Categorie
Tecnologia

Instagram non funziona

Author: Wired

Instagram è in down. Sul social network di casa Meta è impossibile aggiornare il feed da alcune ore. Dalle ore 21.30 su Downdetector, un sito che raccoglie le segnalazioni di disservizi degli utenti su internet, registra una impennata di indicazioni di problemi con Instagram da parte degli utenti. I problemi non si stanno verificando solo in Italia, ma anche in altri paesi. Dagli Stati Uniti alla Francia, segno che il disservizio si sta verificando a livello globale.

Tra i problemi segnalati vi sono l’impossibilità di aggiornare il feed, l’impossibilità di caricare le storie, il mancato login sul proprio profilo mediante l’autenticazione attraverso un sms. Alcune persone dicono di essere state improvvisamente sbattute fuori dal profilo e di non riuscire a rientrare. Al momento Meta non ha rilasciato comunicazioni ufficiali per informare sulla natura del problema e i tempi di risoluzione. Su X, l’ex Twitter, i post marcati dall’hashtag #instagramdown sono in crescita. È l’altro canale attraverso cui le persone stanno segnalando i problemi con la piattaforma.

Al contrario di Instagram, funziona con regolarità Threads, il nuovo social network di casa Meta. Threads è un social network di tipo microblogging ovvero dedicato soprattutto alla condivisione di brevi porzioni di testo, come (ai bei tempi) Twitter, ma lascia la possibilità anche di caricare link, foto e video. I limiti attuali sono di 500 caratteri per post e 5 minuti per i video. Protagonista di un debutto record con 30 milioni di download lo scorso luglio, Threads era finora disponibile solo in Usa, Canada, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Giappone, ma con l’aggiunta dell’Europa dovrebbe incrementare l’attività, combattendo anche il fisiologico calo di interesse seguito al boom dell’uscita. Threads consentirà presto anche di poter comunicare con altre piattaforme del cosiddetto fediverso (qui tutta la spiegazione approfondita) ovvero altre comunità e piattaforme non legate a Meta, come per esempio il celebre Mastodon.

Categorie
Tecnologia

Ora si possono scaricare i reel di Instagram

Author: Wired

Si apre alla platea globale la possibilità di scaricare reel pubblici da Instagram, un privilegio che, dallo scorso giugno, era riservato solamente agli utenti statunitensi. A comunicarlo è stato il numero uno dell’app-social di proprietà di Meta, Adam Mosseri, mostrando anche la semplice procedura per effettuare il download di brevi clip non private, che si possono ora salvare sulla galleria del proprio smartphone con un semplice tap. Un’altra funzione presa in prestito dalla rivale TikTok, che già da tempo permetteva di farlo.

Adam Mosseri ha dunque ufficializzato sul proprio canale broadcast la diffusione del tasto download per i reel su Instagram in tutto il mondo, ovviamente limitandolo ai soli video resi pubblici, così da preservare la privacy di quelli privati. La funzione è molto semplice da usare: basta fare tap sulle opzioni del reel, l’icona con i tre puntini in basso a destra, e selezionare l’icona del download a forma di freccia che punta verso il basso.

Il reel sarà scaricato come un normale filmato nella galleria fotografica dello smartphone e verrà apposto in filigrana il nome utente dell’autore e il logo di Instagram, così da rendere ben visibile la provenienza nel caso si decidesse di ricaricarli altrove (ancora una volta, proprio come già faceva TikTok da tempo). Verrà naturalmente mantenuto il formato verticale originario, quindi si avrà a tutti gli effetti una copia del filmato che si desidera conservare sulla memoria del proprio dispositivo. Per tutelare la riservatezza, Instagram consente di impostare tutta la collezione personale oppure ogni singolo reel come privato. Per gli iscritti sotto i 18 anni, l’opzione del download dei propri reel è impostata come privata di default, anche se il profilo è pubblico.

Categorie
Tecnologia

Instagram vuole portare la durata delle Storie a 7 giorni

Author: Wired

My Week probabilmente sarà integrato nell’interfaccia delle Storie di Instagram, consentendo agli utenti di selezionare l’opzione di estensione temporale direttamente mentre creano la storia. Gli utenti potrebbero avere la flessibilità di aggiungere nuovi contenuti ogni giorno o lasciare che le Storie evolvano in modo organico, creando così un’esperienza più dinamica per chi le guarda.

L’introduzione di My Week potrebbe avere diverse implicazioni per gli utenti di Instagram. In primo luogo, questa funzione potrebbe ridurre la pressione di dover aggiornare costantemente le Storie, consentendo agli utenti di concentrarsi sulla qualità dei contenuti piuttosto che sulla quantità. In secondo luogo, My Week potrebbe influenzare il modo in cui le persone si raccontano, incoraggiando una narrazione più approfondita e significativa dei momenti importanti della loro vita. Questa funzione potrebbe essere solo l’inizio di un approccio più flessibile e personalizzato alla condivisione di contenuti temporanei.

La funzione My Week è ancora in fase di test, e non si sa quando e se sarà lanciata ufficialmente. Per ora, si può solo immaginare come sarebbe avere una settimana di Storie da guardare e da raccontare. Sarà interessante capire come questa funzione si svilupperà durante i test e come influenzerà la dinamica della condivisione di Storie su Instagram nel lungo periodo. In un mondo in cui la nostra presenza online è sempre più centrale, My Week potrebbe rappresentare un cambiamento significativo nel modo in cui curiamo e condividiamo la nostra storia digitale.

Categorie
Economia Tecnologia

Meta pensa di connettere Whatsapp alle chat altrui

Author: Wired

Con il Digital Markets Act la Commissione europea ha selezionato a inizio settembre le grandi piattaforme che reputa gatekeeper, ovvero potenti a tal punto da essere in grado di influenzare il mercato interno, modellare i rapporti tra utenti e aziende online e ritagliarsi una posizione difficilmente contendibile.

Pochi giorni dopo, l’11 settembre, è arrivata la prima di quella che si preannuncia una lunga serie di azioni che i colossi indicati, ovvero Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Bytedance e Microsoft metteranno in campo per assoggettarsi al Digital markets act (Dma). Come riporta TechCrunch, rilanciando WABetaInfo, Meta ha infatti lanciato una nuova versione beta di Whatsapp per Android che presenta una nuova schermata dedicata alle “chat di terze parti”.

Alla stregua di Messenger, anche l’app del colosso di Menlo Park è finita sotto la lente d’ingrandimento dell’esecutivo europeo per quanto riguarda la messaggistica. Nel dettaglio, sin dal 2022 l’Unione europea ha sottolineato quanto l’interoperabilità tra le piattaforme di tale tipo fosse fondamentale per tutelare gli operatori più deboli, spingendo di fatto Whatsapp e Messenger a mettere in condizione i propri clienti di scambiare messaggi con gli utenti, per esempio, di Signal, Telegram o Snapchat.

Nonostante abbia a disposizione sei mesi di tempo per uniformarsi al Dma, con scadenza quindi prevista a marzo 2024, sembra che Meta abbia scelto di muoversi subito per apportare le dovute modifiche a Whatsapp, almeno per quanto riguarda i messaggi di testo. Resta infatti da stabilire come la società di Mark Zuckerberg agirà per rendere interoperabile la propria app per quanto concerne l’invio di documenti e messaggi audio e le videochiamate, e come si muoverà invece per adeguare ai nuovi precetti Messenger.

A salvarsi è invece stato, per ora, Apple iMessage: il colosso di Cupertino ha infatti dichiarato che il proprio servizio di messaggistica non raggiunge ancora la soglia di 45 milioni di utenti.

Categorie
Economia Tecnologia

Le grandi aziende che fanno marcia indietro sullo smart working

Author: Wired

Google ha richiesto tre giorni in ufficio ma ha però sottolineato come una presenza maggiore sarebbe stata valutata positivamente, riporta il Wall Street Journal. Stesso discorso anche per i dipendenti di Meta, casa madre di Facebook, Instagram e WhatsApp, e di Apple, dove i dipendenti hanno provato a respingere il rientro obbligato con una petizione in cui sostenevano di essere “più felici e produttivi” lontani dall’ufficio, si legge sul sito del sindacato Apple Together. Purtroppo non hanno avuto successo.

L’alt di Zoom

Ma a sconvolgere davvero il mondo del lavoro è stata la marcia indietro di Zoom, le cui call sono state fondamentali per il successo dello smart working. Il gruppo ha guadagnato miliardi offrendo ad aziende e istituzioni la sua piattaforma. Ad agosto, però, l’amministratore delegato Eric Yuan ha usato la scusa della creatività e della fiducia per richiamare i dipendenti in ufficio, racconta Business Insider.

L’ultima grande azienda del settore tecnologico a pretendere almeno tre giorni di presenza a settimana ai suoi dipendenti è stata Amazon, minacciando di licenziamento chi non dovesse adeguarsi, si legge sul Guardian. Una decisione che si scontra con le 30mila firme raccolte tra lavoratrici e lavoratori della compagnia, contrari al ritorno in ufficio obbligatorio, e che si accompagna alle recenti rilevazioni di come i dipendenti Amazon rimasti in smart working siano stati tracciati e penalizzati per non aver passato abbastanza tempo in sede.

C’è chi dice sì

Tra le aziende che hanno dato priorità assoluta al lavoro in ufficio, il cosiddetto office-first, si trovano Netflix e Goldman Sachs, che hanno tra le politiche più stringenti e restrittive per il lavoro da remoto. Mentre tra chi predilige un sistema ibrido, con smart working e tempo in presenza, si trovano Microsoft, Revolut, Spotify, Grammarly. Infine, tra chi ha dato priorità allo smart working, il cosiddetto remote-first, si trovano AirBnb, Slack, Dropbox o Deloitte.