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Pedopornografia online in aumento in Italia

Author: Wired

“Segnalo un sito di pornografia illegale. Recitava così una segnalazione arrivata intorno alla metà di novembre su WiredLeaks, la piattaforma di Wired che consente di comunicare in modo anonimo con la redazione. Illegale perché, come è stato possibile verificare, il portale in questione conteneva pedopornografia.

La segnalazione riportava un link .onion, ovvero ospitato nel dark web e raggiungibile solo attraverso browser come Tor, che per ovvie ragioni non riportiamo (non aggiunge nulla al nostro articolo e non vogliamo che abusi siano perpetrati) e che la redazione ha immediatamente segnalato alla Polizia postale. Al segnalante è stato chiesto di spiegare come sia entrato in possesso di questo collegamento, con l’obiettivo di poter provare a fare luce su come si diffonda la pedopornografia in rete. A oggi, però, non ci sono stati riscontri da parte sua. Con l’aiuto dei dati delle forze dell’ordine Wired ha cercato di quantificare la diffusione della pedopornografia online.

Il fenomeno della pedopornografia online

A occuparsi del contrasto a questo fenomeno è il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (Cncpo) della Polizia postale. Organismo che, nel corso del 2022, si è occupato di 4.542 casi, che hanno consentito di indagare 1.463 soggetti, dei quali 149 sono stati arrestati. Un dato, quest’ultimo, in crescita dell’8% rispetto all’anno precedente. Sul fronte dell’attività di prevenzione del fenomeno della pedopornografia online, il Cncpo ha visionato 25.696 siti. Di questi, 2.622 sono stati inseriti in black list e quindi oscurati, in quanto presentavano contenuti pedopornografici. In entrambi i casi, si tratta di un incremento del 3% rispetto ai numeri fatti registrare nel corso del 2021.

La fine della fase acuta della pandemia e delle restrizioni alle libertà personali introdotte per contrastarla, si legge nella nota con cui la Polizia postale ha fornito i dati a Wired, ha fatto rilevare una riduzione della circolazione globale di materiale pedopornografico sui circuiti internazionali”. Il fatto che viaggino meno in rete, non significa però che questi materiali abbiano smesso di circolare. La conferma, appunto, dall’aumento “dei soggetti individuati e deferiti per violazioni connesse ad abusi in danno di minori.

Sono 424 i casi di adescamento online registrati dalla Polizia postale. La fascia più interessata è quella tra i 10 e i 13 anni, nella quale si concentra il 54% delle vittime. Preoccupa, invece, “il lento incremento dei casi relativi a bambini di età inferiore ai 9 anni adescati”. Un trend “diventato più consistente a partire dalla pandemia” e che vede come luogo di incontro tra minori e molestatori più frequenti i social network e i videogiochi. Prova, questa, del fatto che “il rischio si concretizza con maggiore probabilità quando i bambini e i ragazzi si esprimono con spensieratezza e fiducia, nei linguaggi e nei comportamenti tipici della loro età”.

Le indagini 

L’infografica che segue racconta le 12 più importanti operazioni di contrasto alla pedopornografia online condotte dalla Polizia postale e conclusesi lo scorso anno. Oltre ad indicare il numero di persone arrestate o denunciate, mette in luce quali siano le piattaforme attraverso le quali avveniva lo scambio di materiale pedopornografico. Il nome di fianco ad ogni simbolo è quello della relativa operazione.

L’operazione che ha portato al più alto numero di arresti si chiama Green Ocean, è stata condotta dalla Polizia postale di Palermo su alcune piattaforme di file sharing e di messaggistica. In carcere sono finite 13 persone, sul computer di una delle quali sono stati trovati file che “hanno messo in luce l’esistenza di abusi fisici in danno di due minori, all’epoca dei fatti dell’età di 2 e 3 anni.

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Economia Tecnologia

Intel, che fine ha fatto la fabbrica di chip in Italia

Author: Wired

Un’ondata di gelo travolge il Veneto. Non è colpa però delle rigide temperature invernali, ma del possibile passo indietro di Intel rispetto alla realizzazione a Vigasio, in provincia di Verona, di una fabbrica per l’imballaggio e l’assemblaggio di semiconduttori.

Secondo il Corriere della Sera, l’amministratore delegato della multinazionale statunitense Pat Gelsinger, pur smentendo le voci su un totale disimpegno dell’azienda sul territorio europeo, ha confermato l’intenzione di investire in Germania ma ha palesato qualche dubbio sull’effettiva costruzione dell'”annunciato impianto di packaging nell’Uein Italia.

L’Italia – ha spiegato l’ad – è ancora in gioco, ma anche altri paesi candidati. Stiamo cercando di vedere dove. Decideremo entro l’anno”. “Con la Germania – ha invece affermato – stiamo andando avanti. Stiamo finendo i negoziati su alcuni aspetti con l’Unione europea e con i tedeschi sulle dimensioni e altro”.

I motivi

Secondo quanto riporta il Corriere, la decisione con cui Intel sta continuando a lavorare per realizzare “un mega impianto all’avanguardia in Germania” potrebbe essere figlia di un contributo sostanzioso messo sul piatto da Berlino, per coprire i costi maggiori per l’azienda dovuti al caro energia, all’inflazione e all’aumento dei prezzi delle materie prime. Fattori che, secondo le stime di Intel, hanno fatto salire da 17 a 20 miliardi l’entità totale dell’investimento necessario in terra tedesca.

Una buona fetta, pari a circa 6,8 miliardi, potrebbe dunque essere coperta da risorse pubbliche. Proprio l’adozione da parte della Commissione europea del cosiddetto Chips Act, una serie di misure legislative e finanziarie per sostenere la produzione di semiconduttori nell’Unione europea, era d’altronde stato un incentivo per Intel in vista di una serie di investimenti nel vecchio continente.

Il governo

Il governo continua intanto a spingere affinché lo stabilimento del colosso statunitense sia realizzato in Veneto. Al Corriere, Gelsinger ha dichiarato di aver avuto una conversazione telefonica in merito con la premier Giorgia Meloni lo scorso 17 gennaio, mentre a margine dell’inaugurazione di Vicenzaoro January, in Fiera a Vicenza, il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha affermato di essere “in contatto costante – riporta l’agenzia stampa Radiocorsia con Intel, sia con le istituzioni europee per cercare di garantire all’Italia l’insediamento di Intel.

Il governo – ha aggiunto Urso – è in prima linea in questo progetto, un progetto in cui crediamo perché improntate e significativo anche dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e per il quale abbiamo risposto positivamente a tutte le esigenze che ci sono state sottoposte. Starà infine all’azienda scegliere dove vorrà insediarsi“.

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Economia Tecnologia

Medici, le 9 regione d’Italia in cui ne mancano di più

Author: Wired

A Bolzano c’è un cardiologo ospedaliero ogni 224mila abitanti, a Caltanissetta un ginecologo ogni 40mila e ad Asti un pediatra per ogni 1.813 minori. In tutta Italia, ma in particolare in nove regioni, di cui sette del nord, mancano medici di famiglia, ospedalieri, pediatri di libera scelta e infermieri. Si chiama desertificazione sanitaria e, come suggerisce il nome, non promette nulla di buono.

L’equazione è semplice: se non ci sono medici è più difficile accedere alle cure sanitarie. È questa la desertificazione sanitaria, ovvero una situazione di estremo disagio per i pazienti, dovuta alla mancanza di personale, di ospedali e altre strutture di cura abbastanza vicine ai centri abitati e a lunghi tempi di attesa. A farne maggiormente le spese sono le zone periferiche e ultra periferiche delle aree interne del paese.

Lo ha rivelato il rapporto Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e Pnrr – provincia che vai, carenza di personale sanitario che trovi, curato da Cittadinanzattiva nell’ambito del progetto europeo Action for health and equity: addressing medical desert (Ahead), finanziato da Eu4Health, il quarto programma dell’Unione europea dedicato alla salute per il periodo 2021-2027.

Farmacista al lavoroLa storia dei farmaci carenti in Italia, spiegata con i dati

L’Agenzia del farmaco segnala che sono 3.200 i farmaci carenti in Italia, ma quasi la metà manca perché non è più in commercio e altri 400 saranno ritirati nei prossimi mesi. L’analisi dei dati e le spiegazioni sul fenomeno

Le regioni maglia nera

Secondo l’analisi, sono nove le regioni più colpite da desertificazione sanitaria, per un totale di 39 province dove gli squilibri tra il numero dei professionisti e cittadini sono più marcati. Al primo posto si trova la Lombardia, con Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi e Milano tra le peggiori. Segue il Piemonte, con Alessandria, Asti, Cuneso, Novara, Torino e Vercelli. Al terzo posto il Friuli Venezia Giulia, con Gorizia, Pordenone, Udine e Trieste.

Fuori dal podio abbiamo invece la Calabria, con Cosenza Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia. Il Veneto, con Treviso, Venezia e Verona. La Liguria, con Imperia, La Spezia e Savona. L’Emilia Romagna, con Parma, Piacenza e Reggio Emilia. E infine il Trentino Alto Adige, con entrambe le province autonome di Bolzano e Trento, e il Lazio, con Latina e Viterbo.

Rapporto mediciabitanti nelle province italiana

Rapporto medici/abitanti nelle province italiana (Foto: Cittadinanzattiva)

kevin carboni

Mancano i fondi

Una fotografia a tutto campo delle difficoltà che coinvolgono l’intero sistema sanitario nazionale e che, secondo Cittadinanzattiva, rischiano di non essere risolte con i fondi messi a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Soltanto il 16% delle case e il 17% degli ospedali di comunità previsti per i prossimi anni sono stati pensati per essere realizzati nelle zone periferiche e più in difficoltà. Sul totale di 1.431 case di comunità, solo 508 saranno costruite nelle aree interne, lasciando circa 5 milioni di italiani e italiane senza qualsiasi presidio sanitario.

Inoltre, in 13 comuni periferici della Valle d’Aosta e in 36 della Liguria non è stata programmata la realizzazione di nessun servizio territoriale tra quelli finanziati dal Pnrr. Così come non è stata prevista la costruzione di alcun ospedale di comunità per le oltre 654 mila persone che vivono nelle aree periferiche di Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Marche.

Fortunatamente però, la situazione non è così drammatica in tutto il paese. Alcune province e regioni continuano a lavorare in modo virtuoso per assicurare un facile accesso ai servizi sanitari a tutti e tutte. È il caso della provincia di Roma, dove c’è un ginecologo ogni 2mila persone, o Pisa, dove c’è un cardiologo ospedaliero ogni 3 mila persone. Dati che però sottolineano, ancora una volta, la forte disuguaglianza tra cittadini e cittadine rispetto al diritto alla salute, causata da anni di privatizzazioni dei servizi sanitari e tagli ai fondi destinati alla sanità pubblica.

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Economia Tecnologia

Sciopero dei benzinai il 25 e 26 gennaio: confermato

Author: Wired

Il tavolo tecnico dell’esecutivo per scongiurare lo sciopero dei benzinai è fallito. Così le organizzazioni degli esercenti, dopo un momentaneo congelamento, hanno confermato l’agitazione su tutto il territorio nazionale durante le intere giornate del 25 e del 26 gennaio 2023. I gestori stanno criticando le scelte del governo Meloni, il decreto carburanti e l’istruttoria dell’Antitrust sulle speculazioni, ma sono rimasti aperti a bloccare lo sciopero anche un minuto prima del suo inizio, nel caso il governo dovesse sospendere alcune parti del decreto.

Una stazione di servizioLe nuove regole sul prezzo di benzina e diesel

Il governo Meloni ha imposto ai distributori di esporre il prezzo medio giornaliero del carburante a fianco a quello praticato da loro. Rinnovati i buoni benzina per i dipendenti

La questione accise

L’accusa dei rappresentanti di categoria Fegica e Figisc/Anisa al governo Meloni è di giocare allo scaricabarile sull’aumento dei prezzi del carburante, innescato dalla decisione dell’esecutivo di non finanziare più il taglio delle accise voluto dal governo Draghi, che in questo modo ha provocato un’impennata record dei costi per il carburante alla pompa di benzina. A seguito dei rincari, infatti, diversi esponenti della maggioranza hanno puntato il dito contro le speculazioni dei gestori dei benzinai, sostenendo che l’aumento dei prezzi derivasse da loro scelte personali. 

Le categorie hanno poi alzato le barricate anche a causa dell’istruttoria avviata dall’Antitrust per indagare sui petrolieri. Aperta non per verificare loro eventuali responsabilità speculative nell’aumento dei prezzi, ma per non aver vigilato sui benzinai, dopo aver riscontrato irregolarità per l’applicazione alla pompa di un prezzo diverso da quello pubblicizzato e per l’omessa comunicazione dei prezzi sul portale Osservaprezzi carburanti.

Un uomo con delle banconote in mano in una stazione di servizio4 app e siti per controllare i prezzi di benzina e diesel

Da quello ufficiale del governo alle funzioni di Google Maps, ecco 4 applicazioni utili per tenere sotto controllo i costi del carburante al distributore

Prezzi e multe

Inoltre, i benzinai stanno contestando fortemente il decreto carburanti del governo Meloni, a causa delle sanzioni da 6mila euro per gli esercenti che non rispettino l’obbligo di esporre i prezzi medi regionali. Per le organizzazioni si tratterebbe di multe sproporzionate, pari alla vendita di 180 mila litri di benzina, cioè a circa sei settimane di lavoro, secondo Bruno Bearzi, presidente della Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti.

Su Rai News 24, Bearzi ha poi incalzato riguardo allo sciopero dei benzinai sostenendo come le sanzioni non facciano deterrenza e che i cartelli con i prezzi medi sarebbero “inutili”, “dannosi” e dovrebbero “al massimo essere tarati sull’area circostante e non a livello regionale. In più, le sanzioni potrebbero “arrivare anche alla risoluzione del contratto” e quindi a una “richiesta di danni da parte della compagnia petrolifera”, che potrebbe poi portare “alla chiusura dell’azienda di distribuzione”.

Hanno invece protestato contro le dichiarazioni dei benzinai le associazioni dei consumatori. Come si legge sempre su Rai News 24, Furio Truzzi, presidente di Assoutenti ha spiegato che denunciare le anomalie che si registrano nei prezzi dei carburanti non è gettare fango sulla categoria, così come non è un insulto chiedere più trasparenza in favore dei consumatori. Non capiamo il nesso tra la sacrosanta indagine aperta dall’Antitrust sulle irregolarità relative all’esposizione dei prezzi al pubblico, che dovrebbero essere contestate dagli stessi gestori, e lo sciopero della categoria”.

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Tecnologia

Onde gravitazionali: cos’è Virgo, il rilevatore italiano

Author: Wired

Quando attraversa la Terra, un’onda gravitazionale fa sì che lo spazio si allunghi in una direzione e si comprima nell’altra, per cui anche i due “bracci” del rivelatore crescono e si restringono impercettibilmente. Ciò significa che ogni raggio di luce percorre una distanza leggermente diversa, che si manifesta nello schema della luce laser come un picco di frequenza che viene definito cosmic chirp, letteralmente “cinguettio cosmico”: questo è il segnale delle onde gravitazionali.

Per misurarlo, Virgo si affida ad apparecchiature all’avanguardia. Gli specchi alla fine di ogni tunnel sono fatti di un quarzo sintetico purissimo, che assorbe solo un milione di fotoni sui tre totali che lo colpiscono, ed è così liscio da non avere praticamente alcuna dispersione di luce. Il materiale inoltre è rivestito da un sottile strato riflettente che consente di perdere meno dello 0,0001 percento della luce laser.

Ogni specchio si trova sotto un “superattenuatore” che lo protegge dalle vibrazioni sismiche, costituito da una catena di filtri sismici che agiscono come pendoli, racchiusi in una camera a vuoto all’interno di una torre alta dieci metri. Il sistema è progettato per contrastare i movimenti della Terra, che possono essere nove ordini di grandezza più forti delle onde gravitazionali che Virgo cerca di rilevare. I superattenuatori sono così efficaci che, almeno in direzione orizzontale, gli specchi si comportano come se galleggiassero nello spazio.

Innovazioni e nuove sfide

Un’innovazione più recente è il sistema “squeezing” di Virgo, che combatte gli effetti del principio di indeterminazione di Heisenberg, una strana caratteristica del mondo subatomico che fa sì che certe coppie di proprietà di una particella quantistica non possano essere misurate con precisione nello stesso momento. Per esempio, non è possibile misurare con assoluta accuratezza sia la posizione che la quantità del moto di un fotone: quanto più precisa è la conoscenza della sua posizione, tanto meno lo sarà quella relativa alla sua quantità di moto, e viceversa.

All’interno di Virgo, il principio di indeterminazione si manifesta come rumore quantico, oscurando il segnale delle onde gravitazionali. Ma immettendo della luce in un particolare stato all’interno di un tubo che finisce per sovrapporsi al campo laser principale in corrispondenza del beam splitter, i ricercatori possono dimuire l’incertezza delle proprietà della luce laser, riducendo il rumore quantico e migliorando la sensibilità di Virgo ai segnali delle onde gravitazionali.

Dal 2015,  Virgo e la sua controparte statunitense Ligo hanno registrato quasi cento eventi relativi a onde gravitazionali nel corso di tre osservazioni. Con l’aggiornamento di entrambe le strutture e l’aggiunta di Kagra, il prossimo ciclo di osservazione, che inizierà nel marzo 2023, promette di fare molto di più. I ricercatori sperano di raggiungere una conoscenza più approfondita dei buchi neri e delle stelle di neutroni, con l’allettante prospettiva di ottenere un quadro dell’evoluzione del cosmo attraverso le onde gravitazionali. “Questo è solo l’inizio di un nuovo modo di comprendere l’universo – spiega Losurdo –. Nei prossimi anni accadranno molte cose”.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente nel numero di gennaio/febbraio 2023 del magazine di Wired UK.