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Gwyneth Paltrow, perché il processo in cui è coinvolta è diventato un meme

Author: Wired

È successo di nuovo, ma questa volta con Gwyneth Paltrow: chi non ricorda la quantità di meme su Amber Heard che circolavano durante il processo che l’ha vista citata in giudizio dall’ex compagno Johnny Depp per diffamazione? In questo caso a comparire alla sbarra è stata la celebre attrice hollywoodiana, vincitrice di un Oscar come migliore attrice per la sua interpretazione in Shakespeare in Love, che dopo la storia delle candele al profumo di vagina e le polemiche sulla sua dieta torna a far parlare di sé.

Cosa è successo

La Paltrow è accusata dal 76enne Terry Sanderson di averlo investito e di non averlo soccorso mentre entrambi stavano sciando nello Utah nel 2016, il 22 marzo l’attrice si è presentata nell’aula in tribunale di Park City per l’inizio del processo. L’incidente avrebbe causato la frattura delle costole e danni cerebrali a Sanderson, il quale ha chiesto come risarcimento prima 3 milioni e poi 300mila dollari. Dal canto suo, Gwyneth Paltrow accusa Sanderson di averla colpita alle spalle, come per aggredirla sessualmente, e chiede un risarcimento simbolico di un dollaro e il pagamento delle spese legali.

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PARK CITY, UT РMARCH 21: Actress Gwyneth Paltrow looks on before leaving the courtroom, where she is accused in a lawsuit of crashing into a skier during a 2016 family ski vacation, leaving him with brain damage and four broken ribs, March 21, 2023, in Park City, Utah. Terry Sanderson claims that the actor-turned-lifestyle influencer was cruising down the slopes so recklessly that they violently collided, leaving him on the ground as she and her entourage continued their descent down Deer Valley Resort, a skiers-only mountain known for its groomed runs, apr̬s-ski champagne yurts and posh clientele. (Photo by Rick Bowmer-Pool/Getty Images)Pool/Getty Images

Il processo

Al di là dell’incidente in sé, quello che più salta all’occhio agli spettatori che stanno seguendo il processo sono le espressioni dell’attrice che non nasconde l’ironia nel suo sguardo mentre viene chiamata alla sbarra o mentre ascolta gli altri testimoni. Inoltre, non è passato inosservato l’atteggiamento dell’avvocata Kristin VanOrman, che chiede all’imputata se sia amica o meno di Taylor Swift – il risarcimento simbolico di un dollaro era già stato chiesto dalla cantante in passato – né le lamentele di Paltrow mentre si rammarica di aver perso mezza giornata di sci a causa dell’incidente. C’è anche chi sul web la paragona a Jeffrey Dahmer per gli occhiali “da serial killer” indossati durante un’udienza. Il processo, che ormai volge al termine, infatti, viene trasmesso da alcuni canali statunitensi e su YouTube, ed è considerato uno show televisivo di intrattenimento. Gli utenti di Twitter e di TikTok, infatti, oltre a condividere parti del processo sui social, usano immagini e video come base per meme memorabili. Vediamone alcuni tra i più divertenti.

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Russia, la guerriglia di fake news su YouTube

Author: Wired

Secondo i fact checker, no. “La nostra esperienza unitamente alle evidenze scientifiche – scrivevano nella missiva inviata a YouTube l’anno scorso – ci dice che far emergere informazioni verificate è più efficace che eliminare contenuti. Preserva la libertà di espressione, riconoscendo al tempo stesso la necessità di ulteriori informazioni per ridurre i rischi di danni alla vita, alla salute, alla sicurezza e ai processi democratici. E considerato che gran parte delle visualizzazioni su YouTube provengono dal suo stesso algoritmo di raccomandazione, YouTube dovrebbe anche verificare di non promuovere attivamente la disinformazione tra i suoi utenti o di consigliare contenuti provenienti da canali inaffidabili”. 

Un approccio che prende il nome di pre-bunking. “Quando il lettore è al corrente che il link che sta per aprire lo condurrà a un sito poco affidabile, procederà nella lettura con maggiore cautela e ci penserà due volte prima di condividere quel contenuto fornendogli ulteriore visibilità e diffusione”, spiegano Virginia Padovese e Giulia Pozzi di Newsguard. 

Un codice della disinformazione

La politica ha da tempo acceso un faro sulle fake news, spingendo il business verso forme di autoregolazione. Nel 2018 un gruppo di aziende attive in Europa (tra cui quelle dietro alle principali piattaforme) hanno sottoscritto un Codice della disinformazione con l’obiettivo di porre un argine ai tentativi di manipolazione. Tra i firmatari della versione rivista e rafforzata presentata nel 2022 ci sono Meta, Google, Microsoft, TikTok, Twitter. 

Seguendo le indicazioni di Bruxelles, nei giorni scorsi i firmatari hanno creato un Transparency center in cui dovranno dare conto di quanto stanno facendo per adeguarsi, mettendo a disposizione di cittadini, ricercatori e ong dell’Unione una banca dati unica in cui accedere alle informazioni online e scaricarle. “Con queste relazioni – si legge in una nota della Commissione – per la prima volta le piattaforme forniscono informazioni e dati iniziali esaustivi, come il valore degli introiti pubblicitari che si è evitato arrivasse agli attori della disinformazione; il numero o il valore degli annunci politici accettati ed etichettati o respinti; i casi di comportamenti manipolatori rilevati (ossia creazione e utilizzo di account fasulli); e informazioni sull’impatto della verifica dei fatti, anche a livello degli Stati membri”. 

Le interferenze straniere

Bruxelles insiste ancora su un tema evidentemente centrale nei pensieri di Ursula Von der Leyen. Nei giorni scorsi l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Josep Borrell ha annunciato che l’Unione dislocherà esperti in disinformazione in molte sedi diplomatiche per contrastare le campagne di Russia e Cina. Borrell ha affermato che gli investimenti della Russia in disinformazione hanno superato quelli dispiegati dalla Ue per le contromisure.

Il problema, ha sottolineato il politico, è anche quello di combattere le fake news diffuse nelle lingue meno parlate: “Molte persone non  capiscono l’inglese, quindi per raggiungerle dovremo parlare nel loro idioma”, oltre che essere presenti sui mezzi di comunicazione che usano. Il discorso è stato accompagnato dalla presentazione del primo Rapporto sulla manipolazione dell’informazione da parte di stranieri e sulle minacce di interferenza. Nasce un nuovo acronimo, Fimi (che sta per manipolazione e interferenza straniera sulle informazioni): secondo la definizione fornita da Bruxelles, descrive un percorso non illegale di comportamento che minaccia o ha il potenziale di impattare negativamente valori, procedure e processi politici”. Il riferimento che si può cogliere è allo scandalo del Qatargate. L’espressione importante, quello che complica tutto, è “non illegale”: una zona grigia in cui sguazzano in molti, dai politici ai lobbisti ai servizi segreti. 

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Video, tutto quello che vi serve per migliorarli

Author: Wired

Le videocamere portatili GoPro sono così popolari che su YouTube i video realizzati con i dispositivi dell’azienda hanno ormai un’estetica propria. Nel settore ci sono però anche altri produttori. Lo Zoom Q2n, per esempio, è un eccellente registratore in 4K non molto costoso che può essere facilmente montato su un selfie stick o su un supporto e portato ovunque. Infine, chi registra in camera o in ufficio se la può cavare una webcam, purché sia di buona qualità. La Brio di Logitech è lo standard per le webcam 4K, proprio come la Logitech C922 per i video Hd. Quest’alternativa è ideale per gli overlay su Twitch (dove non è necessaria una risoluzione molto elevata): se avete un budget limitato, una buona webcam e delle luci decenti possono fare miracoli.

La gestione dell’audio

Wired US ha pubblicato una guida su come mettere a punto uno studio di registrazione domestico (mentre qui trovate tutto quello che vi serve per realizzare un podcast). Se avete intenzione di girare video, dovete anche pensare alla qualità dell’audio: l’interfaccia più adatta, infatti, cambia a seconda del posto. Mentre la maggior parte delle configurazioni per la registrazione audio domestica utilizza un’interfaccia da collocare sulla scrivania, un’alternativa portatile come quella che uso io, lo Zoom H6, vi dà la libertà di utilizzare qualsiasi microfono senza essere legati a un ripiano. Può registrare l’audio direttamente su una scheda sd, ma può anche passare l’audio all’ingresso della fotocamera. Questo metodo può apparire complicato, ma se si riesce a farlo funzionare correttamente a volte può liberarvi dal fastidio di sincronizzare il sonoro in post-produzione. In caso contrario, avrete sempre a disposizione la registrazione standard sul vostro registratore portatile.

Dovrete anche considerare come gestire il rumore durante le riprese. Se registrate a casa sempre nello stesso posto, i pannelli in schiuma poliuretanica fonoassorbenti possono smorzare efficacemente l’eco. Anche se non sono l’opzione più economica, io uso questi pannelli di Dekiru perché sono disponibili in una varietà di colori e possono essere utilizzati per decorare con gusto una ambiente domestico. Per le registrazioni in movimento avrete bisogno di microfoni in grado di isolare il suono (per saperne di più, consultate la guida di Wired US che abbiamo citato sopra), ma è utile avere anche delle buone cuffie. Il modello wireless di Audio-Technica (disponibili anche in versione con cavo) sono ottime per monitorare l’audio durante le riprese, ed evitano che il vento o il passaggio di un camion rovinino i vostri dialoghi.

Un monitor esterno

Se girate da soli o avete una configurazione complessa, guardare il display della vostra videocamera per capire come sono venute le riprese potrebbe non essere sufficiente. È in casi come questi che può essere utile avere un monitor esterno. Se la vostra fotocamera supporta l’uscita hdmi, è possibile collegarla a un piccolo display per verificare che sia tutto perfetto. Può sembrare sciocco acquistare un monitor esterno per la fotocamera, ma vi ringrazierete da soli quando riuscirete a cogliere un’inquadratura fuori fuoco prima di registrare, invece che dopo.