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Superbonus e altri sussidi edilizi hanno generato 111 miliardi di crediti fiscali

Author: Wired

In poco meno di due anni e mezzo, il sistema del superbonus 110% e degli altri bonus edilizi ha generato, in termini di cessioni sconti in fattura, crediti fiscali per 110,8 miliardi di euro in più di 13,5 milioni di operazioni diverse. In particolare, tra il 15 ottobre 2020 e l’1 marzo 2023, sono stati prodotti 61,9 miliardi attribuibili al superbonus 110%, 25 al bonus facciate, 11,5 all’ecobonus. I restanti 12,4 miliardi sono invece collegati ad altri incentivi.

Dal punto di vista delle annualità, i crediti registrati sono stati pari a circa 3,2 miliardi nel 2020, a 56,2 miliardi nel 2021, a 50,7 miliardi nel 2022 e a 819 milioni nelle prime settimane del 2023. Tutti questi dati, come riporta l’agenzia stampa Radiocor, sono stati elencati in commissione Finanze alla Camera dal direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini, nel corso dell’audizione sul decreto legge superbonus.

Le prime cessioni e gli sconti in fattura dei bonus edilizi relativi alle spese sostenute nel 2022 – ha spiegato – potranno essere comunicati all’Agenzia ancora per tutto il mese di marzo 2023. Pertanto, un dato piuttosto consolidato relativo ai bonus derivanti dalle spese del 2022 sarà disponibile solo nella prima decade di aprile 2023”,  dopo che i dati saranno stati caricati sulla piattaforma.

Ruffini ha poi segnalato che il 18,4% dei bonus edilizi, pari a circa 20,4 miliardi, fa capo alle imprese di costruzioni, mentre al sistema bancario risultano acquistati incentivi per quasi 51,3 miliardi. Il direttore ha però specificato che “non dispone di informazioni relative a impegni assunti dalle banche in corso di lavorazione, non ancora comunicate”, quindi i dati potrebbero essere sottostimati, includendo solo le operazioni già disponibili sulla piattaforma.

In capo alle banche e alle società del gruppo restano le rate dei crediti d’imposta da fruire per il 2023 e per gli anni successivi, per un totale di oltre 47,7 miliardi. I bonus acquistati e detenuti dalle compagnie assicurative ammontano invece a 4,5 miliardi.

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Covid, gli snodi dell’inchiesta della procura di Bergamo

Author: Wired

Epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, falso e rifiuto di atti di ufficio sono i reati di cui dovranno rispondere i diciassette indagati per la gestione della prima ondata di Covid-19 e della mancata zona rossa nella provincia di Bergamo, che ha provocato oltre 6mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente. Dopo tre anni di indagini, la procura bergamasca ha chiuso l’inchiesta il 20 febbraio 2023, inviando comunicazione ufficiale alle persone coinvolte.

Gli indagati

Le prime persone a essere indagate per epidemia colposa sono state l’ex dirigente del Welfare lombardo Luigi Cajazzo, il suo vice Marco Salmoiraghi, Aida Andreassi e i dirigenti dell’azienda socio-sanitaria territoriale Bergamo est Francesco Locati e Roberto Cosentina accusati anche di falso.

L’inchiesta è poi arrivata a coinvolgere alcuni dirigenti del ministero della Salute come Francesco Maraglino, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo e l’allora capo della Protezione civile Angelo Borrelli.

E l’elenco di nomi contenuti nell’atto firmato dal procuratore capo Antonio Chiappani e dalla procuratrice Maria Cristina Rota, che hanno condotto le indagini, continua con i volti noti del presidente della regione Lombardia Attilio Fontana, da poco rieletto, e con l’ex assessore alla Sanità lombarda Giulio Gallera. Mentre riceveranno le notifiche ufficiali dal Tribunale dei ministri di Roma l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della Sanità Roberto Speranza, ultime persone a essere iscritte al registro degli indagati.

Gli snodi dell’inchiesta

I magistrati hanno lavorato su tre livelli: uno locale, relativo alla mancata chiusura del pronto soccorso di Alzano Lombardo; uno nazionale, a seguito degli accertamenti che hanno riguardato la mancata istituzione di una zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo; e uno internazionale, che arriva fino all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), per l’assenza di un piano pandemico aggiornato e la sua mancata istituzione tempestiva, nonostante le indicazioni dell’Oms.

A questo si è poi aggiunta l’acquisizione di documenti, circolari e comunicazioni, tra cui la mail del 28 febbraio 2020 in cui il presidente della regione Fontana chiedeva al presidente del Consiglio di mantenere le misure di contenimento da zona gialla, anche per la settimana dal 2 all’8 marzo, nonostante la situazione fosse già critica.

Per la procura, tutti gli indagati hanno contribuito a operare gravi omissioni nella “valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia”, sottolineando poi “l’eclatantescoperta del mancato aggiornamento del piano pandemico, rimasto fermo al 2006, si legge su la Stampa.

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Intelligenza artificiale, i 10 punti ancora irrisolti del regolamento europeo

Author: Wired

Dopo anni di negoziati, entro il 2023 è prevista l’approvazione del regolamento dell’Unione europea sull’intelligenza artificiale. Ma su molti punti dell’Artificial Intelligence Act (Ai Act) ancora non c’è accordo. Il Consiglio europeo ha idee opposte a quelle del Parlamento sul riconoscimento facciale in tempo reale, mentre all’interno dello stesso Europarlamento ci sono posizioni contrastanti sui sistemi di identificazione delle emozioni. Wired ha parlato con Brando Benifei, correlatore dell’Ai Act per l’Europarlamento e con Patrick Breyer, europarlamentare del Partito pirata tedesco, per identificare i 10 punti più controversi, che saranno al centro dei negoziati del trilogo, ovvero le riunioni tra Parlamento, Consiglio e Commissione che dovranno trovare una mediazione.

  1. Riconoscimento facciale in tempo reale
  2. Analisi delle emozioni
  3. Poligrafi e macchine della verità
  4. Verifica di impatto sui diritti fondamentali
  5. Il social scoring
  6. Punteggio sociale “di fatto”
  7. Repressione di una società libera e diversa
  8. Rischio disinformazione con Chat GPT
  9. Rischio di sostenere regimi che usano l’Ai per la repressione
  10. Rischio di fermare un gran numero di innocenti (soprattutto tra migranti e minoranze)

Brando Benifei, Mattia Fantinati e Max Schrems al Wired Next Fest 2022 di FirenzeBrando Benifei al Wired Next Fest 2022: “Tra un anno avremo le regole sull’intelligenza artificiale”

Nell’incontro di Firenze si è parlato con Max Schrems e Mattia Fantinati dello stato dell’arte della legislazione europea in fatto di digitale e intelligenza artificiale

Riconoscimento facciale in tempo reale

I sistemi di sorveglianza che identificano le persone mentre camminano in luoghi pubblici, come quando salgono le scale di una metropolitana sono proibiti nel regolamento proposto dalla Commissione. Ma sono previste eccezioni – come la lotta al terrorismo e la ricerca di persone scomparse – che permetterebbero a un giudice di attivarli. “Nel sistema informativo degli stati in qualsiasi momento ci sono centinaia di migliaia di ricercati per terrorismo – sottolinea Breyer -. Probabilmente i tribunali ordinerebbero di identificarli e questo significherebbe sorveglianza di massa biometrica permanente”. “Non abbiamo dati che il riconoscimento facciale in tempo reale aiuti la sicurezza conferma Benifei -, ma sappiamo, invece, che crea problemi di sicurezza”. Il grosso dei gruppi politici dell’Europarlamento sono stati convinti dalla campagna Reclaim your face per un bando totale alla sorveglianza di massa, ma il Consiglio ha aggiunto la “sicurezza nazionaletra le eccezioni per il suo utilizzo.

Analisi delle emozioni 

L’analisi biometrica dei movimenti per l’identificazione delle emozioni non è vietata dall’Ai Act, ma solo qualificata come tecnologia “a rischio”. Significa che i sistemi che usano questa applicazione dell’intelligenza artificiale sono elencati in un allegato al regolamento (che dovrà essere periodicamente aggiornato) e sono soggetti a specifiche procedure di certificazione. “Per me il riconoscimento delle emozioni andrebbe vietato con la sola eccezione della ricerca medica – afferma Benifei – ma il Parlamento non ha una maggioranza su questo, perché liberali di destra (Ppe) e i conservatori, sono contrari a vietare queste tecnologie ritenendo che possano essere utilizzate per la sicurezza”.

article imageLa “macchina della verità” alle frontiere di cui l’Europa preferiva non parlare

Poligrafi e macchine della verità

Tra le tecnologie di analisi biometrica delle emozioni considerate a rischio ma non vietati dall’Ai Act ci sono prodotti che promettono di identificare chi si muove in modo pericoloso nella folla (ad esempio, chi lascia un bagaglio incustodito), e ci sono poligrafi, ovvero vere e proprie macchine della verità. Tra queste, il sistema Iborder: basato su un algoritmo che analizza i micro-movimenti del viso è stato sperimentato ai confini dell’Europa per identificare sospetti terroristi. Nonostante abbia fornito risposte sbagliate a chi lo ha testato, la sua sperimentazione è stata descritta come una storia di successo dalla Commissione europea.

Verifica di impatto sui diritti fondamentali

Oggetto di accesa discussione tra il Parlamento e il Consiglio è la verifica di impatto per gli utilizzatori di sistemi di intelligenza artificiale qualificati come ad alto rischio. “Attualmente il regolamento prevede solo una certificazione per i produttori di questi sistemi. Si tratta di auto-verifiche su qualità dei dati e rischi di discriminazione, su cui vigilerà l’autorità nazionale di ogni paese membro e l’ufficio europeo sull’intelligenza artificiale spiega Benifei -. Noi vogliamo inserire un ulteriore obbligo di controllo da parte degli utilizzatori, ovvero pubbliche amministrazioni e imprese che utilizzano questi sistemi, ma il Consiglio non prevede questo meccanismo”.

article imageAnche in Italia il Garante della privacy blocca la più controversa startup di riconoscimento facciale al mondo

L’Autorità multa Clearview AI con una sanzione da 20 milioni di euro e il divieto di raccogliere foto di persone italiane e cancellare quelli esistenti. Ad accendere il faro sulla società anche l’inchiesta condotta da Wired Italia

Il social scoring

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per dare punteggi alle persone in base al loro comportamento è vietato nella proposta di regolamento, con un’eccezione per le piccole imprese contenuta nella bozza approvata dal Consiglio, ma cancellata in quella di mediazione redatta dalla commissione Giustizia dell’Europarlamento: “È opportuno esentare i sistemi di Ai destinati alla valutazione dell’affidabilità creditizia e del merito creditizio nei casi in cui sono messi in servizio da microimprese o piccole imprese per uso proprio”. 

Punteggio sociale di fatto

C’è il rischio che le tecnologie di riconoscimento delle emozioni vengano utilizzate per controllare minoranze nelle stazioni ferroviarie e alle frontiere con i migranti, nelle carceri e anche negli eventi sportivi – aggiunge Breyer -. In tutti i luoghi dove queste tecnologie sono state già testate”. L’esponente del Partito pirata sottolinea poi che “molte delle telecamere utilizzate per la registrazione e il monitoraggio dei movimenti sono tecnicamente in grado di riconoscere i volti, soprattutto se si acquistano da produttori cinesi”. Inoltre, “sarebbe molto facile per le forze dell’ordine attivare la funzione del riconoscimento facciale”, anche se non permesso dalla normativa europea. 

Repressione di una società libera e diversa

Nonostante il divieto di dare crediti sociali, per Breyer esiste il pericolo che le informazioni provenienti da sistemi di riconoscimento delle emozioni finalizzate a ragioni di sicurezza, possano essere utilizzate per identificare chi si comporta in modo diverso dalla massa e costituire, di fatto, un sistema di credito sociale che reprime chi voglia adottare comportamenti diversi da quelli della massa, come partecipare a manifestazioni politiche. 

Rischio disinformazione con ChatGPT

Nella proposta di compromesso dell’Europarlamento, i contenuti generati dall’intelligenza artificiale che sembrano scritti da una persona, così come le immagini deepfake – sono soggetti a obbligo di trasparenza verso gli utenti. Si obbliga a informare gli utenti, durante il momento dell’esposizione al contenuto (chatbot o deepfake) che è stato generato da un algoritmo. “Questo obbligo di trasparenza è previsto nella bozza dell’Europarlamento ma non nella posizione del Consiglio“, sottolinea Benifei.

fumettiLe risposte di ChatGPT e delle altre intelligenze artificiali sono piene di pregiudizi

Da Google Translate a Character.AI fino a Chatsonic, i sistemi di deep learning addestrati per conversare non riescono fare a meno di ripetere i più classici stereotipi, nonostante le premure dei programmatori

Rischio di sostenere regimi che usano l’Ai per la repressione

L’Iran ha annunciato di utilizzare il riconoscimento facciale per segnalare le donne che non indossano correttamente il velo, la Russia per identificare le persone da arrestare. L’utilizzo di questa tecnologia su larga scala in Europa, porterebbe le aziende a rafforzarne la produzione e questo avrebbe un impatto anche su regimi autoritari fuori dal continente”, avverte Breyer.

Rischio di fermare un gran numero di innocenti

Anche se le tecnologie di riconoscimento facciale raggiungono un’accuratezza del 99%, quando sono applicate su migliaia di persone, rischiano di identificare un numero enorme di cittadini innocenti – ricorda Breyer -. Uno studio dell’Istituto nazionale per la standardizzazione della tecnologia degli Stati Uniti ha rilevato la scarsa attendibilità di molte tecnologie di riconoscimento facciale biometrico sul mercato quando si tratta di persone non bianche – evidenzia l’europarlamentare -, probabilmente perché i dati di addestramento dell’algoritmo erano viziati: queste tecnologie tendono a essere utilizzate in zone con alti tassi di criminalità, dove vivono principalmente minoranze etniche”.

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Congedo mestruale, la proposta di legge in Italia

Author: Wired

Dopo il caso del liceo artistico Nervi Severini di Ravenna – il primo in Italia a introdurre il congedo mestruale, con la possibilità di accedere fino al due giorni al mese di assenze giustificate – altre scuole hanno seguito il suo esempio. Recentemente anche il liceo classico Pilo Albertelli di Roma è stato la prima scuola del Lazio a garantire questa misura agli alunni che presentano un certificato medico sulle patologie di dismenorrea, vulvodinia ed endometriosi

Ma le novità non sono finite qui: il congedo mestruale è stato inserito in un disegno di legge (ddl) in tre articoli, depositato alla Camera il 21 febbraio 2023. Non è la prima volta che in Italia viene depositata una proposta simile: nel 2016, su iniziativa dei deputati Mura, Sbrollini, Iacono e Rubinato del Pd, era stato depositato alla Camera un ddl sul congedo mestruale che non è mai stato approvato

La proposta di legge 

La proposta è stata firmata dalla deputata Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi e Sinistra, ma ha il sostegno di tutto il gruppo ed è stata co-firmata da Luana Zanella, Angelo Bonelli, Francesco Borrelli, Francesca Ghirra, Eleonora Evi, Nicola Frantoianni, Devis Dori, Marco Grimaldi, Francesco Mari e Filiberto Zaratti. 

Il ddl è composto da tre articoli: il primo prevede la possibilità per chi presenta un certificato medico all’inizio dell’anno scolastico di assentarsi da scuola per un massimo di due giorni al mese, senza che i giorni di riposo costituiscano un problema in sede di scrutinio. Per chi frequenta la scuola ma non ha ancora raggiunto la maggiore età è prevista anche la presentazione della giustificazione dei genitori. Il secondo articolo è invece dedicato al mondo del lavoro e alle dipendenti con qualsiasi tipo di contratto che soffrono di dolori causati dal ciclo mestruale: coloro che presentano una certificazione medica all’inizio dell’anno avranno la possibilità di stare a casa due giorni al mese e riceveranno una retribuzione al 100%. Il terzo articolo, invece, riguarda la possibilità di accedere alla contraccezione gratuita in farmacia con la ricetta. La pillola anticoncezionale, infatti, viene prescritta alle persone che soffrono di disturbi legati al ciclo mestruale. 

La situazione negli altri paesi 

In Europa la Spagna ha fatto da apripista: è stato il primo paese europeo a introdurre il congedo per le persone che soffrono di dolori legati al ciclo mestruale che presentano il certificato medico. In Corea del Sud dal 1953 è previsto un giorno di assenza non retribuito per i lavoratori che ne hanno necessità. In Giappone e in Indonesia una legge sul congedo mestruale esiste già da moltissimo tempo, rispettivamente dal 1947 e dal 1948. Inoltre, la possibilità di accedere ai giorni di riposo durante il ciclo mestruale esiste anche in alcune province della Cina, a Taiwan, in Vietnam e in Zambia

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Economia Tecnologia

Settimana lavorativa di 4 giorni: il più grande test è stato un successo

Author: Wired

La settimana lavorativa di quattro giorni non soltanto non compromette l’economia delle aziende, ma migliora persino la produttività e la salute dei loro dipendenti. Ne sono convinti i titolari di decine delle aziende britanniche che l’hanno sperimentata, protagoniste del progetto pilota della campagna 4 Day Week.

In tutto sono state 61 le aziende coinvolte, per un totale di circa 2.900 dipendenti, che hanno lavorato per una media di 34 ore alla settimana tra giugno e dicembre 2022 guadagnando lo stesso stipendio che percepivano in precedenza. Le realtà interessate appartengono ai settori più disparati: dalla finanza al tech, passando addirittura da un’attività specializzata in fish and chips a Wells-next-the-sea, paese di 2.451 abitanti della contea del Norfolk. Ben 56 imprese, quindi il 92%, hanno scelto di proseguire su questa strada, 18 delle quali in maniera definitiva.

Secondo la società di ricerca Autonomy, che ha curato il progetto insieme a 4 Day Week Global, Università di Cambridge, Università di Oxford, Boston College e campagna 4 Day Week UK, quello andato in scena in Gran Bretagna è stato “il più grande test della settimana lavorativa di quattro giorni al mondo”.

I risultati

I titolari della maggior parte delle aziende coinvolte hanno confermato che la produttività delle loro imprese non ha subito variazioni negative. I lavoratori hanno affermato di aver beneficiato di maggior benessere e di un miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata. I dati raccolti da Autonomy hanno inoltre evidenziato una netta diminuzione del numero delle dimissioni dei dipendenti, legata proprio alla politica dei quattro giorni lavorativi settimanali.

Questo – ha affermato il direttore della campagna 4 Day Week Joe Ryleè un importante momento di svolta per chi si batte per una settimana lavorativa di quattro giorni. In un’ampia varietà di settori dell’economia, questi incredibili risultati dimostrano che la settimana di quattro giorni senza variazioni di stipendio funziona davvero. Sicuramente è giunto il momento di iniziare ad adottarla in tutto il paese“.

In Italia

La notizia relativa alla positiva sperimentazione della settimana corta nel Regno Unito in 61 aziende con interessanti risultati sia per le aziende che per i lavoratori deve aprire anche in Italia un confronto tra parti sociali nella stessa direzione. È tempo di regolare il lavoro soprattutto nel settore manifatturiero in modo più sostenibile, libero e produttivo – dichiara Roberto Benaglia, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl –. I salti tecnologici ed organizzativi che la digitalizzazione e il lavoro per obiettivi stanno avvenendo in tante aziende metalmeccaniche ci devono spronare a gettare il cuore oltre l’ostacolo. È possibile ripensare gli orari aziendali e ridurli non contro la competitività aziendale ma ricercando nuovi equilibri e migliori risultati. Non si tratta di ridurre gli orari in modo generico come nel secolo scorso ma di rendere il lavoro maggiormente sostenibile e flessibile verso i bisogni delle persone significa rendere i posti di lavoro più attrattivi, in una epoca dove tanti lavoratori, soprattutto giovani di talento, stanno cambiando posto di lavoro e le competenze si muovono nel mercato del lavoro”.

Intesa Sanpaolo da gennaio ha proposto su base volontaria un nuovo modello di organizzazione del lavoro, con più smart working e la possibilità di lavorare 4 giorni a settimana, invece che 5, ma aumentando a 9 le ore giornaliere