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Il generale dell’Esercito Vannacci, che ha scritto un libro razzista e omofobo, è stato sollevato dal comando

Author: Wired

Manie di grandezza, razzismo, sessismo e omofobia a livelli tali che perfino il ministro della Difesa di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, le ha definite “farneticazioni personali”. È questo il contenuto di Il mondo al contrario, libro scritto e autopubblicato su Amazon dal generale dell’Esercito italiano Roberto Vannacci, da cui l’Esercito ha preso le distanze, aprendo un procedimento disciplinare contro l’ufficiale e rimuovendolo dal suo attuale incarico a capo dell’Istituto geografico militare di Firenze.

Il libro

Per Vannacci, la portabandiera italiana alle Olimpiadi di Tokyo e campionessa di pallavolo Paola Enogu è “italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti cromatici non rappresentano l’italianità”. Mentre lui, genovese di 54 anni, si autodefinisce “erede di Giulio Cesare” per poi dire alle persone omosessuali che “normali non lo siete, fatevene una ragione”, forse dimenticando la relazione omoerotica di Cesare con il re di Bitinia, Nicomede, menzionata da Svetonio nel De vita Caesarum.

Il testo, denunciato per la prima volta su Repubblica, continua poi con un elogio della “legittima difesa”, intesa dal generale dell’Esercito Vannacci come il “trafiggere con qualsiasi oggetto mi passi tra le mani” una persona trovata a rubare in casa o il “piantare la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce, ammazzandolo”.

E tra le altre espressioni di odio e aggressività, nota accuratamente il giornalista Matteo Pucciarelli su Repubblica, Vannacci si accorge che le sue parole potrebbero ispirare atti violenti e per questo, nelle prime pagine, si “dissocia da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse derivare”. Allo stesso tempo però, riconosce candidamente che il suo libro esprime odio, rivendicando “a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente”.

La storia

Un atteggiamento che può forse sorprendere, ma non lascia esterrefatti se si guarda il passato di Vannacci, diventato nel 2016 comandante della famigerata Brigata “Folgore”, la “frangia più fascista delle forze armate italiane” come sostenuto da un articolo di Vice Italia del 2017. Accusa che si basa soprattutto su un famoso video in cui i paracadutisti del reparto cantano un inno fascista con tanto di saluti romani, come riporta Il Fatto Quotidiano.

Il libro di Vannacci contiene e ripropone molte delle idee preferite dai militanti dell’estrema destra, definendo, per esempio, i dibattiti contemporanei sui diritti civili come “lavaggio del cervello di chi vorrebbe favorire l’eliminazione di ogni differenza compresa quella tra etnie, per non chiamarle razze”. Oppure, ancora una volta, che “le coppie arcobaleno non sono normali. La normalità è l’eterosessualità. Se a voi sembra tutto normale, invece, è colpa delle trame della lobby gay internazionale”.

Una serie di “farneticazioni personali”, come detto da Crosetto su X, l’ex Twitter, e di cui l’Esercito ha spiegato di non essere a conoscenza, sottolineando come “non erano mai state sottoposte ad alcuna autorizzazione e valutazione da parte dei vertici militari” e prendendo “le distanza dalle considerazioni del tutto personali (come precisato nel testo) espresse dall’ufficiale”, come riportato dal Corriere della Sera. Il giorno dopo lo scandalo, lo Stato maggiore dell’Esercito lo ha sollevato dal comando e rimosso da capo dell’Istituto geografico militare di Firenze, si legge su Rai News 24.

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Che cosa sta succedendo con Meta e le news in Canada

Author: Wired

Il Canada è il teatro dell’ultimo episodio di una delle più grandi battaglie in corso tra governi e big tech insieme alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Dopo che lo scorso 18 giugno il governo del primo ministro canadese Justin Trudeau ha approvato una legge che impone ai colossi di internet di pagare le testate giornalistiche per i contenuti pubblicati sulle loro piattaforme, l’Online news act, Meta ha cominciato a bloccare l’accesso ai link che contengono articoli e notizie su Facebook e Instagram.

L’Online news act prevede che i cosiddetti intermediari, cioè le piattaforme online su cui vengono diffusi articoli, news e altri contenuti prodotti dai giornali, paghino le testate giornalistiche e i media per questi prodotti. In questo modo, ai media sarebbe garantito il diritto a ricavare compensi dalla diffusione delle proprie notizie, rendendo più equo il mercato digitale, completamente sbilanciato a favore delle piattaforme online.

Grazie alla nuova legge, secondo la stima di un’agenzia governativa che si occupa di bilancio, le organizzazioni giornalistiche potrebbero ricavare circa 329 milioni di dollari canadesi all’anno, in totale, poco più di 220 milioni di euro. Una cifra tutto sommato esigua per aziende delle dimensioni di Meta, che tra l’altro sarebbe tenuta a corrisponderne solo una parte, al pari di tutte le altre piattaforme interessate, da Google in giù.

La società di Mark Zuckerberg ha reagito limitando l’accesso alle notizie dai suoi social nel paese, dopo aver definito la legge insostenibile. Azione a cui il governo canadese ha risposto bloccando i suoi 7,5 milioni di dollari annuali di investimenti pubblicitari sulle piattaforme Meta, come si legge su Associated Press.

A farne le spese rischiano di essere i cittadini canadesi, che ora sono ancora più a rischio di venire esposti a contenuti manipolati, fake news e disinformazione senza la possibilità di poter verificare direttamente le fonti sulle piattaforme di Meta, in particolare Facebook dove oggi è iscritto il 40% della popolazione mondiale. Una situazione descritta al Guardian da Michael Geist, professore di diritto di internet all’università di Ottawa, come un disastro” per la democrazia.

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Contro i deepfake dell’intelligenza artificiale un bollino non basta

Author: Wired

Ma quando si ha a che fare con la grande varietà di contenuti che l’Ai è in grado di generare e i numerosi modelli già disponibili, le cose si complicano. Ad oggi, non esiste uno standard per i watermark, il che significa che ogni azienda adotta un metodo diverso. Dall-E, per esempio, utilizza una filigrana digitale visibile (ma basta una rapida ricerca su Google per trovare molti tutorial che spiegano come rimuoverla), mentre altri servizi potrebbero utilizzare metadati o watermark a livello di pixel, non visibili agli utenti. Se da una parte alcuni di questi metodi possono essere difficili da eliminare, altri, come i watermark visibili, talvolta possono risultare inefficaci quando un’immagine viene ridimensionata. “Verrano trovati dei modi per corrompere i watermark“, commenta Gregory.

La dichiarazione della Casa Bianca cita specificamente l’uso di watermark per i contenuti audio e visivi generati dall’intelligenza artificiale, ma non parla dei testi.

Esistono modi per inserire un watermark nei testi generati da strumenti come ChatGPT, per esempio manipolando il modo in cui sono distribuite le parole, facendo comparire più frequentemente un determinato termine o un insieme di parole. Questi metodi sarebbero rilevabili da una macchina, ma non necessariamente da un utente umano.

Questo significa che le filigrane digitali dovrebbero essere interpretate da una macchina e poi segnalate a un visualizzatore o a un lettore. A complicare ulteriormente il quadro ci pensano poi i contenuti multimediali misti, come gli elementi audio, le immagini, i video e i testi che possono comparire in un singolo video di TikTok. Per fare un esempio, una persona potrebbe inserire un audio reale sopra un’immagine o un video manipolato. In questo caso, le piattaforme dovrebbero capire come segnalare che una sola componente della clip è stata generata dall’Ai.

Inoltre, limitarsi a etichettare un contenuto come generato dall’intelligenza artificiale non aiuta molto gli utenti a capire se si tratta di un elemento dannoso, fuorviante o destinato all’intrattenimento.

Ovviamente, i contenuti multimediali manipolati non sono un male se si fanno video su TikTok pensati per essere divertenti e intrattenere – sottolinea Hany Farid, professore alla UC Berkeley School of Information, che ha collaborato con la società di software Adobe alla sua iniziativa sull’autenticità dei contenuti –, ma è il contesto che conta davvero. Continuerà a essere estremamente difficile, ma le piattaforme hanno sempre fatto i conti con questi problemi negli ultimi 20 anni“.

L’era dell’inganno

L’ascesa dell’intelligenza artificiale nella coscienza pubblica ha reso possibile un’altra forma di manipolazione dei contenuti multimediali. Così come gli utenti potrebbero pensare che i contenuti generati dall’intelligenza artificiale sono reali, l’esistenza stessa di contenuti “sintetici” può far sorgere dubbi sull’autenticità di qualsiasi video, immagine o testo, consentendo ad attori malintenzionati di bollare come fake anche contenuti autentici, il cosiddetto “dividendo del bugiardo“. Gregory afferma che la maggior parte dei casi recenti rilevati da Witness non riguardano deepfake usati per diffondere falsità, ma persone che cercano di spacciare per contenuti generati dall’intelligenza artificiale dei media reali. Ad aprile, un legislatore dello stato del Tamil Nadu, nell’India meridionale, ha affermato che una registrazione audio trapelata in cui accusava il suo partito di aver rubato più di tre miliardi di dollari era “generata da una macchina” (non lo era). Nel 2021, nelle settimane successive al colpo di stato militare in Myanmar, è diventato virale il video di una donna che faceva aerobica mentre alle sue spalle sfilava un convoglio militare. Molte persone online hanno detto che la clip era contraffatta, ma anche in questo non era vero.

Al momento, non si può fare molto per impedire a un malintenzionato di inserire watermark su contenuti reali per farli sembrare falsi. Farid sostiene che uno dei modi migliori per difendersi dalla contraffazione o dall’alterazione dei watermark è la firma crittografica: “Se sei OpenAi, dovresti avere una chiave crittografica. E la filigrana conterrà informazioni che possono essere note solo alla persona che detiene la chiave“, spiega. Altri watermark possono essere aggiunti a livello dei pixel o addirittura nei dati di addestramento dell’Ai. Farid cita la Coalition for Content, Provenance, and Education, di cui è consulente, come uno standard che le aziende nel settore potrebbero adottare e rispettare.

Stiamo entrando rapidamente in un’epoca in cui è sempre più difficile credere a tutto ciò che leggiamo, vediamo o sentiamo online – continua Farid –, e questo significa non solo che saremo ingannati da cose false, ma anche che non crederemo a cose vere”.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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Il mostro di Loch Ness potrebbe essere un’anguilla gigante?

Author: Wired

C’è chi accetta che Nessie, il mostro di Loch Ness, sia solo una leggenda (e tante “prove” della sua esistenza solo degli artefatti) e chi, più o meno seriamente, non riesce a rassegnarsi. Se fate parte della seconda categoria, preparatevi a un’altra delusione: anche una delle più recenti proposte circa l’identità del presunto abitante del lago scozzese, la cosiddetta “ipotesi anguilla”, sembra proprio destinata a finire nella pila degli scarti. Un’indagine di data science, pubblicata su JMIRx Bio, ha concluso che è abbastanza improbabile che gli avvistamenti di Nessie siano incontri con anguille giganti.

La leggenda del mostro di Loch Ness

Nelle acque del lago scozzese di Loch Ness avrebbe vissuto o vivrebbe tuttora un gigantesco animale marino, un “mostro”, dalle fattezze, forse, di un rettile. Secondo alcuni, la leggenda del mostro di Loch Ness ha origini antiche, risalenti al VII secolo, ma è negli anni Trenta del Novecento che Nessie (il nomignolo attribuito alla presunta misteriosa creatura) diventa davvero famosa. Il motivo è quella nota fotografia, scattata da Robert Kenneth Wilson e pubblicata il 21 aprile 1934 dal Daily Mail – un’immagine che ritrae qualcosa che ricorda un plesiosauro, un antico animale marino dal collo lungo e sinuoso. Quella che per un po’ fu ritenuta la prima prova dell’esistenza del mostro di Loch Ness si rivelò poi un falso, realizzato ad arte da Christian Spurling con cui Wilson era in combutta. Ma dalla pubblicazione di quell’immagine cominciarono a comparire altre “prove” (mai conclusive), riferimenti di avvistamenti e testimoni oculari che affermavano che qualche animale molto grosso e serpiforme nel lago c’era davvero.

Nessie potrebbe essere un’anguilla?

Negli anni sono state diverse le indagini e i metodi usati per individuare eventuali “strane creature” nelle acque del lago scozzese. Una delle più recenti, nel 2018, analizzò campioni delle acque del lago per isolare e catalogare il dna delle specie che lo abitano. Durante la creazione di questo database, però, non saltò fuori nessuna traccia di materiale genetico di plesiosauro o di serpente marino. Ma c’era un bel po’ di dna di anguilla europea (Anguilla anguilla), un pesce il cui ciclo vitale per tantissimo tempo è rimasto un mistero e che ancora oggi cela qualche segreto. Un po’ come Nessie.

E dunque non è forse possibile che tutti gli avvistamenti del mostro non siano altro che incontri con anguille molto grandi?

L’ipotesi anguilla annaspa

La proposta nota come “ipotesi anguilla” per spiegare la natura del mostro di Loch Ness andava indagata. Ci si è messo il data scientist Floe Foxon della Folk Zoology Society, che, analizzando i dati dalle catture e dai monitoraggi di anguille europee sia a Loch Ness sia in altri specchi d’acqua dolce europei, ha stimato la probabilità di incontrare un’anguilla particolarmente grande.

Con i dati a disposizione, Foxon ha evidenziato come la lunghezza massima delle anguille europee vari tra 0,5 e 1,3 metri (grosse sì, ma non mostruose) e che a conti fatti le probabilità di avvistare a Loch Ness un’anguilla di dimensioni superiori a 1 metro sono 1 su 50mila.

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La Cina torna alla retorica di Mao

Author: Wired

Per navigare acque tempestose ci vuole un timoniere dalle mani sicure, ma anche un equipaggio forte e pronto a sacrificarsi. La Cina ha già il primo, Xi Jinping, e sta cercando di dotarsi del secondo. Con ancora più vigore e urgenza dopo le parole pronunciate dallo stesso leader durante il XX Congresso del Partito comunista dello scorso ottobre e le “due sessioni” dello scorso marzo. Il “ventennio di opportunità strategiche” profetizzato da Jiang Zemin nel 2002 ha lasciato posto alle “sfide senza precedenti” della nuova era.

La conseguenza più ovvia è che bisogna intervenire con ancora maggiore decisione su educazione e prontezza. Il che non significa che si dà per scontato che si dovrà per forza combattere davvero un nemico reale sul campo di battaglia, ma comunque non si può farsi trovare impreparati in un’epoca in cui l’ascesa cinese è finita al centro del palcoscenico globale, fulcro delle attenzioni degli Stati Uniti e dell’occidente. Con la Nato che identifica sempre più la Repubblica Popolare come una “sfida sistemica”.

I campi di addestramento estremi per bambini

Ed ecco che allora viene incentivato lo studio del pensiero di Xi tra funzionari di partito, studenti e centri di ricerca. Ed ecco allora la nuova bozza di legge sull’educazione patriottica, insieme alle nuove norme su relazioni estere e controspionaggio. E, infine, ecco la diffusione di una tendenza allo sviluppo di una disciplina fisica e comportamentale specifica. Il sito cinese Sixth Tone racconta che stanno diventando sempre più popolari i campi di addestramento “estremi” per bambini. Si tratta di centri all’aria aperta che si propongono l’obiettivo di “formare il carattere” dei giovanissimi cinesi. Questi luoghi sono diventati molto popolari tra le famiglie della classe media.

Il mercato cinese dei campi estivi è quintuplicato tra il 2018 e il 2021, passando da 20 miliardi di yuan (2,8 miliardi di dollari) a 100 miliardi di yuan, e si prevede che quadruplicherà nuovamente entro il 2028. Nel paese, spiega sempre Sixth Tone, ci sono circa 50mila fornitori di campi estivi registrati e probabilmente molti altri che operano senza regolare licenza. L’ascesa del settore è guidata dalla feroce concorrenza nel sistema educativo, coi genitori che considerano l’estate come un momento cruciale per i loro figli e figlie di acquisire nuove competenze e guadagnare un vantaggio competitivo nei confronti dei coetanei.

Questo ha portato a una proliferazione di centri ed eventi estivi progettati per mettere alla prova la resistenza dei bambini: escursioni in montagna, trekking nel deserto, campi di addestramento in stile militare. Anche se spesso la sicurezza dei bambini non sarebbe del tutto garantita, vista la scarsa regolamentazione di un settore in grande espansione.

La spinta all’arruolamento tra studenti e laureati

Scalando di una generazione e andando tra gli studenti diplomati, universitari o laureati il passaggio è direttamente quello nelle forze armate. Come raccontato di recente da Wired, il governo cinese vuole un esercito più tecnologico e ha cambiato le regole di coscrizione per facilitare l’ingresso di universitari e figure dotati di forti competenze tecniche in settori strategici come l’intelligenza artificiale.