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L’Europa vuole introdurre i bonifici istantanei

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I cittadini e le imprese dell’Unione europea dovranno poter ricevere e inviare immediatamente il proprio denaro. Con questo scopo i parlamentari europei hanno votato lo scorso 28 giugno per aggiornare la legislazione dell’area unica dei pagamenti in euro, in inglese single euro payments area (Sepa). In particolare, il testo è stato approvato con 49 voti favorevoli, due contrari e due astenuti. I negoziatori della commissione Affari economici e monetari sono ora pronti ad avviare i colloqui con il Consiglio europeo.

I prestatori di servizi di pagamento (Psp) come per esempio le banche, che forniscono servizi di trasferimento di denaro in euro saranno dunque chiamate a offrire tra gli altri anche la possibilità di effettuare bonifici istantanei. Servizio che dovrà essere assicurato anche a cittadini e imprese dei paesi membri che utilizzano valute diverse dall’euro.

Come riporta il comunicato pubblicato sul sito ufficiale dell’Europarlamento, la convinzione degli eurodeputati è che “un bonifico istantaneo venga eseguito indipendentemente dal giorno o dall’ora ed elaborato immediatamente”, e che il suo importo possa quindi essere accreditato sul conto del beneficiario entro dieci secondi dal momento della ricezione dell’ordine di pagamento. Nel caso quest’ultimo dovesse essere immesso da un conto di pagamento non in euro, il Psp dovrebbe peraltro convertire l’importo nella moneta unica.

Dal punto di vista della sicurezza, gli europarlamentari hanno sottolineato che i Psp dovranno mettere a punto misure solide e aggiornate per rilevare e prevenire le frodi. Senza oneri e spese aggiuntive, dovranno per esempio fornire rapidamente ai propri clienti un servizio utile a verificare che non vi siano discrepanze tra l’identificativo del conto del beneficiario e l’effettivo nominativo del beneficiario specificato da chi paga. In caso di discrepanze, un cliente dovrebbe essere informato o, qualora ciò non avvenga, risarcito dal Psp per eventuali danni finanziari.

Un’ulteriore tutela, si legge, potrebbe essere rappresentata dalla possibilità per gli utenti di fissare un importo massimo per i bonifici istantanei in euro, facilmente modificabile prima di procedere a un nuovo trasferimento di denaro. Dovranno inoltre essere i prestatori di servizio a intestarsi l’onere della verifica dei casi in cui i propri clienti siano soggetti a sanzioni o altre misure restrittive relative alla prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.

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C’è una proposta per il salario minimo in Italia

Author: Wired

Dalle opposizioni è arrivata una proposta congiunta introdurre un salario minimo legale a 9 euro l’ora. Si tratta della prima azione collettiva e unitaria che vede assieme Partito democratico, Movimento 5 stelle, Sinistra italiana, Europa verde, Azione e +Europa, dall’ascesa a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni. Com’era prevedibile, a sfilarsi dall’iniziativa è stato Italia viva, il partito di Matteo Renzi, che ha fatto sapere interverrà per proporre emendamenti al testo.

Alla base della proposta di legge sul salario minimo, i partiti di opposizione hanno messo la volontà di dare piena attuazione all’articolo 35 della Costituzione, dove è richiesto di riconoscere a tutti i lavoratori e le lavoratrici una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Le formazioni politiche hanno quindi sottolineato la necessità di adeguare le retribuzioni di lavoratori e lavoratrici all’attuale costo della vita, per reagire all’inflazione e aiutare in particolare le persone più in difficoltà. Il testo finale sarà depositato alla Camera dei deputati nei prossimi cinque giorni, ma i punti salienti, riportati da Rai news, sono sette.

Come prima cosa, i partiti hanno richiesto di riconoscere “un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, salvo restando i trattamenti di miglior favore” ai lavoratori e le lavoratrici “di ogni settore economico”.

Come “ulteriore garanzia al riconoscimento di una giusta retribuzione” i partiti chiedono quindi che venga “introdotta una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali”.

Una soglia, continua la nota, che non deve riguardare solo i lavoratori subordinati, ma anche i rapporti di lavoro che hanno bisogno di simili tutele nell’ambito della para subordinazione e per i lavoratori autonomi. In più, per le opposizioni è necessario istituire una Commissione di rappresentati istituzionali e delle parti sociali, con il compito di aggiornare periodicamente il trattamento economico minimo orario.

Infine, si chiede che venga disciplinato e garantito l’effettivo diritto dei lavoratori a percepire un trattamento economico dignitoso, il riconoscimento per legge dell’ultrattività dei contratti scaduti o disdetti e un periodo di tempo per adeguare i contratti alla nuova disciplina, così come una sostegno economico ai datori di lavoro per cui questo adeguamento risulti più oneroso.

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Abbiamo parlato con alcune delle vittime di molestie nelle agenzie pubblicitarie di Milano

Author: Wired

Diaferia è un peso massimo nell’industria pubblicitaria italiana. Guastini lo accusa di molestie ai danni di giovani professioniste del settore, alcune delle quali vengono raccontate dopo la sua intervista. Al momento Diaferia non risulta indagato e, contattato da Wired, non ha risposto alla richiesta di intervista. Per Guastini il problema stava nel fatto che, data la sua posizione, Diaferia poteva “incontrare giovani professioniste del settore per valutarne il talento ed eventualmente facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro”.

Guastini fa anche riferimento a uno specifico episodio che vede coinvolta una sua ex stagista, Giulia Segalla, nel 2011. Con Wired Guastini ritorna al febbraio di quell’anno, quando viene eletto presidente dell’Art directors club italiano (Adci), una associazione del settore, di cui Diaferia è stato componente fino all’allontanamento avvenuto il 7 giugno scorso. Nel 2011, racconta Guastini, “da un mese ero a conoscenza del fatto che Pasquale Diaferia avesse molestato una mia stagista” e spiega di non aver parlato prima di questa vicenda in accordo con la ragazza, che al tempo era ventenne, “perché mi aveva detto esplicitamente di avere paura e di non voler troncare sul nascere la sua carriera”.

Nel suo ruolo di presidente dell’Adci Guastini avrebbe potuto allontanare Diaferia dall’associazione. Sul punto racconta: “Ho fatto in modo che se ne andasse da solo, utilizzando modi respingenti. Non potevo mandarlo via altrimenti visto che la storia di molestia non era pubblica né c’era una denuncia”. Diaferia è stato sbattuto fuori dall’Adci poche settimane fa. Nella comunicazione sul proprio sito web, l’associazione fa sapere che “il consiglio direttivo all’unanimità in data mercoledì 7 giugno ha deliberato l’esclusione del socio Pasquale Diaferia”, senza chiarire però le ragioni. Solo con una nota successiva del 22 giugno, quando ormai il metoo della pubblicità italiana è diventato un caso mediatico, la presidente dell’Adci, Stefania Siani, dichiara di provare “un profondo sgomento per l’entità delle testimonianze emerse in questi giorni”, esprimendo “una condanna ferma orientata ad un atteggiamento di tolleranza zero” e “solidarietà a tutte le vittime di episodi di sessismo”. Nella stessa comunicazione Adci annuncia che a luglio sarà prevista una assemblea generale dei soci proprio sull’argomento.

Gli abusi nel 2010

Con Wired Giulia Segalla ripercorre gli abusi di cui è stata vittima. “Nel 2010 – racconta – ho iniziato uno stage presso l’agenzia di Massimo Guastini [Cookies Adv, ndr, estranea ai fatti oggetto di contestazione] e venendo da fuori Milano, a vent’anni, mi sono trovata in un ambiente culturale e di crescita personale molto stimolante”. A quel punto entra in scena Diaferia. “Durante un convegno, una sera, l’ho conosciuto – prosegue Segalla -. Abbiamo finito abbastanza tardi, potevo tornare a casa con i mezzi pubblici, ma mi ha offerto un passaggio fino a dove al tempo vivevo, Settimo milanese”, città alle porte del capoluogo lombardo. Nulla succede nel tragitto in auto, finché, ricorda Segalla, Diaferia “a un certo punto si è fermato a bordo strada con la macchina. Non sapevo dove fossimo, al tempo i telefoni non davano la possibilità di localizzarsi. Ha cominciato a farmi delle avances, a sfiorarmi, a mettermi le mani dove gli pareva e a provare a baciarmi”.

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Se ancora non hai la pec, è meglio farla

Author: Wired

Dal prossimo 6 luglio essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata, la pec, sarà praticamente obbligatorio. Come riporta Il Messaggero, proprio attraverso la pec sarà infatti possibile gestire, ricevere e inviare una serie di documenti nel rapporto con le pubbliche amministrazioni.

In particolare, le novità principali riguarderanno comunicazioni come raccomandate per multe, accertamenti, cartelle esattoriali, rimborsi e detrazioni fiscali. Su questi documenti, per i cittadini sarà possibile ricevere comunicazioni ufficiali con valore legale direttamente sul proprio indirizzo. Non prima, però, di averlo registrato sul portale dedicato all’indice nazionale dei domicili digitali (Inad).

Il domicilio digitale

La procedura è semplice: si può accedere al sito per attivare il proprio domicilio utilizzando lo spid, la cie o la carta nazionale dei servizi. In seguito, il sistema richiederà di scegliere e inserire il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, che diventerà appunto ufficialmente il proprio domicilio digitale.

Possono eleggere il proprio domicilio digitale mediante registrazione nell’Inad – si legge sul portale – le persone fisiche che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e che abbiano la capacità di agire, i professionisti che svolgono una professione non organizzata in ordini, albi o collegi” e “gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’Ini-pec”.

Cambio di rotta

Pur non essendo obbligatoria per legge, almeno per ora, tale sottoscrizione assume sin da oggi una valenza importante. Chi non è in possesso di un indirizzo pec continuerà infatti a ricevere le comunicazioni dalla pubblica amministrazione con gli strumenti classici: la raccomandata con ricevuta di ritorno o l’atto giudiziario, a seconda dei casi. Questi metodi continueranno ad avere dei costi di gestione chiaramente superiori a quelli legati all’invio di una pec. Questione che rappresenta un problema soprattutto per i professionisti.

Anche questi ultimi potranno avere benefici dall’istituzione dell’Inad. Gli avvocati, per esempio, potranno utilizzare il domicilio fiscale di clienti e controparti per inviare documenti, con la possibilità di accedere preventivamente all’indice nazionale dei domicili digitali per verificare di volta in volta se il destinatario è dotato di una pec attiva.

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L’algoritmo di Instagram ha promosso contenuti pedopornografici

Author: Wired

Meta torna a essere accusata di favorire la circolazione di contenuti pedopornografici. L’algoritmo di Instagram, secondo un’indagine del Wall Street Journal in collaborazione con i ricercatori della Stanford University e dell’università del Massachusetts – sta promuovendo la pedofilia, creando connessioni tra gli utenti che vendono foto e video di minori, attraverso un sistema di raccomandazione già noto per riuscire a collegare tra loro persone che hanno interessi di nicchia. Chiaramente la vendita di contenuti pedopornografici viola non solo la policy della piattaforma, ma anche la legge federale: questo ha portato Meta a istituire una task force interna che possa risolvere la questione.

Dopo le rivelazioni della testata, infatti, la società ha riferito di di aver bloccato migliaia di hashtag che sessualizzano i bambini – alcuni con milioni di post – e di aver impedito ai suoi sistemi di consigliare agli utenti di cercare termini noti per essere associati ad abusi sessuali. Un intervento a cui Meta ne aggiungerà molti altri nel prossimo futuro. Il fatto che un gruppo di ricercatori e giornalisti sia riuscito a trovare con grande facilità comunità che promuovono la pedofilia sulla piattaforma dimostra che Instagram deve affrontare un problema molto grosso. È bastato che l’account creato per le indagini visualizzasse un solo account collegato alla pedopornografia per essere subito “invaso” da suggerimenti che avevano a che fare con la vendita illegale di foto e video di minori.

La piattaforma più importante per queste reti di acquirenti e venditori sembra essere Instagram”, hanno dichiarato i ricercatori. A quanto pare, gli sforzi compiuti dalla società non bastano per arginare la diffusione di questi contenuti sulla piattaforma. Solo a gennaio, per esempio, Instagram ha rimosso 490mila account per aver violato la sua policy sulla sicurezza dei bambini, eppure già nei mesi successivi l’impatto di questa azione risultava ridotto. E se vi state chiedendo il perché, ecco la risposta. Prima che il Wall Street Journal sollevasse la questione, in realtà, Instagram consentiva agli utenti di cercare termini che i suoi stessi sistemi sapevano essere associati a materiale pedopornografico, seppur restituendo un messaggio che recitava “Questi risultati possono contenere immagini di abusi sessuali su minori”. Ora, a quanto pare, l’opzione è stata disabilitata, ma non è chiaro perché prima non lo fosse.

Inoltre, sembrerebbe che i tentativi degli utenti di segnalare contenuti pedopornografici venissero spesso ignorati dall’algoritmo di Instagram, che continuava a promuovere imperterrito gli account su cui venivano vendute le immagini di bambini sessualizzati. Insomma, Meta sta cercando di combattere qualcosa che il suo algoritmo si rifiuta di eliminare.