Categorie
Economia Tecnologia

Cloud nazionale, perché il progetto di Tim è inammissibile per il Tar del Lazio

Author: Wired

C’entra anche come misurare la distanza tra i data center (in linea d’aria o in chilometri stradali) nella sentenza con cui il Tar del Lazio silura il cloud pubblico presentato dal raggruppamento di imprese guidato da Tim, che lo scorso luglio si è aggiudicato il polo strategico nazionale (Psn). In una decisione del 22 febbraio, ma resa nota solo il 13 marzo, i giudici della sezione prima bis del Tribunale amministrativo regionale del Lazio hanno giudicato inammissibile l’offerta con cui la cordata composta da Tim, Leonardo, Sogei (la società informatica dello Stato) e Cdp Equity (braccio di Cassa depositi e prestiti, la cassaforte del risparmio postale) l’11 luglio 2022 riceveva l’incarico di realizzare l’infrastruttura cloud nazionale su cui dovranno migrare i dati più sensibili della pubblica amministrazione.

Nelle quasi cento pagine di sentenza il collegio, presieduto da Rosa Perna e composto da Floriana Venera di Mauro e Claudio Vallorani, smonta uno dopo l’altro gli argomenti con cui Fastweb e Aruba, che inizialmente si erano aggiudicate la gara, poi soffiata dal diritto di prelazione dei concorrenti, accusano le controparti, così come il ricorso presentato successivamente da Tim. Regole di finanza pubblica, busillis del codice degli appalti, ricostruzioni su date di presentazione delle offerte e dei progetti. Tutto cade sotto il machete dei giudici. Salvo due punti, che costano a Tim l’inammissibilità dell’offerta.

La distanza dei data center

Il primo riguarda la distanza tra i data center. Nel bando di gara si legge che i quattro centri di elaborazione dati del Psn devono stare a coppie in due diverse aree (region) del paese, a una distanza minima di 500 chilometri. La cordata che ha vinto il progetto cloud ha agganciato l’infrastruttura a due data center vicino Roma, ad Acilia e Pomezia, e due fuori Milano, a Rozzano e Santo Stefano di Ticino. Fastweb e Aruba si sono messi a calcolare la distanza. E hanno denunciato al Tar che la prescrizione è rispettata nel caso della direttrice Pomezia-Santo Stefano Ticino (513 chilometri), viene meno in tutti gli altri casi. La distanza non è un motivo campato per aria. Serve a soddisfare scopi di “**disaster recovery **- si legge nella sentenza – ossia ad assicurare che, nel caso in cui si verifichi un evento avverso tale da determinare un guasto in una region, l’altra rimanga indenne e operativa”.

Tim ha obiettato che si calcola la distanza in termini di percorso su strada, la richiesta è rispettata perché supera i 500 chilometri. Per il Tar, tuttavia, va considerata la distanza in linea d’aria, dato che si discute di minimizzazione del rischio.

Rischio sismico

La seconda obiezione di Fastweb e Aruba accolta dal tribunale amministrativo riguarda gli indici sismici. Siccome il Psn è un’infrastruttura critica, la gara richiede di installarlo in aree a basso rischio sismico, non inferiore a 3 (su una scala di 4). Pomezia, tuttavia, è in zona 2B. E siccome Tim non ha spiegato come attenuare il rischio, per i ricorrenti l’offerta va bocciata. La compagnia fa presente che Pomezia è passata nel 2009 da un grado di rischio sismico 3 a uno 2B e che i data center impiantati nel comune laziale rispettano le regole anti-terremoti. Contro deduzioni che non soddisfano i giudici, che anche in questo caso danno ragione alla cordata esclusa. 

Categorie
Economia Tecnologia

Tim, rete unica e Cdp: cosa sta succedendo

Author: Wired

Alla fine anche Cassa depositi e prestiti (Cdp) si fa avanti per la rete di Tim. Il consiglio d’amministrazione della cassaforte del risparmio postale ha presentato un’offerta insieme al fondo australiano Macquarie per rilevare il 100% di Netco, il gruppo in cui confluirà la dorsale in fibra di Tim, la rete dati e Sparkle, il gruppo che gestisce le reti a livello globale. Sul piatto ci sono circa 18 miliardi, due in meno di quelli offerti dal fondo statunitense Kkr, ma le condizioni sarebbero considerate migliorative: circa 2-2,5 miliardi in liquidità e senza la richiesta di riassorbire gli esuberi in Servco, la nuova compagnia in cui confluirebbero i servizi di Tim.

L’offerta di Cdp, licenziata domenica 5 novembre da un cda sotto la presidenza di Giovanni Gorno Tempini, dura fino al 31 marzo, e Tim intende esaminarla nella riunione già programmata per il 15 marzo o in un’altra data da definire. Cdp ha il placet del governo, suo azionista tramite il ministero delle Finanze (Mef), ed è vista di buon occhio perché manterrebbe il controllo della rete sotto un attore vicino ai desiderata di Roma, dato che si tratta di una infrastruttura critica. Tuttavia siccome sia Cdp sia Macquaire sono azionisti di Open Fiber, l’altro attore voluto per cablare in fibra l’Italia. Se l’offerta ricevesse il semaforo verde del cda di Tim, servirebbe poi l’ok delle autorità di regolamentazione dei mercati in Europa.

Al governo piace più la soluzione Cdp, perché è il viatico per la tanto ambita rete unica nazionale, affidata a un attore vicino all’esecutivo. Tanto che l’offerta di Kkr arrivata a inizio febbraio ha sparigliato le carte. L’ultimo progetto di rete unica risale al 2018. Il primo protocollo preliminare viene firmato nel 2020 e prevede una quota di maggioranza per Tim. L’ipotesi sfuma a causa di problemi di valutazione, normativi e politici. Nel maggio 2022 viene dunque firmato un secondo accordo non vincolante, che conferisce il controllo a Cassa depositi e prestiti (Cdp). In Tim ci sono però mal di pancia da parte dell’azionista principale, la francese Vivendi, che avrà voce in capitolo anche se non esprime più nomi nel bord. Proprio con il braccio finanziario del governo, il colosso delle telecomunicazioni aveva infatti tenuto colloqui in vista di un accordo alternativo che prevederebbe una fusione della rete con Open Fiber. Cdp controlla infatti quest’ultima e possiede circa il 10% di Tim

Tim ha un pesante debito, di circa 20 miliardi, che proprio la vendita della rete dovrebbe alleviare, e dopo l’annuncio dell’offerta di Cdp il titolo ha guadagnato terreno in Borsa.

Categorie
Tecnologia

Musk-Ucraina, braccio di ferro sull’internet satellitare

Author: Wired

Elon Musk ha deciso di bloccare l’accesso a Starlink ai droni militari delle forze armate dell’Ucraina, fondamentali per Kyiv nel contrastare l’invasione russa. Dopo un anno di guerra, in cui la rete internet satellitare di SpaceX è stata usata principalmente per le operazioni militari di difesa, Musk si è improvvisamente ricordato di non aver autorizzato l’uso di Starlink per scopi militari.

La decisione è arrivata, senza alcun preavviso, proprio mentre la Russia sta organizzando le sue forze per lanciare una nuova offensiva su larga scala, prevista per la fine di febbraio, in concomitanza con l’anniversario dell’inizio dell’invasione. In questo modo, la capacità difensiva dell’Ucraina potrebbe essere seriamente compromessa in una delle fasi cruciali del conflitto.

Starlink è stata fornita a costo zero a Kyiv dalle fasi iniziali dell’invasione, senza alcuna condizione apparente. Dopo un appello lanciato su Twitter da Mykhailo Fedorov, il ministro ucraino della Trasformazione digitale, Musk aveva semplicemente risposto dicendo il servizio Starlink è ora attivo in Ucraina”.

Da quel momento, le forze armate ucraine hanno usato Starlink per controllare la vasta rete di droni di sorveglianza fondamentali per monitorare le truppe russe, comunicare ordini, ricevere indicazioni di puntamento e anche controllare i droni con cui vengono effettuati gli attacchi. Niente di segreto o non prevedibile, quando il resto delle connessioni internet di un paese in guerra vengono distrutte dai bombardamenti, dalle interruzioni di corrente o semplicemente non arrivano in zone particolarmente remote.

Per questo le ultime dichiarazioni di Musk e Gwynne Shotwell, direttore operativo di SpaceX, hanno colto tutti di sorpresa, suonando anche sospette. Come riporta il Guardian, Shotwell ha giustificato il blocco per i droni militari sostenendo come non fosse mai stata intenzione dell’azienda consentire l’uso di Starlink “per scopi offensivi”. E Musk ha rincarato la dose spiegando che non autorizziamo l’uso di Starlink per effettuare attacchi con i droni a lungo raggio”.

La risposta ucraina a queste dichiarazioni è stata netta: siamo in guerra, scegliete da che parte stare. Questo è il succo del tweet pubblicato da Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, in cui ha spiegato come SpaceX può stare o “dalla parte dell’Ucraina e del diritto alla libertà” o dalla parte “della Federazione russa e della suo diritto di uccidere e conquistare territori”.

Categorie
Tecnologia

16 anni l’età minima per iscriversi ai social network: la proposta

Author: Wired

Sette proposte per rendere il web un luogo virtuale più sicuro per i minorenni. È il pacchetto di misure che il 6 e il 7 febbraio scorsi, in occasione del Safer Internet Day, ricorrenza annuale istituita dalla Commissione europea per promuovere un uso consapevole della rete, il Telefono Azzurro ha presentato nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera.

Il progetto, che come priorità ha identificato l’innalzamento dagli attuali quattordici ai 16 anni della cosiddetta età di connessione, nasce con l’obiettivo di tutelare i diritti dei bambini e degli adolescenti. “Sono – ha spiegato il presidente della onlus Ernesto Caffo – gli stessi ragazzi a chiederlo”. Ecco perché occorre “sensibilizzare – ha aggiunto – non solo l’opinione pubblica, ma anche i legislatori affinché adottino misure di maggiore tutela del minore che naviga sul web e utilizza i social network”.

Il Telefono Azzurro ha proposto al governo di rendere “invalidi” i contratti conclusi dai minori di sedici anni con i fornitori dei servizi delle società di informazione e di obbligare questi ultimi a verificare l’età dell’utente all’atto del perfezionamento del contratto stesso. La onlus ha inoltre invitato l’esecutivo a limitare la possibilità di manifestare il consenso al trattamento dei propri dati solo ai maggiori di 16 anni.

In materia di sextorsion, il Telefono Azzurro suggerisce di rafforzare il potere del garante della privacy. Questa particolare forma di estorsione si verifica quando alla vittima viene richiesto il pagamento di una somma di denaro sotto la minaccia di diffusione di video o immagini vere o presunte che la ritraggono in pose o atteggiamenti sessualmente espliciti

Le altre proposte della onlus riguardano poi il potenziamento del servizio del 114, Emergenza infanzia, attraverso la previsione del “contatto di emergenza in app” e l’introduzione dell’educazione civica digitale e di una nuova governance dell’agenda digitale dei bambini.

article imageI problemi della legge francese per vietare ai minori l’accesso ai siti porno

Il governo vuole introdurre nuovi meccanismi per verificare l’identità. Che comportano grossi rischi per la privacy degli utenti in rete

La posizione del governo

Le richieste dell’associazione presieduta da Caffo hanno trovato il pieno appoggio del governo. “La tutela dell’infanzia e dell’adolescenza rispetto al mondo digitale – ha infatti affermato nel corso dell’evento il viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucciè certamente una priorità di questo esecutivo”. 

Troviamo – ha aggiunto – che ci debbano essere una responsabilità e una consapevolezza della responsabilità a tutti i livelli: a livello istituzionale; a livello delle piattaforme, che devono essere sempre più capaci di introdurre dei sistemi di misurazione dell’età; a livello della scuola, che deve formare ed educare per fare in modo che le nuove generazioni che vivono in un mondo digitale possano vedere in quel mondo un luogo delle opportunità e non di malessere e devianza“. 

Categorie
Economia Tecnologia

Telefonia, in Italia le tariffe sono sempre più basse

Author: Wired

A differenza di quanto accaduto relativamente ad altri servizi, il prezzo medio delle offerte del mercato della telefonia mobile nell’ultimo anno non è aumentato, anzi. Uno studio effettuato dall’osservatorio tariffe di Sostariffe.it e Segugio.it ha dimostrato che i costi sono leggermente calati, mentre i pacchetti proposti dagli operatori includono più giga per navigare in mobilità.

L’indagine ha preso in considerazione tutte le tariffe mobili presenti sul mercato, sia quelle degli operatori di rete mobile classici (Mno), sia quelle degli operatori virtuali (Mvno), confrontando i prezzi di gennaio 2023 con quelli praticati dodici mesi prima. L’attuale canone medio è risultato essere pari a 9,74 euro al mese, un dato più basso dell’8% rispetto a un anno fa, che rappresenta un nuovo minimo per il settore.

Rispetto a inizio 2022, oggi una tariffa di telefonia mobile include inoltre una media di 40 gigabyte mensili in più, arrivando a un totale di 115. In termine percentuale, questo rialzo equivale a una crescita del 42% in confronto agli 81 gigabyte di gennaio 2022.

Gli operatori classici

Restringendo l’indagine agli operatori classici, ovvero Tim, Vodafone, WindTre e Iliad, l’osservatorio ha dimostrato come siano aumentati i gigabyte inclusi, a fronte di un prezzo tariffario pressoché stabile di 14,40 euro al mese, che fa segnare un -0,3% su base annua. In media, tali operatori mettono a disposizione infatti 135 giga al mese, con una crescita del 50% rispetto a gennaio 2022. Crescono leggermente anche i minuti e gli sms, rispettivamente del 2,7 e dell’11,7%.

Gli operatori virtuali

Le offerte degli Mnvo, quelli privi di infrastrutture di rete proprietarie, continuano a essere più economiche rispetto a quelle dei concorrenti. Essendo il loro numero in aumento, sono peraltro di più le loro offerte mensili complessive e cresce dunque l’incidenza dell’economicità delle loro tariffe sulla media complessiva del settore.

Il costo periodico delle offerte degli operatori virtuali prevede raggiunge oggi mediamente i 7,91 euro, il 5,7% in meno rispetto a gennaio 2022. È la prima volta che il prezzo medio delle tariffe degli Mnvo scende sotto il tetto degli 8 euro. Anche in questo caso aumentano inoltre i giga mensili, che superano quota 100, arrivando a 104, il 36,8% in più rispetto al gennaio di un anno fa. Variano in minima misura sms e minuti, che fanno segnare rispettivamente un calo dello 0,1% e un aumento del 3,2%.

L’interrogazione in Europarlamento

Dal 2024, però, la musica dovrebbe cambiare. Tim e WindTre hanno infatti già annunciato che adotteranno tariffe adeguate all’inflazione. Una scelta che lo scorso 7 dicembre è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare presentata dall’eurodeputato di Fratelli d’Italia Denis Nesci, preoccupato che essa possa ledere gli interessi dei consumatori.

La direttiva 93/13/Cee – ha affermato in merito il commissario europeo per il mercato interno e i servizi Thierry Bretonprevede che tutte le clausole nei contratti stipulati con i consumatori siano eque e trasparenti, comprese le clausole relative alla modifica del prezzo inizialmente concordato. A condizione che Tim e WindTre abbiano rispettato tali disposizioni, non vi è alcun elemento che suggerisca una violazione dei diritti dei consumatori”.