambientazione fiabesca che possa indurre i giocatori a pensare di trovarsi di fronte a un videogame soft. Per essere chiari, Final Fantasy XVI non è tutto schizzi di sangue e lussuria. La sezione a cui ho giocato era semplice, senza molto spazio per l’esplorazione, ma le battaglie si sono rivelate divertenti e veloci. Il gioco evita la struttura spezzettata e mantiene i giocatori saldamente al comando di Clive (e solo di Clive). Il personaggio può impartire comandi al fedele compagno canino Torgal durante le battaglie, ma chiunque si unisca a lui per combattere si muove in autonomia.

Anche se non ho avuto accesso a tutta la sua gamma di abilità, Clive acquisisce da Eikon mosse specifiche nel corso della storia, il che significa che i giocatori possono passare rapidamente da una mossa infuocata imparata da Fenice, per esempio, a un movimento rapido appreso da un altro un Eikon basato sul vento. La maggior parte dei capitoli di Final Fantasy richiede più di quaranta ore di gioco: io mi sono limitata a cinque e mi chiedo se per i fan storici questa svolta “adulta” sarà uno shock. Bisognerà aspettare l’uscita di Final Fantasy XVI il 22 giugno per saperlo con certezza, ma una cosa è chiara: non sarà un gioco da ragazzi.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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Tecnologia

Tetris, la sua storia sembra un thriller politico

Author: Wired

La storia dietro Tetris – tanto lo storico videogioco quanto il film uscito lo scorso 31 marzo su Apple Tv+ – è decisamente contorta. Comprende una battaglia per assicurarsi i diritti del gioco e distribuirlo al di fuori dell’Unione sovietica, portata avanti a colpi di spionaggio, ricorsi legali e intimidazioni personali, ma anche le difficoltà che lo sceneggiatore Noah Pink e il regista Jon S. Baird hanno dovuto affrontare per comprimere tutti questi avvenimenti in un film di due ore. Quest’ultima era una sfida sulla quale Pink si stava arrovellando da molto prima che la produzione della pellicola ricevesse il via libera: “Avevo stralci sparsi di articoli, podcast e libri – ricorda lo sceneggiatore –. Ovviamente, la storia non è segreta, ma era comunque piuttosto sconosciuta“. Come per qualsiasi altro evento storico, le circostanze intorno alla nascita di Tetris (il gioco) sono complicate da districare; a questo però va aggiunto il fatto che il titolo è stato sviluppato in un Urss in fase di disgregazione. Gran parte della tensione del film poggia sulla difficoltà di contattare persone all’interno di un paese soggetto a svariate limitazioni, sulle barriere linguistiche e sulla confusione che questi fattori possono causare.

Genesi contorta

Fortunatamente, Pink ha trovato un modo per orientarsi tra gli eventi di questa storia intricata: “Mi sono davvero attaccato all’idea che, in fondo, questo film parlava di due giovani uomini provenienti da parti del mondo molto diverse che avevano trovato elementi in comune e un legame attraverso il gioco“. Lo sceneggiatore ha impiegato un anno e mezzo per mettere insieme la storia, ma una volta che al progetto è stato assegnato un produttore, ha potuto finalmente incontrare i veri Aleksej Pažitnov e Henk Rogers, l’imprenditore olandese che si assicurò i diritti per distribuire Tetris su console il creatore del gioco (interpretati rispettivamente da Taron Egerton e Nikita Efremov nel film): “Henk, essendo Henk, era più preoccupato di chi lo avrebbe interpretato. Aleksej, essendo Aleksej, era più preoccupato di assicurarsi che i fatti fossero riportati accuratamente“.

È difficile trovare una fonte migliore per ricostruire fatti storici delle persone che li hanno vissuti. Non solo per avere accesso alla corretta cronologia degli eventi, ma anche per capire la prospettiva di chi viveva gli ultimi giorni dell’Urss. A volte le emozioni che accompagnano una storia e le circostanze in cui avviene possono essere in contrasto tra loro. A un certo punto del film, ad esempio, Henk viene invitato da Nintendo a visionare un nuovo prodotto: il Game Boy, la console portatile che avrebbe cambiato per sempre il mondo dei videogiochi. Nel film, il prototipo del dispositivo viene celato con un lenzuolo e poi svelato con grande teatralità. Per i fan della console originale la rivelazione sarà un momento importante, ma è improbabile che si sia svolta nel modo in cui è stata rappresentata nella pellicola: “Presumibilmente è avvenuta in un ufficio in modo più modesto – spiega Pink –, ma è una piccola modifica in grado di suscitare una grande emozione per un oggetto che tutti riconosciamo“.

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Tecnologia

Zelda, una mod ha fatto arrabbiare Nintendo

Author: Wired

Nel suo video di risposta, Morino ha detto che la mod che stava utilizzando era protetta dal fair use, la dottrina giuridica statunitense che consente l’utilizzo di un’opera protetta da copyright “per scopi quali la critica, il commento, l’informazione, l’insegnamento (comprese le copie multiple per l’uso in classe), lo studio o la ricerca“. Il modo in cui i tribunali statunitensi, compresa la Corte Suprema, applicano la disposizione varia però da caso a caso.

Il ricorso alle mod, inoltre, rende la posizione di Morino ancora più instabile: “Il modding è, di per sé, una violazione. Che si utilizzino o meno risorse originali, un modder sta comunque adattando un’opera precedentemente creata e coperta da copyright“, scrive Alex Leturgez-Coïaniz, socio dello studio legale Kbl Roche, in un articolo che esplora lo status giuridico dei mod. Anche il fair use in questo caso non sarebbe d’aiuto: “Una mod, gratuita o meno, implicherebbe comunque l’uso di materiale protetto da copyright per creare un’opera derivata, e molto probabilmente non rientrerebbe nell’ambito del fair use“, aggiunge Leturgez-Coïaniz. Spesso, tuttavia, queste ipotesi giuridiche non vengono verificate nei fatti per via dei costi dei procedimenti legali, che impediscono alla maggior parte delle persone di lottare contro aziende multimiliardarie.

Il modding, nel migliore dei casi, è un’evoluzione artistica del gioco: una modifica delle regole di un titolo. Ma per Nintendo, avverte Schwartz, la questione va al di là del copyright. L’azienda si sta tutelando contro l’inquinamento dei suoi marchi commerciali, chiudendo, per esempio, i giochi che associano i Pokémon alle armi. Come sottolinea lo YouTuber Moony in un efficace video-riassunto, questo significa che la “creazione di contenuti” all’interno videogiochi è “sempre alla mercé” degli umori di una determinata azienda in un dato momento.

A un livello più profondo, la tensione è dettata dal fatto che queste manovre legali sminuiscono il potere unico delle opere d’arte interattive. Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, per esempio, promette di essere il gioco con l’ambientazione più creativa mai ideata dall’azienda, un vero e proprio paese delle meraviglie con scudi a fungo, barche volanti e marchingegni che sembrano ispirati ai contenuti degli streamer ispirati da Zelda. Questi sono mondi che premiano l’immaginazione. La stessa che però Nintendo limita con ogni nuova azione legale.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.