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I migliori giradischi per chi vuole riscoprire la goduria del vinile

Author: Wired

Districarsi tra i migliori giradischi in circolazione non è semplice, dato che parliamo di un mercato estremamente florido e variegato, che propone una quantità di opzioni capaci di soddisfare tutte le esigenze e tutte le tasche. Già, ma quali sono queste opzioni? Ci pensiamo noi a suggerirvele.

Come scegliere il giradischi

Scegliere un giradischi può rivelarsi un’operazione abbastanza complessa, soprattutto per chi è cresciuto tra lettori mp3 e piattaforme di streaming audio. Per un neofita è facile correre il rischio di perdersi tra piatti, motori, bracci, testine e uscite. Per questo vi proponiamo una rapida guida con le principali specifiche tecniche da tenere d’occhio.

Motore

I giradischi montano due tipi differenti di motore, a trazione diretta o a cinghia. Nel primo, il disco viene fatto girare da un motore posto sotto il piatto. Nel secondo, il motore muove una cinghia che circonda il piatto. I motori a trazione diretta hanno come vantaggio una minore usura delle parti, la possibilità di ruotare in entrambi i versi (permettendo, per esempio, lo scratching dei Dj) e un mantenimento costante della velocità di rotazione. Quelli a cinghia invece sono più silenziosi, oltre a generare un minor quantitativo di interferenze che possono influire sulla qualità del suono.

Braccio e testina

Il braccio è un elemento cardine dei giradischi. Il suo compito è quello di sorreggere la testina, garantendo che questa si muova sul disco senza vibrazioni, sobbalzi e con il minore attrito possibile. Un braccio solido e di qualità è quindi fondamentale per avere una resa sonora di buon livello. Altrettanto importante è la testina (o cartuccia), che ha il compito pratico di occuparsi della riproduzione del suono. Ne esistono due tipologie base, mm (magnete mobile) e mc (moving coil, bobina mobile in italiano) che si differenziano per potenza di suono (maggiore nelle mm, più delicato nelle mc) e per costi (superiori nelle mc).

Uscite e preamplificatore

Il collegamento tra giradischi e casse è, all’apparenza, molto semplice. Due cavi e via, il gioco è fatto. In realtà non è proprio così. Oltre ai cavi serve anche un preamplificatore phono, strumento che stabilizza le frequenze sonore e permette una perfetta riproduzione audio. Diversi giradischi moderni ne montano uno interno (a volte con un interruttore che permette di attivarlo/disattivarlo a piacimento), ma ricordatevi sempre di controllare per non correre il rischio di trovarvi tra le mani un modello che, per essere utilizzato, vi costringa a una spesa extra. Inoltre, esistono giradischi dotati di porte usb, ideali per chi vuole trasferire i propri vinili su computer, e altri con funzione bluetooth, perfetti per essere utilizzati con cuffie e casse wireless.

Giri

Praticamente tutti i giradischi possono riprodurre sia 33 che 45 giri. In alcuni casi è presente un selettore automatico che consente di passare da una velocità all’altra. In altri, invece, è necessario eseguire l’operazione manualmente spostando la cinghia. Inoltre, molti modelli moderni sono anche in grado di riprodurre i vecchi 78 giri.

I migliori giradischi: come li abbiamo scelti

Nel selezionare i migliori giradischi in circolazione abbiamo deciso di concentrarci su una fascia di prezzo compresa tra 50 e 1000 euro. Senza (per ora) avventurarci nel terreno dei modelli di alta gamma, che possono arrivare a costare svariate migliaia di euro, abbiamo scelto dieci prodotti adatti sia a chi vuole semplicemente ascoltare i propri vinili che a chi cerca invece qualcosa di più senza investire un capitale.


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India, il governo si sta impadronendo di internet

Author: Wired

“Quasi tutti gli operatori del settore, almeno in India, pensavano che il governo non avrebbe rispettato la scadenza dei tre mesi”, ha dichiarato in forma anonima a Wired UK una persona a conoscenza delle discussioni interne a una piattaforma di social media occidentale. Le piattaforme tecnologiche si aspettavano più tempo per adeguarsi alle nuove norme: “Non c’è stata una consultazione sufficiente e nessuno nel settore era pronto a un cambiamento così fondamentale nelle proprie operazioni in India”, ha aggiunto la fonte anonima.

Ma all’avvicinarsi della scadenza, il governo ha fatto capire che non avrebbe ceduto. Google e Meta si sono conformati velocemente, mentre Twitter non ha rispettato termine, portando il governo indiano ha dichiarare che l’azienda aveva temporaneamente perso il suo status di intermediario, diventando così responsabile dei contenuti pubblicati sulla sua piattaforma. In quel periodo contro il responsabile di Twitter per l’India, Manish Maheshwari, sono state intentate almeno due cause relative a contenuti pubblicati sul servizio, e un avvocato ha presentato una denuncia contro l’azienda per “diffusione di odio“. 

Alla fine Twitter ha assunto i tre dirigenti locali come previsto dalle nuove norme, spingendo il governo a ripristinare lo status di intermediario della piattaforma. In seguito, l’azienda ha pubblicato un rapporto sulla trasparenza che mostra come il governo indiano abbia inviato quasi 4000 richieste di rimozione a Twitter tra luglio e dicembre 2021. Nel maggio 2021, la polizia ha fatto irruzione negli uffici di Twitter a Delhi e Gurgaon, dopo che la società aveva applicato l’etichetta “media manipolati” a un tweet di un politico del partito al governo, il Bharatiya Janata Party (Bjp).

Il governo indiano si è scontrato anche con Meta. Le nuove regole consentono alle autorità di chiedere alle piattaforme di messaggistica di identificare l’autore di qualsiasi messaggio, una disposizione incompatibile con la crittografia end-to-end di WhatsApp, che ha fatto causa al governo per contestare la legge (la causa è ancora in corso).

Le piattaforme di social media hanno bollate alcune delle altre misure del nuovo regolamento indiano come irrealizzabili. Una delle disposizioni prevede per esempio che gli intermediari rispondano ai reclami degli utenti entro 24 ore e li risolvano nei 15 giorni successivi; le piattaforme di social media sono poi tenute a rimuovere alcuni contenuti “controversi” entro 72 ore dalla segnalazione (in India la segnalazione di massa di contenuti giudicati dannosi è una tattica comune).

Nuove regole in arrivo

Sebbene il governo abbia dichiarato che le regole varate nel 2021 per le piattaforme siano state concepite per “dare potere agli utenti ordinari dei social media” e fermare la circolazione di contenuti pericolosi e frodi finanziarie, Banerjee ritiene che il giro di vite serva più che altro a riaffermare il controllo sui media online, che negli ultimi anni sono proliferati in India. Il Ministero indiano dell’elettronica e della tecnologia dell’tnformazione non ha risposto a una richiesta di commento di Wired UK per quest’articolo.

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Big tech, i modi spietati in cui licenziano i dipendenti

Author: Wired

Per un dipendente di Google il segnale è stata la spia rossa sul lettore dei badge fuori dall’ufficio di New York. Per un membro del personale di Twitter, la password cambiata da remoto e un’insolita schermata grigia che mostrava che il suo Macbook aziendale era stato bloccato. Per Zac Bowling, che lavorava a Google da quasi otto anni, la conferma è arrivata quanto gli è stato impedito l’accesso a tutti i dispositivi.

Negli ultimi mesi le cosiddette big tech hanno licenziato decine di migliaia di lavoratori, un ridimensionamento del settore che i dirigenti hanno imputato all’eccesso di assunzioni durante la pandemia. Quasi sempre, queste aziende hanno gestito la situazione in modo terribile, dando prova di crudeltà e indifferenza, come nel caso di Microsoft, che ha organizzato un concerto privato di Sting a Davos la sera prima di licenziare 10mila persone.

La disparità tra le spese elevate e l’insensibilità con cui stanno licenziando i loro dipendenti sta intaccando la reputazione dei colossi tecnologici, ricordando al personale che le loro esigenze sono subordinate a quelle degli azionisti.

Crudeltà e freddezza

“Scoprire via email o tramite la disconnessione automatica di aver perso il lavoro è crudele e gratuito spiega Gemma Dale, docente alla Liverpool Business School e autrice di libri sul benessere dei lavoratori e la flessibilità aziendale –. Inoltre, va in netto contrasto con quanto molte di queste organizzazioni affermano sul valore del personale”.

Bowling ha avuto la conferma di essere stato licenziato da Google da un’email arrivata due ore dopo che era stato disconnesso dai sistemi aziendali la mattina del 20 gennaio. Il suo responsabile ha dovuto usare LinkedIn per contattarlo e scusarsi, perché il suo accesso a Google Meet e ad altri strumenti di comunicazione interna era stato disattivato. La notizia è stata una doccia fredda: di recente a Bowling erano arrivati dei nuovi biglietti da visita aziendali, stampati a dicembre. Altri avevano appena ricevuto, o aspettavano, brillanti valutazioni delle loro performance.

I dipendenti rimasti temono di poter essere i prossimi. Alcuni ex colleghi che hanno ancora accesso ai sistemi aziendali hanno riferito a Bowling che dai registri dei dipendenti sono scomparsi 8mila nomi. Google ha annunciato di aver licenziato 12mila persone in tutto il mondo. “Tutti salutano, per sicurezza, perché non sanno se saranno tagliati – dice Bowling –. Il morale è a pezzi. L’hanno gestita malissimo”. I licenziamenti sembrano aver colto di sorpresa i dipendenti di diverse big tech e la mancanza di comunicazione ha peggiorato il senso di angoscia di chi si è ritrovato senza lavoro.

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Tecnologia

Cinema, ora Hollywood pesca i suoi cattivi dalle big tech

Author: Wired

Se fino a poco tempo fa i cattivi del cinema erano facilmente identificabili per le cicatrici sul viso, le risate diaboliche e i mantelli col bavero, negli ultimi anni l’iconografia di Hollywood è cambiata in modo significativo. Dolcevita e felpe con cappuccio – il look tipico di un miliardario che controlla un impero tech – sono diventati isegni distintivi dei sinistri supercriminali contemporanei, i nostri nuovi antagonisti preferiti. Prendiamo per esempio il film di Rian Johnson candidato all’Oscar Glass Onion – Knives Out, che ruota attorno alla figura di Miles Bron, un multimiliardario in maglietta grigia interpretato da Edward Norton. All’inizio del film Bron è pronto a lanciare un pericoloso carburante alternativo a base di idrogeno, per poi rivelarsi, gradualmente ma nemmeno troppo, un completo idiota. Per molti degli spettatori di Glass Onion l’associazione con Elon Musk è stata immediata.

Trend in ascesa

Il motivo è ovvio. I supercattivi più spietati in realtà si nascondono in bella vista. È il caso di Nuovo Santa Clause cercasi, la serie sequel della saga cinematografica The Santa Clause, iniziata nel 1994. Presentata su Disney+ lo scorso novembre, la serie inizia con Babbo Natale (Tim Allen) che va in pensione ed è alla ricerca di un sostituto. La scelta ricade sull’inventore e sviluppatore di giochi – nonché aspirante Jeff Bezos – Simon Choksi (Kal Penn), che però tradisce lo spirito del Natale e rivela la sua malvagità, prima che sua figlia lo rimetta a posto.

A un decennio dall’uscita al cinema di The Social Network, il film che ha raccontato la nascita di Facebook, i potenti amministratori delegati del settore tech sono sempre più spesso raffigurati come cattivi, o almeno come antieroi. Upgrade, del 2018, ha per protagonista Eron Keen, un inventore di chip dotati di intelligenza artificiale; in Don’t Look Up del 2021 c’è l’avido produttore di telefoni cellulari Peter Isherwell (che sfoggia l’immancabile lupetto), mentre in Free Guy – Eroe per gioco, sempre dell’anno scorso, l’ad di turno, Antwan Hovachelik, ruba le idee per i suoi videogiochi ad altre persone. La tendenza ha preso piede anche nel mondo dell’intrattenimento per bambini: prima del Nuovo Santa Clause cercasi, il film d’animazione Ron – Un amico fuori programma del 2021 introduceva Andrew Morris, direttore operativo arrivista di un’azienda che costruisce robot.

Specchio della società

Lo scienziato pazzo è stato quindi rimpiazzato dall’innovatore folle. Ma perché sta succedendo? E perché proprio ora? In una certa misura, i cattivi dei film hanno sempre rispecchiato le ansie della società: James Taylor, docente di cinema dell’Università di Warwick, racconta che il tropo dello scienziato pazzo è emerso per la prima volta nel secondo dopoguerra a causa delle paure legate alla bomba atomica. I cattivi non si limitano a riflettere le nostre paure, “ma alimentano anche queste ansie, contribuendo a plasmarle e a diffonderle“, aggiunge Taylor.

L’antagonista di Superman, Lex Luthor, incarna in modo perfetto l’evoluzione dei villain.Inizialmente il personaggio era uno scienziato pazzo, poi negli anni Ottanta è diventato l’amministratore delegato di una multinazionale e nella recente incarnazione sul grande schermo Jesse Eisenberg ha aggiunto i tratti dell’imprenditore tech – continua Taylor –. Possiamo facilmente collegare tutto questo alle mutate preoccupazioni culturali”. Dopo tutto, non associamo più gli scienziati alle “nuove tecnologie pensate per annientare l’umanità”. Anzi, “nell’attuale crisi climatica, questa categoria è spesso presentata come nobile e cerca invano di far riconoscere e invertire i danni causati al pianeta a insensibili amministratori delegati e a politici“.

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ChatGpt, siamo sicuri che non possa essere utile a scuola

Author: Wired

Quando a dicembre Kelly Gibson, un’insegnante di inglese americana delle superiori, si è imbattuta per la prima volta in ChatGpt, l’ansia esistenziale non ci ha messo molto a prendere il sopravvento. Mentre internet celebrava i testi solo in apparenza sofisticati prodotti dal chatbot di intelligenza artificiale (Ai) in risposta alle richieste degli utenti, molti docenti erano meno entusiasti. Se chiunque poteva chiedere a ChatGpt di “scrivere 300 parole sul significato del semaforo verde ne Il Grande Gatsby“, cosa avrebbe impedito agli studenti di far svolgere al bot i compiti al loro posto? In breve, hanno iniziato a circolare diverse teorie sull’arrivo di una nuova era contrassegnata da studenti che copiano di continuo o addirittura sulla fine dei temi scolastici e dell’istruzione: “Ho pensato: ‘Oh mio Dio, questo è letteralmente quello che insegno io‘”, racconta Gibson.

Ma in mezzo al panico, alcuni insegnanti intraprendenti vedono il ChatGpt come un’opportunità per ridisegnare la didattica e plasmare il futuro delle classi. Tra questi c’è anche Gibson. Dopo aver smaltito l’allarmismo iniziale, la docente ha passato le vacanze di Natale a trafficare con ChatGpt, trovando il modo di incorporarlo nelle sue lezioni. Ora, per esempio, potrebbe chiedere ai suoi studenti di generare un testo con ChatGpt e poi di modificarlo trovando gli errori del chatbot o migliorando il suo stile di scrittura. Gibson, che insegna da 25 anni, lo paragona ai più familiari strumenti tecnologici che migliorano, senza sostituire, la didattica e il pensiero critico: “Non so ancora come farlo bene, ma voglio che i chatbot Ai diventino come calcolatrici per la scrittura“, spiega.

La visione di Gibson di ChatGpt come strumento didattico fa emergere una questione cruciale: , nonostante sia in grado di scrivere testi simili a quelli delle persone, ChatGpt non ha l’intelligenza degli esseri umani. È una macchina statistica che a volte può rigurgitare o creare falsità e spesso ha bisogno di una guida e di ulteriori modifiche per fare le cose per bene.

Cambiare la prospettiva

A prescindere da questi limiti, Gibson è convinta di avere la responsabilità di portare ChatGpt in classe. La docente insegna in una zona dell’Oregon prevalentemente rurale, a basso reddito e popolata prevalentemente da persone bianche. Se gli unici studenti che possono fare esperienza con il bot sono quelli che hanno accesso a dispositivi connessi a internet a casa questo potrebbe il divario digitale potrebbe allargarsi ulteriormente

Altri docenti – che come Gibson rifiutano l’idea secondo cui ChatGpt  scatenerà un’apocalisse nel mondo dell’istruzione – suggeriscono che invece di portare alla fine dell’istruzione il chatbot potrebbe attirare l’attenzione sui problemi già presenti nel sistema: “Un altro modo di pensare alla cosa non è come trovare nuove forme di valutazione, ma piuttosto quali sono le nostre priorità attuali nell’istruzione. È possibile che non funzionino più“, dice Alex Taylor, ricercatore e docente che insegna l’interazione uomo-macchina alla City University di Londra.