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Alfredo Cospito: chi è l’anarchico al 41-bis

Author: Wired

La storia dello sciopero della fame di Alfredo Cospito, l’unica persona detenuta al 41-bis per motivi politici, ha riportato al centro del dibattito pubblico l’uso del regime di carcere duro, al quale è stato condannato per una strage che non ha causato alcun morto o ferito. È una discussione che riguarda la proporzionalità della pena e la possibilità che la sua condanna si trasformi in ergastolo ostativo, con cui perderebbe ogni possibilità di accedere ai benefici penitenziari.

Le vicende che portano Cospito in carcere hanno inizio nel 2012. Erano gli anni delle politiche di austerità di Mario Monti dopo il record dello spread. Anni di picco dei licenziamenti individuali e collettivi, quando dal 2011 al 2012 sono stati lasciati a casa poco meno di 2 milioni di lavoratori e lavoratrici, come riporta Confindustria.

Manifesto a sostegno della scarcerazione di Alfredo Cospito dal 41-bisCon Alfredo Cospito lo Stato italiano sta trasformando il carcere duro in pena di morte

Il militante anarchico, detenuto in 41 bis per una strage mai avvenuta, è in fin di vita per lo sciopero della fame. Ma lo Stato non interviene e anzi vieta di parlare del caso

Le condanne

Ed è proprio nel 2012, il 7 maggio, che Cospito aggredisce Roberto Adinolfi, l’amministratore delegato di Ansaldo nucleare dal 2007, sparandogli un colpo di pistola al polpaccio. Per quell’agguato, l’anarchico è condannato a dieci anni e otto mesi di carcere nel 2013. Ma mentre è già in prigione, viene accusato di aver piazzato, nella notte tra il 2 e il 3 giugno 2006, due bombe artigianali a basso potenziale in un cassonetto vicino alla scuola per carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. La loro esplosione non ha causato né morti né feriti.

Per questa nuova accusa, Cospito è stato condannato ad altri 20 anni di carcere per strage comune, venendo inserito nel circuito penitenziario ad alta sicurezza previsto per reati associativi, con una sorveglianza molto stretta ma la garanzia di alcuni diritti, come la possibilità di scrivere pubblicazioni. Tuttavia, nel 2022, dopo sei anni di detenzione, sotto richiesta del procuratore generale, cioè l’accusa, la Corte di Cassazione ha deciso che Cospito deve essere giudicato per il reato di “strage politica”.

Matteo Messina DenaroMatteo Messina Denaro andrà all’Aquila al 41-bis: che cos’è il carcere duro

Il regime penitenziario che istituisce il cosiddetto “carcere duro” è nato come una misura temporanea prima delle stragi di mafia del 1992 e del 1993

Al 41-bis

Un reato molto più grave che chiama in causa la sicurezza dello Stato, sulla base dell’articolo 285 del codice penale, che prevede l’ergastolo anche se l’attentato non ha provocato alcun morto o ferito e prevede la possibilità che questo si trasformi in ergastolo ostativo. Una scelta durissima e poco utilizzata, dato che l’articolo 285 non è stato applicato né per le stragi di Capaci e via d’Amelio, né per quella della stazione di Bologna, dove furono assassinate 80 persone.

Per questo, senza aver provocato alcun morto, per un’esplosione avvenuta in piena notte e in un luogo deserto, Cospito viene condannato direttamente al 41-bis e rischia che la sua pena venga tramutata in ergastolo ostativo. Questo perché, nonostante lo stesso Cospito si definisca un anarchico individualista e faccia parte della Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale (Fai-Fri), organizzazione orizzontale composta da cellule che agiscono in maniera del tutto autonoma in vari paesi, i giudici hanno equiparato la Fai-Fri a una struttura verticale e gerarchica come la criminalità organizzata di stampo mafioso, con a capo proprio Cospito.

Un’equiparazione in contrasto diretto con la definizione stessa di organizzazione anarchica, ma che era la sola in grado di giustificare il regime di 41-bis, previsto per i reati di tipo mafioso in modo tale da impedire ai capimafia di comunicare con i loro sottoposti e costringerli a collaborare con la giustizia per uscirne.

Così, a 55 anni, lo scorso 19 ottobre, Cospito ha incominciato un lungo sciopero della fame che dura ancora oggi. Una protesta contro l’uso del 41-bis e l’ergastolo ostativo, accompagnata da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione. L’udienza è stata inizialmente prevista per il prossimo 20 aprile, ma anticipata al 7 marzo, dopo che, come riporta Ansa, la dottoressa Angelica Milia, che segue l’anarchico, ha spiegato che Cospito potrebbe morire prima del 20 aprile se dovesse continuare con il suo sciopero della fame.

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Tecnologia

Intelligenza artificiale o stupidità umana La campagna di Wired sui pregiudizi dell’Ai

Author: Wired

L’intelligenza artificiale ci somiglia più di quanto pensiamo. Anche in peggio. Perché i sistemi che si basano sull’Ai “assorbono” i nostri bias, i pregiudizi attraverso cui elaboriamo la realtà che ci circonda. Succede così che, chiedendo a un’intelligenza artificiale di rappresentare un dottore, mostri solo uomini caucasici in camice. O lo stesso inserendo la parola manager. Segno dei limiti che condizionano le nuove tecnologie.

I pregiudizi dell’Ai sono al centro di una campagna di Wired Italia, firmata da TWBAItalia, parte dell’omonima agenzia pubblicitaria attiva in tutto il mondo, con l’obiettivo di sensibilizzare i lettori sui contenuti prodotti dall’intelligenza artificiale e sui suoi pregiudizi.

La campagna

Abbiamo messo alla prova MidJourney, un sistema di Ai generativa in grado di realizzare immagini sulla base delle istruzioni (prompt) fornite dagli utenti. Per l’esperimento, le istruzioni sono state dispensate in inglese: diversamente dall’italiano, questa lingua non attribuisce un genere alla maggior parte dei sostantivi che si riferiscono a professioni e ruoli sociali e questo consente di mettere alla prova i bias di genere dell’intelligenza artificiale. La parola manager, per esempio, potrebbe riferirsi a una donna o a un uomo. MidJourney però mostra solo uomini bianchi. Il prompt lovers (amanti) è associato da MidJourney a coppie esclusivamente eterosessuali. Lo stesso avviene con parents, genitori.

La battaglia contro i pregiudizi

Come tutte le tecnologie, l’intelligenza artificiale è uno strumento e in quanto tale acquisisce un senso esclusivamente perché gli viene dato da esseri umani – ha commentato Federico Ferrazza, il direttore di Wired Italia . L’Ai è infatti impropriamente detta intelligente: si tratta di una forma avanzata di automazione che genera risultati seguendo istruzioni e pescando informazioni con criteri assegnati da noi. Per questo le immagini ‘sbagliate’ di questa campagna ci dicono soprattutto una cosa; e cioè che la battaglia per sconfiggere i pregiudizi è ancora lunga e che è fondamentale per tanti motivi, tra cui quello di istruire correttamente la tecnologia che porterà maggiori cambiamenti alla società nei prossimi anni”.

Ma allora, come possiamo combattere i bias esistenti nelle nuove tecnologie? “L’invito è, anche per noi creativi e per tutta la nostra industry, quello di non perdere la propria intelligenza, davanti alle sconfinate potenzialità dell’Ai. Perché la verità è che queste intelligenze imparano da noi, anche ciò che è sbagliato“, rispondono Vittoria Apicella e Frank Guarini, direttori creativi di TWBAItalia, che hanno lavorato al progetto insieme a Luca Attanasio, art director, Alessandro Monti, copywriter, e Mirco Pagano, chief creative officer dell’azienda.

Non è la prima volta in cui Wired Italia e TBWAItalia collaborano. Ricordiamo, per esempio, la campagna #SenzaTitolo: per 24 ore i pezzi del sito erano senza titolo, una provocazione per invitare i lettori ad approfondire questioni complesse su cui ogni cittadino è chiamato ad avere un’opinione consapevole.Per il quarto anno di fila TBWA è stata nominata come ‘Most Innovative Company’ da Fast Company e credo che progetti come questo siano un esempio chiaro di che cosa voglia dire innovazione per noi aggiunge Pagano -. Troppo spesso quando si parla di innovazione, si fa riferimento solamente agli aspetti tecnologici, tralasciando quelli sociali e culturali. Ma la posizione di Wired è diversa, così come la nostra. Ecco perché siamo particolarmente orgogliosi di questo progetto che parla di innovazione a tutto tondo, ovviamente in modo Disruptive”.

Wired Italia pubblicherà le immagini della campagna realizzate con MidJourney nei prossimi giorni e durante il mese di febbraio. Qui i primi soggetti del lancio della campagna. Nei prossimi giorni sul sito e sui profili social di Wired presenteremo i successivi.

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Armi, le possiedono 1,2 milioni di italiani

Author: Wired

L’omicidio di Martina Scialdone, uccisa a Roma dall’ex compagno Costantino Bonaiuti con un’arma regolarmente detenuta, ha riaperto il dibattito sulle armi da fuoco presenti nel nostro paese. Quante sono, cioè, quelle presenti nelle case degli italiani? Rispondere a questa domanda è tutt’altro che semplice.

Un punto di partenza è certamente rappresentato dalle licenze in corso di validità, ovvero dai permessi di porto d’armi rilasciati dalle questure. Secondo la Polizia di Stato, nel 2021 erano 1,2 milioni. Si tratta, per la maggior parte, di permessi per gli appassionati di caccia (631mila) e di tiro a volo (543mila). Nel grafico sottostante il dettaglio.

Beninteso, si sta parlando di licenze, ovvero di persone cui è stato riconosciuto il permesso di acquistare un’arma. In realtà, il numero di pistole e fucili che questi soggetti possono comprare è maggiore: un’unica licenza permette di comprare fino a 3 armi comuni e fino a 12 armi da fuoco sportive. Oltre a un numero illimitato di fucili e carabine da caccia.

Affermare quindi che in Italia ci siano 1,2 milioni di armi da fuoco legalmente detenute, ovvero tante quanti i titolari di porto d’armi, rischia seriamente di essere una stima per difetto. Senza contare che a queste si aggiungono quelle illegali. Come per esempio la Smith&Wesson calibro 38 trovata in uno dei covi del boss Matteo Messina Denaro.

Una stima di quelle che possono essere le armi da fuoco effettivamente presenti nel nostro paese, contando quelle legali, quelle illegali e quelle in dotazione alle armi da fuoco la si trova sul sito GunPolicy.org, portale della University of Sidney dedicata a questo tema. La stima più recente, perché di questo si tratta, risale al 2017 e parla di poco più di 8 milioni tra fucili e pistole possedute in Italia. Il che significa 13,02 armi da fuoco ogni 100 abitanti. Va detto, però, che il numero di persone titolari di una licenza per possedere un arma è in diminuzione, come mostra il grafico sottostante.

Sempre secondo la Polizia di Stato, nel 2018 erano 1 milione e 343mila gli italiani cui era stato rilasciato il porto d’armi. Nel 2021 questo numero è sceso a 1 milione e 222mila. Si tratta di un calo dell’8,9%. Beninteso: si tratta di permessi per l’acquisto di armi da fuoco. Per come è fatta la normativa, paradossalmente il numero di armi detenute legalmente potrebbe anche essere aumentato. Per non parlare di quelle illegali per le quali, però, non esistono dati ufficiali.

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Tecnologia

Fratelli d’Italia vuole il carcere per i reati di buon costume

Author: Wired

Con una nuova proposta di legge, dai toni vagamente razzisti, Fratelli d’Italia vorrebbe introdurre il carcere per chi frequenta lavoratori o lavoratrici del sesso (sex workers) e per il nudismo, praticato, secondo i meloniani, soprattutto dagli immigrati. Il fautore dell’iniziativa, che difficilmente verrà mai votata, è Edmondo Cirielli, viceministro agli Affari esteri ed ex carabiniere.

Secondo Cirielli, “va contrastato il degrado morale che affligge la nostra collettività”, si legge su Repubblica, che per prima ha dato la notizia. E per farlo, l’idea è di reintrodurre il reato di buon costume, facendo scattare l’arresto solo per chi fa sesso in auto con un sex worker e non “appanna” o “copre” i vetri della vettura, in “pubblica via”. Mentre a oggi, chi fa sesso in auto viene punito con una sanzione amministrativa. 

Carcere, sempre dai 3 mesi ai 3 anni, anche per chi pratica il nudismo fuori dalle aree adibite, come alcune spiagge. Ma è in questa parte che la proposta svela il suo tono razzista e suprematista, infatti secondo il vice ministro di Fratelli d’Italia, il nudismo sarebbe praticato soprattutto da immigrati che non sono avvezzi ai costumi, alle consuetudini e alle norme etiche e giuridiche che regolano la convivenza civile nella nostra società”.

Un ragionamento che sa di colonialismo e dottrine suprematiste, secondo cui i migranti non conoscerebbero le regole della convivenza civile. Lo stesso che abbiamo già sentito più volte da vari politici di destra, che hanno spesso sostenuto come tutti i delitti commessi in Italia sarebbero responsabilità dei migranti. Mentre i dati sulla popolazione carceraria e sui responsabili effettivi dicono esattamente il contrario.

All’interno del testo si parla anche di punire con il carcere “atti osceni” come il toccamento lascivo delle parti intime del corpo anche qualora avvenga al di sopra degli abiti”, azione che potrebbe scoraggiare le molestie e consegnare più facilmente alla giustizia i molestatori. Tuttavia, in questo caso non si tratta di buon costume, ma, appunto, di molestie e assimilare le due cose non promette nulla di buono.

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Economia Tecnologia

Tv, la battaglia tra canali generalisti e streaming ora passa dal telecomando

Author: Wired

I nuovi smart tv commercializzati in Italia dovranno obbligatoriamente prevedere la presenza sulla propria home page di un’icona immediatamente visibile, in posizione principale rispetto alle altre, che dia accesso ai servizi di interesse generale (Sig), tra i quali rientrano Rai, Mediaset, La7, Sky e Discovery, radio nazionali ed emittenti tv locali. I produttori dovranno inoltre vendere, insieme a ciascun apparecchio, almeno un telecomando dotato dei tasti numerici dallo 0 al 9, per consentire agli utenti di sintonizzarsi sui canali del digitale terrestre.

La situazione:

  1. La consultazione pubblica
  2. Le icone
  3. Le motivazioni

La consultazione pubblica

Sono queste le principali linee guida sulle quali l’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) ha approvato, il 25 gennaio, l’avvio di una consultazione pubblica. Lo scopo dell’autorità è quello di garantire il maggior risalto possibile sui televisori degli italiani a quelli che in una nota vengono definiti i “servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale”, forniti dagli editori della tv tradizionale.

Le icone

Secondo le disposizioni dell’Agcom, l’icona dovrà costituire l’accesso unico a tutti i Sig e portare a un sotto menu contenente altre icone: quella della Rai, quelle delle altre emittenti nazionali generaliste raggruppate per editori, una dedicata alle radio nazionali, una per le televisioni locali, oltre ad altre che potranno raggruppare i canali tematici.

Queste icone dovranno raggruppare tutti i servizi di interesse generale forniti gratuitamente dai singoli editori. Tra questi ultimi, quelli non previsti dal testo dell’autorità che desiderino essere qualificati come Sig dovranno presentare un’apposita richiesta entro trenta giorni dall’approvazione definitiva del provvedimento.

La previsione della presenza di un’icona sulle home page di tutte le smart tv commercializzate in Italia è utile, secondo l’Agcom, “per assicurare alla più ampia utenza possibile il pluralismo, la libertà di espressione, la diversità culturale e l’effettività dell’informazione“.

Le motivazioni

Il provvedimento, attraverso il quale “l’autorità intende garantire che determinati servizi e contenuti siano immediatamente accessibili agli utenti, pur continuando ad assicurare a questi ultimi la più ampia possibilità di scelta” rappresenta un toccasana per gli editori tradizionali, impedendo il rischio che i nuovi smart tv possano in qualche modo mettere in secondo piano i canali del digitale terrestre rispetto alle piattaforme dello streaming online.

A “preservare la disponibilità e l’accessibilità dei contenuti fruibili tramite la piattaforma digitale terrestre” servono anche gli altri paletti imposti ai produttori dal testo messo in consultazione, ovvero la fornitura ai clienti di almeno un telecomando che presenti i tasti numerici dallo 0 al 9 e la previsione di un sistema di numerazione automatica. Obblighi che incideranno sulle politiche delle aziende sia per quanto riguarda la produzione hardware, sia per quanto riguarda quella software.

Anche per questo, “nella consultazione è espressamente richiesto al mercato di proporre ipotesi migliorative o alternative a questa”. La consultazione pubblica prenderà avvio dalla data di pubblicazione della delibera e avrà una durata di 30 giorni.