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Economia Tecnologia

Microsoft licenzia in Italia

Author: Wired

Microsoft licenzia in Italia. Il colosso dell’informatica taglia 59 posti di lavoro tra Milano e Roma. Nel mirino il segmento delle vendite e dell’assistenza ai clienti. Arriva anche in Italia l’onda lunga dei tagli annunciati all’inizio dell’anno dal colosso di Redmond: 10mila licenziamenti in tutto il mondo, che sommati a tagli su uffici e hardware hanno l’obiettivo di garantire un risparmio di 1,2 miliardi e contenere i costi in vista di un periodo di recessione dei consumi tech. Sono le stesse motivazioni con cui la multinazionale ha comunicato il 30 marzo l’apertura della procedura di esuberi nelle sedi italiane. Microsoft è solo l’ultima azienda della tecnologia che taglia nel Belpaese, dopo Meta, Yahoo, Salesforce, Ubisoft e Casavo.

La situazione:

  1. Il piano di tagli
  2. Revisione interna
  3. Riflessi in Borsa

Il piano di tagli

Secondo quanto ha potuto appurare Wired da fonti vicine alla partita, Microsoft intende licenziare 59 persone, di cui 16 dirigenti. Di questi, 52 fanno capo alla sede di Milano e 7 a quella di Roma. L’azienda, che al momento occupa 1.080 persone in Italia, intende snellire il reparto vendite, sulla scia di condizioni di mercato che ritiene in contrazione, dopo il boom del passaggio ai servizi cloud negli anni della pandemia. Per questo motivo sotto la scure degli esuberi sono finite sia le figure commerciali che operano sul campo, sia i coordinatori area delle vendite, sia anche la filiera di assistenza dei clienti.

Ad affiancare la filiale italiana della multinazionale, Microsoft Italia srl, nella procedura è Assolombarda, la più pesante delle associazioni territoriali della galassia di Confindustria, che rappresenta le aziende delle province di Milano, Monza, Lodi e Pavia. Per metà aprile Microsoft intende incontrare le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil per avviare il percorso di trattativa.

Revisione interna

L’annuncio dei licenziamenti, che si iscrive in una fase di revisione degli organici da parte dei colossi tecnologici dopo l’esplosione di assunzioni durante la pandemia, quando il digitale ha subìto una fortissima accelerata, si inserisce anche in un momento di riorganizzazione dell’azienda in Italia. Il 20 marzo Microsoft Italia ha comunicato la nomina di Vincenzo Esposito ad amministratore delegato della filiale locale, succedendo a Silvia Candiani che, dopo quasi sei anni al timone, passa al ruolo di vicepresidente globale del settore telecomunicazioni.

Microsoft ha forti ambizioni in Italia. Ha una rete di 14mila partner sul territorio. Ha avvisato un piano di investimenti in tecnologie e formazione, battezzato Ambizione Italia, che si incardina su nuovi data center in Italia per la transizione alla nuvola di Azure delle imprese e un programma di formazione sulle competenze digitali per studenti  e professionisti che ad oggi ha raggiunto 3 milioni di persone. Il colosso di Redmond è anche coinvolto nel piano del Polo strategico nazionale, ossia l’infrastruttura cloud su cui migrare i dati critici e strategici della pubblica amministrazione.

Riflessi in Borsa

Il piano di riassetto di Microsoft, che tocca le aree considerate non “core” per l’azienda, ha ottenuto l’approvazione del mercato. Il titolo ha recuperato terreno dopo il calo segnato alla fine dello scorso anno, e sta viaggiando verso le valutazioni dell’estate 2022. L’azienda guidata dall’ad Satya Nadella intende continuare a investire in settori redditizi come il cloud e l’intelligenza artificiale.

Nel primo caso, proprio i risultati della divisione cloud nel secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2023, che si è chiuso il 31 dicembre 2022, hanno sospinto il titolo perché superiori alle aspettative del mercato. Nel complesso Microsoft ha chiuso il trimestre con un fatturato in crescita del 2% a 52,7 miliardi di dollari, leggermente sotto le stime degli analisti, e utile netti in calo del 12% a 16,4 miliardi di dollari.

Nel caso dell’Ai, invece, le mosse con ChatGPT e l’integrazione del chatbot sul suo motore di ricerca, Bing, hanno dato una scossa al mercato, costringendo Google, che da sempre fa la parte del leone nel campo delle ricerche online, ad accelerare sul suo Bard.

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Economia Tecnologia

ChatGPT, il Garante della privacy e OpenAi si incontrano

Author: Wired

Incontro tra il Garante della privacy italiano e OpenAi sul caso ChatGPT. È previsto per la serata di mercoledì 5 aprile, in videoconferenza, una riunione tra i rappresentanti di OpenAi e il Garante per la protezione dei dati personali, che nei giorni scorsi ha imposto alla piattaforma di limitare temporaneamente il trattamento dei dati degli utenti italiani finché non si sarà messa in regola con le normativa privacy italiana e europea. La società ha subito risposto bloccando a sua volta il servizio per gli utenti italiani.

L’iniziativa, apprezzata dal Garante, fa seguito alla lettera con cui ieri la società statunitense ha risposto al Garante per esprimere la propria disponibilità immediata a collaborare con l’Autorità italiana – si legge in una nota del garante – al fine di rispettare la disciplina privacy europea e giungere a una soluzione condivisa in grado di risolvere i profili critici sollevati dall’Autorità in merito al trattamento dei dati dei cittadini italiani”.

Il caso:

  1. Le contestazioni del Garante
  2. La posizione di OpenAi

Le contestazioni del Garante

A OpenAi il Garante della privacy ha imposto un blocco temporaneo del trattamento dei dati (da cui è derivato un blocco del servizio deciso dall’azienda) sulla base di quattro motivi principali: mancata informativa sul trattamento dei dati; l’assenza di consenso per l’addestramento dell’algoritmo; risultati inesatti; l’assenza di un filtro per impedire a chi ha meno di 13 anni di accedere a ChatGPT.

Il Garante in una nota ha fatto sapere di aver “disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAi, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma” e, in parallelo, ha aperto un’indagine. Il provvedimento prende l’abbrivio da una perdita di dati subita il 20 marzo da ChatGPT, che oggi conta oltre 100 milioni di utenti. Il data breach riguarda “le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio”.

Il tema, però, è più profondo. Come spiegato a Wired da Guido Scorza, componente del collegio del Garante della privacy, nel mirino c’è il ricorso a dati personali per addestrare l’intelligenza artificiale e la consapevolezza che le persone hanno del fatto che le loro informazioni vengono utilizzate per allenare un algoritmo.

La posizione di OpenAi

OpenAi ha risposto bloccando il servizio. Un portavoce dell’azienda a Wired spiega: “Abbiamo disabilitato ChatGPT per gli utenti in Italia secondo la richiesta del Garante italiano. Siamo impegnati a proteggere la privacy delle persone e riteniamo di aver rispettato il Gdpr e altre leggi sulla privacy”.

Da OpenAi fanno inoltre sapere: “Siamo attivamente impegnati a ridurre i dati personali nell’addestramento dei nostri sistemi di Ai come ChatGPT perché vogliamo che le nostre Ai imparino informazioni sul mondo, non rispetto a singoli individui. Crediamo che una regolamentazione sull’Ai sia necessaria, quindi intendiamo lavorare a stretto contatto con il garante ed educarli su come i nostri sistemi sono costruiti e utilizzati”. Il portavoce di OpenAi fa infine sapere che: “I nostri utenti in Italia ci hanno fatto sapere che reputano ChatGPT utile per attività quotidiane e ci aspettiamo di poter rendere il servizio disponibile di nuovo quanto prima”.

Molte le aziende che nelle ultime ore si chiedono come affrontare questo blocco, mentre anche i garanti della privacy di altri paesi, tra cui Germania, Francia e Irlanda sono al lavoro per adottare provvedimenti simili a quello italiano. Per ora il Consiglio dei garanti europei per la privacy e l’Autorità comunitaria per la protezione dei dati, interpellati da Wired, invece non si esprimono. Anche il Giappone e il Regno Unito studiano il dossier ChatGPT valutando gli eventuali provvedimenti da adottare verso l’algoritmo.

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Tecnologia

Donne, l’odio online va di pari passo con gli attacchi ai diritti

Author: Wired

In Italia, le donne in politica più soggette a campagne di disinformazione e odio sono quelle che sostengono i diritti civili o tematiche ambientaliste. In questo modo, secondo i risultati della ricerca Monetizing misogyny dell’organizzazione She persisted, violenza e fake news vengono usate sia per screditare le donne, sia per attaccare le scelte politiche che rappresentano. E spesso, gli attori responsabili di queste campagne sui social sono gli stessi che diffondono un flusso incessante di contenuti filorussi.

La misoginia come retorica antidemocratica

Appare chiaro come gli attacchi, in particolare le campagne di disinformazione sui social, non siano unicamente il frutto di misoginia contro tutte le donne, ma vadano compresi all’interno di un fenomeno politicamente motivato di attacco contro alcuni valori e principi politici di matrice liberale, quali il rispetto delle minoranze, l’uguaglianza di genere, i diritti e l’emancipazione femminile”, ha spiegato Lucina Di Meco, cofondatrice di She persisted, che ha condotto lo studio assieme alla ricercatrice Nicoletta Apolito.

La misoginia online fa quindi parte di una più ampia retorica antidemocratica, declinata in varie sfumature e sfruttata dalle campagne di disinformazione organizzate da regimi autoritari e antifemministi. È il caso di un paese come la Russia, dove il suo leader Vladimir Putin promuove da anni una vera e propria politica della mascolinità, sia a livello istituzionale che comunicativo. La retorica antifemminista e di esaltazione del leader come forte e maschio viene usata per legittimare le sue scelte autoritarie e delegittimare i suoi avversari, all’interno e all’esterno del paese.

Una minaccia per la sicurezza

Una retorica spicciola e banale, ma che funziona e attrae consensi tra chi apprezza l’uomo forte al comando ed è legato a visioni tradizionaliste, come l’idea che la famiglia sia fatta solo da un uomo e da una donna o che il ruolo della donna nella società sia quello di madre. In questo modo, vengono giustificati e legittimati gli attacchi contro le donne che escono dagli schemi classici di femminilità, perché trasformate nel capro espiatorio per tutti i problemi della società e causa di un presunto declino dell’occidente.

Per questo, secondo le ricercatrici di Monetizing misogyny, la misoginia online non porta solo a un arretramento nei diritti delle donne e dei valori democratici nel loro complesso, ma diventa anche una minaccia per la sicurezza nazionale quando gli attori stranieri la usano per sfruttare le divisioni già interne alle società in cui scatenano le loro campagne.

La disinformazione di genere

Questa strategia è stata chiamata da Lucina Di Meco con il nome di disinformazione di genere, cioè la diffusione di informazioni o immagini ingannevoli o imprecise, utilizzate contro le donne nella vita pubblica, per delegittimare la loro figura e le loro istanze politiche. In particolare, nel contesto italiano, la disinformazione di genere etichetta le donne in politica come nemiche delle donne e dei bambini, brutte, bugiarde, inaffidabili, privilegiate o incompetenti.

Il ruolo dei social

Sui social, gli attacchi contro le donne proliferano grazie ad ambienti maschili, che sostengono come l’attuale sistema democratico vada ad opprimere gli uomini in favore delle donne. Una retorica vittimistica che ricalca quella già osservata nella Russia contemporanea, ma che in Italia si è diffusa grazie alle community dei cosiddetti celibi involontari, o incel, degli Stati uniti, secondo cui i maschi sarebbero vittime del femminismo.

Da qui nascono fiumi di contenuti odiosi, sessisti e oltraggiosi, che descrivono le donne come geneticamente inferiori o manipolatrici. Narrazioni violente ma ignorate dai sistemi di moderazione delle piattaforme social, perché generano coinvolgimento e profitti. Questi contenuti vengono infatti resi virali e appiccicosi dagli algoritmi, che ne potenziano la diffusione dentro e fuori gli ambienti più maschilisti. 

Secondo le ricercatrici, è proprio il modo in cui sono progettate le piattaforme a essere in gran parte responsabile “del paesaggio infernale che le donne vivono attualmente in rete”. I principali social hanno infatti ripetutamente fallito nel limitare contenuti misogini o sessisti e, stando ai numeri, le donne sono “le vittime più colpite dalla violenza” nei social media.

I dati e le informazioni riportate provengono dai risultati della ricerca Armi di reazione e odio, caso studio italiano del progetto Monetizing mysogyny, condotta dall’organizzazione She Persisted e dall’università Luiss di Roma. Lo studio è stato condotto attraverso il monitoraggio e l’analisi delle piattaforme social da gennaio a marzo 2022, assieme a interviste e rilevazioni di ricerche precedenti.

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Tecnologia

Detenute madri, la questione in Italia

Author: Wired

Il caso delle borseggiatrici responsabili dei furti nella metropolitana a Milano ha riacceso i riflettori sulla questione delle detenute madri e dei figli minori. Sono infatti 23 a oggi le madri detenute con i loro 26 i bambini, secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Numeri in crescita, se si considera che solo al 28 di febbraio le detenute madri erano 21 con 24 figli al seguito. 

Cosa dice la legge italiana

Oggi la questione delle detenute madri e dei minori è regolata, tra gli altri, dall’articolo 146 del codice penale sul rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena. L’articolo in questione prevede che l’esecuzione di una pena che non sia pecuniaria debba essere differita per le donne incinte, per le madri che hanno un figlio di età inferiore a un anno e per coloro che sono affetti da Aids conclamata o da un’altra malattia grave. Nel caso di interruzione della gravidanza o che la donna venga dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio, il differimento non opera o viene revocato.

L’articolo 11 comma 9 della legge n. 354 del 26 luglio 1975, la legge sull’ordinamento penitenziario, prevede che le detenute madri possano tenere con loro i figli fino ai tre anni. La legge in questione, insieme ad alcuni articoli del codice di procedura penale, è stata modificata con l’introduzione della legge n. 62 del 21 aprile 2011. Modificando il comma 4 dell’articolo 275 del codice di procedura penale, infatti, la suddetta legge stabilisce che per le madri con figli di età non superiore a 6 anni conviventi non venga applicata la custodia cautelare in carcere salvo esigenze di eccezionale rilevanza. Inoltre, la legge aggiunge l’articolo 285 bis nel codice di procedura penale, che prevede che per le donne in gravidanza e per le madri con figli di età inferiore ai 6 anni, il giudice possa disporre la custodia presso un istituto a custodia attenuata, un Icam in caso di esigenze di particolare rilevanza. Con un’integrazione dell’articolo 284, invece, la legge n.62 del 21 aprile 2011 aggiunge che gli arresti domiciliari vengano disposti in una casa famiglia protetta

Secondo l’articolo 2 della legge, la madre condannata, imputata o internata con provvedimento del direttore o del magistrato, ha inoltre diritto a visitare il figlio minore se in gravi condizioni di salute o in pericolo di vita. Inoltre per le madri di figli di età inferiore ai 10 anni anche non conviventi che siano internate, condannate o imputate, hanno la possibilità di assisterlo durante le visite specialistiche se sussistono gravi motivi di salute. 

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Economia Tecnologia

Bollette, in arrivo “un provvedimento d’urgenza”

Author: Wired

Per fronteggiare il “perdurare, seppure in misura attenuata, delle emergenze legate al costo dell’energia elettrica e del gas”, e l’”imminente scadenza delle precedenti misure”, il governo “ha allo studio un provvedimento d’urgenza” sulle bollette.

L’annuncio, come riporta l’agenzia Ansa, è arrivato il 23 marzo dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti nel corso del question time al Senato. Nel secondo trimestre dell’anno sarà dunque confermata l’Iva al 5% sul gas e il bonus sociale per le famiglie il cui Isee non è superiore ai 15mila euro. Per le imprese sarà invece prevista una rimodulazione delle misure valide fino al 31 marzo, i crediti di imposta, che terrà conto dell’andamento dei costi del gas.

È inoltre “allo studio – ha spiegato il ministro – una misura che decorrerà dal primo ottobre, con l’inizio dell’anno termico: un contributo a compensazione per le spese di riscaldamento che sarà erogato ai nuclei familiari mediante la bolletta elettrica”. 

Non solo bollette

I temi trattati dal ministro a Palazzo Madama sono stati diversi. In particolare, sugli obiettivi della Nadef Giorgetti ha riferito che “i primi dati sull’andamento dell’economia evidenziano tendenze positive che lasciano prevedere” che la previsione di crescita dello 0,6% per il 2023 inserita nel documento sarà quantomeno confermata, se non addirittura superata.

Superbonus

Per quanto riguarda il superbonus, per il ministro “una nuova stagione di bonus al 110% per tutti, ricchi e poveri, prime e seconde case, al mare o in montagna, non è all’orizzonte“. Ci sarà piuttosto “un dosaggio mirato” di bonus e cessioni, da mettere in campo “in presenza di determinate situazioni soggettive o oggettive”.

Allo stesso tempo, però, per i cosiddetti esodati dal superbonus il governo continua “a lavorare – assicura Giorgetti – anche dietro le quinte, consapevole che, per chi dentro a questa trappola ci è già caduto e si ritrova con crediti incagliati non per il nostro decreto, una soluzione vada trovata“.

La riforma del Mes

Il tema della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e il suo utilizzo come common backstop – ha affermato poi il ministro – dovrebbe essere inquadrato nella discussione sulla capital market union e sull’unione bancaria“. Il dibattito sul Mes dovrà avvenire “nell’ambito di una complessiva e articolata riconfigurazione degli strumenti in grado di salvaguardare il mercato comune dalle turbolenze dei mercati finanziari”.