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Vino, in Irlanda sulle bottiglie bisognerà segnalare i rischi per la salute

Author: Wired

Entro il 2026, sulle bottiglie di vino e di altri alcolici venduti in Irlanda dovranno essere apposte nuove etichette che avvertano le persone dei rischi legati al consumo di queste bevande. Il nuovo provvedimento sanitario ha ottenuto il via libera dalla Commissione europea, che non si è opposta al progetto presentato lo scorso anno da Dublino, ma ha scatenato la rabbia degli agricoltori e dei produttori di vino in Italia e l’opposizione di Francia e Spagna.

In Irlanda l’abuso di alcol è un problema molto serio per la salute delle persone. Circa il 70% degli uomini e il 34% delle donne sono considerati bevitori a rischio e circa 150mila persone vengono indicate come dipendenti dalla sostanza, secondo i dati di Alcohol action Ireland. Inoltre, in base alle analisi della Commissione europea, l’abuso di alcol è collegato a circa 60 diverse malattie, inclusi sette tipi di cancro che coinvolgono bocca, gola, laringe, esofago, seno, fegato e colon.

Per questo – in linea con le nuove disposizioni europee che hanno imposto la pubblicazione degli ingredienti e dei valori nutrizionali su tutti i prodotti alcolici nell’intero mercato unico e con le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità – l’Irlanda ha deciso di aggiungere in etichetta anche le avvertenze sanitarie, per scoraggiare il consumo di alcol in gravidanza e in generale tra la popolazione. Una normativa locale, che non sarà imposta agli altri paesi dell’Unione europea e su cui la Commissione ha deciso di non intervenire, lasciando l’autonomia al legislatore nazionale.

Per Coldiretti la nuova etichettatura potrebbe creare “un pericoloso precedente e aprire a una normativa comunitaria allarmistica e ingiustificata, capace di influenzare negativamente le scelte dei consumatori”. Per l’associazione degli agricoltori, si tratterebbe quindi un provvedimento in grado di compromettere il mercato di esportazione del vino italiano, che fattura circa 8 miliardi di euro l’anno.

Contro la nuova legislazione irlandese si erano schierati anche il Parlamento europeo, Francia, Spagna e altri sei stati membri dell’Unione. Sembra quindi difficile immaginare che i timori di Coldiretti per una “normativa comunitaria” possano effettivamente concretizzarsi. Normativa che peraltro è stata già frenata a Strasburgo lo scorso anno, quando l’introduzione delle etichette sanitarie è stata bloccata proprio dal parlamento, nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità.

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Musei d’Europa, quanto costa entrare nei più importanti

Author: Wired

Dal primo marzo 2023, il biglietto per visitare il museo degli Uffizi costerà 25 euro invece che 20, a causa del caro energia e dei rincari nel settore edilizio. La misura è stata accolta con favore dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, secondo cui il provvedimento sarebbe in linea con i prezzi medi degli altri musei in Europa. Abbiamo scoperto che non è proprio così.

“Penso che sia giusto, dobbiamo adeguarci agli standard europei. Mediamente, i grandi siti europei costano di più – ha detto Sangiuliano in una dichiarazione riportata da Fanpage -. Penso che l’aumento risponda anche a una questione per così dire morale”. Tuttavia, facendo un giro sui siti di alcuni dei più importanti musei d’Europa, è facile scoprire che le cose non sono esattamente come le descrive il ministro.

Gennaro SangiulianoMentre la cultura è a pezzi, il ministro Sangiuliano vuole usare Spid per mandarci al cinema

Siae fotografa lo stato crisi del settore degli spettacoli e dello sport dopo due anni di crisi. La risposta del ministro della Cultura sono 10 milioni ai cinema “per vedere film italiani

Londra e Madrid

Cominciamo con il Regno Unito, dove sia l’importantissimo British Museum che il Tate Modern sono gratuiti per tutti i visitatori e le visitatrici. In Spagna il biglietto intero per il meraviglioso museo del Prado di Madrid costa 15 euro e tutte le visite tra le 18 e le 20, nei giorni feriali, e dalle 17 alle 19, nei giorni festivi, sono assolutamente gratuite. Sempre nella capitale spagnola, l’ingresso al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia costa al massimo 16,50 euro e il pacchetto per visitarlo due volte in un anno solo 18.

Parigi

A Parigi il biglietto d’ingresso al Louvre, primo museo al mondo per numero di visitatori, costa al massimo 17 euro. Inoltre, l’ingresso è gratis per tutte le persone con meno di 18 anni e per tutti i residenti nell’Area economica europea fino ai 26 anni. Sempre a Parigi, il bellissimo Musée d’Orsay costa da un massimo 16 euro, fino a un minimo di 10 per le visite serali del giovedì.

Da sinistra: Francesco Giubilei, Vittorio Sgarbi, Gennaro Sangiuliano, Beatrice Venezi e Alessandro GiuliTutti gli “uomini” del ministro della Cultura Sangiuliano

Di tutti i ministeri del governo Meloni, quello che si è distinto per le nomine più “rumorose” è quello della Cultura. Da Sgarbi a Venezi, da Giuli a Giubilei. L’obiettivo? Rendere il cosiddetto “sovranismo” un’egemonia culturale

Amsterdam e Stoccolma

In Olanda, invece, i prezzi cominciano ad aumentare, con un biglietto intero da 20 euro per il museo di Van Gogh e da 22,50 euro per il Rijksmuseum, entrambi ad Amsterdam. A Stoccolma per visitare il museo Vasa, dove si può vedere una nave del XVII secolo rimasta intatta, vengono chiesti 15 euro.

Berlino

Nella capitale della Germania l’ingresso al Pergamonmuseum, tra i più importanti musei archeologici al mondo, costa al massimo 12 euro. Mentre si sale a 19 per visitare l’intero complesso museale dell’Isola dei musei, cioè la parte settentrionale dell’isola della Sprea dove sorgono ben cinque dei musei statali di Berlino.

Roma e Atene

La visita all’intero Parco archeologico del Colosseo a Roma, che comprende il Colosseo, il Foro Romano e il colle Palatino costa al massimo 18 euro. Sempre a Roma, ma in un altro stato, l’ingresso ai musei Vaticani costa al massimo 17 euro. E infine, in Grecia, il prezzo per accedere al museo dell’Acropoli ad Atene è di soli 15 euro, in alta stagione.

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Primarie Pd, cosa sappiamo sul voto online

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Il Partito democratico (Pd) ha ammesso il voto online per le primarie. La Direzione nazionale del partito, riunita l’11 gennaio, ha approvato le nuove regole sulle votazioni comprendendo anche il voto digitale, ma solo per alcune categorie di elettori ed elettrici. La direzione nazionale del partito che ha approvato le nuove regole per le primarie, in calendario il 26 febbraio, si è conclusa con 9 astenuti e un contrario.

La situazione:

  1. Chi può votare online alle primarie
  2. I contrari
  3. I favorevoli
  4. La piattaforma per il voto online

Chi può votare online alle primarie

Potranno votare online solo le persone che si registreranno per partecipare alle primarie entro il 12 febbraio 2023 e che vivano all’estero, siano studenti o studentesse fuori sede, abbiano disabilità o vivano in zone isolate e lontane dai gazebo. Questi paletti sono stati necessari per trovare una mediazione tra le diverse anime del partito.

I contrari

Tra i contrari al voto online si trovava infatti la metà dei candidati alla segreteria, cioè l’ex ministra dei Trasporti Paola De Micheli, che guida la corrente Rigenerazione democratica, composta da molti amministratori locali, e il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, tra le fila di Base riformista, la corrente guidata dall’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini e composta da numerosi ex renziani.

I favorevoli

Promotrice del voto online è stata invece l’ex europarlamentare Elly Schlein, appoggiata dalla corrente Area Dem, guidata dall’ex ministro della Cultura Dario Franceschini. Mentre il deputato Gianni Cuperlo, leader della corrente Radicalità per ricostruire, ha sostenuto la proposta fin dalle prime fasi. Alla fine i contrari sono stati convinti grazie al compromesso proposto da Bonaccini, che ha limitato il voto online alle categorie elencate nei paragrafi precedenti.

La piattaforma per il voto online

Nonostante il Pd sia riuscito a superare questo primo scoglio, non sono state ancora decise la piattaforma che verrà impiegata per il voto online e le modalità di voto. A sorpresa, come si legge sul Foglio, i primi a offrire uno strumento al Pd sono stati Enrica Sabatini e Davide Casaleggio, compagni di vita e fondatori di Camelot, la piattaforma di partecipazione digitale erede di Rousseau, lo strumento di democrazia diretta lanciato dal Movimento 5 stelle.

Sembra però difficile immaginare che il Pd possa accettare l’offerta. Soprattutto perché già possiede Agorà democratiche, la più grande, anche se poco usata, piattaforma digitale open source per la partecipazione in Italia, sviluppata dalla comunità Dyne.org fondata da Denis Roio. L’uso della piattaforma dem è stato suggerito su Twitter dall’economista Francesca Bria, forte sostenitrice del voto online, secondo cui “contrapporre la partecipazione fisica a quella digitale nel 2023 è un errore politico. Questi strumenti, se ben governati, allargano la partecipazione democratica e rinvigoriscono la politica. Il resto sono solo pretesti, non all’altezza di un partito moderno e popolare”.

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ChatGPT, le scuole hanno iniziato a vietarlo

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Da New York all’Australia, scuole e università hanno già cominciato a vietare l’uso delle intelligenze artificiali come il bot conversazionale ChatGPT di OpenAI, in grado di scrivere testi con costruzione e sintassi praticamente indistinguibili da quelle umane. Una politica condivisa anche dall’International conference on machine learning (Icml), tra le più prestigiose al mondo nel settore, che ha proibito l’uso di questi sistemi per la scrittura di articoli accademici.

ChatGPT è diventato virale appena un paio di mesi fa, rendendo i testi generati tramite l’intelligenza artificiale un nuovo fenomeno online. Tuttavia, assieme all’entusiasmo per il progresso delle Ia, sono cresciute le preoccupazioni relative all’etica e alla correttezza del loro impiego in contesti diversi da quello ludico e ricreativo. In particolare, a lanciare l’allarme su un possibile impatto negativo sono stati gli ambienti accademici e scolastici.

article image7 trucchi per sfruttare tutto il potenziale di ChatGpt

Una serie di dritte per spremere al meglio il bot conversazionale basato su intelligenza artificiale di OpenAI  

Stop nelle scuole

“A causa delle preoccupazioni per l’impatto negativo sull’apprendimento degli studenti e per la sicurezza e l’accuratezza dei contenuti, l’accesso a ChatGPT è vietato alle reti e ai dispositivi delle scuole pubbliche di New York”, ha dichiarato Jenna Lyle, portavoce del Dipartimento dell’educazione di New York, in un comunicato riportato dalla Cnn.

Al fianco di New York si è schierata anche la città di Los Angeles, dove l’accesso a ChatGPT è stato bloccato preventivamente in tutte le reti e i dispositivi del Distretto scolastico unificato della metropoli californiana “per proteggere l’onestà accademica, mentre viene condotta una valutazione dei rischi e dei benefici”.

mosaico bluIl punto di forza di ChatGpt è anche il suo più grande difetto

Il nuovo chatbot ha conquistato internet e ha dimostrato quanto possa essere coinvolgente l’Ai conversazionale, anche quando si inventa fatti

Nelle università

Dall’altra parte dell’oceano, in Australia le cose si sono fatte anche più radicali. Tutte le università australiane, unite nell’organizzazione chiamata The group of eight, hanno deciso di tornare a svolgere gli esami con carta e penna, per cancellare definitivamente qualunque pericolo relativo all’utilizzo di ChatGPT durante le prove.

Il gruppo ha inoltre aggiornato il regolamento interuniversitario, stabilendo definitivamente come l’uso di intelligenze artificiali per scrivere esami o articoli accademici sia da considerarsi come illegittimo. Dopo queste modifiche, come riporta il Guardian, diversi studenti sono stati sanzionati per essere stati sorpresi a usare ChatGPT.

Ma le università e le scuole non sono le uniche ad aver ingaggiato battaglia contro il bot di OpenAI. Uno studente di Princeton, per esempio, ha creato GPTZero, un’applicazione dedicata unicamente a scoprire se un testo sia stato o meno scritto tramite intelligenza artificiale. Allo stesso tempo, come si legge su The Verge, gli specialisti di machine learning della Icml hanno deciso di vietare l’uso di bot come ChatGPT per la creazione di articoli scientifici.

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Guerre, quali potrebbero scoppiare nel 2023

Author: Wired

Dopo decenni di pace, nel 2022 la Russia ha riportato la guerra in Europa, facendo riavvicinare pericolosamente il mondo a uno scontro tra potenze. Dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina tutto l’occidente e molti paesi orientali si sono schierati a sostegno di Kyiv, facendo riemergere vaste divisioni geopolitiche e lo spettro della guerra nucleare, sbandierato da Mosca come minaccia per far valere le sue istanze imperialiste. La guerra così innescata ha avuto un effetto a catena sul palcoscenico globale, rendendo più plausibili conflitti che sembravano ormai sopiti. Ecco quindi i quattro scenari dove nel 2023, secondo gli analisti di 19FortyFive, potrebbero nascere nuovi conflitti su larga scala.

Taiwan

Sul fronte dello scontro tra Taiwan e Cina, nell’ultimo anno sono arrivate sensazioni contrastanti. Da un lato Pechino non ha mai violato così tante volte e con così tanti mezzi lo spazio aereo dell’isola. Dall’altro, la preoccupazione per un’invasione immediata è stata affievolita dai problemi interni della Cina dovuti al perdurare della pandemia da Covid-19 e dal continuo sostegno statunitense a Taiwan.

Tuttavia, la decisione di Washington di assumere posizioni nette circa la difesa di Taiwan, la cui esistenza come stato non è mai stata riconosciuta formalmente dagli Stati Uniti, indica una reale preoccupazione circa un possibile attacco cinese all’isola, oppure a una presa di potere simile a quella avvenuta a Hong Kong. Allo stesso tempo, anche la stessa postura statunitense mantiene alto il rischio di un’escalation. In ogni caso, un eventuale attacco non arriverebbe inaspettato, i preparativi cinesi infatti sarebbero chiaramente visibili a tutti, ma ogni scenario immaginabile rischia di vedere coinvolti gli Stati Uniti e anche il Giappone, aumentando il rischio di uno scontro tra grandi potenze.

Grecia e Turchia

I rapporti tra Grecia e Turchia sono forse una delle più gravi problematiche in seno all’alleanza della Nato. Nell’ultimo anno le tensioni tra i due paesi sono aumentate notevolmente, in gran parte a causa della svolta aggressiva della Turchia in politica estera e alla vulnerabilità interna del regime di Tayyip Erdogan. Inoltre, le controversie tra Atene e Ankara sono peggiorate a causa della crisi migratoria e all’esplorazione energetica nel mar Egeo, dove esiste una disputa territoriale lunga decenni.

Sebbene altamente improbabile che due alleati Nato si attacchino apertamente, la storia insegna che anche paesi amici possono arrivare sull’orlo della guerra in caso di profonde divergenze, nonostante i loro impegni. Qualsiasi tipo di scontro tra Turchia e Grecia coinvolgerebbe immediatamente la Nato e, quasi certamente, comporterebbe anche un intervento opportunistico da parte della Russia.

Penisola coreana

Mentre la Corea del Nord ha continuato a stringere i suoi legami con la Russia, le tensioni con la Corea del Sud sono andate a intensificarsi sempre di più nel corso dell’intero anno. Le provocazioni nordcoreane sono state infatti più frequenti che mai, arrivando a produrre il maggior numero di test missilistici mai fatti e andando addirittura a violare lo spazio aereo di Seul per la prima volta dopo cinque anni.